In questo tema discutiamo l’articolo «Infuocati o zelanti?». Oggigiorno, non basta più impegnarsi a essere zelanti
o ferventi di spirito, ma si vuole essere fiamme e fuoco, misticamente
parlando. Abbiamo visto che specialmente in ambito pentecostale e carismatico si
sta diffondendo la moda di voler essere «infuocati», e tale designazione
accompagna altri termini nei nomi di account, pagine e gruppi in Internet:
«Infuocati per Dio, per Gesù, nello Spirito, ecc.». Alcuni credenti usano tale
neologismo dottrinale, senza badare al fatto che nella bibbia il fuoco è nella
stragrande maggioranza dei casi una potenza distruttrice!
Come vedremo, specialmente i credenti provenienti dall’ambito pentecostale e
carismatico cercano di difendere tale neologismo dottrinale, o per lo
meno di
scusarlo. Alcuni cercano di trovare improbabili collegamenti con lo
Spirito Santo, sebbene «fuoco» e «Spirito» ricorrono raramente insieme.
Altri cercano di introdurre qui il cosiddetto «battesimo dello / nello
Spirito», sebbene tale espressione non si trovi mai nel testo greco del NT.
Non mancano tentativi di far quadrare, in qualche modo, il cerchio mediante
l’uso di simbologia varia, di lontane analogie, di metafore, di
spiritualizzazioni allegoriche, pur di attribuire al fuoco un aspetto
positivo, sì, di benedizione.
La discussione, che segue, è certamente interessante anche dal punto di vista
dell’ermeneutica
biblica, ossia di come i vari partecipanti usano la Bibbia per portare avanti il
loro ragionamento, interpretandola in modo contestuale, a senso o addirittura in
modo pretestuoso e arbitrario. Questo tema diventa, quindi, una lezione pratica
per distinguere l’esegesi (o interpretazione contestuale), dalla versettologia
indebita e dalla eisegesi (o proiezione interpretativa).
La
Parola di Dio viene paragonata al metallo, che risulta dopo aver
purificato (= raffinato) il minerale per mezzo del fuoco (2 Sm 22,31; Sal 18,30;
cfr. Ap 3,18). A noi spetta di tagliare rettamente la Parola della
verità, per non essere operai confusi e per essere approvati dinanzi a Dio (2 Tm
2,15).
Faccio, infine, presente che non sempre nei brani, in cui in italiano c’è «ardore»
e «ardentemente», ciò si trova anche nel testo originale; sotto
discuteremo, ad esempio, 1 Corinzi 12,31; 14,1.
Ecco un esempio dell’AT: «Tutto Giuda si
rallegrò del giuramento; perché avevano giurato di tutto cuore e avevano cercato
l’Eterno con tutta la loro volontà; ed egli s’era lasciato trovare da
loro» (2 Cr 15,15; così Lut, Elb, ND; «grande
ardore» R, NR; «tutto l’ardore» CEI; «tutta la loro affezione» D). In ebraico
bekol-lebābām
«con tutto il loro cuore» (= mente) e bekol-reśônām
«con tutto il loro piacere (= volontarietà) o la loro volontà». Il termine rāśôn
è tradotto con «volontà» nei seguenti brani: Gn 49,6 arbitrio, caparbietà; Esd
10,11 fate la sua volontà; Ne 9,24 a loro arbitrio; Ne 9,37 a loro arbitrio; Est
1,8 secondo la propria volontà; Est 9,5 a loro arbitrio; Sal 40,8 la tua
volontà; 103,21 fate il suo volere; 143,10 far la tua volontà; Dn 8,4 faceva
quel che voleva; Dan 11,3.16 farà quel che vorrà; Dan 11,3.16.36 agirà a suo
arbitrio.
Tutto ciò mostra che bisogna
essere moderati, usando certi brani, di cui bisogna prima accertare il
significato reale. Non bisogna trarre da essi una legittimazione a essere
«infuocati» in senso mistico ed entusiastico, soltanto perché si è trovata una
lontana analogia in qualche testo. Si fa bene a partire sempre da cose
evidenti.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
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I contributi sul tema ▲
(I
contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I
contributi attivi hanno uno sfondo bianco)
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1. {Adriano
Carmelo Bartolomeo}
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Nota redazionale: Qui discutiamo Salmo 39,3.
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Contributo:
«Il mio
cuore ardeva
dentro di me; mentre meditavo, un fuoco s’è acceso; allora la mia lingua
ha parlato» (Sal 39,3). {24-06-2012}
▬
Risposta 1
(Nicola Martella): Tale verso l’ho citato anch’io. Tu, però, che significato gli
dai nel suo contesto? Poi, ti darò il mio pensiero sull’intero salmo.
▬
Replica 1
(Adriano Carmelo Bartolomeo): È un fuoco, che lo consuma, è rimorso per i suoi
peccati, paura della punizione di Dio. Ma credo che dire
infuocati significhi che il cuore aneli Dio, dire zelanti sono azioni
e comportamenti, eseguiti con amore cristiano, che il corpo mantiene nel tempo
costanti. Ma mi rivedo e condivido il pensiero, che hai espresso, non avevo mai
analizzato nel particolare tale espressione. {25-06-2012}
▬
Risposta 2
(Nicola Martella): Se nella Bibbia, come ho mostrato, il termine «infuocati»
intende le emozioni e i sentimenti incontrollabili del cuore umano o di natura
negativa o della passione erotica (legittima e illegittima), non credo che
facciamo bene ad attribuire ciò al nostro rapporto con Dio, Gesù Cristo e nello
Spirito. Infatti, un aspetto della sapienza (Pr 16,32; 25,28), del frutto dello
Spirito (Gal 5,22) e della maturità cristiana è l’autocontrollo (2 Tm
1,7; 2 Pt 1,6); e il Signore è un Dio d’ordine (cfr. 1 Cor 14,40, Col 2,5; Tt
1,5). Il fuoco, invece, è nella Bibbia il simbolo del disordine, della
distruzione e del giudizio (Es 22,6; Nu 21,30; Dt 9,3; Ne 2,3.17; Sf 1,18; 2 Pt
3,7).
▬
Replica 2
(Adriano Carmelo Bartolomeo): Come la presenti alla luce delle sacre Scritture,
è giusto e comprensibile nella logica.
{25-06-2012}
▬
Risposta 3
(Nicola Martella): Se si vede bene, Davide qui scoppiò come una teiera,
in cui l’acqua ribolle. S’era proposto di «non peccare con la mia lingua;
metterò un freno alla mia bocca, finché l’empio mi starà davanti» (v. 1). Il
suo dolore, però, s’inasprì di più, tacendo dinanzi all’empio (v.2). Alla fine,
è esploso come una pentola a pressione (v. 3). Si è reso conto della sua
fragilità (v. 4). Dopo essersi confrontato con Dio e aver chiesto di essere
liberato dalle sue trasgressioni (vv. 5-8), chiese a Dio di non fare di lui il
«vituperio dello stolto»; e il suo proposito era questo: «Io me ne sto muto,
non aprirò bocca» (v. 9), ossia dinanzi a Dio.
Quindi, il v. 3 è ambiguo e può riferirsi sia verso Dio, sia verso l’empio.
Tuttavia, ciò che segue riguardò il suo rapporto con Dio. Quindi, Davide messo
sotto pressione dagli empi e dall’apparente silenzio di Dio, esplose dinanzi
a Dio. Tale ardere e tale fuoco non sono da considerare qui positivamente,
visto che poi lo portano a un pesante lamento
sulla vita, sugli empi, su se stesso e, per certi aspetti, anche su Dio, da cui
si sente messo sotto pressione (v. 13; cfr. vv. 10s).
2. {Luca
Matranga}
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Nota redazionale: Qui discutiamo il rapporto fra fuoco e Spirito Santo.
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Contributo:
Meglio zelanti, sì, oppure entusiasti, pieni d’amore. Però infuocati, se si
riferisce alle «fiamme»
dello Spirito Santo sulla testa dei credenti, penso che sia un’immagine
positiva. {24-06-2012}
▬
Risposta 1
(Nicola Martella): Tale evento delle fiammelle sulla testa di credenti si
ebbe soltanto una volta, a Pentecoste (At 2,3), per significare la presenza
dello Spirito Santo sui dodici apostoli e il loro potenziamento per il ministero
a conduttori della chiesa. Tale fenomeno non si è mai più ripetuto nel NT.
L’abbinamento «Spirito» e «fuoco» si trova in Matteo 3,11s e Luca
3,16s, e Giovanni Battista lo riferì all’opera del Messia, che avrebbe immerso i
Giudei in essi (personalmente immergeva soltanto in acqua). Ciò avvenne
limitatamente a
Pentecoste, visto che la stragrande maggioranza d’Israele rifiutò Gesù
come Messia e la grande purificazione messianica non avvenne per Israele e i
figli di Levi, come aveva annunciato Malachia (3,1ss).
Tale purificazione avverrà per Israele alla fine dei tempi. In tutto il
resto del NT non si trova mai più tale abbinamento.
Per tale motivo, Pentecoste non realizzò la predizione di Malachia 3,1ss.
Pentecoste servì soltanto a
rivelare storicamente lo Spirito Santo e a potenziare gli apostoli,
per renderli guide efficaci della chiesa. Il vento e le lingue di fuoco
erano soltanto la «coreografia» per l’avvento storico dello Spirito Santo. Tutto
ciò non rendeva i credenti «infuocati», né essi si definirono mai così.
Nel NT non si parla
mai del verbo infuocare (in alcuna sua forma) e dello Spirito
insieme. Si parla, invece, di diligenza e di essere «ferventi (o zelanti)
nello spirito» (Rm 12,11).
▬
Replica 1 (Luca Matranga): Il battesimo
nello Spirito Santo esiste ancora, fiammella o no. {25-06-2012}
▬
Risposta
2
(Nicola Martella): Luca Matranga, non so se hai letto l’intero articolo sul
sito. Stai mettendo troppa carne a cuocere, introducendo un tema differente. Da
Atti 3 a Apocalisse 22 Spirito e fuoco (e suoi derivati) non sono mai
messi in connessione diretta riguardo al credente. L’unica eccezione, che non
riguarda ciò, ha a che fare con i «sette spiriti che sono
davanti al suo trono» (Ap 1,4), chiamati anche i «sette spiriti di Dio»
(3,1) e paragonati a «sette lampade accese» (4,5), per
significarne la presenza, e a «sette occhi» (5,6), per significarne
l’onniscienza. Tutto ciò ha a che fare con la pneumatologia (dottrina dello
Spirito) e non con la cristianologia (dottrina del cristiano).
Quindi, non affrontiamo qui l’annosa questione del cosiddetto « «battesimo dello / nello
Spirito Santo», sia perché tale espressione non si trova mai nel testo greco
del NT, sia perché le opinioni sono troppo divaricate in merito (prima
esperienza di rigenerazione, 1 Corinzi 12,13; o seconda esperienza mistica).
Rimando al riguardo alla rubrica corrispondente sul sito: «Battesimo nello Spirito».
▬
Replica 2 (Luca Matranga): Grazie per la
risposta. Purtroppo al momento attuale non ho molto tempo per affrontare la
questione, che dovrei studiare con attenzione. Comunque voglio leggere con
attenzione quello che dici... sono cose troppo importanti, per sorvolarle con
faciloneria.
▬
Osservazioni
(Alessio Rando):Credo che il termine «infuocato», usato nelle chiese e
nei gruppi carismatici (Pentecostali, RnS, ecc.), sia legato al fuoco dello
Spirito Santo! {25-06-2012}
▬
Risposta
3
(Nicola Martella): Ho già affermato sopra che «fuoco» e «Spirito»
nella Bibbia non compaiono mai insieme, tranne in Giudici 15,14 (metafora) e
Matteo 3,11 e Luca 3,16, che Giovanni riferì alla purificazione storica
d’Israele da parte del Messia, annunciata in Malachia 3,2ss e che non è ancora
avvenuta, avendo Israele misconosciuto il proprio Messia, e che avverrà alla
seconda venuta di Cristo. Quindi, tale abbinamento è arbitrario.
3. {Adriano
Carmelo Bartolomeo}
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Nota redazionale: Qui discutiamo
Luca 24,32.
■
Contributo:
«Ed essi dissero l’uno all’altro: “Non sentivamo forse ardere il cuore
dentro di noi, mentre egli ci parlava per la via e ci spiegava le
Scritture?”» (Lc 24,32). {25-06-2012
▬
Risposta
(Nicola Martella): In Luca 24,32 i due discepoli di Emmaus commentarono, col
senno del poi, l’incontro col loro singolare ospite (che si dimostrò essere il
Risorto), dopo che era
sparito dinanzi ai loro occhi. Essi
affermarono che fu la Parola a far ardere i loro cuori, ossia a creare
inspiegabili rivolgimenti nel loro animo, allorquando si trovavano per strada.
Come si vede, qui a far infuocare
il cuore furono le parole tratte dalla sacra Scrittura! Ora segue una ulteriore
spiegazione esegetica.
In Luca 24,32 fu
evidenziato che il
cuore dei due discepoli
ardeva in loro,
non per un’esperienza mistica, ma a causa del fatto che sulla via verso Emmaus
il loro ospite (poi rivelatori il Risorto) spiegava loro le Scritture.
Gesù li chiamò dapprima «insensati e tardi di cuore a credere a tutte le cose
che i profeti hanno dette» (v. 25). Qui il verbo usato è
kaiō «accendere, ardere, bruciare, incendiare». I due discepoli,
depressi e sconfitti, intendevano che, mentre il loro ignoto ospite parlava
mediante la Scrittura, sentivano che essa produceva qualcosa d’indefinito in
loro, che poi solo la scomparsa del Risorto fece identificare. Non era un
incendio mistico, ma il cuore affranto che si riscaldava con la Parola di
Dio.
4. {Nicola
Carlisi}
▲
■
Contributo:
Quando mi fu segnalato questo link «Infuocati per Cristo» non ho
condiviso il termine «infuocati». Ho risposto a uno dei membri del gruppo,
pensando che si alludesse alle lingue «come di fuoco», che scesero dal
cielo; o alle lampade delle cinque vergini, alle quali non mancava
l’olio, semplicemente con quanto segue.
Possa sempre di più la fiamma dello Spirito Santo ardere nei nostri cuori,
mantenendo l’intera nostra persona in una comunione continua con Gesù, da
portare tanto frutto per la sua gloria. Il pruno ardente non si
consumava, ma dal mezzo della fiamma usci la voce di Dio, che ammonì Mosè a non
avvicinarsi; ma per la chiesa di Cristo, per la sua sposa, lo Spirito di Dio e
di Gesù è venuto dentro di noi unendosi al nostro spirito. Questa fiamma sarà in
noi sempre accesa!
«Le sue brace son
brace di fuoco, son fiamma dell’Eterno. Molte acque non potrebbero spegnere
quest’amore, né fiumi inondarlo; se alcuno desse tutta la sostanza di
casa sua per quest’amore, non se ne farebbe stima alcuno» (Cc 8,6-7). Non vi
è somma di denaro che potremmo dare per comprare quest’amore; Iddio non si
vende, ma si offre alla creatura che riceve Gesù nel proprio cuore (Isaia
55,1.3; Rom 5,1.5). Cristo Gesù è la nostra benedizione eterna!!! Tuo fratello
in Gesù.
▬
Risposta
(Nicola Martella): Rispondere a un articolo con il post usato per un altro
soggetto, è sempre come togliere una toppa a un vestito e metterlo a un
altro: non sarà mai a colore o delle forma giusta. Per essere efficaci e non
essere fraintesi, si fa meglio a leggere sempre l’intero scritto e a rispondere
al merito della questione. Io tenterò di farlo col tuo contributo, ricordando la
stima per la tua persona.
In tutto il NT non si parla mai di una fiamma dello Spirito, che arde nei
cuori dei credenti. Come già ricordato, nel linguaggio biblico ad ardere nel
cuore umano è specialmente l’ira (Dt 19,6; Is 7,4),
l’indignazione di essere trattati ingiustamente per aver fatto una cosa
giusta (Gr 20,8ss), la passione dell’amore erotico fra un uomo e una
donna (Cc 8,6) e il tramare di notte la sedizione da attuare di giorno
(Os 7,6s).
Un aspetto positivo si trova nel NT e riguarda il fatto che la
sacra Scrittura
fa ardere il cuore, come è successo ai due discepoli di Emmaus
(Lc 24,32); rimando sopra per i dettagli. [►
3.] Per il resto, in tutta la Bibbia non esiste
una connessione fra Spirito e ardere e i suoi derivati!
L’immagine del pruno ardente, per significare la presenza del Signore, è
suggestiva, ma non viene mai ripresa nel NT in senso spirituale, ma solo storico
(At 7,30). I versi del Cantico (Cc 8,6-7) parlano, come già ricordato,
dell’amore passionale
fra un uomo e una donna, che sono innamorati. Sullamita si rivolse al suo amato,
a cui si voleva unire indissolubilmente, disse che «l’amore
è forte come la morte, la gelosia [lett. zelo, passione] è dura come la še’ol»
(v. 6a). Non facciamo bene a usare un canto erotico e le sue immagini febbrili
per l’amore spirituale fra il credente e Cristo, poiché arriveremmo a dei
paradossi. Il Cantico è un libro passionale di un amore terrestre, non un libro
di dottrina, e nessuno dei suoi versi è ricordato nel NT per evidenziare l’amore
fra Cristo e la chiesa (cfr. Ef 5).
La versettologia indebita (accumulo di versi fuori contesto e il loro
assemblaggio secondo arbitrio) fa fare bella figura, ma svigorisce la Scrittura,
quando si disattende il testo nel contesto e si dà a ciò, che è naturale valore
spirituale, e viceversa, senza prove esegetiche risultanti dal contesto del
singolo testo. Torniamo a interpretare il testo nel suo contesto naturale
(storico, letterario, culturale, teologico), poiché è solo la verità a renderci
liberi!
Consiglio quindi, di rileggere l’intero articolo e di rispondere nel merito
delle sue questioni reali.
▬
Replica (Nicola Carlisi): Martella, hai
ragione. Io a volte sono un po’ troppo sintetico, ma le tue asserzione nei
versi, da me citati, sono da me condivise. Grazie per la tua stima, mi adopererò
a una risposta concernente il tema. Tolgo il rattoppo, espressione usata da
Gesù. {25-06-2012}
5. {Vincenzo
Russillo}
▲
■
Contributo:
L’immagine del fuoco, come già sottolineato, è associata nella Bibbia alla
punizione (si veda Nu 11,1, Lev 20,14; 21,9; Ger 29,22; Ez 23,25; Dan
3,19-23). Inoltre veniva usato per i sacrifici nel VT (Lev 9,24). Nel NT
il verbo bruciare in Luca 24,32, in greco troviamo «kaio» in questo caso
è usato metaforicamente (ovvero volevano comunicare la loro speranza). Troviamo
un altro uso figurato di «ardere» in 1 Corinzi 7,9 e 2 Corinzi 11,29, in
questo caso il verbo greco «pyróomai»
vuole intendere «ardere di passione». Da un’analisi attenta delle
Scritture, si può constatare che il termine «bruciare, essere infuocato, ardere»
non viene mai usato per indicare un particolare «status» del credente,
che viene indicato come particolarmente fervente e fedele al Signore.
L’Onnipotente usa il fuoco per raffinare e purificare (Salmo 66,10).
{25-06-2012}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Dal verbo pyróomai
«bruciare», ad esempio di passione, in italiano deriva «piromane», ossia
una persona affetta da mania incendiaria irrefrenabile. Quindi, è meglio
guardarsi dai focosi e infuocati piromani ideologici e religiosi, poiché
lasciano nella storia soltanto distruzione e macerie.
6. {Pasquale
Aiello}
▲
Nota redazionale:
Qui discutiamo Salmo 104,4
e Ebrei 1,7.
■
Contributo:
Come nel Salmo 104,4, Ebrei 1,7 dice che Egli fa dei suoi ministri una fiamma
di fuoco. Ciò era riferito esclusivamente agli angeli, oppure anche ai
ministri umani?
▬
Risposta 1 (Nicola Martella): Non so che
cosa il testo originale del Salmo 104,4 e di
Ebrei 1,7
abbia a che fare col tema in corso riguardo a «infuocati» o «zelanti». Mi
verrebbe da dire: chi cammina sul fuoco dell’arbitrio interpretativo, si
brucia e diventa pericoloso per la salute altrui. Comunque spiega tutta la
questione in modo comprensibile. Saprò risponderti in merito.
▬
Replica 1 (Pasquale Aiello): 1. Il
senso è che, dal momento che Dio fa dei suoi ministri una fiamma di fuoco,
magari molti si sentono
autorizzati a sentirsi infuocati. {25-06-2012}
2. Premetto che come al solito, credo che di tutte le cose si fa un uso e
un abuso. L’uso di una terminologia, a volte inappropriata o esagerata,
volta a enfatizzare uno stato d’animo o una forte passione per il servizio o per
l’amore per l’opera di Dio, potrebbe suscitare qualche perplessità in chi
è di per sé scettico verso tali manifestazioni emotive. Ma non credo sia
corretto enfatizzare il fuoco, inteso come giudizio, condanna o ira di Dio.
La Bibbia parla di altri tipi di fuoco. «E mentre degli angeli dice:
Dei suoi angeli Ei fa dei venti, e dei suoi ministri fiamme di fuoco» (Ebrei
1,7); questo brano non è altro che una citazione del Salmo 104,4. Dio stesso usa
in maniera allegorica il fuoco, Egli fa dei suoi ministri una fiamma di fuoco e
viceversa; non credo che si riferisca al giudizio, visto che in altri punti si
fa riferimento al fuoco come strumento di benedizione.
Magari questo spinge alcuni a considerarsi fiamme di fuoco nel senso di
fervore o zelo per Dio, ciononostante credo che un po’ di moderazione in merito
non guasterebbe. {25-06-2012}
▬
Risposta 2
(Nicola Martella): Sarebbe interessante sapere in quale brano della Bibbia
(specialmente da Atti 3 a Apocalisse 22) il fuoco venga usato da Dio come
strumento di benedizione. A guardare bene, benedizione e fuoco non
ricorrono mai insieme in tutta la Bibbia. Come si può fare, quindi, una tale
affermazione riguardo agli uomini e specialmente ai credenti?
Occasionalmente si parla di purificazione
dalle scorie (= peccati,
ribellione, abomini), usando fuoco e
potassa, tuttavia tale l’immagine riporta nel contesto a un giudizio storico
(Is 1,24s; Ez 22,18-22; cfr. Pr 25,4; Gr 6,28s; 2 Pt 1,9).
Faccio notare che Salmo 104,4 parla delle forze della natura come vento e
fuoco (è un salmo creazionale), che Dio si serve come suoi esecutori. Nel
contesto di Ebrei 1,7 l’autore si servì di tale brano nella versione
della Settanta per evidenziare la superiorità di Cristo sugli esseri celesti.
Quindi, ambedue non c’entrano nulla con gli uomini, né tanto meno con i
credenti, né sono un foglio di via, perché questi ultimi si sentano infuocati.
Ecco ora un approfondimento esegetico.
Il testo originale del Salmo 104,4 recita così:
«[L’Eterno]
rende suoi inviati [i] venti, suoi servitori [la]
fiamma di fuoco». Nel contesto del salmo
venti e fiamme di fuoco sembrano i complementi oggetti. Il salmo parla della
manifestazione di Dio nel creato e del modo come Egli si serve delle forze della
natura. Quindi, tale verso non ha a che fare con uomini, né con angeli, ma con
le forze della natura, di cui Dio si serve per attuare i suoi piani nella
storia.
I traduttori della
Settanta hanno probabilmente inteso i termini al contrario, interpretando
inviati e servitori come complementi oggetto, così da rendere il testo come
segue: «Ho poiōn tûs angélûs autû pneumata kai
tûs leitûrgûs autû pyr flégon», ossia «Colui che rende i suoi inviati dei
venti e i suoi servitori una fiamma di fuoco». Tale testo fu poi usato
dall’autore dell’epistola agli Ebrei (1,7 eccezione: pyròs flóga
«fiamme di fuoco»). Il contesto è chiaro: l’autore mette a confronto gli
«inviati di Dio» (v. 6), ossia gli esseri celesti con Cristo, decretando la
superiorità di quest’ultimo sui primi (vv. 4ss.8.13). Essi sono definiti «spiriti
servili [leitûrghikà pneumata], mandati in servizio [diakonia] a
favore di quelli, che devono ereditare la salvezza»
(v. 14). Non si tratta quindi di uomini, ma di coloro che sono comunemente
chiamati «angeli».
7. {Nicola
Carlisi}
▲
■
Contributo:
Dio è un fuoco consumante! (Ebrei 12,29).
«Ben vi battezzo io con acqua, a ravvedimento; ma colui che viene dietro a me
è più forte di me, le cui suole io non sono degno di portare; egli vi battezzerà
con lo Spirito Santo e col fuoco» (Mt 3,11; Lc 3,16).
«Ed apparvero loro delle lingue spartite, come di fuoco; e ciascuna
d’esse si posò sopra ciascuno di loro» (Atti 2,3-4).
«Ed essi dissero l’uno all’altro: Non ardeva il cuor nostro in noi…?»
(Luca 24,32)
Lo zelo
a volte può essere usato in maniera impropria, come nel caso di Paolo da Tarso,
il quale appresso disse, che lo fece per ignoranza (Fil 3,6; 1 Tim 1,13).
Di Apollo
è detto, che era fervente (ardente) di spirito, e non zelante.
Comunque è pur vero che bisogna mantenere lo stesso zelo iniziale, per la
speranza che abbiamo (Ebrei 6,11).
Solo Iddio usa il giusto zelo nei nostri confronti, nel mantenere le sue
promesse (Is 9,6). Il suo popolo abituato allo zelo, che Dio usa nel suo
confronto, invocò il suo nome dicendo: «Dov’è il
tuo zelo e la tua potenza?» (Is
63,15).
Quante
espressioni errate si sono sentite, e quante ancora se ne sentiranno. Ma
ringraziato sia il Padre Nostro, per Gesù nostro Signore, che egli come fuoco,
consumerà la nostra ignoranza.
Iddio ha
punito (bruciato) i nostri mali alla croce caricandoli sul corpo di
Gesù; questo avvenne oggettivamente; ma Egli viene in noi nel battesimo dello
Spirito Santo per bruciare soggettivamente e quindi santificare togliere
tutto ciò che era estraneo alla sua santità.
Egli brucia
la forza di coloro, che non sono deboli, come pure brucia la debolezza di
coloro, che non sono forti. Per cui, i forti diventano deboli; e i deboli
diventano forti. Ecco perché il debole può dire: «Io sono forte!» (Gioele
3,10). E il forte può dire di essere forte, quando lui è debole (2 Cor 12,10).
L’Iddio nostro ha bruciato la debolezza del debole, perché lui stesso
l’ha reso forte, Iddio è nostra potenza (Col 1,11), e ha bruciato la forza di
Paolo, per farlo veramente forte; per cui dirà Paolo stesso: «La mia
potenza si dimostra perfetta nella debolezza» (2 Cor 12,9). Egli potente si
è fatto debole sopportando ogni cosa, affinché noi deboli ricevessimo ogni cosa
dalla sua potenza (2 Pt 1,3).
«Non per forza, né per esercito, ma per lo Spirito mio dice il Signore»
(Zc 4,6). Se sei forte in Dio, è perché egli ha consumato (crocifisso)
la tua forza carnale; dunque sei debole nella carne, ma forte nello spirito. Se
sei debole in Dio, è perché ancora egli non ha consumato la tua forza carnale.
Dunque, permetti al «fuoco dello Spirito Santo» di bruciare: i tuoi
cattivi pensieri, le tue voglie carnali, il tuo orgoglio, le tue passioni, le
tue impurità. Appressati un po’ più al Signore, non aver paura se lui consuma
i tuoi mali. Egli li consuma per far posto in te, e quindi ricevere il «suo
bene», egli brucia per darti il suo oro. Lasciamoci consumare da questo «fuoco
benedetto», facciamoci annullare (Rom 6,6), per avere il suo tutto.
Benedetto sia il nome del Signor Gesù, perché si è fatto consumare per noi,
bruciando tutti i nostri peccati, da non essere più trovati, la potenza del
suo sangue ha cancellato ogni cosa, quindi l’Iddio nostro Padre non li vede più
(Eb 8,12).
Il fuoco dell’Iddio nostro Padre, ha bruciato i nostri peccati, il
nostro vecchio uomo, ma ha conservati noi in Cristo Gesù il nostro Signore,
benedetto in eterno, e con lui appariremo in gloria (Col 3,1.4).
Benedetto l’Iddio nostro, che consumò la prima creazione, e ha dato a noi
la grazia di far parte alla seconda creazione, che sarà un tempio alla sua
gloria. Come seconda creazione ha dissipato le tenebre, e ora siamo figliuoli
della luce, camminiamo come tali, praticando: bontà, giustizia e verità. A lui
la gloria ora e sempre. {25-06-2012}
▬
Risposta (Nicola Martella): Commenterò
soltanto alcune cose, tralasciando, ad esempio, lo zelo di Dio per noi.
Non amo
liste di versi, senza alcuna spiegazione e ancor meno senza considerare il
contesto. Che Dio fosse definito un fuoco consumante (Eb 12,29), non era
una buona notizia, ma un severo monito a non offrire a Dio un culto scadente.
Oggigiorno alcuni vogliono offrire a Dio addirittura un «fuoco estraneo»
o incendiarsi essi stessi ad altari di spiritualità esoterica cristianizzata (si
veda il «fuoco di Toronto»).
Per le parole di Giovanni Battista in Matteo 3,11s e Luca 3,16s rimando a quanto già detto
sopra. [►
2.]
Per Luca 24,32, che il mio interlocutore ha troncato nel punto
migliore, rimando a quanto detto sopra. [►
3.]
Di Apollo, sebbene
fosse «stato ammaestrato nella via del Signore» e avesse allora ancora
una dottrina limitata (At 18,25b-26), «essendo fervente di spirito,
parlava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù»
(v. 25a). Il mio interlocutore afferma, che non era zelante, ma ardente di
spirito. Ora, nella locuzione zéōn tô
pneumati, il verbo zéōn
significa effettivamente «(ri)bollire, scaldare, gorgogliare» di spirito,
tuttavia la causa non era il misticismo, ma la Parola di Dio, che insegnava in
modo accuratamente, quindi in modo logico e ponderato.
Non entro nel merito del cosiddetto « «battesimo dello / nello Spirito Santo»,
poiché ciò ci porterebbe lontano; faccio solo notare che tale espressione non
esiste nel NT greco, che il luogo dell’immersione è il corpo di Cristo (1 Cor
12,13) mediante lo Spirito e che ciò avviene nel momento della rigenerazione.
[►
2.] La santificazione ha a che fare con lo Spirito Santo (1 Cor 6,11; 2 Ts 2,13; 1
Pt 1,2), ma essa continua una vita intera.
Quanto allo bruciare, attuato da Dio, nella Bibbia è sempre un atto di giudizio.
Tralascio la questione del debole e del forte, che qui non c’entra. Faccio solo
notare che si parla del fatto che Dio brucia la forza o la potenza dei
suoi avversari (Is 1,31), ma mai che bruci la debolezza di qualcuno o
addirittura la forza del credente, anzi egli non spegne il lucignolo
fumante (Is 42,3; Mt 12,20), ma dà forza allo spossato (Is 40,29). Ammetto che
tutto tale discorso è singolare, un po’ tirato per i capelli, e a tratti
contraddittorio. Neppure si comprende che cosa abbia a che fare col nostro tema.
È un esercizio di versettologia abbinata a una spiritualizzazione allegorica,
che tutto leviga in una forma preconfezionata; per questo non posso
condividerla. Restano un po’ forvianti espressioni come «Iddio ha punito
(bruciato) i nostri mali alla croce» o «egli ha consumato (crocifisso) la tua
forza carnale».
L’espressione «fuoco dello Spirito Santo» è singolare, visto che «fuoco»
e «Spirito» non ricorrono mai insieme nel NT all’infuori di Matteo 3,11 e Luca
3,16 (che si riferiscono a Malachia 3,1ss), e che in tutto l’AT ricorrono
soltanto in Giudici 15,14 in una metafora («fili di lino, a cui si appicchi
il fuoco»). Non so che cosa sia un «fuoco benedetto», esegeticamente
parlando, visto che il fuoco è normalmente un simbolo di giudizio e distruzione.
Non so dove sia scritto che Gesù abbia «bruciato tutti i nostri peccati»
o, peggio, il nostro vecchio uomo; la carne è da mortificare, e il vecchio uomo
bisogna spogliarlo, non bruciarlo. Faccio, infine notare, che Dio non «consumò
la prima creazione», visto che ciò deve ancora avvenire (2 Pt 3,10-13).
La mia
domanda finale, che a questo punto resta, è la seguente: ci serviamo della
Bibbia o la interpretiamo correttamente?
8. {Pierluigi
Prozzo}
▲
■
Contributo:
Tra quelle che tu chiami «eccezioni» ci sarebbe anche questo versetto
qui: «Ed essi dissero l’uno all’altro: “Non sentivamo forse ardere il
cuore dentro di noi mentr’egli ci parlava per la via e ci spiegava le
Scritture?”» (Lc 24,32).
E volendo, c’è anche questo: «Voi, però,
desiderate ardentemente i doni maggiori!» (1 Cor 12,31a).
Si veda pure questo: «Desiderate ardentemente
l’amore, non tralasciando però di ricercare i doni spirituali, principalmente il
dono di profezia» (1 Cor 14,1). {25-06-2012}
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Risposta (Nicola Martella): Tali versi non
parlano di essere «infuocati per Dio, Cristo, nello Spirito», vero? Essi
non parlano neppure di una esperienza mistica, ma di quanto segue:
■ Si tratta dell’effetto della Scrittura (Lc 24,32); lo tratto sopra in
modo più approfondito. [►
3.]
■ Si tratta del desiderio di servire mediante i doni maggiori (1 Cor
12,31); qui il verbo è solo zēloō «essere zelanti per, desiderare,
perseguire», da cui viene in italiano «zelo». L’intento è di servire mediante
fede, speranza e amore (13,13).
■ Si tratta
specialmente dell’amore, che bisogna inseguire maggiormente (1 Cor 14,1);
in greco non c’è né «desiderare» né «ardentemente», ma solo diōkō «dare
la caccia a, inseguire, ecc.». Tutto chiaro?
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Replica (Pierluigi Prozzo): È chiaro come
una fornace ardente
☺
{25-06-2012}
9. {Pasquale
Aiello}
▲
■
Contributo:
Caro Nicola, nei seguenti versetti credo nella maniera più assoluta che il
fuoco viene usato come strumento di benedizione.
Come sicuramente sai, nel deserto ci sono sbalzi di temperatura non
indifferenti, molto caldo di giorno e addirittura sotto zero di notte, ecco che
Dio ha provveduto una sorta di aria condizionata sottoforma di nuvola, la quale
serviva sia per illuminarli che per scaldarli.
■ «E l’Eterno andava davanti a loro: di giorno, in una colonna di nuvola per
guidarli per il loro cammino; e di notte, in una
colonna di fuoco per illuminarli, onde potessero camminare giorno e notte»
(Es 13,21). «E tutti furono battezzati, nella nuvola e nel mare, per essere
di Mosè» (1 Cor 10,2). È evidente che il termine benedizione non ricorre,
certe cose non sono esplicite, ma possiamo immaginare che per il popolo la
colonna era una vera e propria benedizione.
■ «Ma per voi che temete il mio nome si leverà il
sole della giustizia, e la guarigione sarà nelle sue ali; e voi uscirete
e salterete, come vitelli di stalla» (Mal 4,2). Qui vediamo un altro
abbinamento, il sole non è fuoco? E la guarigione non è benedizione?
{25-06-2012}
■ Ecco un altro passo della Scrittura in cui il fuoco e benedizione ricorrono
insieme: «Ora, come il sole si fu coricato e venne la notte scura, ecco una
fornace fumante e una fiamma di fuoco passare in mezzo agli animali
divisi. In quel giorno l’Eterno fece patto con Abramo, dicendo: “Io do
alla tua progenie questo paese, dal fiume d’Egitto al gran fiume, il fiume
Eufrate”» (Gen 15,17s). Il fuoco di Dio in questo passo indica due cose, la
prima è che Dio ha dato dimostrazione di aver accettato l’offerta di Abrahmo, la
seconda è il patto, ossia la promessa di una paese dato in eredità ai suoi
discendenti. In questo caso il fuoco non è originato da elementi materiali
(stelle, essendo anch’esse fuoco; e forse le lucciole, che ci appaiono
«infuocate»), ma il fuoco procede direttamente da Dio, la cui conseguenza è la
benedizione. {26-06-2012}
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Risposta
(Nicola Martella): Fra poco ci parlerai delle stelle, essendo anch’esse
fuoco, e forse delle lucciole, che ci appaiono «infuocate»! Dove
arriveremo, se vogliamo usare i versetti della Bibbia come un elastico da
allungare o accorciare a nostro piacimento, nella pretesa di far quadrare il
cerchio con cose, che nulla c’entrano col tema, con speculazioni varie o con
allegorie? Tutto diventa relativo e soggettivo, e così si perde la
ragione delle cose e la verità chiaramente dichiarata. Tale abitudine di usare
strumentalmente la Bibbia, attaccandosi a particolari secondari, interpretati
con una lontana analogia e un pizzico di allegoria, diventa un’arte di
depistare
gli altri e se stessi. Sebbene tutto ciò sia abbastanza lontano dal tema
principale, cercherò di rispondere nel merito.
■ In Esodo 13,21 la nuvola di fuoco serviva di soltanto d’illuminazione,
perché il popolo potesse marciare anche di notte, per così abbandonare l’Egitto
e sfuggire al Faraone, che lo inseguiva (Es 13,21s). È scritto che «dalla
colonna di fuoco e dalla nuvola, guardò verso il campo degli Egiziani, e
lo mise in rotta» (Es 14,24). Riguardo ai nemici è scritto pochi capitoli
dopo: «Tu scateni la tua ira, essa li consuma come stoppia» (Es
15,7). Quindi, anche qui la presenza di Dio nella colonna di fuoco ha un
carattere distruttivo.
Quando Dio discese sul monte Sinai con tale colonna di fuoco, il popolo vide che
«il fumo ne saliva come il fumo d’una fornace» (Es 19,18).
Inoltre, «ai figli d’Israele la gloria dell’Eterno appariva come un fuoco
divorante
sulla cima del monte» (Es 24,17). Il popolo, come è scritto nel
Deuteronomio, tremava dinanzi a tale visione di fuoco e mandò solo Mosè a
incontrare Dio (Dt 4,10ss.24.33.36; 5,23-27). Altro che «infuocati per
l’Eterno»!
In seguito, tale nuvola fu presente sul tabernacolo, per rappresentare la
presenza di Dio: «La nuvola dell’Eterno stava sul tabernacolo durante
il giorno; e di notte vi stava un fuoco, a vista di tutta la casa
d’Israele durante tutti i loro viaggi» (Es 40,38). Il testo non afferma
nulla di più, né parla di benedizione. Tale fenomeno non rendeva gli
Israeliti «infuocati per Dio», visto che si mostrarono ribelli per tutto il
viaggio. Tale nuvola di fuoco era certamente una protezione per il popolo, ma
anche di minaccia per il popolo e i nemici (Dio rimane un fuoco consumante).
Riguardo a tale colonna di fuoco sul santuario, è scritto nei termini di una
potenza distruttrice, diciamo positiva, poiché controllata: «Un
fuoco uscì dalla presenza dell’Eterno e consumò sull’altare l’olocausto e i
grassi; e tutto il popolo lo vide, diede in grida d’esultanza, e si prostrò
colla faccia a terra» (Lv 9,24; cfr.
l’altare di Davide, 1 Cr 21,26; l’altare di Elia, 1 Re 18,38s). Dall’altra
parte, tale potenza distruttrice della presenza di Dio nel fuoco, può
manifestarsi anche in giudizio. «E un fuoco uscì dalla presenza
dell’Eterno e divorò i duecentocinquanta uomini, che offrivano il profumo»
(Nu 16,35).
Dio mise in guardia anche Israele dal praticare ingiustizie, nel qual caso «la
mia ira s’accenderà, e io vi ucciderò con la spada» (Es 22,24).
Presto infransero il patto e Dio palesò questa intenzione a Mosè: «Lascia che
la mia ira s’infiammi contro a loro, e che io li consumi» (Es 32,10).
Dio fece dire a Israele: «Voi siete un popolo di collo duro; se io salissi
per un momento solo in mezzo a te, ti consumerei!» (Es 33,5).
Quindi, vediamo che il contesto del libro dell’Esodo parla del fuoco, rivelando
la sua forza distruttrice; inutile voler «addomesticare» tali fatti.
Anche in seguito, dopo gli ennesimi mormorii nel popolo, «la sua ira si
accese, il fuoco dell’Eterno divampò fra loro e divorò l’estremità
del campo» (Nu 11,1ss).
■ Quanto a
Malachia 4,2, inutile dire che il sole viene usato anche come
immagine di una potenza distruttrice (cfr. Mt 13,6; Gcm 1,11). L’espressione «sole
della giustizia» è solo una metafora per significare l’alba di un giorno
nuovo nella storia, una nuova era di giustizia, che sanerà la nazione, portando
il giudizio sugli empi e la pace ai giusti. Tuttavia, come già detto, non
possiamo speculare su ogni metafora. Si osservi che il fuoco come potenza
distruttrice ricorre appena un verso prima: «Ecco, il giorno viene,
ardente come una fornace; e tutti i superbi e chiunque opera empiamente
saranno come stoppia; e il giorno, che viene, li divamperà, dice l’Eterno
degli eserciti, e non lascerà loro né radice né ramo» (4,1). Strano che si
possa evidenziare il «sole della giustizia» e trascurare una cosa del genere,
che è così evidente e drammatica. Lo strabismo dottrinale è una
patologia, che si può curare soltanto con un’analisi contestuale.
■ Anche in
Genesi 15,17 il fuoco è una potenza distruttrice, che consuma gli
animali sacrificali. La promessa e la benedizione sono l’efflusso del
patto, che Dio diede a Abramo. Di questo patriarca non è detto che era
«infuocato».
Pochi capitoli dopo, il fuoco cadrà su Sodoma e Gomorra, mostrando ancora
una volta la sua potenza distruttrice (Gen
19,23s «zolfo e fuoco, da parte dell’Eterno»). Gli abitanti di
tali città divennero
letteralmente «infuocati», ma non zelanti per il bene.
10. {}
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11. {}
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12. { Autori
vari}
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Gianpirro Venturini:
Condivido le osservazioni di Nicola e mi permetto di segnalare che le
indicazioni di Pietro circa l’impegno di «aggiungere alla fede» (2 Pt 1,5), non
contengono elementi stimolanti
e tantomeno aggressivi, al contrario mostra necessità di virtù, conoscenza,
autocontrollo, pazienza, pietà ecc.. Con un po’ di saggezza e di lettura biblica
si possono evitare eccitazioni psicomotorie inutili e dannose per la fede
e per l’opera dello Spirito Santo. {24-06-2012}
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Luisa Lauretta: Amen,
Nicola. In realtà mi suonava strano questo termine «infuocato», anche
perché, quando si parla di fuoco nella Bibbia si associa sempre a qualcosa
inerente all’inferno e al dolore. Speriamo che, dopo questa
riflessione, rivedano i loro nomi [negli account, N.d.R.] e siano un po’ meno
infuocati e un po’ più zelanti.
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Anna Maria Maiore: Come tu
dici, anch’io auguro, «a tutti di mantenere lo zelo e di crescere in
maturità e alla statura perfetta di Cristo (Ef 4,13ss; 2 Pt 3,18), aggiungendo
ciò che ancora manca (2 Pt 1,5ss)». {24-06-2012}
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Gabriele TerRoma: Sono
perfettamente d’accordo. Penso che molti gruppi religiosi oggi cercano
neologismi per
catturare l’attenzione di chi oggi bada solo ad apparire e non a essere;
sono convinto che i primi cristiani si curavano di guadagnare anime a Cristo con
la semplice Parola, che non ha bisogno di essere modificata, perché è perfetta e
scaturisce da quel fiume di vita, che sgorga dal seno del Padre. È nella
semplicità che Dio si manifesta e non nel chiasso religioso di questo
tempo. Sì, credo che «zelanti» sia la parola più appropriata per
identificare chi oggi nel silenzio e nell’anonimato serve Dio con umiltà. Ciao.
{25-06-2012}
■
Anila Sinaj:
Direi zelanti, infuocati no... fa troppo caldo adesso.
☺
{25-06-2012}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Infuocati_zelanti_UnV.htm
25-06-2012; Aggiornamento: 27-06-2012 |