Argentino Quintavalle ha reagito all’articolo «Cattocomunisti
o evangelici?» di Fernando De Angelis, inviando un contributo
al tema di discussione connesso «Cattocomunisti
o evangelici? Parliamone». Egli ha affermato, tra
altre cose: «Molti credono che Garibaldi fosse
un ateo. Niente di più sbagliato. Garibaldi ci teneva alla salute
spirituale dei suoi uomini e come cappellano militare aveva Alessandro
Gavazzi, evangelico di Bologna, figlio d’un giudice, e uomo di grande
spessore, capace di prendere in mano non soltanto la Bibbia, ma anche la
spada. Fu l’uomo che fece le esequie a Monaldo Leopardi, il padre di
Giacomo Leopardi, perché i Leopardi non erano cattolici, anche se ai
ragazzi della scuola questo non viene detto. La Biblioteca di Leopardi è
piena di Bibbie, quando ancora non esistevano Bibbie cattoliche.
L’Italia è stata fatta da questi uomini».
Fiorina Pistone,
cattolica illuminata e amica comune, non ha mandato giù le asserzioni di
Argentino su Montando e Giacomo Leopardi. Ella ha interpretato le parole
di Argentino «i Leopardi non erano cattolici» come equivalenti a «erano
evangelici», e questo è stato per lei una grande provocazione. Per
quanto posso capire, egli non l’ha detto esplicitamente…
Ecco dapprima la loro accesa discussione. Poi aggiungo alcune mie note
per alimentare il confronto e la discussione.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Fiorina Pistone}
▲ Ciao,
Nicola. [...] la mia ammirazione per la scienza del tuo amico Argentino
Quintavalle si è un po’ sbiadita, dopo quel suo contributo che tu hai
inserito nel dibattito «Cattocomunisti
o evangelici? Parliamone ». Egli dice che i Leopardi
erano evangelici. Non so quanto Argentino conosca il poeta Giacomo
Leopardi, l’unico della famiglia che è diventato famoso: il padre, la
madre e i fratelli lo sono diventati soltanto di riflesso.
Tutte le sue biografie di Giacomo Leopardi dicono che ebbe un’educazione
cattolica. Suo precettore fu il padre gesuita Giuseppe Torres, fuggito
dalla Spagna in seguito alla cacciata dell’ordine dal regno, lo stesso
che aveva avuto il padre, il conte Monaldo. Da bambino il futuro poeta
era devotissimo e allestiva altarini per tutta la casa. I suoi lo
avrebbero voluto prete. Giunto all’età della ragione, Giacomo riconobbe
dolorosamente l’inconsistenza dei sogni della sua «prima età» e perse
anche la fede. Rimpianse sempre la giovinezza come unica età felice
della vita degli esseri umani, felicità dovuta soltanto agli inganni
della fantasia. Le sue poesie più famose rispecchiano la sua amara
visione della vita, che secondo lui non ha alcun senso. Ti trascrivo
alcuni versi del famoso «Canto d’un pastore errante per l’Asia»:
Dimmi, o luna: a che vale
al pastor la sua vita, la vostra vita a voi?
Dimmi, ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale? Sempre
nello stesso canto, raffigura il destino dell’uomo con l’immagine d’un
vecchio tutto bianco e infermo, che va per un terreno molto accidentato
portando un «gravissimo carco in sulle spalle»
«infin ch’arriva
colà dove la via
e dove il tanto affaticar fu volto:
abisso orrido, immenso
ov’ei precipitando il tutto oblia».
Giacomo Leopardi morì tisico a trentotto anni e il padre gli
sopravvisse. Le biografie di Monaldo Leopardi dicono che egli era di
tradizione guelfa e fautore dell’alleanza tra il trono e l’altare.
Pretendeva che Avignone fosse restituita ai papi e considerò un errore
le aperture liberali di Pio IX. S’occupò per un po’ di tempo di
politica, ma più che altro s’interessò ai libri, e costituì nella
propria casa una grande biblioteca, in cui si trovava anche una Bibbia
in più lingue, di cui si servì il giovane, studiosissimo Giacomo per
imparare il greco e l’ebraico. Il conte Monaldo aveva la dispensa per la
lettura dei libri proibiti. Si è forse convertito alla fede evangelica
negli ultimi anni della sua vita? Se così fosse io non ne so nulla.
Avere la Bibbia in casa non significa molto. Io ho in casa il Corano, ma
non sono musulmana… {19-02-2008}
2.
{Argentino Quintavalle}
▲ Alessandro
Gavazzi era un evangelico e cappellano militare di Garibaldi. Ho in mio
possesso il «Funere del conte Monaldo Leopardi» — parole di Alessandro
Gavazzi; pubblicazione stampata a Loreto dalla Tipografia F.lli Rossi
(anno 1847); Prezzo: baiocchi 10. Sono 16 pagine a stampa.
Giacomo Leopardi non era assolutamente un clericale. Aveva una cultura
biblica sterminata; leggeva e scriveva in greco, ebraico, aramaico e
siriaco. Possedeva una Bibbia del 1700 scritta in 7 lingue (in colonne
parallele) che il padre s’era fatto venire dalla «protestante»
Inghilterra, contravvenendo a molte regole di quei tempi. Possedeva
inoltre una invidiabile collezione di Bibbie in lingue originali.
Studiava più Bibbia Leopardi che tutti i preti di Recanati messi
insieme, e questo in un periodo dove la lettura della Bibbia era
proibita.
Se io ho un Corano, non per questo sono un mussulmano; ma se la mia casa
è piena di Corani probabilmente non sono un cristiano. Siccome non si è
mai apertamente dichiarato, i preti hanno cercato di convertirlo da
morto. Ma Leopardi non ha mai indossato un crocefisso in vita sua.
{20-02-2008}
3. {Nicola Martella}
▲ Giacomo
Leopardi è una specie di coperta che ognuno vorrebbe tirare dalla sua
parte? Non scriverò nulla di mio ma, per alimentare la riflessione e la
discussione, rimando alle conclusioni di altri.
■
Illuminista deluso:
C’è potenza in questo Leopardi
commento di Toni Negri sull’opera: Massimiliano Biscuso e Franco Gallo,
Leopardi antitaliano (Manifestolibri, 1999).
■ Libri finiti all’indice: Nell’articolo «Inquisizione
garantista?» Davide Canfora scrive quanto segue:
«Il caso di Leopardi è significativo e
interessante. Non solo le sue Operette morali furono messe all’Indice;
tutti i suoi scritti, anche dopo la morte dell’autore,
furono oggetto di attacchi da parte degli ambienti cattolici e di
persecuzioni da parte delle autorità ecclesiastiche e, su invito delle
autorità ecclesiastiche, delle stesse autorità civili. Ben noto,
naturalmente, è l’odio
implacabile che lo scrittore cattolico Niccolò Tommaseo nutrì nei
confronti del poeta recanatese. […] Ben più grave la persecuzione che
toccò alle opere di Leopardi per l’iniziativa
congiunta del Vaticano e degli Austriaci negli anni seguenti: nel 1839,
due anni dopo la morte del poeta, il segretario di Stato della Santa
Sede, cardinale Lambruschini, allertò il nunzio apostolico presso le
corti di Napoli e di Vienna, segnalando l’esistenza
di un pericoloso manoscritto di Leopardi contenente un’opera
“nella quale si professa il materialismo unitamente alle più irreligiose
follie dettategli dal suo spirito oltremodo guasto e maniaco” (si
trattava del testo dei Paralipomeni). Le pressioni vaticane non
furono accolte dal governo borbonico, molto geloso delle proprie
prerogative, ma furono ascoltate a Vienna: è del 27 febbraio 1841 una
lettera in cui il principe Metternich sollecita il capo della polizia,
Sedlnitzky, a evitare che si diffondessero le opere di Leopardi, intrise
di “offensiva irreligiosità e di principii antisociali”»
[I documenti relativi a Leopardi e alla
censura delle sue opere sono pubblicati nei volumi: Antonio Giuliano,
Giacomo Leopardi e la Restaurazione, Napoli, Memorie dell’Accademia
di Archeologia Lettere e Belle Arti (8), 1994; id., Giacomo Leopardi
e la Restaurazione. Nuovi documenti, Napoli, Memorie dell’Accademia
di Archeologia Lettere e Belle Arti (10), 1998].
■ Altro: Ho letto che Giacomo Leopardi viene considerato da uno
un «non credente» e da un altro una specie di Nietzsche malriuscito.
Sandro Petrucci scrive, tra altre cose, che Monaldo
Leopardi (1776-1847) nel suo quindicinale «La Voce della ragione»
(«una cosa fatta tutta per la gloria di Dio») «…polemizza con le tesi
cattolico-liberali e democratiche dell’abbé bretone
Félicité-Robert de Lamennais (1782-1854) e con la liberale Antologia,
fondata a Firenze, nel 1821, dal ginevrino e protestante Gian Pietro
Vieusseux (1799-1863)…». Ciò mostra che Montaldo non aveva paura di
confrontarsi con culture e idee differenti dalla sua che, per
combatterle, ha dovuto prima conoscere. Qui non mi sembra che egli
avversasse il cattolicesimo o il protestantesimo, ma le loro correnti
liberali, essendo egli conservatore (per alcuni autori era reazionario).
Si veda inoltre Monaldo Leopardi, Autobiografia (Edizioni
dell’Altana, Roma 1997). In appendice si trova «La biblioteca delle
“sudate carte”», dove tra l’altro troviamo notizie della «scanzia dei
libri proibiti custodita da una rete di ferro».
4. {Fiorina Pistone}
▲ Ciao,
Nicola. Ritorno a parlare di Giacomo Leopardi. Non mi sembra che egli
sia una coperta che ciascuno vuole tirare dalla propria parte. So però
che qualche cattolico ha pensato, o caritatevolmente sperato, che egli
si sia convertito nell’ultimo periodo della sua vita, perché in una
delle sue lettere ha scritto «se Dio vuole». Ma io penso, come quasi
tutti gli studiosi delle sue opere, che egli abbia, in questo caso,
utilizzato un semplice, comune modo di dire, senza alcuna implicazione
religiosa. Non c’è bisogno di discutere tanto sulle sue idee, che
traspaiono chiaramente dalle poesie, di cui alcune sono bellissime e
famose, e comunemente rintracciabili sulle antologie scolastiche, spesso
anche su quelle delle scuole medie inferiori. Tra le poesie da cui
meglio traspare la sua visione della vita ci sono il «Canto notturno
d’un pastore errante dell’Asia», e la poesia «A Silvia», entrambi
bellissime.
La sua visione di fondo è materialistica: con la morte finisce tutto;
noi siamo opera della natura, la quale non è, però, madre, bensì
matrigna, perché non si cura della nostra felicità, ma soltanto della
conservazione della specie. La natura, quando siamo giovani, fa balenare
ai nostri occhi speranze di felicità, che poi delude in ogni caso.
Nella poesia «La ginestra» il poeta lancia un appello a tutti gli
uomini, perché siano solidali tra di loro nella lotta contro questa
matrigna crudele.
Io ho amato molto, e ancora amo, questo poeta, perché mi ha sempre fatto
sentire che il bisogno di trascendenza è universale, anche se non sempre
consapevole, perché le cose di questo mondo non bastano alla nostra sete
di senso.
Egli fu infelicissimo. Il troppo studio minò la sua salute delicata,
portandolo alla morte in giovane età. Il padre, orgoglioso della sua
intelligenza e lui stesso amante dello studio, ne assecondò il desiderio
di letture rifornendo ampiamente la biblioteca, ma troppo tardi gli
acconsentì d’allontanarsi da Recanati, paese per lui troppo angusto per
il suo bisogno di colloquio anche intellettuale. La timidezza fu un
altro ostacolo.
Nessuna donna lo amò, perché non aveva attrattive fisiche.
Tuttavia egli non si limitò a piangere sulla sua sfortuna personale, ma
vide con chiarezza, e anche con senso di solidarietà, l’infelicità di
tutti gli uomini.
Dopo la mia e-mail precedente, avevo un po’ di rimorsi nei suoi
confronti, perché lo avevo nominato solo in funzione delle sue idee,
senza parlare della sua grandezza di poeta. Ho voluto riparare e ti
consiglio di leggere qualcosa di suo: basta digitare «Canto notturno
d’un pastore» su un motore di ricerca e t’arriva il testo.
Te lo dico perché anche tu sei un poeta e penso che avrai piacere di
conoscere un tuo grande collega.
Anche il padre Monaldo ebbe dei meriti: cercò di migliorare le
condizioni del popolo e aprì al pubblico la sua grande biblioteca, ma
avversò le caute aperture di Pio IX in fatto di libertà di stampa.
{26-02-2008}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-G-Leopardi_cattolico_OiG.htm
22-02-2008; Aggiornamento: 27-02-2008 |