Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Matteo, l’evangelista dei giudei

 

Bibbia (generale)

 

 

 

 

Nello stesso libretto sono contenute le domande per lo studio e il dizionarietto, dove trovare le risposte.

   Ecco le parti principali della parte di studio:
■ Introduzione all'Evangelo di Matteo
■ Nascita, battesimo e tentazione (Mt 1,1-4,11)
■ Attività in Galilea (Mt 4,12-16,12)
■ Istruzione dei dodici (Mt 16,13-18,35)
■ Viaggio verso Gerusalemme e ultimi giorni in essa (Mt 19-25)
■ Crocifissione e risurrezione (Mt 26-28).

 

Inoltre ci sono, tra altre parti, anche le seguenti:
■ Dizionarietto
■ Guida allo studio personale e di gruppo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ERRORI TEOLOGICI DOVUTI A TRADUZIONI ERRONEE

 

 di Argentino Quintavalle

 

Entriamo in tema

   Gli Evangeli abbondano di traduzioni erronee. «Ma questo cosa comporta veramente?», può chiedere qualcuno. Anche se ci sono degli errori di traduzione qua e là, ci sono veramente delle difficoltà a comprendere il significato delle parole di Gesù? Inoltre, ci sono dei passi che sono stati fraintesi in una maniera tale che ci possono danneggiare spiritualmente?

   Sfortunatamente, la risposta è «sì». Infatti, se la Chiesa fosse stata equipaggiata con una comprensione ebraica delle parole di Gesù, la maggior parte delle controversie teologiche non si sarebbero mai presentate.

   In un precedente articolo [► Traduzioni, lingue bibliche e mentalità ebraica] ho dato numerosi esempi della difficoltà di tradurre con precisione il testo biblico. Alcuni sono delle semplici sfumature, ma ce ne sono altri che sono più che dei semplici errori di traduzione e influiscono negativamente sulla nostra teologia. Di uno ne parlo nel mio sito e si riferisce al «regno dei cieli» il quale non è esclusivamente futurista, ma piuttosto una realtà presente dovunque Dio governa. Si ha facilmente l’impressione dal testo greco che benché il regno sia vicino, non sia ancora arrivato. Tuttavia, quando si leggono ebraicamente i passaggi che riguardano il regno, è immediatamente evidente che il regno non è solo futuro ma è anche arrivato, è già qui — quasi l’esatto opposto del significato greco.

 

Alcuni esempi

   Altri errori, hanno contribuito a creare confusioni, malintesi, comportamenti sbagliati e legami spirituali. Uno per esempio riguarda il «pacifismo», di cui ho già parlato in questo sito. Qui voglio solo ricordare che nella realtà, il pacifismo è un equivoco teologico basato su numerosi errori di traduzione dei detti di Gesù, come per esempio «non uccidere» andrebbe tradotto «non assassinare»; per esempio, «non contrastate al malvagio» (Mt 5,39a) significa «non cercare la vendetta contro chi ti ha fatto un torto», e Gesù esprime un principio importante che s’applica nei nostri rapporti con gli amici e i vicini. Non s’applica quando siamo messi a confronto con un assassino, con un violentatore o con una persona similmente violenta; né quando s’affronta il nemico sul campo di battaglia. Gesù non sta parlando di come occuparsi della violenza. Egli parla dei fondamenti dei rapporti fraterni, su come rapportarci al nostro prossimo. Se, per esempio, un vicino scarica un secchio di spazzatura davanti alla nostra porta, non dobbiamo rivalerci scaricando due secchi di spazzatura sulla sua porta.

   Una volta che scopriamo come tradurre correttamente Mt 5,39a, possiamo allora capire correttamente i versi che seguono. Ogni verso è un’illustrazione di come dovremmo reagire a un nostro prossimo ostile. Se, ad esempio (Mt 5,39b), un amico c’insulta e ci mette in imbarazzo schiaffeggiandoci, noi non dobbiamo restituirgli lo schiaffo, ma dobbiamo porgergli l’altra guancia. Probabilmente questo è il più conosciuto dei detti di Gesù. È anche un altro dei detti sui quali si basa il pacifismo. Correttamente capito, però, non ha niente a che fare con situazioni sul campo da battaglia, con la difesa da un assassino o col resistere al malvagio. È un’illustrazione di come occuparsi del nostro prossimo arrabbiato, un «nemico» personale. Ma l’errore di traduzione di Mt 5,39a ha creato una contraddizione teologica.

   Altri errori di traduzione hanno dato origine a teologie sbagliate, ma qui mi voglio occupare in maniera approfondita d’una in particolare, quella che possiamo chiamare «teologia del martirio». Essa ha origine da un errore di traduzione dell’ottava beatitudine. Mt 5,10 legge: «Beati coloro che sono perseguitati a causa della giustizia, perché di loro è il regno dei cieli». Sulla base di questa traduzione, si potrebbe supporre con abbastanza naturalezza che ci sia qualche merito religioso nell’essere perseguitati. Questa idea si è sviluppata all’inizio del secondo secolo e ha trovato la sua realizzazione nel martirio di decine di migliaia di persone durante gli anni delle dure persecuzioni, fino all’Editto di Tolleranza di Costantino nel 311 d.C. L’idea di conseguire dei meriti religiosi attraverso la sofferenza della persecuzione o attraverso il martirio è continuata nella coscienza teologica della chiesa fino al giorno d’oggi. È realmente questo ciò a cui Gesù fa riferimento in Mt 5,10? Gesù vuol insegnare che s’ottengono dei meriti religiosi subendo la persecuzione? Dobbiamo cercare la persecuzione? No! Questa ottava beatitudine dovrebbe essere tradotta: «Beati coloro che perseguono la giustizia…».

   Ci sono almeno tre errori di traduzione in questo verso.

   ■ 1. Non dovremmo tradurre «perseguitare», ma «perseguire».

   ■ 2. La «giustizia» è una traduzione ambigua. Il termine intende più «salvezza» o «redenzione» (vedi il mio articolo precedente). [N.d.R.: Ciò significa che non s’intende la giustizia in senso giuridico o sociale (la giustizia che l’uomo crea), ma in senso della giustizia salvifica (la giustizia che Dio dona, ossia la giustificazione).]

   ■ 3. L’espressione «di loro» dà un’impressione sbagliata. Noi non possediamo il regno. La traduzione corretta dovrebbe essere «di questi», o «di tali», come in Luca 18,16: «Lasciate che i piccoli fanciulli vengano a me… perché di tali è il regno di Dio».

 

Nell’ottava beatitudine Gesù non parla affatto della persecuzione. Egli descrive coloro il cui desiderio principale è che Dio redima il mondo. Le beatitudini sono una descrizione del genere di persone che fanno parte del regno dei cieli. Questa beatitudine, come le altre, si distingue dal «regno dell’uomo», che vuole tutto tranne che Dio governi nella vita d’ogni persona. L’ottava beatitudine ripete la quarta beatitudine che parla di quelli che «sono affamati e assetati (cioè, hanno desiderio intenso) di giustizia», in altre parole, che Dio salvi i perduti. Viene ripetuto anche in Mt 6,33 dove Gesù dice: «Cercate prima (cioè, desiderate soprattutto) il regno di Dio e la sua giustizia (cioè, la salvezza)».

   La salvezza dei perduti era la priorità numero uno di Gesù. Egli ha detto: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perito» (Luca 19,10). In Mt 5,10 Gesù sta di nuovo sottolineando che il genere di persone che fanno parte del regno di Dio sono coloro che più d’ogni altra cosa vogliono vedere Dio salvare i perduti.

   Come è stato possibile confondere «perseguire» con «perseguitare»? Se uno conosce l’ebraico, può facilmente rendersi conto di come possa essere accaduto. La parola ebraica dep ha due significati: 1) «perseguire», «ricercare» o «cacciare», e 2) «perseguitare». Non avrebbe alcun senso, per esempio, tradurre Is 51,1 come: «Ascoltatemi, voi che perseguitate (rōdep) la giustizia…». Il contesto ci costringe a tradurre: «Ascoltatemi, voi che perseguite (rōdep) la giustizia». Questo doppio significato di dep ha fatto in modo che fosse tradotto male nel greco di Mt 5,10.

 

N.d.R.: Si noti comunque che anche il verbo greco diōkō ha un vasto spettro di significati, tra cui anche i seguenti: «inseguire, perseguitare, perseguire, tener dietro, correre dietro, aspirare a, bramare, seguire (o svolgere) [un ragionamento]». Quindi il problema non è del greco, ma dei traduttori condizionati dalla Vulgata. {Nicola Martella}

 

   Tuttavia, se diciamo che Mt 5,10 non ha niente a che fare con la persecuzione, come spiegare i due successivi versi che parlano di persecuzione? — «Beati sarete voi, quando v’insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli, poiché così hanno perseguitato i profeti che furono prima di voi» (Mt 5,11s).

   Quando esaminiamo attentamente il testo, notiamo un cambiamento improvviso nel pronome (nei versi 11 e 12) dalla terza persona («coloro», «loro») alla seconda persona («voi», «vostro»). Questa è una chiara indicazione che questi versi non facevano originariamente parte del sermone di Gesù sul monte, ma erano parte di un’altra storia. Sono stati probabilmente messi dopo Mt 5,10 dall’editore della fonte di Matteo a motivo della parola «persecuzione», che ricorre in entrambi i passi. Mt 5,11s non tratta dello stesso tema di Mt 5,10.

   Gesù sapeva che egli sarebbe stato ucciso come se fosse un criminale, e anche i suoi discepoli sarebbero stati trattati con sospetto e disprezzo. Egli sapeva che essi avrebbero affrontato antagonismo e ostracismo. In Mt 5,11s Gesù parla di persecuzione dei suoi discepoli; ed egli promette una ricompensa a quelli che soffrono solo perché essi sono i suoi discepoli. Anche qui, Gesù non stava spingendo i suoi discepoli a guardare la persecuzione o il martirio per avere una ricompensa divina. Egli parlava di quello che doveva essere l’atteggiamento dei discepoli quando sarebbero stati maledetti e calunniati dai loro compatrioti. Essi non dovevano scoraggiarsi, ma piuttosto rallegrarsi nella consapevolezza che i loro predecessori, i profeti, hanno affrontato lo stesso genere di persecuzione.

 

Conclusione

   Ripetiamoci la domanda posta all’inizio di questo capitolo: «Ci sono negli Evangeli dei passi che sono stati tradotti erroneamente e che possono avere conseguenze importanti?». Credo che la risposta sia un enfatico «sì». Sono personalmente preoccupato di tutti gli errori di traduzione o di fraintendimenti della Bibbia, indipendentemente da quanto insignificanti essi potrebbero apparire. Se la Bibbia è la rivelazione che Dio ha fatto di Sé stesso a noi, e noi crediamo che lo sia, sapere quello che Egli ha detto è d’importanza suprema. Ogni rivelazione di Dio è importante e spero che non vogliamo che una qualunque delle sue parole venga fraintesa, se abbiamo a nostra disposizione gli strumenti per capire. Oggi, fortunatamente, quegli strumenti sono disponibili. A seguito delle scoperte archeologiche e degli studi testuali degli ultimi 50 anni, siamo in grado ora di capire la Bibbia, e specialmente le parole di Gesù, come mai prima negli ultimi 1900 anni. Con tutto quello che abbiamo a nostra disposizione, nessuno sforzo deve essere risparmiato nella correzione d’ogni errore di traduzione e nel chiarire ogni interpretazione erronea del testo ispirato.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Traduzioni_errori_teologici_Mt.htm

16-06-2007; Aggiornamento: 12-09-2008

 

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