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La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

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«Chi dice la gente ch’io sia?» — Offensiva intorno a Gesù 1: È ciò che dicono gli altri su Gesù.

Ecco le parti principali:
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«E voi, chi dite ch’io sia?» — Offensiva intorno a Gesù 2: È ciò che la Bibbia dice su Gesù.

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 Offensiva intorno a Gesù 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DINAMICA BIPOLARE DELLA TEOLOGIA BIBLICA

 

 di Rosa Fidelis - Nicola Martella

 

1. Entriamo in tema

2. Scelta di campo in Giovanni 6

3. Approfondimento della dinamica bipolare

 

Clicca sulle frecce iniziali per andare avanti e indietro.

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA (Nicola Martella): Abbiamo parlato altrove della «dinamica bipolare» tipica della teologia dei patti biblici. Sebbene l’iniziativa di chi offre l’alleanza è unilaterale rispetto all’altro partner (chiamata, offerta di benedizioni), l’effetto è un’istituzione bilaterale (patto, comunione), dopo l’accettazione dell’offerta da parte del ricevente e la sua decisione a riconoscere esclusivamente e lealmente la signoria di chi offre l’alleanza. Questo pensiero è tipico della teologia dei patti, sia nell’AT che nel NT.

     Rosa Fidelis, pur non possedendo questo linguaggio tecnico, intuisce che tale «dinamica bipolare» si applica ai tempi di Gesù. Egli chiese una scelta radicale e, per separare il grano dalla pula, scandalizzò i suoi contemporanei e, per certi aspetti, i suoi stessi seguaci. Alla fine, i suoi fedelissimi si riconobbero in tale scelta radicale, riconoscendo chi fosse veramente Gesù (Gv 6,66ss). Rosa Fidelis ritorna su Giovanni 6 [► Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata 2] e illustra alcuni aspetti della questione. Il suo contributo portava in origine il titolo «Contemplare il Figlio (Giovanni 6,40)».

     Nicola Martella approfondisce la questione della «dinamica bipolare», mostrandola dapprima con un’allegoria della luce, molto amata dal NT, e poi tornando al discorso tecnico della Teologia Biblica, la cui struttura di base è quella dei patti.

 

 

2.  SCELTA DI CAMPO IN GIOVANNI 6 (Rosa Fidelis): Coloro che, dopo il miracolo dei pani e dei pesci, erano andati in cerca di Gesù oltre il lago, avevano capito che lui era il Messia; difatti Giovanni dice di loro: «Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: “Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!”» (Giovanni 6,14).

     Essi, però, erano interessati più che altro all’aspetto taumaturgico (vale a dire ai miracoli) della sua missione profetica, cogliendone soltanto i vantaggi materiali, cioè il sostentamento quotidiano che pensavano di poterne ricavare; difatti, proponendo a Gesù l’esempio del profeta Mosè, ricordavano soltanto che egli aveva dato loro la manna per nutrirli nel deserto (Giovanni 6,31) e chiedevano a Gesù, che già aveva moltiplicato per loro i pani e i pesci, di saziarli di nuovo.

     Essi attribuivano al Messia anche un ruolo politico, infatti avevano tentato di farlo re (Giovanni 6,15), pensando così di ricavarne benefici anche maggiori.

     Ma i vantaggi materiali non erano il dono più importante che Gesù voleva fare loro: egli aveva moltiplicato i pani e i pesci soprattutto per far loro capire che egli era in grado di soddisfare l’esigenza spirituale di chi ha fame e sete di giustizia (Matteo 5,6), cioè di santità, nutrendo il loro spirito per la vita eterna (Giovanni 6,27). Ma essi non sembrano avvertire quest’esigenza, perché il loro cuore è completamente occupato dalle preoccupazioni materiali e non hanno interesse per Dio. Gesù fa loro notare che nessuno può entrare in sintonia con lui («nessuno può venire a me») se non ha questa tensione verso Dio («se non lo attira il Padre che mi ha mandato»; Giovanni 6,44).

     Gesù dice dunque a costoro: «Vi ho detto però che voi m’avete visto e non credete». Queste persone hanno capito che Gesù è il Messia, ma non credono realmente, non gli affidano se stessi, il proprio cuore, per ottenere la giustizia: chiedono soltanto d’essere saziati corporalmente.

     Soltanto coloro che hanno fame e sete di giustizia s’avvicinano a Gesù con vera fede, perché comprendono che senza di lui non possono portare frutto, come il tralcio scisso dalla vite (Giovanni 15,5).

     Io in questo passo avverto un collegamento con Atti 13,48, dove però la situazione, rispetto a qui, appare rovesciata: infatti là il racconto parla di persone «disposte per la vita eterna» che hanno aderito all’Evangelo, mentre queste cercano soltanto vantaggi materiali.

     Abbiamo anche in Giovanni 6,40-45 uno di quei casi di bipolarità di cui parla Nicola; infatti Giovanni sottolinea ora l’esigenza che Dio attiri gli uomini a Gesù con la sua grazia («Nessuno viene a me se non lo attira il Padre»), ora che essi stiano in ascolto del Padre come premessa indispensabile per potersi avvicinare a Gesù («Chiunque ascolta il Padre ed è istruito da lui, viene a me»).

     Faccio ancora un’osservazione: in Giovanni 6,40 Gesù ha detto: «Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque contempla il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna». Nella Luzzi/Riveduta e nella Nuova Riveduta il verbo «contemplare» traduce il termine greco teoréō. Un po’ più banalmente, ma forse più efficacemente, e con un termine più alla portata di tutti, si potrebbe tradurre «chiunque guarda il Figlio». Non è molto esatto, invece, tradurre «Chiunque vede il Figlio», come alcune altre Bibbie fanno, perché il verbo teoréō significa proprio «guardare» o «contemplare» e implica quindi un atto di volontà. È quest’atto di volontà, questo guardare della mente per conoscere il Salvatore che, unito alla grazia divina, conduce alla vera fede, a credere in Gesù come lui ci chiede per ottenere la sua giustizia e conseguire così la vita eterna.

     Quindi per arrivare ad avere una vera fede in Gesù e conseguire la vita eterna occorre, oltre la grazia divina che sempre ci precede (ma non ci costringe), un atto di volontà.

 

 

3.  APPROFONDIMENTO DELLA DINAMICA BIPOLARE (Nicola Martella)

 

L’allegoria della luce

     Diciamola dapprima con questa allegoria. Quando Dio illumina qualcuno con la luce della sua Parola le tenebre del proprio cuore (Sal 18,28), bisogna entrare nella luce, abbandonando le tenebre, e camminare al suo riverbero (Sal 119,105). Chi rimane nelle tenebre, è tenebra lui stesso ed è perciò perduto (Gv 1,5; 3,19s), chi entra nella luce è salvato. Il seme della Parola è sempre uguale, ciò che muta è la specie di terreno in cui esso cade. Il Signor Gesù incaricò Saulo di «aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dalla podestà di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, la remissione dei peccati e la loro parte d’eredità fra i santificati» (At 26,18). Chi è stato illuminato dalla Parola e ha accettato la luce di Gesù Messia (Ef 1,17s), diventa egli stesso un luminare (Lc 8,15s), un «figlio di luce» (Gv 12,36), che cammina nella luce (1 Gv 1,7), responsabile di tale status (Ef 5,8; 1 Ts 5,4s). Anche riguardo all’appartenenza alla luce esiste una pratica prova del nove (1 Gv 2,9s luce e amore per i fratelli; Gv 3,21 verità e luce).

     È un po’ come essere un pannello solare o fotovoltaico ma al buio: così non ha chance di funzionare. Quando però viene finalmente illuminato e riceve effettivamente tale luce, ossia eliminando tutto ciò che impedisce l’assorbimento, comincerà a funzionare e a produrre rispettivamente calore o corrente. L’effetto testimonia della causa. Senza l'illuminamento (grazia, Evangelo) non potrebbe mai funzionare, ma neppure senza l'accettazione della luce (ravvedimento, conversione, entrata nel patto).

     Dio ha creato l'uomo a sua immagine e dove Egli si manifesta all'uomo, questi può intendere. Dio disse ai filosofi d'Atene che Dio agisce, fin dalla creazione del mondo, nel creato e nella storia «affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché Egli non sia lungi da ciascun di noi. Difatti, in lui viviamo, ci moviamo, e siamo, come anche alcuni dei vostri poeti han detto: "Poiché siamo anche sua progenie"» (At 17,26ss). Paolo, proprio basandosi sul dato di fatto reale che gli uomini sono «progenie di Dio», annunciò che «Dio dunque, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, fa ora annunziare agli uomini che tutti, per ogni dove, abbiano a ravvedersi» (vv. 29s). Anche qui ci fu uno spartiacque fra coloro che accettarono la luce della fede e coloro che rifiutarono (vv. 32ss).

 

La Teologia Biblica dei patti

     Abbiamo parlato della «dinamica bipolare» dell’evento salvifico. Ciò è stato applicato da Rosa Fidelis a Gv 6. La «dinamica bipolare» è tipica della tensione presente nei patti biblici. Dio chiama a entrare nel suo patto e fa promesse; l’uomo deve entrarci, accettare la grazia e prendere su di sé la signoria esclusiva di Dio. Ambedue questi aspetti sono importanti all’interno della «dinamica dei patti» biblici.

     A questa fase promissoria (e quindi salvifica; cfr. Gn 15) segue normalmente una fase amministrativa (cfr. Gn 17; Es 20), in cui Dio rivela l’etica del patto e aggancia all’ubbidienza da parte dei credenti la realizzazione concreta delle benedizioni nella loro vita e in quella dei loro cari (cfr. Gn 26,3ss).

     Questa è la struttura teologica di base della sacra Scrittura, la quale si ripete perciò anche nel nuovo patto. Chi non s’attiene a questa Teologia Biblica, cercherà di capire la Bibbia con artificiose «sovrastrutture dogmatiche», create dagli uomini a un certo punto della storia, spesso in reazione e contrapposizione con altre vigenti (p.es. dispensazionalismo, teologia del patto unico, calvinismo [grazia irresistibile, doppia predestinazione], arminianesimo [libero arbitrio], universalismo, romanesimo [dottrina dei meriti e delle opere, indulgenze], eccetera).

 

Per l’approfondimento si vedano alcuni di questi lemmi in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), specialmente sotto «patti» e «teologia».

 

Dinamica bipolare della grazia (Tito 2,11-14) {Tonino Mele} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A2-Dinamica_bipolare_OiG.htm

17-10-2007; Aggiornamento:

 

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