Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Uniti nella verità

 

4. Varie

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Spiegazione delle rubriche

 

 

Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDIVIDUALISMO, LIBERTÀ E AUTORITÀ

NEL PROTESTANTESIMO

 

 di Irene Bitassi - Fernando De Angelis

 

Irene Bitassi

Fernando De Angelis

 

 

Irene Bitassi

 

Aprendo una qualsiasi rivista evangelica, facilmente ci si imbatterà in articoli che invitano alla sottomissione alle autorità civili e ai conduttori di chiesa. Probabilmente, se ne troverà anche qualcuno che se la prende con il moderno individualismo. Ciò è talmente frequente che sembra normale. In fondo, si dirà, cosa bisognerebbe aspettarsi da una rivista cristiana, se non l’invito a essere sottomessi e a vivere in armonia con gli altri?

     Se però ci si ferma a riflettere un attimo sulla nascita del movimento protestante, allora le cose non quadrano più così facilmente. Coloro che oggi invitano alla sottomissione un giorno furono ribelli, sia alla persona dell’imperatore, sia a quella del papa. Ed è forse un caso che l’individualismo nasca proprio nelle nazioni cristiane e non in quelle buddiste, per esempio?

     La parola «individualismo» viene generalmente usata con un’accezione negativa, per designare un atteggiamento di chiusura nei confronti della società e del prossimo, sostanzialmente come un sinonimo di egoismo. Tuttavia, se ci limitiamo alla sua accezione più larga di primato dell’individuo sulla società, forse dovremmo rivedere alcune posizioni.

     I primi semi di questo concetto di individualismo, infatti, si possono forse già trovare nell’Evangelo, in quel «Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» (Mt 22,17). Saldate i vostri conti con la società, poi sarete liberi di dedicarvi al vostro rapporto con Dio.

     E ancora in Matteo 5,11s si legge: «Beati sarete voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli» — qui l’invito è a non cedere alle pressioni sociali di ogni sorta, ma valutare la propria posizione davanti a Dio. Si dirà, giustamente, che nella Parola di Dio il parametro per resistere alla pressione sociale è comunque oggettivo ed esterno all’individuo. Ciò è vero, ma non bisogna trascurare che la valutazione della propria adesione a questo parametro non viene lasciata a nessuna autorità umana (ad esempio, alla guida dei conduttori), ma solo alla coscienza del credente.

     In questo senso, ancora più significativo è Matteo 23,8-10: «Ma voi non fatevi chiamare maestro, perché uno solo è il vostro maestro: il Cristo, e voi siete tutti fratelli. E non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è vostro Padre, colui che é nei cieli. Né fatevi chiamare guida, perché uno solo è la vostra guida: il Cristo». In due righe succinte Gesù fa piazza pulita di ogni cosiddetta autorità morale in maniera tanto radicale che noi ancora oggi con tutto il nostro scandaloso individualismo non siamo in grado di rispettare le sue indicazioni (non chiamiamo forse guide anziani e conduttori di chiesa?).

     La chiesa cattolica risolve il problema tra il singolo credente e la società ponendosi essa stessa alla guida e al controllo della coscienza. Così, di volta in volta, stabilisce parametri di comportamento in accordo, in scontro o in mediazione con la vita secolare. In ogni caso, il fedele non si trova mai a dover dare un giudizio personale su un dato comportamento, ma è sempre in armonia con le direttive di una società religiosa, anche quando si trova contro a quella civile.

     L’atteggiamento del protestantesimo, invece, è diverso alla radice, perché pone l’individuo nella possibilità di valutare con la propria coscienza ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Lutero dichiarò davanti alla dieta di Worms: «Finché non sarò contraddetto dalla Sacra Scrittura o dalla limpida ragione non posso né voglio sconfessare nulla, perché non è cosa giusta né prudente agire contro coscienza»; questa è una dichiarazione estremamente individualista e segna l’inizio di un’epoca, quella in cui il pensiero della singola persona diventa parametro della realtà. È vero che lo fece sottomettendosi alla Parola di Dio, ma ci volle una buona dose di sfrontatezza per pensare che la propria singola interpretazione del testo valesse più di quella di tutti i consigli ecumenici messi insieme, oltre a una stima molto grande di sé stessi. Soprattutto non bisogna sottovalutare l’effetto che la dottrina della libera interpretazione delle Scritture portò con sé: chiunque diventò soggetto attivo nell’indagine dei fatti (la Bibbia) e nella valutazione della realtà. Una posizione che ritroviamo nella rivoluzione scientifica e nella filosofia di Kant.

     Ma, oltre a questa rivoluzione, nella biografia di Lutero scopriamo in seguito anche quell’atteggiamento di chiusura, per non dire di vera e propria paura, per le conseguenze del proprio pensiero. Infatti, davanti all’esplodere incontrollato delle interpretazioni più stravaganti, Lutero dichiarò che bisognava attenersi alla sua dottrina, guadagnandosi il derisorio titolo di «Papa di Wittemberg». Poi, peggio, sempre più spaventato dalla piega degli eventi, sottomise il credente a un controllo totale dell’autorità civile con il risultato, in Germania, che purtroppo conosciamo.

     Leggendo articoli evangelici, l’impressione che a volte si ricava è che siamo ancora fermi lì: abbiamo fra le mani una libertà in potenza così eversiva che abbiamo paura a usarla, perciò preferiamo stilare la lista di tutte le autorità a cui sottomettere il credente, piuttosto che fidarci a lasciarlo alla sola guida dello Spirito Santo. Ma ciò facendo rischiamo di cadere nel ridicolo di lamentarci e condannare come frutto malvagio del mondo proprio quell’individualismo e quella libertà di coscienza che sono all’origine del movimento protestante.

     Anni fa chiesi (credetemi, senza intenti polemici!) a un conduttore di chiesa in base a che cosa pretendeva che io gli stessi sottomessa, visto che lui stesso non era stato sottomesso all’autorità del prete e del vescovo quando si era convertito al protestantesimo. Sto ancora aspettando una risposta convincente. [Irene Bitassi]

 

 

Fernando De Angelis ▲

 

Cara Irene, sono cosciente di non avere tutte le qualifiche adatte per risponderti (per esempio, non sono un conduttore di chiesa), ma siccome mi hai inviato questo scritto, non voglio sottrarmi dall’esprimerti a caldo i pensieri che mi hai stimolati. Le tue riflessioni le condivido largamente e sulle tante questioni che sollevi si potrebbero versare fiumi di inchiostro. Per non dilungarmi all’infinito, perciò, mi concentrerò su pochi punti e cercando di essere telegrafico.

     Credo che un pensiero sia tanto più forte quanto più è «inclusivo», cioè quanto più riesce a integrare aspetti apparentemente contraddittori. Perciò uno dei tuoi punti che ho più apprezzato è dove citi Matteo 22,17, che integra e regola l’obbedienza a Dio e a Cesare.

     Nelle schede sulla Storia abbiamo notato come Lutero avviò un processo che poi si sviluppò altrove, formalizzandosi stabilmente negli Stati Uniti. Lì, per esempio, si è armonizzata la libertà con la sottomissione (nello Stato come in genere nelle chiese) attraverso il sistema del «patto», con il quale alcune persone aderiscono liberamente a un progetto che poi li vincola, ma solo in determinati aspetti correlati al fine propostosi. Insomma, l’individuo si sottomette a una legge che prima sottoscrive liberamente e che poi può concorrere a modificare.

     Quando un italiano diventa di fede evangelica, resta in larga parte di cultura cattolica e, se va bene, trasformerà completamente la sua cultura nel corso di non pochi anni. Di fatto, perciò, anche nelle chiese evangeliche certi schemi cattolici (a volte attenuati, altre volte accentuati) appaiono «naturali», sia ai conduttori che a coloro che sono (e desiderano essere) condotti. Andare controcultura è una fatica costante come andare controcorrente e, se non si fa niente o si fa poco, ci si ritrova senza accorgersene nel mare della cattolicità. Un mare che comunque non disprezzo, non solo perché in fondo quasi ognuno è infedele a modo suo, ma anche perché è da lì (e non dal nulla) che è venuto Lutero ed è lì che ho per la prima volta potuto acquistare la Parola di Dio scritta. Poi da quella base ho cercato di elevarmi più vicino a Dio (e ne ringrazio gli evangelici ai quali mi sento di appartenere), ma bisogna essere coscienti che, ad alzarsi sopra il livello del mare, si corre sempre il rischio di ripiombare sott’acqua! Grazie a Dio e niente orgoglio, perciò, finché scampiamo dal pericolo.

     Rendersi conto di come le chiese purtroppo sono e di come dovrebbero essere rappresenta un momento di partenza necessario, ma la contestazione più efficace e utile a tutti non è quella della sterile protesta, quanto quella di costruire qualcosa di alternativo e più valido: se ce n’è data la forza.

     Riguardo alla risposta che attendi, mettendomi nei panni di un conduttore di chiesa, mi verrebbe di dirti: «Cara sorella, io non pretendo e non cerco una sottomissione come quella al papa. Ho semplicemente assunto un incarico nella chiesa perché mi è stato chiesto dagli altri e cerco di essere utile a tutti. Se a te risulto di ostacolo, me ne dispiace e mi sforzerò, per quanto possibile, di essere io sottomesso a te». Perché penso che la sottomissione sia come l’amore: hanno senso solo se c’è una gara a chi si dona di più. Gesù esercitò il massimo dell’autorità perché fu anche il massimo del donarsi: «E io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32).

 

Aggiornamento: 03-05-07

 

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