Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INFUOCATI O ZELANTI? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

In questo tema discutiamo l’articolo «Infuocati o zelanti?». Oggigiorno, non basta più impegnarsi a essere zelanti o ferventi di spirito, ma si vuole essere fiamme e fuoco, misticamente parlando. Abbiamo visto che specialmente in ambito pentecostale e carismatico si sta diffondendo la moda di voler essere «infuocati», e tale designazione accompagna altri termini nei nomi di account, pagine e gruppi in Internet: «Infuocati per Dio, per Gesù, nello Spirito, ecc.». Alcuni credenti usano tale neologismo dottrinale, senza badare al fatto che nella bibbia il fuoco è nella stragrande maggioranza dei casi una potenza distruttrice!

     Come vedremo, specialmente i credenti provenienti dall’ambito pentecostale e carismatico cercano di difendere tale neologismo dottrinale, o per lo meno di scusarlo. Alcuni cercano di trovare improbabili collegamenti con lo Spirito Santo, sebbene «fuoco» e «Spirito» ricorrono raramente insieme. Altri cercano di introdurre qui il cosiddetto «battesimo dello / nello Spirito», sebbene tale espressione non si trovi mai nel testo greco del NT. Non mancano tentativi di far quadrare, in qualche modo, il cerchio mediante l’uso di simbologia varia, di lontane analogie, di metafore, di spiritualizzazioni allegoriche, pur di attribuire al fuoco un aspetto positivo, sì, di benedizione.

     La discussione, che segue, è certamente interessante anche dal punto di vista dell’ermeneutica biblica, ossia di come i vari partecipanti usano la Bibbia per portare avanti il loro ragionamento, interpretandola in modo contestuale, a senso o addirittura in modo pretestuoso e arbitrario. Questo tema diventa, quindi, una lezione pratica per distinguere l’esegesi (o interpretazione contestuale), dalla versettologia indebita e dalla eisegesi (o proiezione interpretativa).

     La Parola di Dio viene paragonata al metallo, che risulta dopo aver purificato (= raffinato) il minerale per mezzo del fuoco (2 Sm 22,31; Sal 18,30; cfr. Ap 3,18). A noi spetta di tagliare rettamente la Parola della verità, per non essere operai confusi e per essere approvati dinanzi a Dio (2 Tm 2,15).

     Faccio, infine, presente che non sempre nei brani, in cui in italiano c’è «ardore» e «ardentemente», ciò si trova anche nel testo originale; sotto discuteremo, ad esempio, 1 Corinzi 12,31; 14,1. Ecco un esempio dell’AT: «Tutto Giuda si rallegrò del giuramento; perché avevano giurato di tutto cuore e avevano cercato l’Eterno con tutta la loro volontà; ed egli s’era lasciato trovare da loro» (2 Cr 15,15; così Lut, Elb, ND; «grande ardore» R, NR; «tutto l’ardore» CEI; «tutta la loro affezione» D). In ebraico bekol-lebābām «con tutto il loro cuore» (= mente) e bekol-reśônām «con tutto il loro piacere (= volontarietà) o la loro volontà». Il termine rāśôn è tradotto con «volontà» nei seguenti brani: Gn 49,6 arbitrio, caparbietà; Esd 10,11 fate la sua volontà; Ne 9,24 a loro arbitrio; Ne 9,37 a loro arbitrio; Est 1,8 secondo la propria volontà; Est 9,5 a loro arbitrio; Sal 40,8 la tua volontà; 103,21 fate il suo volere; 143,10 far la tua volontà; Dn 8,4 faceva quel che voleva; Dan 11,3.16 farà quel che vorrà; Dan 11,3.16.36 agirà a suo arbitrio.

     Tutto ciò mostra che bisogna essere moderati, usando certi brani, di cui bisogna prima accertare il significato reale. Non bisogna trarre da essi una legittimazione a essere «infuocati» in senso mistico ed entusiastico, soltanto perché si è trovata una lontana analogia in qualche testo. Si fa bene a partire sempre da cose evidenti.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. A.C. Bartolomeo

2. Luca Matranga

3. A.C. Bartolomeo

4. Nicola Carlisi

5. Vincenzo Russillo

6. Pasquale Aiello

7. Nicola Carlisi

8. Pierluigi Prozzo

9. Pasquale Aiello

10.

11.

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Adriano Carmelo Bartolomeo}

 

Nota redazionale: Qui discutiamo Salmo 39,3.

 

Contributo: «Il mio cuore ardeva dentro di me; mentre meditavo, un fuoco s’è acceso; allora la mia lingua ha parlato» (Sal 39,3). {24-06-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Tale verso l’ho citato anch’io. Tu, però, che significato gli dai nel suo contesto? Poi, ti darò il mio pensiero sull’intero salmo.

 

Replica 1 (Adriano Carmelo Bartolomeo): È un fuoco, che lo consuma, è rimorso per i suoi peccati, paura della punizione di Dio. Ma credo che dire infuocati significhi che il cuore aneli Dio, dire zelanti sono azioni e comportamenti, eseguiti con amore cristiano, che il corpo mantiene nel tempo costanti. Ma mi rivedo e condivido il pensiero, che hai espresso, non avevo mai analizzato nel particolare tale espressione. {25-06-2012}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Se nella Bibbia, come ho mostrato, il termine «infuocati» intende le emozioni e i sentimenti incontrollabili del cuore umano o di natura negativa o della passione erotica (legittima e illegittima), non credo che facciamo bene ad attribuire ciò al nostro rapporto con Dio, Gesù Cristo e nello Spirito. Infatti, un aspetto della sapienza (Pr 16,32; 25,28), del frutto dello Spirito (Gal 5,22) e della maturità cristiana è l’autocontrollo (2 Tm 1,7; 2 Pt 1,6); e il Signore è un Dio d’ordine (cfr. 1 Cor 14,40, Col 2,5; Tt 1,5). Il fuoco, invece, è nella Bibbia il simbolo del disordine, della distruzione e del giudizio (Es 22,6; Nu 21,30; Dt 9,3; Ne 2,3.17; Sf 1,18; 2 Pt 3,7).

 

Replica 2 (Adriano Carmelo Bartolomeo): Come la presenti alla luce delle sacre Scritture, è giusto e comprensibile nella logica. {25-06-2012}

 

Risposta 3 (Nicola Martella): Se si vede bene, Davide qui scoppiò come una teiera, in cui l’acqua ribolle. S’era proposto di «non peccare con la mia lingua; metterò un freno alla mia bocca, finché l’empio mi starà davanti» (v. 1). Il suo dolore, però, s’inasprì di più, tacendo dinanzi all’empio (v.2). Alla fine, è esploso come una pentola a pressione (v. 3). Si è reso conto della sua fragilità (v. 4). Dopo essersi confrontato con Dio e aver chiesto di essere liberato dalle sue trasgressioni (vv. 5-8), chiese a Dio di non fare di lui il «vituperio dello stolto»; e il suo proposito era questo: «Io me ne sto muto, non aprirò bocca» (v. 9), ossia dinanzi a Dio.

     Quindi, il v. 3 è ambiguo e può riferirsi sia verso Dio, sia verso l’empio. Tuttavia, ciò che segue riguardò il suo rapporto con Dio. Quindi, Davide messo sotto pressione dagli empi e dall’apparente silenzio di Dio, esplose dinanzi a Dio. Tale ardere e tale fuoco non sono da considerare qui positivamente, visto che poi lo portano a un pesante lamento sulla vita, sugli empi, su se stesso e, per certi aspetti, anche su Dio, da cui si sente messo sotto pressione (v. 13; cfr. vv. 10s).

 

 

2. {Luca Matranga}

 

Nota redazionale: Qui discutiamo il rapporto fra fuoco e Spirito Santo.

 

Contributo: Meglio zelanti, sì, oppure entusiasti, pieni d’amore. Però infuocati, se si riferisce alle «fiamme» dello Spirito Santo sulla testa dei credenti, penso che sia un’immagine positiva. {24-06-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Tale evento delle fiammelle sulla testa di credenti si ebbe soltanto una volta, a Pentecoste (At 2,3), per significare la presenza dello Spirito Santo sui dodici apostoli e il loro potenziamento per il ministero a conduttori della chiesa. Tale fenomeno non si è mai più ripetuto nel NT.

     L’abbinamento «Spirito» e «fuoco» si trova in Matteo 3,11s e Luca 3,16s, e Giovanni Battista lo riferì all’opera del Messia, che avrebbe immerso i Giudei in essi (personalmente immergeva soltanto in acqua). Ciò avvenne limitatamente a Pentecoste, visto che la stragrande maggioranza d’Israele rifiutò Gesù come Messia e la grande purificazione messianica non avvenne per Israele e i figli di Levi, come aveva annunciato Malachia (3,1ss). Tale purificazione avverrà per Israele alla fine dei tempi. In tutto il resto del NT non si trova mai più tale abbinamento.

     Per tale motivo, Pentecoste non realizzò la predizione di Malachia 3,1ss. Pentecoste servì soltanto a rivelare storicamente lo Spirito Santo e a potenziare gli apostoli, per renderli guide efficaci della chiesa. Il vento e le lingue di fuoco erano soltanto la «coreografia» per l’avvento storico dello Spirito Santo.  Tutto ciò non rendeva i credenti «infuocati», né essi si definirono mai così.

     Nel NT non si parla mai del verbo infuocare (in alcuna sua forma) e dello Spirito insieme. Si parla, invece, di diligenza e di essere «ferventi (o zelanti) nello spirito» (Rm 12,11).

 

Replica 1 (Luca Matranga): Il battesimo nello Spirito Santo esiste ancora, fiammella o no. {25-06-2012}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Luca Matranga, non so se hai letto l’intero articolo sul sito. Stai mettendo troppa carne a cuocere, introducendo un tema differente. Da Atti 3 a Apocalisse 22 Spirito e fuoco (e suoi derivati) non sono mai messi in connessione diretta riguardo al credente. L’unica eccezione, che non riguarda ciò, ha a che fare con i «sette spiriti che sono davanti al suo trono» (Ap 1,4), chiamati anche i «sette spiriti di Dio» (3,1) e paragonati a «sette lampade accese» (4,5), per significarne la presenza, e a «sette occhi» (5,6), per significarne l’onniscienza. Tutto ciò ha a che fare con la pneumatologia (dottrina dello Spirito) e non con la cristianologia (dottrina del cristiano).

     Quindi, non affrontiamo qui l’annosa questione del cosiddetto « «battesimo dello / nello Spirito Santo», sia perché tale espressione non si trova mai nel testo greco del NT, sia perché le opinioni sono troppo divaricate in merito (prima esperienza di rigenerazione, 1 Corinzi 12,13; o seconda esperienza mistica). Rimando al riguardo alla rubrica corrispondente sul sito: «Battesimo nello Spirito».

 

Replica 2 (Luca Matranga): Grazie per la risposta. Purtroppo al momento attuale non ho molto tempo per affrontare la questione, che dovrei studiare con attenzione. Comunque voglio leggere con attenzione quello che dici... sono cose troppo importanti, per sorvolarle con faciloneria.

 

Osservazioni (Alessio Rando):Credo che il termine «infuocato», usato nelle chiese e nei gruppi carismatici (Pentecostali, RnS, ecc.), sia legato al fuoco dello Spirito Santo! {25-06-2012}

 

Risposta 3 (Nicola Martella): Ho già affermato sopra che «fuoco» e «Spirito» nella Bibbia non compaiono mai insieme, tranne in Giudici 15,14 (metafora) e Matteo 3,11 e Luca 3,16, che Giovanni riferì alla purificazione storica d’Israele da parte del Messia, annunciata in Malachia 3,2ss e che non è ancora avvenuta, avendo Israele misconosciuto il proprio Messia, e che avverrà alla seconda venuta di Cristo. Quindi, tale abbinamento è arbitrario.

 

 

3. {Adriano Carmelo Bartolomeo}

 

Nota redazionale: Qui discutiamo Luca 24,32.

 

Contributo: «Ed essi dissero l’uno all’altro: “Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi, mentre egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?”» (Lc 24,32). {25-06-2012

 

Risposta (Nicola Martella): In Luca 24,32 i due discepoli di Emmaus commentarono, col senno del poi, l’incontro col loro singolare ospite (che si dimostrò essere il Risorto), dopo che era  sparito dinanzi ai loro occhi. Essi affermarono che fu la Parola a far ardere i loro cuori, ossia a creare inspiegabili rivolgimenti nel loro animo, allorquando si trovavano per strada. Come si vede, qui a far infuocare il cuore furono le parole tratte dalla sacra Scrittura! Ora segue una ulteriore spiegazione esegetica.

     In Luca 24,32 fu evidenziato che il cuore dei due discepoli ardeva in loro, non per un’esperienza mistica, ma a causa del fatto che sulla via verso Emmaus il loro ospite (poi rivelatori il Risorto) spiegava loro le Scritture. Gesù li chiamò dapprima «insensati e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette» (v. 25). Qui il verbo usato è kaiō «accendere, ardere, bruciare, incendiare». I due discepoli, depressi e sconfitti, intendevano che, mentre il loro ignoto ospite parlava mediante la Scrittura, sentivano che essa produceva qualcosa d’indefinito in loro, che poi solo la scomparsa del Risorto fece identificare. Non era un incendio mistico, ma il cuore affranto che si riscaldava con la Parola di Dio.

 

 

4. {Nicola Carlisi}

 

Contributo: Quando mi fu segnalato questo link «Infuocati per Cristo» non ho condiviso il termine «infuocati». Ho risposto a uno dei membri del gruppo, pensando che si alludesse alle lingue «come di fuoco», che scesero dal cielo; o alle lampade delle cinque vergini, alle quali non mancava l’olio, semplicemente con quanto segue.

     Possa sempre di più la fiamma dello Spirito Santo ardere nei nostri cuori, mantenendo l’intera nostra persona in una comunione continua con Gesù, da portare tanto frutto per la sua gloria. Il pruno ardente non si consumava, ma dal mezzo della fiamma usci la voce di Dio, che ammonì Mosè a non avvicinarsi; ma per la chiesa di Cristo, per la sua sposa, lo Spirito di Dio e di Gesù è venuto dentro di noi unendosi al nostro spirito. Questa fiamma sarà in noi sempre accesa!

     «Le sue brace son brace di fuoco, son fiamma dell’Eterno. Molte acque non potrebbero spegnere quest’amore, né fiumi inondarlo; se alcuno desse tutta la sostanza di casa sua per quest’amore, non se ne farebbe stima alcuno» (Cc 8,6-7). Non vi è somma di denaro che potremmo dare per comprare quest’amore; Iddio non si vende, ma si offre alla creatura che riceve Gesù nel proprio cuore (Isaia 55,1.3; Rom 5,1.5). Cristo Gesù è la nostra benedizione eterna!!! Tuo fratello in Gesù.

 

Risposta (Nicola Martella): Rispondere a un articolo con il post usato per un altro soggetto, è sempre come togliere una toppa a un vestito e metterlo a un altro: non sarà mai a colore o delle forma giusta. Per essere efficaci e non essere fraintesi, si fa meglio a leggere sempre l’intero scritto e a rispondere al merito della questione. Io tenterò di farlo col tuo contributo, ricordando la stima per la tua persona.

     In tutto il NT non si parla mai di una fiamma dello Spirito, che arde nei cuori dei credenti. Come già ricordato, nel linguaggio biblico ad ardere nel cuore umano è specialmente l’ira (Dt 19,6; Is 7,4), l’indignazione di essere trattati ingiustamente per aver fatto una cosa giusta (Gr 20,8ss), la passione dell’amore erotico fra un uomo e una donna (Cc 8,6) e il tramare di notte la sedizione da attuare di giorno (Os 7,6s).

     Un aspetto positivo si trova nel NT e riguarda il fatto che la sacra Scrittura fa ardere il cuore, come è successo ai due discepoli di Emmaus (Lc 24,32); rimando sopra per i dettagli. [► 3.] Per il resto, in tutta la Bibbia non esiste una connessione fra Spirito e ardere e i suoi derivati!

     L’immagine del pruno ardente, per significare la presenza del Signore, è suggestiva, ma non viene mai ripresa nel NT in senso spirituale, ma solo storico (At 7,30). I versi del Cantico (Cc 8,6-7) parlano, come già ricordato, dell’amore passionale fra un uomo e una donna, che sono innamorati. Sullamita si rivolse al suo amato, a cui si voleva unire indissolubilmente, disse che «l’amore è forte come la morte, la gelosia [lett. zelo, passione] è dura come la še’ol» (v. 6a). Non facciamo bene a usare un canto erotico e le sue immagini febbrili per l’amore spirituale fra il credente e Cristo, poiché arriveremmo a dei paradossi. Il Cantico è un libro passionale di un amore terrestre, non un libro di dottrina, e nessuno dei suoi versi è ricordato nel NT per evidenziare l’amore fra Cristo e la chiesa (cfr. Ef 5).

     La versettologia indebita (accumulo di versi fuori contesto e il loro assemblaggio secondo arbitrio) fa fare bella figura, ma svigorisce la Scrittura, quando si disattende il testo nel contesto e si dà a ciò, che è naturale valore spirituale, e viceversa, senza prove esegetiche risultanti dal contesto del singolo testo. Torniamo a interpretare il testo nel suo contesto naturale (storico, letterario, culturale, teologico), poiché è solo la verità a renderci liberi!

     Consiglio quindi, di rileggere l’intero articolo e di rispondere nel merito delle sue questioni reali.

 

Replica (Nicola Carlisi): Martella, hai ragione. Io a volte sono un po’ troppo sintetico, ma le tue asserzione nei versi, da me citati, sono da me condivise. Grazie per la tua stima, mi adopererò a una risposta concernente il tema. Tolgo il rattoppo, espressione usata da Gesù. {25-06-2012}

 

 

5. {Vincenzo Russillo}

 

Contributo: L’immagine del fuoco, come già sottolineato, è associata nella Bibbia alla punizione (si veda Nu 11,1, Lev 20,14; 21,9; Ger 29,22; Ez 23,25; Dan 3,19-23). Inoltre veniva usato per i sacrifici nel VT (Lev 9,24). Nel NT il verbo bruciare in Luca 24,32, in greco troviamo «kaio» in questo caso è usato metaforicamente (ovvero volevano comunicare la loro speranza). Troviamo un altro uso figurato di «ardere» in 1 Corinzi 7,9 e 2 Corinzi 11,29, in questo caso il verbo greco «pyróomai» vuole intendere «ardere di passione». Da un’analisi attenta delle Scritture, si può constatare che il termine «bruciare, essere infuocato, ardere» non viene mai usato per indicare un particolare «status» del credente, che viene indicato come particolarmente fervente e fedele al Signore. L’Onnipotente usa il fuoco per raffinare e purificare (Salmo 66,10). {25-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Dal verbo pyróomai «bruciare», ad esempio di passione, in italiano deriva «piromane», ossia una persona affetta da mania incendiaria irrefrenabile. Quindi, è meglio guardarsi dai focosi e infuocati piromani ideologici e religiosi, poiché lasciano nella storia soltanto distruzione e macerie.

 

 

6. {Pasquale Aiello}

 

Nota redazionale: Qui discutiamo Salmo 104,4 e Ebrei 1,7.

 

Contributo: Come nel Salmo 104,4, Ebrei 1,7 dice che Egli fa dei suoi ministri una fiamma di fuoco. Ciò era riferito esclusivamente agli angeli, oppure anche ai ministri umani?

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Non so che cosa il testo originale del Salmo 104,4 e di Ebrei 1,7 abbia a che fare col tema in corso riguardo a «infuocati» o «zelanti». Mi verrebbe da dire: chi cammina sul fuoco dell’arbitrio interpretativo, si brucia e diventa pericoloso per la salute altrui. Comunque spiega tutta la questione in modo comprensibile. Saprò risponderti in merito.

 

Replica 1 (Pasquale Aiello): 1. Il senso è che, dal momento che Dio fa dei suoi ministri una fiamma di fuoco, magari molti si sentono autorizzati a sentirsi infuocati. {25-06-2012}

     2. Premetto che come al solito, credo che di tutte le cose si fa un uso e un abuso. L’uso di una terminologia, a volte inappropriata o esagerata, volta a enfatizzare uno stato d’animo o una forte passione per il servizio o per l’amore per l’opera di Dio, potrebbe suscitare qualche perplessità in chi è di per sé scettico verso tali manifestazioni emotive. Ma non credo sia corretto enfatizzare il fuoco, inteso come giudizio, condanna o ira di Dio.

     La Bibbia parla di altri tipi di fuoco. «E mentre degli angeli dice: Dei suoi angeli Ei fa dei venti, e dei suoi ministri fiamme di fuoco» (Ebrei 1,7); questo brano non è altro che una citazione del Salmo 104,4. Dio stesso usa in maniera allegorica il fuoco, Egli fa dei suoi ministri una fiamma di fuoco e viceversa; non credo che si riferisca al giudizio, visto che in altri punti si fa riferimento al fuoco come strumento di benedizione.

     Magari questo spinge alcuni a considerarsi fiamme di fuoco nel senso di fervore o zelo per Dio, ciononostante credo che un po’ di moderazione in merito non guasterebbe. {25-06-2012}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Sarebbe interessante sapere in quale brano della Bibbia (specialmente da Atti 3 a Apocalisse 22) il fuoco venga usato da Dio come strumento di benedizione. A guardare bene, benedizione e fuoco non ricorrono mai insieme in tutta la Bibbia. Come si può fare, quindi, una tale affermazione riguardo agli uomini e specialmente ai credenti?

     Occasionalmente si parla di purificazione dalle scorie (= peccati, ribellione, abomini), usando fuoco e potassa, tuttavia tale l’immagine riporta nel contesto a un giudizio storico (Is 1,24s; Ez 22,18-22; cfr. Pr 25,4; Gr 6,28s; 2 Pt 1,9).

     Faccio notare che Salmo 104,4 parla delle forze della natura come vento e fuoco (è un salmo creazionale), che Dio si serve come suoi esecutori. Nel contesto di Ebrei 1,7 l’autore si servì di tale brano nella versione della Settanta per evidenziare la superiorità di Cristo sugli esseri celesti. Quindi, ambedue non c’entrano nulla con gli uomini, né tanto meno con i credenti, né sono un foglio di via, perché questi ultimi si sentano infuocati. Ecco ora un approfondimento esegetico.

     Il testo originale del Salmo 104,4 recita così: «[L’Eterno] rende suoi inviati [i] venti, suoi servitori [la] fiamma di fuoco». Nel contesto del salmo venti e fiamme di fuoco sembrano i complementi oggetti. Il salmo parla della manifestazione di Dio nel creato e del modo come Egli si serve delle forze della natura. Quindi, tale verso non ha a che fare con uomini, né con angeli, ma con le forze della natura, di cui Dio si serve per attuare i suoi piani nella storia.

     I traduttori della Settanta hanno probabilmente inteso i termini al contrario, interpretando inviati e servitori come complementi oggetto, così da rendere il testo come segue: «Ho poiōn tûs angélûs autû pneumata kai tûs leitûrgûs autû pyr flégon», ossia «Colui che rende i suoi inviati dei venti e i suoi servitori una fiamma di fuoco». Tale testo fu poi usato dall’autore dell’epistola agli Ebrei (1,7 eccezione: pyròs flóga «fiamme di fuoco»). Il contesto è chiaro: l’autore mette a confronto gli «inviati di Dio» (v. 6), ossia gli esseri celesti con Cristo, decretando la superiorità di quest’ultimo sui primi (vv. 4ss.8.13). Essi sono definiti «spiriti servili [leitûrghikà pneumata], mandati in servizio [diakonia] a favore di quelli, che devono ereditare la salvezza» (v. 14). Non si tratta quindi di uomini, ma di coloro che sono comunemente chiamati «angeli».

 

 

7. {Nicola Carlisi}

 

Contributo: Dio è un fuoco consumante! (Ebrei 12,29).

     «Ben vi battezzo io con acqua, a ravvedimento; ma colui che viene dietro a me è più forte di me, le cui suole io non sono degno di portare; egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco» (Mt 3,11; Lc 3,16).

     «Ed apparvero loro delle lingue spartite, come di fuoco; e ciascuna d’esse si posò sopra ciascuno di loro» (Atti 2,3-4).

     «Ed essi dissero l’uno all’altro: Non ardeva il cuor nostro in noi…?» (Luca 24,32)

     Lo zelo a volte può essere usato in maniera impropria, come nel caso di Paolo da Tarso, il quale appresso disse, che lo fece per ignoranza (Fil 3,6; 1 Tim 1,13).

     Di Apollo è detto, che era fervente (ardente) di spirito, e non zelante.

     Comunque è pur vero che bisogna mantenere lo stesso zelo iniziale, per la speranza che abbiamo (Ebrei 6,11).

     Solo Iddio usa il giusto zelo nei nostri confronti, nel mantenere le sue promesse (Is 9,6). Il suo popolo abituato allo zelo, che Dio usa nel suo confronto, invocò il suo nome dicendo: «Dov’è il tuo zelo e la tua potenza?» (Is 63,15).

     Quante espressioni errate si sono sentite, e quante ancora se ne sentiranno. Ma ringraziato sia il Padre Nostro, per Gesù nostro Signore, che egli come fuoco, consumerà la nostra ignoranza.

     Iddio ha punito (bruciato) i nostri mali alla croce caricandoli sul corpo di Gesù; questo avvenne oggettivamente; ma Egli viene in noi nel battesimo dello Spirito Santo per bruciare soggettivamente e quindi santificare togliere tutto ciò che era estraneo alla sua santità.

     Egli brucia la forza di coloro, che non sono deboli, come pure brucia la debolezza di coloro, che non sono forti. Per cui, i forti diventano deboli; e i deboli diventano forti. Ecco perché il debole può dire: «Io sono forte!» (Gioele 3,10). E il forte può dire di essere forte, quando lui è debole (2 Cor 12,10). L’Iddio nostro ha bruciato la debolezza del debole, perché lui stesso l’ha reso forte, Iddio è nostra potenza (Col 1,11), e ha bruciato la forza di Paolo, per farlo veramente forte; per cui dirà Paolo stesso: «La mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza» (2 Cor 12,9). Egli potente si è fatto debole sopportando ogni cosa, affinché noi deboli ricevessimo ogni cosa dalla sua potenza (2 Pt 1,3).

     «Non per forza, né per esercito, ma per lo Spirito mio dice il Signore» (Zc 4,6). Se sei forte in Dio, è perché egli ha consumato (crocifisso) la tua forza carnale; dunque sei debole nella carne, ma forte nello spirito. Se sei debole in Dio, è perché ancora egli non ha consumato la tua forza carnale.

     Dunque, permetti al «fuoco dello Spirito Santo» di bruciare: i tuoi cattivi pensieri, le tue voglie carnali, il tuo orgoglio, le tue passioni, le tue impurità. Appressati un po’ più al Signore, non aver paura se lui consuma i tuoi mali. Egli li consuma per far posto in te, e quindi ricevere il «suo bene», egli brucia per darti il suo oro. Lasciamoci consumare da questo «fuoco benedetto», facciamoci annullare (Rom 6,6), per avere il suo tutto.

     Benedetto sia il nome del Signor Gesù, perché si è fatto consumare per noi, bruciando tutti i nostri peccati, da non essere più trovati, la potenza del suo sangue ha cancellato ogni cosa, quindi l’Iddio nostro Padre non li vede più (Eb 8,12).

     Il fuoco dell’Iddio nostro Padre, ha bruciato i nostri peccati, il nostro vecchio uomo, ma ha conservati noi in Cristo Gesù il nostro Signore, benedetto in eterno, e con lui appariremo in gloria (Col 3,1.4).

     Benedetto l’Iddio nostro, che consumò la prima creazione, e ha dato a noi la grazia di far parte alla seconda creazione, che sarà un tempio alla sua gloria. Come seconda creazione ha dissipato le tenebre, e ora siamo figliuoli della luce, camminiamo come tali, praticando: bontà, giustizia e verità. A lui la gloria ora e sempre. {25-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Commenterò soltanto alcune cose, tralasciando, ad esempio, lo zelo di Dio per noi.

     Non amo liste di versi, senza alcuna spiegazione e ancor meno senza considerare il contesto. Che Dio fosse definito un fuoco consumante (Eb 12,29), non era una buona notizia, ma un severo monito a non offrire a Dio un culto scadente. Oggigiorno alcuni vogliono offrire a Dio addirittura un «fuoco estraneo» o incendiarsi essi stessi ad altari di spiritualità esoterica cristianizzata (si veda il «fuoco di Toronto»).

     Per le parole di Giovanni Battista in Matteo 3,11s e Luca 3,16s rimando a quanto già detto sopra. [► 2.]

     Per Luca 24,32, che il mio interlocutore ha troncato nel punto migliore, rimando a quanto detto sopra. [► 3.]

     Di Apollo, sebbene fosse «stato ammaestrato nella via del Signore» e avesse allora ancora una dottrina limitata (At 18,25b-26), «essendo fervente di spirito, parlava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù» (v. 25a). Il mio interlocutore afferma, che non era zelante, ma ardente di spirito. Ora, nella locuzione ōn tô pneumati, il verbo ōn significa effettivamente «(ri)bollire, scaldare, gorgogliare» di spirito, tuttavia la causa non era il misticismo, ma la Parola di Dio, che insegnava in modo accuratamente, quindi in modo logico e ponderato.

     Non entro nel merito del cosiddetto « «battesimo dello / nello Spirito Santo», poiché ciò ci porterebbe lontano; faccio solo notare che tale espressione non esiste nel NT greco, che il luogo dell’immersione è il corpo di Cristo (1 Cor 12,13) mediante lo Spirito e che ciò avviene nel momento della rigenerazione. [► 2.] La santificazione ha a che fare con lo Spirito Santo (1 Cor 6,11; 2 Ts 2,13; 1 Pt 1,2), ma essa continua una vita intera.

     Quanto allo bruciare, attuato da Dio, nella Bibbia è sempre un atto di giudizio. Tralascio la questione del debole e del forte, che qui non c’entra. Faccio solo notare che si parla del fatto che Dio brucia la forza o la potenza dei suoi avversari (Is 1,31), ma mai che bruci la debolezza di qualcuno o addirittura la forza del credente, anzi egli non spegne il lucignolo fumante (Is 42,3; Mt 12,20), ma dà forza allo spossato (Is 40,29). Ammetto che tutto tale discorso è singolare, un po’ tirato per i capelli, e a tratti contraddittorio. Neppure si comprende che cosa abbia a che fare col nostro tema. È un esercizio di versettologia abbinata a una spiritualizzazione allegorica, che tutto leviga in una forma preconfezionata; per questo non posso condividerla. Restano un po’ forvianti espressioni come «Iddio ha punito (bruciato) i nostri mali alla croce» o «egli ha consumato (crocifisso) la tua forza carnale».

     L’espressione «fuoco dello Spirito Santo» è singolare, visto che «fuoco» e «Spirito» non ricorrono mai insieme nel NT all’infuori di Matteo 3,11 e Luca 3,16 (che si riferiscono a Malachia 3,1ss), e che in tutto l’AT ricorrono soltanto in Giudici 15,14 in una metafora («fili di lino, a cui si appicchi il fuoco»). Non so che cosa sia un «fuoco benedetto», esegeticamente parlando, visto che il fuoco è normalmente un simbolo di giudizio e distruzione. Non so dove sia scritto che Gesù abbia «bruciato tutti i nostri peccati» o, peggio, il nostro vecchio uomo; la carne è da mortificare, e il vecchio uomo bisogna spogliarlo, non bruciarlo. Faccio, infine notare, che Dio non «consumò la prima creazione», visto che ciò deve ancora avvenire (2 Pt 3,10-13).

     La mia domanda finale, che a questo punto resta, è la seguente: ci serviamo della Bibbia o la interpretiamo correttamente?

 

 

8. {Pierluigi Prozzo}

 

Contributo: Tra quelle che tu chiami «eccezioni» ci sarebbe anche questo versetto qui: «Ed essi dissero l’uno all’altro: “Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr’egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?”» (Lc 24,32).

     E volendo, c’è anche questo: «Voi, però, desiderate ardentemente i doni maggiori!» (1 Cor 12,31a).

     Si veda pure questo: «Desiderate ardentemente l’amore, non tralasciando però di ricercare i doni spirituali, principalmente il dono di profezia» (1 Cor 14,1). {25-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Tali versi non parlano di essere «infuocati per Dio, Cristo, nello Spirito», vero? Essi non parlano neppure di una esperienza mistica, ma di quanto segue:

     ■ Si tratta dell’effetto della Scrittura (Lc 24,32); lo tratto sopra in modo più approfondito. [► 3.]

     ■ Si tratta del desiderio di servire mediante i doni maggiori (1 Cor 12,31); qui il verbo è solo zēloō «essere zelanti per, desiderare, perseguire», da cui viene in italiano «zelo». L’intento è di servire mediante fede, speranza e amore (13,13).

     ■ Si tratta specialmente dell’amore, che bisogna inseguire maggiormente (1 Cor 14,1); in greco non c’è né «desiderare» né «ardentemente», ma solo diōkō «dare la caccia a, inseguire, ecc.». Tutto chiaro?

 

Replica (Pierluigi Prozzo): È chiaro come una fornace ardente {25-06-2012}

 

 

9. {Pasquale Aiello}

 

Contributo: Caro Nicola, nei seguenti versetti credo nella maniera più assoluta che il fuoco viene usato come strumento di benedizione.

     Come sicuramente sai, nel deserto ci sono sbalzi di temperatura non indifferenti, molto caldo di giorno e addirittura sotto zero di notte, ecco che Dio ha provveduto una sorta di aria condizionata sottoforma di nuvola, la quale serviva sia per illuminarli che per scaldarli.

     ■ «E l’Eterno andava davanti a loro: di giorno, in una colonna di nuvola per guidarli per il loro cammino; e di notte, in una colonna di fuoco per illuminarli, onde potessero camminare giorno e notte» (Es 13,21). «E tutti furono battezzati, nella nuvola e nel mare, per essere di Mosè» (1 Cor 10,2). È evidente che il termine benedizione non ricorre, certe cose non sono esplicite, ma possiamo immaginare che per il popolo la colonna era una vera e propria benedizione.

     ■ «Ma per voi che temete il mio nome si leverà il sole della giustizia, e la guarigione sarà nelle sue ali; e voi uscirete e salterete, come vitelli di stalla» (Mal 4,2). Qui vediamo un altro abbinamento, il sole non è fuoco? E la guarigione non è benedizione? {25-06-2012}

     ■ Ecco un altro passo della Scrittura in cui il fuoco e benedizione ricorrono insieme: «Ora, come il sole si fu coricato e venne la notte scura, ecco una fornace fumante e una fiamma di fuoco passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno l’Eterno fece patto con Abramo, dicendo: “Io do alla tua progenie questo paese, dal fiume d’Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate”» (Gen 15,17s). Il fuoco di Dio in questo passo indica due cose, la prima è che Dio ha dato dimostrazione di aver accettato l’offerta di Abrahmo, la seconda è il patto, ossia la promessa di una paese dato in eredità ai suoi discendenti. In questo caso il fuoco non è originato da elementi materiali (stelle, essendo anch’esse fuoco; e forse le lucciole, che ci appaiono «infuocate»), ma il fuoco procede direttamente da Dio, la cui conseguenza è la benedizione. {26-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Fra poco ci parlerai delle stelle, essendo anch’esse fuoco, e forse delle lucciole, che ci appaiono «infuocate»! Dove arriveremo, se vogliamo usare i versetti della Bibbia come un elastico da allungare o accorciare a nostro piacimento, nella pretesa di far quadrare il cerchio con cose, che nulla c’entrano col tema, con speculazioni varie o con allegorie? Tutto diventa relativo e soggettivo, e così si perde la ragione delle cose e la verità chiaramente dichiarata. Tale abitudine di usare strumentalmente la Bibbia, attaccandosi a particolari secondari, interpretati con una lontana analogia e un pizzico di allegoria, diventa un’arte di depistare gli altri e se stessi. Sebbene tutto ciò sia abbastanza lontano dal tema principale, cercherò di rispondere nel merito.

 

     ■ In Esodo 13,21 la nuvola di fuoco serviva di soltanto d’illuminazione, perché il popolo potesse marciare anche di notte, per così abbandonare l’Egitto e sfuggire al Faraone, che lo inseguiva (Es 13,21s). È scritto che «dalla colonna di fuoco e dalla nuvola, guardò verso il campo degli Egiziani, e lo mise in rotta» (Es 14,24). Riguardo ai nemici è scritto pochi capitoli dopo: «Tu scateni la tua ira, essa li consuma come stoppia» (Es 15,7). Quindi, anche qui la presenza di Dio nella colonna di fuoco ha un carattere distruttivo.

     Quando Dio discese sul monte Sinai con tale colonna di fuoco, il popolo vide che «il fumo ne saliva come il fumo d’una fornace» (Es 19,18). Inoltre, «ai figli d’Israele la gloria dell’Eterno appariva come un fuoco divorante sulla cima del monte» (Es 24,17). Il popolo, come è scritto nel Deuteronomio, tremava dinanzi a tale visione di fuoco e mandò solo Mosè a incontrare Dio (Dt 4,10ss.24.33.36; 5,23-27). Altro che «infuocati per l’Eterno»!

     In seguito, tale nuvola fu presente sul tabernacolo, per rappresentare la presenza di Dio: «La nuvola dell’Eterno stava sul tabernacolo durante il giorno; e di notte vi stava un fuoco, a vista di tutta la casa d’Israele durante tutti i loro viaggi» (Es 40,38). Il testo non afferma nulla di più, né parla di benedizione. Tale fenomeno non rendeva gli Israeliti «infuocati per Dio», visto che si mostrarono ribelli per tutto il viaggio. Tale nuvola di fuoco era certamente una protezione per il popolo, ma anche di minaccia per il popolo e i nemici (Dio rimane un fuoco consumante).

     Riguardo a tale colonna di fuoco sul santuario, è scritto nei termini di una potenza distruttrice, diciamo positiva, poiché controllata: «Un fuoco uscì dalla presenza dell’Eterno e consumò sull’altare l’olocausto e i grassi; e tutto il popolo lo vide, diede in grida d’esultanza, e si prostrò colla faccia a terra» (Lv 9,24; cfr. l’altare di Davide, 1 Cr 21,26; l’altare di Elia, 1 Re 18,38s). Dall’altra parte, tale potenza distruttrice della presenza di Dio nel fuoco, può manifestarsi anche in giudizio. «E un fuoco uscì dalla presenza dell’Eterno e divorò i duecentocinquanta uomini, che offrivano il profumo» (Nu 16,35).

     Dio mise in guardia anche Israele dal praticare ingiustizie, nel qual caso «la mia ira s’accenderà, e io vi ucciderò con la spada» (Es 22,24). Presto infransero il patto e Dio palesò questa intenzione a Mosè: «Lascia che la mia ira s’infiammi contro a loro, e che io li consumi» (Es 32,10). Dio fece dire a Israele: «Voi siete un popolo di collo duro; se io salissi per un momento solo in mezzo a te, ti consumerei!» (Es 33,5).

     Quindi, vediamo che il contesto del libro dell’Esodo parla del fuoco, rivelando la sua forza distruttrice; inutile voler «addomesticare» tali fatti.

     Anche in seguito, dopo gli ennesimi mormorii nel popolo, «la sua ira si accese, il fuoco dell’Eterno divampò fra loro e divorò l’estremità del campo» (Nu 11,1ss).

 

     ■ Quanto a Malachia 4,2, inutile dire che il sole viene usato anche come immagine di una potenza distruttrice (cfr. Mt 13,6; Gcm 1,11). L’espressione «sole della giustizia» è solo una metafora per significare l’alba di un giorno nuovo nella storia, una nuova era di giustizia, che sanerà la nazione, portando il giudizio sugli empi e la pace ai giusti. Tuttavia, come già detto, non possiamo speculare su ogni metafora. Si osservi che il fuoco come potenza distruttrice ricorre appena un verso prima: «Ecco, il giorno viene, ardente come una fornace; e tutti i superbi e chiunque opera empiamente saranno come stoppia; e il giorno, che viene, li divamperà, dice l’Eterno degli eserciti, e non lascerà loro né radice né ramo» (4,1). Strano che si possa evidenziare il «sole della giustizia» e trascurare una cosa del genere, che è così evidente e drammatica. Lo strabismo dottrinale è una patologia, che si può curare soltanto con un’analisi contestuale.

 

     ■ Anche in Genesi 15,17 il fuoco è una potenza distruttrice, che consuma gli animali sacrificali. La promessa e la benedizione sono l’efflusso del patto, che Dio diede a Abramo. Di questo patriarca non è detto che era «infuocato».

     Pochi capitoli dopo, il fuoco cadrà su Sodoma e Gomorra, mostrando ancora una volta la sua potenza distruttrice (Gen 19,23s «zolfo e fuoco, da parte dell’Eterno»). Gli abitanti di tali città divennero letteralmente «infuocati», ma non zelanti per il bene.

 

 

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12. {Autori vari}

 

Gianpirro Venturini: Condivido le osservazioni di Nicola e mi permetto di segnalare che le indicazioni di Pietro circa l’impegno di «aggiungere alla fede» (2 Pt 1,5), non contengono elementi stimolanti e tantomeno aggressivi, al contrario mostra necessità di virtù, conoscenza, autocontrollo, pazienza, pietà ecc.. Con un po’ di saggezza e di lettura biblica si possono evitare eccitazioni psicomotorie inutili e dannose per la fede e per l’opera dello Spirito Santo. {24-06-2012}

 

Luisa Lauretta: Amen, Nicola. In realtà mi suonava strano questo termine «infuocato», anche perché, quando si parla di fuoco nella Bibbia si associa sempre a qualcosa inerente all’inferno e al dolore. Speriamo che, dopo questa riflessione, rivedano i loro nomi [negli account, N.d.R.] e siano un po’ meno infuocati e un po’ più zelanti.

 

Anna Maria Maiore: Come tu dici, anch’io auguro, «a tutti di mantenere lo zelo e di crescere in maturità e alla statura perfetta di Cristo (Ef 4,13ss; 2 Pt 3,18), aggiungendo ciò che ancora manca (2 Pt 1,5ss)». {24-06-2012}

 

Gabriele TerRoma: Sono perfettamente d’accordo. Penso che molti gruppi religiosi oggi cercano neologismi per catturare l’attenzione di chi oggi bada solo ad apparire e non a essere; sono convinto che i primi cristiani si curavano di guadagnare anime a Cristo con la semplice Parola, che non ha bisogno di essere modificata, perché è perfetta e scaturisce da quel fiume di vita, che sgorga dal seno del Padre. È nella semplicità che Dio si manifesta e non nel chiasso religioso di questo tempo. Sì, credo che «zelanti» sia la parola più appropriata per identificare chi oggi nel silenzio e nell’anonimato serve Dio con umiltà. Ciao. {25-06-2012}

 

Anila Sinaj: Direi zelanti, infuocati no... fa troppo caldo adesso. {25-06-2012}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Infuocati_zelanti_UnV.htm

25-06-2012; Aggiornamento: 27-06-2012

 

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