Quando ho letto le bozze di questo articolo, per correggerlo, formattarlo e
redigerlo, mi sono venute in mente queste due massime, che riporto nella
seguente forma:
■ Ateo e cristiano: L’ateo: «Come disse
Friedrich Wilhelm Nietzsche: “Dio è morto”». Il cristiano biblico: «Come dice
Dio: “Nietzsche è morto”».
■ Confessione di un agnostico: «Un agnostico
tedesco afferma: “Giulio Cesare è morto. Vladimir Lenin è morto. Karl Marx è
morto. Friedrich Wilhelm Nietzsche è morto. Charles Darwin è morto. Johann
Wolfgang von Goethe è morto. Johann Christoph Friedrich von Schiller è morto.
Sigmund Freud è morto. Albert Einstein è morto. Eugen Berthold Friedrich Brecht
è morto. Jean-Paul Sartre è morto. E stamani neanche io mi sento proprio così
bene!”».
Giuseppe Rossi
è un farmacista napoletano, che lavora a Roma. Dopo la sua
conversione a Cristo, si interessa particolarmente delle questioni
apologetiche legate all’ateismo, allo gnosticismo, all’evoluzionismo
e alle ideologie di varia matrice. La struttura del suo scritto è
redazionale. {Nicola Martella} |
«O Israele, spera nel Signore, da ora in perpetuo» (Salmo 131,3).
1. ENTRIAMO IN TEMA: Perché esistiamo? Che senso ha
la vita? A queste domande ricorrenti, molti ne aggiungerebbero
un’altra: possiamo sperare in qualcosa di più che vivere soltanto 70 o
80 anni e poi morire? (Salmo 90,9). Forse in nessun altro momento ci
poniamo queste domande con maggior insistenza, se non quando avvertiamo
quanto sia
breve la vita. Ma non ce bisogno d’arrivare a una situazione estrema per
chiedersi come mai esistiamo? La domanda può sorgere anche quando la
vita ci delude. Il desiderio di capire perché esistiamo trascende le
differenze scolastiche, culturali e d’età. E l’interrogativo ricorrente
sul senso dell’esistenza accomuna gli uomini di tutte le epoche.
Negli ultimi anni diversi scienziati sono giunti alla conclusione che,
in effetti, l’uomo è portato per natura a cercare un significato
più profondo nella vita attraverso le varie teorie scientifiche e
fantascientifiche, filosofiche e religiose. Secondo alcuni esistono
prove genetiche e fisiologiche indicanti che l’uomo sente il bisogno
naturale di stabilire un rapporto con una forza superiore. Comunque
anche se il concetto di spiritualità
viene dibattuto negli ambienti accademici, la maggioranza della gente
non ha bisogno del consenso scientifico per credere che l’uomo provi un
bisogno spirituale. È la spiritualità stimolata dalla sofferenza
che fa sorgere nella nostra mente quelle che alcuni ritengono le domande
più importanti: perché esistiamo? Come dovremo impiegare la nostra vita?
Dobbiamo rendere conto a un entità creatrice onnipotente? Appurato
quindi oggettivamente che abbiamo un’esigenza di trascendenza,
che nasce dall’inquietudine di vivere in questa realtà pericolosa e
difficile, l’ultima domanda sorge spontanea: Chi o che cosa ci appaga e
ci realizza con dignità?
Anche la Bibbia parla di persone che si chiesero quale fosse lo scopo
della loro vita, dopo aver perso beni materiali e spirituali. In effetti
la sofferenza sembra essere il bivio della vita. Essa può essere
il motore (come lo fu anche l’insoddisfazione d’Adamo prima d’Eva) o può
essere l’ostacolo che impedisce di dare un significato al tutto. Il
dolore, se accettato come mezzo per far crollare i pregiudizi
derivanti dalla nostra presunzione e come stimolo per cercare di
comprendere con obiettività noi stessi, il prossimo e l’Assolutamente
Altro, ci può cambiare radicalmente, facendoci vivere una quasi pienezza
e dignità inaspettate, e con delle prospettive future inattese. Anche la
pienezza è possibile, ma questa a un analisi approfondita e completa
di fatti personali e comunitari, storici e attuali, sembra confinata
solo nell’esperienza cristiana; e in tale ambito le coordinate
consequenziali (quelle essenziali ci sono offerte dalla testimonianza
biblica) dell’insegnamento biblico mediante la cattedra dello Spirito
Santo sembrano offrire quanto di più risolutivo ci possa essere: grazie
al duale e inscindibile uso di
fede e ragione.
«Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò,
che non t’aspettavi» (Eraclito).
2. LE VARIEGATE POSIZIONI DI ATEI E AGNOSTICI:
Se Dio è morto, neppure io sto tanto bene.
■
Karl Marx (1818-1883) ha sostenuto che l’unica realtà è quella
materiale. L’uomo è il suo lavoro, e ciò che conta sono i rapporti
economici. Dio non esiste, e la religione è nata solo per consolare,
vanamente, l’uomo oppresso e alienato (è lo sfruttamento sociale che ha
creato le religioni). È, quindi, falsa e non permette la nostra
realizzazione autentica. Questa va cercata piuttosto nel mondo presente,
attraverso l’impegno nella trasformazione della realtà, dei rapporti di
lavoro e nel superamento delle condizioni d’oppressione.
■ «Io non posso credere in Dio, se vedo un bimbo
devastato da tale malattia». Da «La peste» di Albert Camus
(1913-1960).
■ «L’ateismo non è altro che la reazione delle persone
razionali di fronte a credenze religiose prive di giustificazione… È
davvero sconvolgente che un libro tanto banale come la Bibbia sia
ritenuto il frutto d’una mente onnisciente» (Sam Harris, filosofo
neuroscientifico americano).
■
Friedrich Nietzsche (1844-1900) ha sostenuto che la religione, e il
cristianesimo in particolare, sia qualche cosa di profondamente falso.
Anche per lui, Dio non esiste, è frutto dell’invenzione dei deboli che
s’illudono così di non essere schiacciati dai più forti. Ciò che conta è
l’uomo e la sua libera decisione, che non ha imposizione da nessuno,
perché non esiste nulla di più grande.
■ «Il mio concetto di Dio è che si tratti d’una
costruzione umana. Non esiste nulla di simile a Dio se non
nell’immaginazione umana. La vita si è formata per un insieme
d’occasioni fortunate» (Richard Dawkins, biologo).
■ «È tutto qua. Nessuna vita dopo la morte, grazie a
Dio!» (Bob Geldof, cantante).
■ «Il mondo è diviso in due e ognuno fa la sua scelta di
campo. Da una parte, i penitenti a testa bassa… dall’altra parte, gli
impenitenti impertinenti a testa alta» (Pier Giorgio Oddifreddi,
matematico).
■ «Credo che mi possiate definire un neoplatonico con
sfumature agnostiche» (Philip K. Dick, scrittore).
■ «Non negare né credere» (George
Christoph Lichtenberg, filosofo).
■
Sigmund Freud (1856-1939) riteneva che la religione sia una
«illusione infantile». Essa nasce dai desideri più antichi dell’umanità.
Tutte le dottrine religiose sono incredibili e indimostrabili, sono un
«fenomeno psicologico». Dio, secondo Freud, sarebbe una idealizzazione
della figura paterna.
■ «Non ho un concetto di Dio, sebbene ci pensi molto.
Invidio le persone che hanno fede» (Jack Nicholson, attore).
■ «La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona
è che non ne hai bisogno» (da una campagna pubblicitaria dell’UAAR,
Unione Atei Agnostici Razionalisti).
■ «Sono figlio di genitori che hanno divorziato più
volte, ho vissuto in famiglie di varie religioni, tutte con la certezza
assoluta della verità. Per questo non riesco ad affidarmi a nessuna, ma
rispetto chi crede» (Tom Hanks, attore hollywoodiano).
■ «Immagina un mondo senza religioni…» (John Lennon,
dalla canzone «Imagine»).
■ «Dite [riferito al Vaticano] al mondo la verità»
(tratto dalla locandina del film «Angeli e Demoni» del regista Ron
Howard).
■ «Penso che tutte le grandi religioni del mondo siano,
a un tempo, false e dannose. In primo luogo non credo a Dio e
nell’immortalità; e in secondo luogo, Cristo, per me, se è storicamente
esistito, non è nient’altro che un uomo eccezionale» (Bertrand Russel,
filosofo, logico e matematico gallese).
■ «Se Dio tace, non risponde, abbandona al suo calvario
Gesù, l’uomo più buono mai esistito, vuol dire che Dio non esiste» (Alfred
De Vigny, poeta francese).
■ «L’uomo è un essere fatto per la morte, per cui la sua
esistenza risulta limitata e insignificante» (M. Heidegger,
filosofo).
■ «Vorrei un po’ di pace, ma di quella pace che non ha
il sapore della morte» (Eduardo De Filippo, commediografo).
■ «Dio esiste, credo, non so… certo, porca miseria, non
si vede a guardare quel che succede!» (Gabriele Salvatores,
regista cinematografico).
3. UN RIFUGIO D’ETÀ IN ETÀ: Come classificare le
affermazioni riportate sopra? Ecco qui di seguito alcune considerazioni
in merito.
■
1. Sono affermazioni ipocrite da sempre esistite con la sola differenza
che nei millenni precedenti, per giustificare il proprio cupo agire,
si metteva in dubbio non tanto l’esistenza di Dio, quanto la sua bontà.
Dio non ce, dopo la morte non ce niente, per cui godiamocela.
Godersela? Solo l’astuto incantatore ci può illudere che è possibile una
certa qual gioia senza Dio, pur essendo circondati da un turbinio
di speculazioni e piaceri inutili e dannosi, ma soprattutto destinati a
malattia, vecchiaia, slealtà e morte putrescente. Chi si gode la vita? I
separati? I disabili? I drogati? I vedovi? Gli orfani? Gli angosciati?
Gli sgomenti? Chi? Il concetto di godersi la vita è campato in aria.
Come il partito o meglio l’esercito senza speranza risolve,
dunque, il problema dell’esistenza? Arraffa e consuma più che puoi
(anche te stesso), poi, quando le cose si mettono male, quando ti credi
da rottamare, risolvi tutto con un «bel» suicidio più o meno
assistito.
■
2. Sono affermazioni ipocrite perché noi dovremmo guardare in noi stessi,
squarciare il velo dell’auto-giustificazione e accusare noi
stessi per le nostre miserie, per l’onnipresente squilibrio culturale,
economico e sanitario, per aver reso la città permeata dal male.
Insomma, in questo breve antologia d’idee sulla figura di Dio, elencati
secondo una certa progressione, che parte da posizioni atee, che
comprende posizioni agnostiche e termina con un invocazione «impropria»,
un appello palese, all’Unico Essere che coincide sempre con l’ultima
speranza. In tutto ciò si può scorgere il tormento dell’umanità, quando
rifiuta l’arma della incessante
preghiera biblica come unico mezzo per iniziare la comunicazione col
vero Dio, che può raggiungere la sua pienezza, solo con l’esperienza
cristiana. Solo con l’Agnello immolato, Gesù Cristo, la vita è
degna d’essere vissuta e ha un futuro; solo Lui ci conosce più di quanto
noi conosciamo noi stessi. Solo Lui non ci lascerà
e non ci abbandonerà fino alla vittoria. Solo con Lui, la sofferenza ci
plasma e ci fa persone invece che bestie, togliendoci la crudele
superficialità e donandoci la sensibilità compassionevole.
■
3. Sono affermazioni ipocrite. La vita sarebbe una solenne fregatura,
se non avesse un senso. A nessuno piace derivare da nessuno. Come sono
considerate dagli stessi «senza Dio» il caso e la materia? Solo Dio
dà senso alla vita, perché è l’unico incomparabile, l’unico stabile
punto di riferimento. Si può andare a destra e a manca, andare ovunque,
fare le più svariate esperienze, ma solo Gesù può colmare
l’apparentemente incolmabile vuoto.
E comunque sia, anche se non siamo d’accordo sulla tesi, secondo cui
Gesù non sarebbe Dio, come affermano invece atei e agnostici — è meglio
l’illusione dell’Amore che una atea o agnostica realtà di odio, di
confusione, di domande senza risposte; è meglio l’altruismo che
l’egoismo, è meglio l’ottimismo della fede che il pessimismo del
cinismo.
«Per quelli che, come me, sognano il trionfo dell’unico potere che non
sarà mai potere, ma che è un regalo di Dio. L’amore» (Lucio Dalla,
cantante).
4. ASPETTI CONCLUSIVI
(Nicola Martella): La sacra Scrittura afferma che «l’uomo psichico»,
ossia colui che si basa soltanto sulla percezione dei suoi sensi e sulla
sua ragione, «non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli
sono pazzia; e non le può conoscere, perché le si giudicano
spiritualmente» (1 Cor 2,14). Per poter comprendere le «cose
dello Spirito di Dio», bisogna avere la «mente di Cristo»
(v. 16). Tutto comincia con una metànaoia, concetto greco che
significa un mutamento di mente, di idee e di convinzioni
rispetto a Dio, a se stesso e al mondo. Questo è il senso del
ravvedimento (metànaoia), ossia vedere le cose dal punto di vista
di Dio, espresso nella sua Parola. Solo allora si sarà in grado di
uscire dagli schemi mentali del mondo, di essere trasformati in un
modo di pensare rinnovato tale, che permetta di conoscere per
esperienza quale sia la benefica, gradita e perfezionante volontà di
Dio, e di offrire a Dio un «servizio logico» o «culto razionale» (Rm
12,1s).
Per l’approfondimento si vedano in Nicola Martella (a cura di),
Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), gli articoli: «Le
escatologie politiche», pp.
268-271 (marxista, pp.
272-277; nazista, pp.
278-284); «La speranza
secolarizzata», pp.
285-295; «La “speranza di ritorno” nella
teologia», pp. 334-341; «Utopie futuristiche»,
pp. 342-354; «Il
bisogno di speranza», pp.
355s. |
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A2-Ragioni_speranza_Esc.htm
09-06-2010; Aggiornamento: 14-11-2012 |