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1.
Entriamo in tema
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2.
Altre due cerimonie
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3.
Il primo pellegrinaggio
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4.
Il bambino smarrito
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5.
Un figlio e una madre che meravigliano?
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6.
Alcune considerazioni finali |
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1.
ENTRIAMO IN TEMA:
Nei racconti dell’infanzia che ci vengono
presentati nei primi due capitoli dell’Evangelo di Luca, abbiamo delle
importanti notizie che riguardano Maria, Giuseppe e Gesù.
Giovanni Battista nacque a Zaccaria e a Elisabetta, e
nell’ottavo giorno della sua nascita i vicini e i parenti vennero a celebrare la
circoncisione del neonato (Lc 1,57ss). In quella occasione gli fu messo il nome
di Giovanni (Lc 1,60). Anche Gesù ricevette il suo nome al momento della
circoncisione: «Quando furono trascorsi gli otto giorni, dopo i quali doveva
essere circonciso, gli fu posto nome Gesù» (Lc 2,21).
La circoncisione nell’ottavo giorno è un comandamento
biblico (Lv 12,3; Gn 21,4), ma dare pubblicamente il nome al bambino in questo
giorno, nonché la riunione familiare per celebrare l’occasione, tutto ciò era
un’usanza. Queste due usanze, attestate nell’Evangelo di Luca per la prima
volta, sono ancora di uso comune nella pratica giudaica.
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2.
ALTRE DUE CERIMONIE:
Luca menzionò altre due usanze, questa volta scritturali
(Lc 2,22ss) osservate dai genitori di Gesù: l’offerta di Maria per la sua
purificazione e il pagamento del riscatto per il primogenito da parte di
Giuseppe.
Secondo le Scritture, una madre era impura per
quaranta giorni dopo la nascita di un figlio. Alla fine di questo periodo,
doveva portare un’offerta al tempio per la sua purificazione (Lv 12,1-8). Fonti
rabbiniche indicano che a una donna era permesso di rimandare il suo sacrificio
fino a quando non avesse avuto l’opportunità di andare a Gerusalemme (Tosefta,
Keritot 2,21; Mishnah, Keritot 1,7; 2,4). Spesso si aspettava, per adempiere
questo obbligo, fino a quando la famiglia non faceva un pellegrinaggio a
Gerusalemme. Tuttavia, c’erano quelle che eseguivano questo rito alla fine del
periodo dei quaranta giorni, in adempimento all’ordine biblico. Maria osservò
perfettamente il comandamento di Dio, dimostrando di essere donna, moglie e
madre devota a Dio.
Il racconto dell’Evangelo dimostra che i genitori di
Gesù osservarono i comandamenti in maniera rigorosa. Alla fine del
periodo d’impurità di Maria, essi andarono a Gerusalemme in modo che Giuseppe
potesse pagare il riscatto per Gesù e Maria offrire il sacrificio per la
sua purificazione, nel quarantunesimo giorno del bambino.
Il racconto di Luca, quindi, sottolinea il
comportamento esemplare della famiglia di Gesù.
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3.
IL PRIMO PELLEGRINAGGIO:
Luca incluse un altro dettaglio, che attira la nostra
attenzione, sulla qualità dell’educazione religiosa di Gesù. Ci viene detto che
i genitori di Gesù «si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di
Pasqua» (Lc 2,41). Es 23,17 parla dell’obbligo dei maschi adulti di
comparire davanti al Signore tre volte l’anno, in occasione delle feste maggiori
(vedi anche Es 34,23; Dt 16,16). I vecchi maestri ebraici non hanno preso questo
comandamento alla lettera. Piuttosto, essi hanno decretato che «comparire»
significasse, oltre che fare un pellegrinaggio, portare anche un sacrificio. (Il
verbo jērā’eh (comparirà) in Es 23,17 è stato interpretato, «porterà un
reijāh» [sacrificio di «comparizione»], cioè, quando un pellegrino andava al
tempio, non doveva presentarsi a mani vuote [Dt 16,16].)
Un pellegrinaggio dalla Galilea era così costoso e
difficoltoso che di solito un Galileo lo faceva solo una volta, o al massimo,
due o tre volte nella sua vita. Così, i Galilei non andavano a Gerusalemme ogni
anno, e per questo erano disprezzati dai «religiosi» Giudei, fino al punto di
dire: «Può venire qualcosa di buono da Nazaret?» (Gv 1,46). Ma i
genitori di Gesù hanno mostrato una
devozione eccezionale facendo l’annuale pellegrinaggio.
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4.
IL BAMBINO SMARRITO:
Luca registrò un fatto che può dare l’impressione di una grande
irresponsabilità da parte di Giuseppe e Maria. Durante il primo intero giorno
del viaggio di ritorno, essi non avevano evidentemente notato che Gesù era
rimasto a Gerusalemme, ma avevano supposto che fosse in qualche altro posto tra
i gruppi di pellegrini che «scendevano» da Gerusalemme (Lc 2,44). La tradizione
rabbinica può aiutare a risolvere questa difficoltà e mostrare i genitori di
Gesù in una luce più positiva.
Sappiamo dalla letteratura rabbinica che all’inizio di
ogni pellegrinaggio i partecipanti alla comitiva si radunavano nelle loro città
e nei loro villaggi. Famiglie intere partivano, lasciando a casa pochissima
gente (Avot Rabbi Natan 12). Lungo il viaggio, si univano ad altri gruppi di
pellegrini che andavano a Gerusalemme (Mishnah, Bikkurin 3:2,3). Dopo l’arrivo
nella città, i membri di questi gruppi avevano la tendenza a rimanere insieme
come compagni di viaggio, per il culto, lo studio, e la visita della città.
Quando iniziavano il viaggio di ritorno, essi avevano passato più di una
settimana insieme. Un bambino sicuro di sé avrebbe potuto facilmente passare il
primo giorno di ritorno lontano dai suoi genitori, insieme alle numerose nuove e
vecchie conoscenze, senza che i suoi genitori si interessassero di lui o che
fossero ritenuti irresponsabili. Se ne sarebbero accorti alla sera quando la
famiglia si riuniva per la cena.
La parte successiva di questa storia è certamente
inusuale. Quando Gesù alla fine era stato trovato, egli si trovava nel cortile
del tempio, nella piena sicurezza di se stesso, seduto a discutere di argomenti
religiosi con i dottori della legge (Lc 2,46s). Cosa dire per questo fatto, di
un ragazzo di dodici anni?
Nella società di quei tempi, veniva fatto tutto il
possibile per dare a ciascuno un’opportunità di partecipare alle discussioni.
Quando veniva fatta una domanda, il primo a rispondere non era lo studente più
anziano, ma quello più giovane. Il silenzio non era considerato importante. Né
su molte dottrine c’era uniformità d’opinione. Gli studenti erano incoraggiati a
esprimere le loro opinioni e ad argomentare i loro punti di vista. Quindi, è
normale che al ragazzo sia stata data un’opportunità di mostrare la sue
capacità, anche nel livello molto alto d’insegnamento che avveniva nei cortili
del tempio.
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5.
UN FIGLIO E UNA MADRE CHE MERAVIGLIANO?:
Il ragazzo Gesù meravigliò la gente.
Meravigliò anche la reazione della madre di Gesù?
Nonostante la cultura di quei tempi, dobbiamo considerare una
discussione tra il dodicenne
Gesù e alcuni dei più grandi maestri del suo tempo come una cosa
eccezionale.
Ora, però, dobbiamo considerare una cosa eccezionale
anche il fatto che fu Maria a riprendere Gesù? («Figlio mio perché ci
hai fatto questo?»; Lc 2,48). Maria fece quello che avrebbe dovuto fare
Giuseppe, e quindi lo scavalcò? Oppure Giuseppe non fece quello che era in
dovere di fare e quindi intervenne Maria? Oppure il concetto di sottomissione
della donna che abbiamo noi non è precisamente lo stesso di quello biblico?
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6.
ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI:
Chi vive nella luce non cammina mai al buio. Noi dobbiamo camminare per
fede, perché solo così il Signore ci illumina la strada. Purtroppo all’interno
di una famiglia (e di una chiesa) non sempre i vari membri camminano insieme
all’unisono. Ci sono comunque alcune leggi da rispettare:
■ La legge dell’umiltà (Mt 18,4)
■ La legge degli scandali (Mt 18,6)
■ La legge del rispetto reciproco (Mt 18,10)
■ La legge della riconciliazione (Mt 18,15)
■ La legge del perdono (Mt 18,21s).
Chiediamoci: Che cosa vogliamo fare della nostra vita? Gesù dice chiaramente: «Seguimi!».
Il mondo intorno a noi è pieno di persone che soffrono e che non conoscono il
Signore.
Che osa vogliamo fare della nostra vita? Ci vogliamo mimetizzare come i
camaleonti? Vogliamo essere maldicenti? Vogliamo combattere il male facendo
altro male? O che altro?
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Genitori_di_Gesu_Car.htm
25-04-2007; Aggiornamento: 30-06-2010
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