Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Nello stesso libretto sono contenute le domande per lo studio e il dizionarietto, dove trovare le risposte.

   Ecco le parti principali della parte di studio:
■ Introduzione all'Evangelo di Matteo
■ Nascita, battesimo e tentazione (Mt 1,1-4,11)
■ Attività in Galilea (Mt 4,12-16,12)
■ Istruzione dei dodici (Mt 16,13-18,35)
■ Viaggio verso Gerusalemme e ultimi giorni in essa (Mt 19-25)
■ Crocifissione e risurrezione (Mt 26-28).

 

Inoltre ci sono, tra altre parti, anche le seguenti:
■ Dizionarietto
■ Guida allo studio personale e di gruppo.

 

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DINAMICA BIPOLARE DELLA GRAZIA (TITO 2,11-14)

 

 di Tonino Mele

 

 

1.  PREMESSA: Questo brano ripresenta i due poli d’una tensione che attraversa tutto il NT: quella che riguarda la grazia di Dio. Da un lato ci parla della grazia salvifica e immeritata di Dio che, come la luce (cfr. Gv 1,9) del sole si è manifestata indistintamente per tutti gli uomini, siano essi «santi» o peccatori, «meritevoli» o meno meritevoli. Dall’altro, ci presenta la grazia di Dio come un maestro che c’insegna a rinunciare all’iniquità. Un polo c’indica la grazia interamente gratuita di Dio. L’altro polo ci mostra la grazia esigente di Dio, che richiede impegno e sforzo.

     Detta così sembra una cosa pacifica, eppure molte lotte, di cui ci da testimonianza il NT, sono il frutto della tensione tra questi due poli. Le contrapposizioni tra Gesù e i farisei, le lotte di Paolo con i giudaizzanti. Di tutto questo si parla negli Evangeli, negli Atti e nelle epistole di Paolo. Persino il primo concilio della chiesa, avvenuto a Gerusalemme (At 15) è stato largamente dedicato a quest’argomento.

     Oggi, questo problema si ripresenta laddove l’uno o l’altro di questi poli viene estremizzato, finendo per avere un approccio legalistico o permissivistico. È importante trovare un punto d’equilibrio, che dia ragione, non all’uno e/o all’altro, ma all’insegnamento biblico nella sua interezza.

     Iniziamo col parlare della grazia immeritata di Dio e di quello che è il suo «problema» di fondo. Se la salvezza è per grazia e non per merito, che senso ha impegnarsi, essere ubbidienti e fedeli? Anche Isaia dice: «Se si fa grazia all’empio, egli non impara la giustizia; agisce da perverso nel paese della rettitudine e non considera la maestà del Signore» (26,10). Non è un incoraggiamento a peccare di più? Dov’è la giustizia di Dio?

 

 

2.  LA GRAZIA IMMERITATA DI DIO

     ■ Linsegnamento di Gesù: Per spiegare la grazia immeritata di Dio, Gesù ha usato diverse parabole. Una di queste è la parabola dei «lavoratori delle diverse ore» (Mt 20,1-16). Qui si parla di lavoratori «a giornata», che sono stati presi a lavorare in orari diversi e, alla fine, ricevono tutti lo stesso salario. Chiaramente, i lavoratori che hanno lavorato di più si lamentano, non tanto per il salario ricevuto, ma perché è stato dato loro lo stesso che a quelli che hanno lavorato meno. Non vogliono rinegoziare il loro salario, ma vogliono che il padrone sia più equo e più giusto, cioè dia un salario proporzionato al merito. Anche se il padrone dà loro di più, non accetteranno mai che si dia lo stesso tanto a chi ha lavorato meno. La risposta che il padrone dà loro, mostra lo scopo della parabola: «Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?» (v. 13-15). Il padrone non è stato ingiusto, perché anche a chi ha lavorato di più, da dato il suo, secondo quanto contrattato. Il padrone ha tenuto conto del suo merito. Ma il padrone è anche libero di non seguire sempre la logica del merito, ma la sua bontà (v. 15). Così, anche Dio è libero e sovrano nelle sue scelte e talvolta il suo favore non dipende dal nostro merito, ma dalla sua grazia immeritata. In base a questo criterio, gli ultimi (cioè i meno meritevoli) saranno i primi, mentre i primi (i più meritevoli) rischiano d’essere ultimi, se non accettano la logica di Dio (v. 16; cfr. v. 11).

     Gesù ha usato anche la parabola del «figlio prodigo» (Lc 15,11-32) per spiegare quanto la grazia d’immeritata di Dio. In realtà questa è la parabola dei «due figli» (v. 11) e lo scopo è quello di mostrare perché Gesù accoglieva i peccatori (v. 2). Saltando la parte più conosciuta della parabola, quella «evangelistica», s’arriva al momento in cui il «figlio maggiore» si lamenta che il padre «accolga il figlio peccatore» (v. 29). Umanamente ha ragione, perché il fratello è stato molto egoista. Il vero problema però è che il figlio maggiore non è un padre. Egli non capisce la bontà paterna ma solo la logica del merito. Il padre invece agisce da padre: dà valore al merito del figlio maggiore, gli parla con amore (v. 28), ribadisce il suo posto privilegiato e lo rassicura che avrà la sua eredità (v. 31), ma sa che, davanti a un figlio perduto che torna pentito, la logica del merito passa in secondo piano. «Bisognava fare così» (v. 32), cioè era giusto che in questo caso, la pietà e la grazia prevalessero sui meriti. Questo fa Dio: Egli si comporta verso un peccatore pentito, come un padre verso un «figlio prodigo». Da ciò non ne deriva che Dio è padre di tutti gli uomini, ma solo che, in questo caso, Egli agisce per bontà e non per merito, proprio come un padre.

     Un’altra parabola che Gesù usa per illustrare la grazia immeritata di Dio è quella del «fariseo e del pubblicano» (Lc 18,9-14). Qui, il fariseo che era «persuaso d’essere giusto» (v. 9) per i meriti che gli derivavano dall’osservanza della legge e da altre opere supererogatorie, non «tornò a casa giustificato» (v. 14), dice Gesù, ma lo fu il pubblicano che, riconobbe tutto il suo peccato e confidò solo nella «pietà» di Dio. Così troviamo già in Gesù un forte insegnamento intorno all’insufficienza delle nostre opere, davanti alla giustizia di Dio.

     È come se due uomini cadessero in una voragine e cercassero d’agguantare la superficie, saltando il più in alto, però nessuno riesce a uscirne fuori. Ha ben poco da vantarsi chi salta più in alto, perché il dato fondamentale è che anche lui è destinato a morire lì dentro, se una mano generosa non li tira fuori entrambi. Questo è quello che dice Gesù sul valore delle opere e dei propri meriti.

     ■ Linsegnamento di Paolo: L’apostolo Paolo ha iniziato a dare una sistematicità al suo insegnamento sulla grazia, con lepistola ai Galati dove affronta appunto il «caso dei Galati». Essi erano «passati dalla grazia di Cristo a un altro evangelo» (1,6). Volevano essere «giustificati dalla legge» (5,4), ossia dai meriti che potevano totalizzare con essa. A tal fine venivano «costretti a farsi circoncidere» (6,12). Paolo dice che questo è uno «scadere dalla grazia» (5,4) e dalla logica della salvezza senza merito, per mettersi nuovamente sotto il «giogo della legge» (5,1) e della logica del merito. Egli afferma chiaramente che, se la giustizia viene dalla legge, «Cristo è morto inutilmente» (2,21). Non è il merito derivante dall’osservanza della legge che salva, ma il merito derivante dalla morte sacrificale di Cristo.

     È però con lepistola ai Romani che Paolo delinea, nel modo più completo, il suo insegnamento sulla grazia di Dio. Anzitutto, Paolo dimostra l’universalità del peccato (cap. 1-3). Nessuno ha un merito tale da potersi guadagnare il favore di Dio. Anche chi osserva la legge, non ha niente di cui vantarsi. Davanti a Dio, tutta la «nostra giustizia» è insufficiente: «tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (3,23).

     Paolo spiega poi il fondamento della grazia di Dio (3,21-31). Essa è «la giustizia di Dio, mediante la fede in Gesù Cristo» (v. 22). Egli è il «sacrificio propiziatorio prestabilito da Dio» (v. 25). Tutti i peccatori sono «giustificati gratuitamente» (v. 24) «per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù». Quindi, non il nostro merito e le nostre opere, ma l’opera e i meriti di Cristo sono per noi fonte esclusiva di salvezza.

     Infine, per difendersi dall’accusa di favorire il peccato, Paolo risponde alle domande: «Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi?» (6,1); e: «Peccheremo forse perché non siamo sotto la legge ma sotto la grazia?» (6,15). Egli dice anzitutto che «essere sotto la grazia» significa «essere morti al peccato» (v. 2), cioè, non essere più sotto il «suo potere» (v. 14). Significa poi essere diventati «servi di Dio» (v. 16-18). Significa infine avere «come frutto la santificazione» (v. 22). Quindi, non è vero che il ricevere una grazia immeritata è un incentivo a peccare di più, anzi, è qualcosa di più impegnativo che essere sotto la legge.

 

 

3.  LA GRAZIA ESIGENTE DI DIO

     ■ Linsegnamento della grazia di Dio: Essa è l’inizio d’una vita santa. C’insegna a «rinunciare all’empietà e alle mondane concupiscenze» (Tt 2,12a). L’empietà è il comportamento contro Dio. Un comportamento senza rispetto e senza timore. Un comportamento di sfida aperta nei confronti di Dio. Le «passioni mondane» sono i desideri, i vizi e le abitudini malsane. La grazia che è vera grazia c’insegna a rinunciare a essi. Rinunciare è qualcosa che costa, ma poi c’è la libertà.

     Essa c’insegna a «vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo» (Tt 2,12b). Moderatamente indica che niente ci deve dominare. Dobbiamo essere temperanti in tutte le cose. Non dobbiamo mai perdere l’autocontrollo. Giustamente indica un comportamento secondo i requisiti di Dio. Il cristiano non è senza una legge. Egli ha una legge scritta nel proprio cuore. Egli deve vivere secondo la «legge di Cristo» (Gal 6,2). L’espressione «in modo santo» può anche esser tradotto piamente (Rived.). Indica una vita devota, perseverante, timorata di Dio. Indica una vita zelante nel servizio per Dio.

     ■ Limmagine del riscatto: L’apostolo Paolo usa l’immagine del riscatto d’uno schiavo (Tt 2,14). Questa prassi era molto diffusa nel mondo d’allora. Lo schiavo veniva riscattato con il pagamento d’un prezzo, al quale lui non poteva contribuire in nessun modo. È questo fatto che dava al suo nuovo padrone tutti i diritti sulla sua persona e le sue proprietà. Egli diventava schiavo del suo nuovo padrone. Anche noi siamo stati riscattati. Il prezzo del nostro riscatto è stato la vita di Gesù. Non è stata una grazia così tanto gratuita.

     Dio ha pagato un prezzo molto alto (1 Cor 6,20; 7,23). Non ha trattato con leggerezza il problema del nostro peccato. Dio non ha pagato questo prezzo per lasciarci nel peccato. Anche noi siamo diventati schiavi del nostro nuovo padrone. Non siamo liberi di fare ciò che vogliamo. Dio vuole che gli apparteniamo. Vuole che siamo il suo popolo e non il «popolo della notte». Vuole purificarci sempre di più. Vuole che siamo «zelanti nelle buone opere».

     Molti altri testi si possono affiancare a questo di Tito, per dimostrare che una grazia che non sfocia in una vita rinnovata, non è vera grazia, perché manca del lato esigente della grazia, quello che esige il servizio dello schiavo riscattato. E saranno molti coloro che un giorno resteranno delusi nello scoprire questo (Mt 7,21-23).

 

 

4.  CONCLUSIONE: IL PUNTO DI EQUILIBRIO: Non si devono estremizzare i concetti. Dio accoglie il peccatore solo sulla base della sua grazia. Dio fa questo perché è sovrano e libero di fare quel che vuole. Dio fa questo perché è buono e vuole che «l’empio viva» (Ez 18,23). Giustificando il peccatore però, Dio non giustifica il peccato. Dio non è passato sopra il nostro peccato, come se nulla fosse. Dio ha sacrificato suo figlio per il nostro peccato.

     Non si deve avere una visione unilaterale. La grazia ci libera gratuitamente dalla pena del peccato. Nessuno può meritare la salvezza. Nessuno può addurre un qualsiasi motivo di vanto. La grazia però, non ci dà la libertà di peccare. Essa ci vuol liberare anche dalla potenza e dalla presenza del peccato. Essa deve sfociare in una vita di servizio e di santificazione. Prima di conoscere la grazia si pecca per ignoranza (Ef 4,18). Dopo aver conosciuto la grazia si pecca volontariamente (Eb 10,26).

     La chiave che schiude la porta della grazia di Dio è il ravvedimento, cioè la confessione e l’abbandono del nostro peccato. Isaia (26,10) non parla della grazia di Dio, ma del fare grazia a un empio che non si vuol ravvedere. Una grazia senza ravvedimento è come l’indulto: dà la libertà a persone che torneranno a rubare. Il «figliol prodigo» invece era disposto a esser trattato «come uno dei servi di suo padre» (Lc 15,19). È quest’atteggiamento che incontra la grazia di Dio. Dio vuole salvare tutti (1 Tm 2,4), ma salverà effettivamente solo chi si ravvede (Lc 13,3).

 

Nota redazionale: Senza menzionarlo, l’autore ha descritto col suo linguaggio e le sue argomentazioni ciò che in effetti era insito nella «dinamica del patto», che è a tutti gli effetti «l’impianto teologico di base» della Bibbia. Nei patti biblici la grazia consiste nel permettere l’accesso al patto e quindi alla salvezza (aspetto incondizionato; cfr. Gn 15). A tale fase (a volte implicita già in quest’ultima) segue immancabilmente l’aspetto amministrativo (aspetto condizionato; cfr. Gn 17; 26,5), atto a regolare i rapporti fra il partner divino e quello umano. Con ogni patto Dio fa promesse ed elargisce strumenti per attuare la comunione (p.es. sacrifici, mediazione). Dio richiede però, oltre a una decisione fondamentale, anche un impegno alla fedeltà e a vivere un’etica santa, conforme al patto.

     Per l’approfondimento cfr. in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Godimento delle promesse», p. 181; «Patto (Dinamica del ~)», p. 263; «Patto amministrativo», pp. 236s; «Patto di grazia (o promissorio)», p. 265; cfr. qui i rimandi ad altri articoli connessi. {Nicola Martella}

 

Dinamica bipolare della Teologia Biblica {Rosa Fidelis - Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A2-Dinamica_grazia_Mt.htm

04-10-2007; Aggiornamento: 04-07-2010

 

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