Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Escatologia 1

 

Calvinismo

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Questa opera contiene senz’altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:
■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?
■ I morti nell’aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?
■ I bimbi morti dove vanno?
■ Se nessuno sa il giorno e l’ora dell’avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?
■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?
■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?
■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?
■ Quando risusciteranno i credenti dell’AT?
■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?
■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?
■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?
■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?
■ I morti si riconoscono nell’aldilà?
■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?
■ Eccetera...

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ATTI 13,48 E LA TEOLOGIA RIFORMATA

 

 a cura di Nicola Martella

 

Un lettore ex-carismaticista ha cercato di trascinandomi  in una disquisizione dottrinale che non è per i miei gusti, essendo che trae argomenti da una sovrastruttura ideologico-dottrinale qual è il calvinismo. Come si sa, tutte le sovrastrutture dogmatiche, avendo una genesi filosofica, sono poco congeniali a chi preferisce un minuzioso studio esegetico. Di ciò abbiamo già dibattuto altrove. [► Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata]

     Il lettore aveva già fatto riferimento ad Atti 13,48. Ora mi ha scritto: «Peccato che non hai affrontato il passo di Atti 13,48. Uno dei passi per eccellenza. Comunque questi credenti misero la loro fiducia nella parola perché erano preordinati!». Come si vede, il mio ex-carismaticista (quindi anche ex-arminiano!) fa ora affermazioni del tutto calviniste, secondo la malsana dottrina della doppia predestinazione! È la solita reazione di chi esce da una sovrastruttura ideologico-dottrinale: per reazione e contrappasso, rischia di cadere in una di segno contrario?!

     Il brano in questione recita come segue: «E i Gentili, udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la parola di Dio; e crederono quanti erano determinati riguardo alla vita eterna».

     Si può capire legittimamente questo testo nel suo contesto letterario, senza che si proietti in esso la dottrina della doppia predestinazione, un insegnamento che trae la sua genesi da una ideologia filosofica?

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

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I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Nicola Martella

2. Rosa Fidelis, ps.

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1. {Nicola Martella}

 

Già preoccupa il fatto che il lettore sopraccitato ha usato una versione in cui è scritto: «...erano preordinati alla vita eterna, credettero». Essa è viziata dalla Vulgata.

     Preoccupa anche che chi parte da un assunto ideologico-dottrinale tragga da un brano descrittivo (quindi non dottrinale) e per di più cosi breve e indistinto, una così rilevante dottrina. Cercherò di mostrare che si possa intendere il brano anche diversamente.

     A ciò si aggiunga che appena prima di questo verso, Paolo e Barnaba dissero francamente ai Giudei: «Era necessario che a voi per i primi si annunziasse la parola di Dio. Ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci volgiamo ai Gentili» (v. 46). E un verso dopo si legge: «E la parola del Signore si spandeva per tutto il paese» (v. 49). Viene creata una grande contraddizione testuale, se si intende il v. 48 alla calvinista nel senso della doppia predestinazione.

     Si noti, che Paolo e Barnaba non dissero ai Giudei: «Visto che voi non siete (pre-) ordinati, ci rivolgiamo a quanti fra i Gentili lo sono». Essi misero l’enfasi sulla responsabilità oggettiva dei Giudei: «…la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna». Si noti poi che di una parola rivolta a pochi iniziati, difficilmente si poteva dire che «si spandeva per tutto il paese».

     Andiamo all’espressione verbale indiziata hēsan tetagménoi eis in: «crederono quanti erano determinati riguardo alla vita eterna». Tetagménoi è participio perfetto, sia passivo che medio, del verbo tássō. Si noti che questo verbo non ha qui la particella pre- e tradurre preordinare è fuori luogo. Lo spettro di questo verbo è troppo vasto per essere ridotto all’idea della predestinazione calvinista. Infatti tássō significa, tra altre cose: «ordino, schiero, dispongo» (p.es. in senso militare), «metto, colloco, pongo, dispongo, stabilisco» (p.es. luogo, posto, ufficio), «designo, stabilisco, assegno, costituisco, incarico, determino, metto a capo, ordino, annovero», eccetera. Tássō significava pure «convengo in / su qualcosa, tratto, me la intendo». E così via.

     I calvinisti partono subito dall’assunto ideologico che sia Dio qui a ordinare, disporre o determinare. L’altra possibilità è che a fare questo siano stati i Gentili stessi: essi erano disposti o determinati. Nel brano sono essi la parte attiva, mentre Dio non è menzionato come agente. Si può tradurre ad esempio: «e crederono quanti erano convenuti sulla vita eterna», «erano disposti (o predisposti) riguardo alla [= eis] vita eterna», o «erano determinati (o decisi) riguardo alla vita eterna». In tali casi, ciò rispecchierebbe semplicemente la parabola del seminatore: quanti erano una buona terra, accolsero il seme della parola (Mc 4,20) e lo fecero germogliare a vita eterna. Ciò si accorderebbe con la disponibilità dei Gentili (azione contraria al rifiuto dei Giudei; v. 46) e con l’espansione della Parola (v. 49).

     Come si vede, da un brano descrittivo è meglio non trarre arcani nel senso di una qualunque sovrastruttura ideologico-dottrinale. Proiettando qualcosa nel testo, poi si pretenderà di ritrovalo. Ma ciò è eisegesi (proiezione) non esegesi (spiegazione).

 

 

2. {Rosa Fidelis, ps.}

 

Nota redazionale: Questo contributo è arrivato dopo che avevo preparato già da giorni quello precedente. Quindi l'autrice non lo conosceva ancora.

 

Sono d’accordo su come Nicola Martella ha interpretato Efesini 2,8 e 1 Pietro 1,1. [► Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata] Perciò mi soffermo subito su Atti 13,48. Benché Gaetano non lo abbia detto esplicitamente, penso che la questione cui egli si riferisce riguardi l’interpretazione del verbo greco tetagménoi, che nella traduzione da lui riportata è reso con «preordinati», e inteso dai calvinisti nel senso di «predestinati», cioè nel senso che Dio aveva deciso dall’eternità di far conseguire a queste persone la vita eterna, per cui necessariamente avrebbero creduto all’Evangelo.

     In realtà il verbo greco tássō (di cui tetagménoi è in questo caso participio medio, cioè con valore riflessivo) significa «disporre», cioè sistemare convenientemente, secondo un determinato criterio. Se io, per esempio, preparo la tavola, non metto i piatti e le posate a caso, ma secondo un ordine preciso. Questo verbo, però, è qui usato non in riferimento a un ordine materiale, come quello della tavola, ma a un ordine spirituale, quello che consiste nelle buone disposizioni interiori. Uno, infatti, non può accogliere Gesù se non c’è in lui disposizione per la verità, cioè verso ciò che è moralmente vero, perché consonante con la norma divina del bene.

     Chi cerca la verità, cerca Gesù, anche se non lo sappia, perché Gesù è la verità, come dice egli stesso in Giovanni 14,16: «Io sono la via, la verità, la vita». Gesù, quindi, non è solo la verità: è anche la vita, e con questo Giovanni intende la vita eterna.

     Ecco dunque che chi è «disposto» (tetagménos) per la verità è disposto anche per la vita eterna.

     Per meglio chiarire che il verbo tetagménos non implica nessuna idea di predestinazione eterna, faccio notare che esso si trova anche in Atti 20,13, dove è utilizzato per esprimere un concetto assai più banale: Paolo, volendo recarsi da Troade a Gerusalemme, invece d’imbarcarsi fin dall’inizio con i compagni, chiese loro di prenderlo a bordo successivamente, ad Asso, essendo dia-tetagménos «internamente disposto, avendo l’intenzione» di fare la prima parte del viaggio a piedi.

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-At13,48_calvinismo_Esc.htm

04-08-2007; Aggiornamento: 03-07-2010

 

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