L'unzione degli infermi è un tema alquanto discusso e controverso. Le opinioni
divergono alquanto al riguardo. C'è chi afferma che era qualcosa solo per quei
tempi. Altri vedono nell'olio consacrato a tal riguardo un'energia sacramentale.
Altri ancora vedono nell'associata «preghiera della fede» una specie di «potere»
che Dio avrebbe dato ai conduttori. Da non dimenticare l'ottica carismaticista
dell'unzione. E così via.
Nella comunità di Sandro Bertone stanno discutendo sull’unzione
degli infermi. Egli mi ha chiesto un chiarimento. Mi ha mandato anche una serie
d’interventi, lasciati da lui anonimi, d’altri credenti. Affronterò prima questi
ultimi e poi darò una risposta d’orientamento, basata sul testo biblico.
Sul
soggetto dell’unzione mi pare che più che indagare cosa hanno detto la varie
confessioni, valga la pena di verificare subito quello che la Scrittura
neotestamentaria c’insegna.
Nel passo di Giacomo vediamo il malato che probabilmente capisce
spiritualmente che la sua malattia può essere connessa con uno stato di
peccato presente o pregresso. In questo caso chiede l’unzione e la preghiera da
parte degli Anziani. Condizioni necessarie:
■ 1. Comprensione di questo legame da parte del malato
■ 2. Desiderio e convinzione di confessare i peccati
■ 3. Promessa di non cadere più nel peccato
■ 4. Sottomissione all’autorità degli Anziani
■ 5. Convinzione e fede degli Anziani che pregano per
il malato.
Mi sembra che questo sia ciò che la Scrittura dice (gli altri pensino ciò che
vogliono). Se il caso di data sorella rientra in questi punti, gli Anziani o chi
per essi avranno il dovere d’ottemperare a questo mandato. […] {29-10-2007}
2.
{Nicola Martella}
▲
■ Trovo nobile che si cerchino le risposte
soprattutto nella Scrittura, cosa che faccio anch’io prima di tutto.
Poiché però, sebbene la rivelazione delle cose sia evidente nella Scrittura, ma
non sempre la comprensione d’esse per noi credenti, non si deve scartare a
priori la possibilità d’informarci su che cosa pensino gli altri di tali cose.
Il confronto sulla base della Scrittura è fonte di comprensione,
maturazione e crescita.
■ Viene sostenuta la tesi, secondo cui nel brano di
Giacomo 5 «il malato… capisce spiritualmente che la sua malattia può
essere connessa con uno
stato di peccato presente o pregresso». Devo confessare che analizzando il
testo non si dice nulla di tutto ciò in modo chiaro ed esplicito. Il rischio è
quello che, proiettando tali tesi nel testo, poi uno la «ritrova» e pretende
così d’intendere il testo. Per quello che capisco della Bibbia, non conosco
nessun brano in cui un credente affermi che la sua malattia attuale sia
«connessa con uno stato di peccato presente o pregresso»! Questa era la tesi
degli «amici» di Giobbe, ma egli l’avversò decisamente. Era anche la tesi dei
discepoli circa il cieco nato, ma Gesù non avvallò qui la cosiddetta «dottrina
del contraccambio».
■ Quindi tra le «condizioni necessarie» decade
il punto «comprensione di questo legame da parte del malato». La «promessa di
non cadere più nel peccato» è irrealizzabile ed è in contrasto col fatto che,
sebbene non vogliamo vivere nella carne (Rm 8,9; Fil 3,3s), pur essendo noi in
essa (2 Cor 10,3; Gal 2,20; Fil 1,22.24; 1 Pt 4,2), la vecchia natura coabita in
noi (Rm 6,6.11ss vecchio uomo crocifisso, ma non annullato; 7,22s; Fil 4,22ss
vecchio uomo da spogliare come abitudine e da sostituire) e non possiamo
prendere impegni solenni di «non cadere più nel peccato» (1 Gv 1,8ss).
■ All’interno dell’evento pastorale sono giusti
«desiderio e convinzione di confessare i peccati» come pure la «sottomissione
all’autorità degli Anziani» (invece di pellegrinare da un «unto» a un altro più
«potente»). Da soli non sono però «condizioni necessarie» perché Dio guarisca
con l’unzione, poiché non è la guarigione l’obiettivo principale di Gcm 5,14ss.
Lo stesso vale per la «convinzione e fede degli Anziani che pregano per il
malato»: la loro nobile fiducia in Dio non basta perché Dio debba guarire
qualcuno, poiché Dio rimane sovrano comunque e perché, come detto, il fine del
brano di Gcm 5 non è la guarigione fisica di per sé.
■ Tutta la discussione è stata mossa da una credente
affetta da sordità, che spera mediante l’unzione di riacquistare la funzione
dell’udito. Visto che le argomentazioni si basano su di ciò, bisogna ribadire
che Gcm 5 non è un brano specifico per ottenere tale effetto… neppure se
verranno adempiute tutte le «condizioni» avanzate. Il presunto «dovere»
ventilato per «gli Anziani o chi per essi» di «ottemperare a questo mandato»,
sarà certamente deluso, se si pensa che la guarigione sia il fine di Gcm 5 e
che, esaudendo tali «condizioni», ciò debba accadere. Dio non entrerà mai nelle
nostre condizioni, essendo sovrano. E poi Dio guarisce a modo suo: o dalla
malattia o nella
malattia.
Per l’approfondimento cfr. Nicola Martella, «Guarigione e Bibbia»,
Dizionario delle medicine alternative,
Malattia e guarigione 2 (Punto°A°Croce, Roma 2003), pp.
213-217; cfr. qui anche gli articoli: «Cura pastorale», pp. 115-119;
«Imposizioni della mani e Bibbia», pp. 247-250; «Patologie e Bibbia», pp.
420-425.
3.
{Beta, ps.}
▲
Di
fronte a una richiesta di «unzione» da parte di chi vive una qualche infermità
ho riflettuto su come mi muoverei io.
Per prima cosa inviterei gli anziani a spiegare al
richiedente, tramite un primo colloquio, la biblicità dell’unzione, che è una
richiesta a Dio e non un atto magico, che è per la salute del malato, non solo
fisica ma anche psichica e spirituale, che non è messa in discussione la sua
fede (semmai di chi fa la preghiera della fede cioè gli anziani), che è una
situazione di confessione di peccati di fronte ad altri fratelli che sono
innanzitutto gli anziani. Se il richiedente è d’accordo si può estendere
l’invito a chi viene ritenuto capace partecipare all’incontro, dando il suo
contributo mantenendo riservatezza su questioni altamente private, insomma
persone di cui il richiedente si fida.
L’incontro di preparazione è propedeutico al fatto che
è necessaria una riflessione sui peccati da confessare, proprio perché è
scritto: «Confessate i vostri falli gli uni agli altri e pregate gli uni per
gli altri» (Gcm 5,16). Da quello che intendo dalla Bibbia ci sono tre grossi
gruppi di peccati: ▪ 1) Contro Dio = idolatria (culto mariano, culto ai santi
ovvero negromanzia, occultismo, oroscopo ecc.); ▪ 2) Contro se stesso =
fornicazione (sessualità fuori dal matrimonio, pornografia ecc.); ▪ 3) Contro
gli altri = peccati sociali (cosa ho fatto di male e a chi, furti,
danneggiamenti, malvagità ecc.). La persona confesserà il suo peccato e
dichiarerà la sua volontà d’allontanarsi dai medesimi e in più perdonerà chi
avrà commesso contro di lei/lui determinati peccati, infatti è un peccato anche
il fatto di non perdonare.
Proporrei un incontro informale, in chiesa o anche in
una casa cioè un ambiente comodo, pronto ad accogliere anche lacrime o la
necessità di fare tardi. Vedrei bene anche digiunare, per chi lo vuole. Dopo la
confessione, gli anziani ungeranno con un po’ d’olio la persona e pregheranno
per lei prendendo autorità su di lei e sulla malattia. Penso che potrebbero
pregare anche le persone che hanno seguito la confessione. Questo è un po’ in
generale quello che penso, tratto da esperienze personali e da ciò che desumo
dalla Bibbia. {30-10-2007}
4.
{Nicola Martella}
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■ Il colloquio preventivo sulla biblicità
dell’unzione è cosa positiva, se si ha chiaro in mente che cosa essa sia
veramente in senso biblico. Ma se si parte fin dall’inizio «che è per la
salute del malato», si viziano già le premesse. Poi far dipendere l’esito
paventato (la guarigione?) dalla preghiera della fede o meno degli anziani,
sposta l’obiettivo di Gcm 5 e pone qualche neo (involontario) sulla sovranità di
Dio.
■ La classificazione dei tre tipi di peccati è
interessante ai fini della cura pastorale, per qualunque caso si tratti. Sebbene
la confessione dei peccati del reo e la supplica a Dio dei conduttori sia cosa
molto importante all’interno di ogni tipo di cura pastorale — se si
presume però a priori che l’obiettivo dell’unzione sia la guarigione del
credente confessante, il risultato sarà una grande delusione! Dio non
guarisce il credente solo perché confessa i suoi peccati e qualcuno (qui i
conduttori) fanno supplica per lui. Paolo (2 Cor 12,7-10), Timoteo (1 Tm 5,23) e
altri (2 Tm 4,20) avevano delle patologie, senza che avessero peccati da
confessare! Anch’io sarei spacciato con la mia microcitemia ed altro!
■ La proposta sull’incontro informale con
annessi e connessi è buona per ogni cura d’anime. Il fine è qui discutibile.
Se il primo bottone è messo male, il risultato è immaginabile. Se ci si
aspetta che «dopo la confessione» e dopo che «gli anziani ungeranno con un po’
d’olio la persona e pregheranno per lei», possano così prendere «autorità su di
lei e sulla malattia», prenderanno un grande abbaglio, se si basano su Gcm
5,14ss. Il fine di questo brano non è primariamente ciò.
5.
{Gamma, ps.}
▲
Credo che «promessa di non cadere più nel peccato», di cui si è parlato, si
debba intendere: impegnarsi con l’aiuto del Signore a vivere una vita santa.
Certamente costui peccherà ancora perché, è per natura
un peccatore ma, se peccherà, lo farà involontariamente e per la debolezza della
sua carne. Quando peccherà, confesserà il suo peccato e il Signore che lo
perdonerà.
Quando il malato chiamerà gli anziani della chiesa,
sarà una persona che rispecchia i seguenti punti.
■ Ha confessato i suoi peccati al Signore e ricerca la
comunione con Lui.
■ Non chiamerà gli anziani per cercare di salvare la
pelle, ma perché lo aiutino e siano con lui/lei nella prova.
■ Il suo interesse primario sarà quello d’essere a
posto davanti a Dio e non quello di guarire.
■ Se avrà quest’atteggiamento sarà propenso a
confessare (se c’è) il proprio peccato agli anziani.
■ Sarà pronto a sottomettersi al possibile «no» di Dio.
■ Solo allora gli anziani, preso atto di questa
condizione, ungeranno il malato e pregheranno per lui/lei.
■ Gli anziani pregheranno con la certezza che il
Signore darà la pace e la forza al malato, per attraversare la prova.
■ Se il Signore vorrà potrà guarirlo/la dalla malattia,
ma non è tenuto a farlo.
Questo è quello che penso al riguardo, anche perché
l’ho sperimentato in prima persona. {31-10-2007}
6.
{Nicola Martella}
▲
■ L’impegno con l’aiuto del Signore a vivere una vita
santa è cosa giusta e vale sempre e comunque per il cristiano. Perciò non può
essere ridotto solo all’evento pastorale. Giustamente Paolo asseriva con onestà
e realismo: «Perché il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non
voglio, quello faccio.
20Ora, se ciò che non voglio è quello che faccio, non sono più io che
lo compio, ma è il peccato che abita in me. 21Io mi trovo dunque
sotto questa legge: che volendo io fare il bene, il male si trova in me. 22Poiché
io mi diletto nella legge di Dio, secondo l’uomo interno; 23ma vedo
un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente, e
mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra» (Rm
7,19-22). Certo questo non diventò per lui un alibi, poiché poi parlò della
tecnica spirituale di svestite (mortificare, mettere fuori uso) il vecchio uomo
e di rivestire l’uomo nuovo (o vivere nello Spirito).
■ I punti elencati sono abbastanza buoni. Ma si
premette subito che sia un «malato» (e spesso si presume con una malattia
fisica, come nel caso che si vuol trattare di sordità) a chiamare gli anziani
della chiesa. Perciò si sottintende che il fine di tale chiamata (e di Gcm
5,14ss) sia la guarigione. È positivo quando afferma che «il Signore darà la
pace e la forza al malato, per attraversare la prova». Anche l’ultimo punto
preserva l’insindacabile sovranità di Dio ed è da apprezzare.
7.
{Sandro Bertone}
▲
Caro Nicola, scrivo a te perché hai dato prova d’essere un interlocutore serio,
competente, disponibile e disposto al dialogo e al chiarimento. La nostra
Assemblea è una fucina d’opportunità di chiarimento... Una sorella giovane ha da
diversi ani una patologia che riguarda l’udito, esattamente non ricordo di cosa
si tratti, e ha chiesto l’unzione degli infermi per la sua guarigione. Io non
sono per nulla esperto in materia e ho cercato di capire cosa si debba fare in
questi casi, cosa facciano ad esempio le altre confessioni religiose, quale sia
la dottrina delle Assemblee dei Fratelli di cui facciamo parte. Tu hai qualche
idea in merito o suggerimento da darci? {29-10-2007}
8.
{Nicola Martella}
▲
Sul tema dell’unzione degli infermi ci sono vari estremismi, ad esempio:
▪ 1) Sacramentalizzare un atto ecclesiale, attribuendo all’olio consacrato
proprietà energetiche; ▪ 2) Ignorare completamente tale pratica; ▪ 3) Riempire i
termini biblici con contenuti estranei; ▪ 4) Interpretare i dati biblici con
pratiche carismaticiste.
1. L’ANALISI TESTUALE: Per
prima cosa facciamo bene a tradurre radicalmente il testo, poiché dalle
traduzioni vigenti nascono una serie di problemi.
«Qualcuno è debole fra voi? Chiami a sé gli anziani
dell’assemblea; e preghino essi sopra di lui e lo ungano d’olio nel nome del
Signore. 15E la preghiera della fede proteggerà lo spossato, e il
Signore lo ristabilirà; e se egli ha commesso dei peccati, gli verranno
perdonati. 16Confessate dunque le trasgressioni gli uni agli altri e
pregate gli uni per gli altri, affinché guariate; molto può la supplica del
giusto nella sua efficacia» (Gcm 5,14ss).
Si noti dapprima che il testo è formulato in maniera
tipicamente semita e la catena delle congiunzioni è abbastanza inconsueta e poco
attinente per la sensibilità linguistica del mondo greco. Anche il termine
«anziani» (presbyteroi) invece che «conduttori» (episkopoi
«sorveglianti») rimanda a una pratica del cristianesimo giudaico.
Nel v. 14 tradurre «essere malato» prevarica la
comprensione. Il verbo
astheneō significa «essere debole»; il termine «infermo» nel senso di «non
fermo, malfermo» è corretto, ma oggigiorno è subito abbinato a una malattia
fisica.
Nel v. 15. ricorre il termine kámnonta, che è
participio di kámnō
«essere stanco»; questo termine era usato anche per i moribondi e addirittura
per i morti (cfr. similmente il termine «dormire» 1 Cor 15,18.20; 1 Ts 4,13).
L’interpretazione di tale brano è almeno duplice.
■ Normale cura pastorale: Qui non si tratta
primariamente d’una malattia fisica, ma d’indefinita debolezza e spossatezza. Il
fine della «preghiera della fede» degli anziani è olistico, ossia
abbraccia l’intera persona: il ristabilimento da parte di Dio e il perdono dei
peccati per loro intercessione. Il v. 16 è da intendere in tale senso
all’interno dell’evento pastorale: il rei confessa le loro trasgressioni («gli
uni») e gli anziani («gli altri») intercedono per i primi. Ciò
permetterà di guarire; qui il verbo è quello tecnico, usato anche in medicina,
iáomai «guarire» nel senso di «rimettersi, riacquistare la salute»; «affinché
voi guariate» intende qui un processo.
■ Ora estrema: Alcuni studiosi leggono qui
astheneō «essere debole» e kámnonta «spossato» nel senso di
moribondo, quindi di credente prossimo alla morte. La morte come debolezza,
stato simile al sonno e condizione di «ombra», è ricorrente nella Bibbia (cfr.
Is 14,9; v. 10: «Anche tu dunque sei diventato debole come noi?»; 26,19).
In tal caso, il fine della «preghiera della fede» degli anziani è la
protezione del moribondo in vista della sua morte. L’espressione «e il
Signore lo ristabilirà» è intesa come «e il Signore lo farà rialzare»
nel senso lo ridesterà, risusciterà. Il verbo
eghéirō permette quest’interpretazione. Quindi, l’intercessione degli
anziani avrebbe qui in vista la protezione al cospetto della morte (sōzei
è futuro di sōzō «proteggere, soccorrere, salvare») e in vista della
risurrezione. È in tal senso una preparazione al trapasso, in vista del quale
viene vista necessaria da parte del moribondo la confessione accompagnata dei
propri peccati e trasgressioni (magari nascosti e indicibili) e l’intercessione
mirata degli anziani, affinché con la loro supplica sostengano il moribondo nel
mettere tutte le cose a posto dinanzi a Dio. Il v. 16 lascia aperta la
possibilità che, dopo tale processo, il moribondo — a causa dell’efficace «supplica
del giusto» — possa ancora «rimettersi, riacquistare la salute».
Concludendo l’analisi del brano, bisogna affermare quanto segue.
■ 1. Il brano è tipico della normale cura pastorale
degli anziani
nella propria assemblea; ciò è un monito per coloro che scavalcano i propri
conduttori e peregrinano da un «unto» a un altro.
■ 2. Dal brano non si può dedurre che lo scopo
principale sia la
guarigione di malattie. Esso è invece il ristabilimento globale della
persona, e ciò può avvenire guarendo Dio dalla malattia o guarendo
nella malattia. Chi mette l’enfasi su una guarigione fisica, può essere
drammaticamente deluso, nel caso in cui Dio decide altrimenti. Qui allora
verranno gettate ombre, secondo i casi: ▪ 1) Su Dio che come infermo non m’ama
abbastanza; ▪ 2) Sugli anziani che non sono abbastanza «potenti», «unti» o
«uomini di Dio»; ▪ 3) Sul soggetto infermo che non ha avuto abbastanza fede o ha
ancora peccati nascosti e indicibili.
■ 3. Bisogna prendere anche in seria considerazione che
si tratti di un’unzione dei moribondi in vista del trapasso, sebbene si
spera che il Signore possa ancora far rimettere il malfermo. Non si può
escludere a priori questo aspetto, solo perché altri ne hanno abusato in senso
sacramentale.
Per il resto dei problemi pastorali, rimando alla mia seguente opera: Nicola
Martella,
Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996).
2. PRASSI DI CURA D’ANIME:
Accludo a questo punto una testimonianza. All’inizio dell’opera della chiesa qui
in loco, Bernardo Oxenham e io ci siamo trovati dinanzi a casi del genere. Non
avevamo molta esperienza e la nostra analisi biblica si basava su quanto
leggevamo nel testo di Gcm 5 a nostra disposizione (Riveduta, ecc.). Ecco alcune
considerazioni al riguardo.
■ Quando ungemmo un fratello, perché affetto di cancro,
ebbi subito la convinzione che Dio non voleva guarirlo. Nonostante ciò l’evento
pastorale fu una preparazione spirituale al trapasso. Lo stesso accadde per una
cara sorella.
■ Un fratello doveva essere operato ai calcoli, ma
l’operazione
stranamente fu rimandata. Ci recammo da lui e procedemmo secondo Gcm 5.
Quando fece delle nuove analisi, prima d’essere operato, non c’era più niente e
fu dimesso. Una decina d’anni dopo, fu operato però per lo stesso problema.
■ Dalle radiografie della figlia di questo fratello
risultava una «macchia» al cervello. Ci recammo da loro e procedemmo secondo Gcm
5 con la bambina. Alla nuova analisi, tale «macchia» non c’era più.
La domanda che resta in questi due casi è questa: Tutto ciò è avvenuto perché
abbiamo unto le persone col l’olio? Non ne sono proprio sicuro. Se non avessimo
usato l’unzione sarebbe accaduto qualcosa? Penso che Dio non dipenda da ciò. «La
tua fede t’ha salvato», ricorre spesso negli Evangeli. Dio però rimane
sovrano e non dipende dalla fede né del ministrante né del ricevente.
Nella mia attività di cura d’anime, ho visto persone
essere liberate dal Signore da fastidi diabolici, ossessione, possessione e
anche da malattie connesse a questioni occultistiche e carismaticiste (p.es.
depressione). Tutto ciò è successo all’interno dell’evento pastorale, senza
unzione alcuna, sulla base della confessione dei peccati al Signore, della
sottomissione alla sua signoria, di una preghiera di rinuncia,
dell’intercessione del curatore e del ringraziamento fiducioso che Dio ha agito.
Tutto ciò mi convince che Gcm 5,14ss sia primariamente
un brano pastorale, il cui fine sia il ristabilimento di chi crede da parte del
Signore e non primariamente la guarigione fisica. È chiaro che dove avviene la
cura pastorale, Dio agisce comunque: guarisce la mente, lo spirito, i rapporti
(verso Dio, se stesso e gli altri), libera la coscienza dal peso della colpa,
sana le relazioni incrinate dal peccato, porta una nuova prospettiva delle cose
e una nuova consacrazione. Io chiamerei tutto ciò «guarigione nella malattia»,
sebbene Dio sia sovrano di guarire anche dalla malattia. La grande guarigione è
però escatologica: la risurrezione dei morti (1 Cor 15,42) o la trasformazione
istantanea dei corpi dei credenti ancora viventi (1 Ts 4,15.17).
[...] Per quanto riguarda l’unzione, mi ricordo dei primi passi nel ministero
del fratello Smith Wiglesworth, che essendo stato chiamato per pregare sul suo
primo malato, non aveva l’idea di quanto olio sarebbe servito per l’unzione, e
v’andò con una grossa bottiglia. Il malato venne ampiamente oleato, e anche
guarito, ma il fratello Smith capì che la guarigione non era sulla qualità o
quantità dell’olio, ma «sulla preghiera della fede». Poi mi piace come la Bibbia
dice, che «nel caso» abbia commesso qualche peccato, quello gli verrà perdonato.
Un po’ come agiva Gesù, che portava con la guarigione
del fisico, anche il ristoro spirituale. Giovanni il battista chiamava al
pentimento, ma non mi pare che fosse uso di Gesù andare dalla gente e chiedere
prima di confessare i propri peccati e poi Lui li avrebbe guariti. Lui perdonava
e basta, a motivo dell’atto di fede che le persone facevano credendo nella sua
capacità di guarirli.
Penso che molte volte i cristiani si dimenticano
d’essere stati perdonati e nati di nuovo per un atto di misericordia
completamente gratuito, proprio come quel servo graziato d’un debito impagabile,
che prende per il collo un suo debitore — non usando la stessa misericordia
appena ricevuta.
La Bibbia ci dice d’appianare le strade, di renderle
facilmente percorribili a quelli che sono instabili, e non di fare della grazia
ricevuta in modo immeritato un vanto cedibile a caro prezzo.
Il cammino con Dio è semplice, fatto di misericordia e
servizio, e gli umili vedranno Dio e la sua potenza. Se andiamo a pregare per
chi è stanco, ammalato, depresso o moribondo con profonda passione, amore e
genuinità, senza volerci gloriare d’un risultato che non può essere frutto della
nostra capacità, vedremo la Parola e la promessa di Dio diventare vivente
davanti ai nostri occhi. {02-11-2007}
Io ricordo che, quando ero bambina (ora m’avvicino ai sessantatre anni),
parlando con un signore che era venuto a casa nostra, avevo detto qualcosa a
proposito d’un nostro conoscente che aveva da poco ricevuto la cosiddetta
«estrema unzione», e avevo espresso la convinzione che presto sarebbe arrivata
la notizia della sua morte. Ma il mio interlocutore reagì vivacemente facendo
spallucce: «Io l’ho ricevuta tre volte», mi disse.
In realtà la prassi d’amministrazione del sacramento è cambiata, nella Chiesa
cattolica, in seguito al Concilio Ecumenico voluto dal papa Giovanni XXIII (anni
Sessanta del 20° secolo).Tanto per cominciare essa non si chiama più «estrema
unzione», ma «sacramento degli infermi». Il Catechismo della Chiesa Cattolica
recita al riguardo:
■ «1514. L’Unzione degli infermi non è il sacramento soltanto di coloro che sono
in fin di vita, perciò il tempo opportuno per riceverlo si ha quando il fedele,
per malattia o per vecchiaia, incomincia a essere in pericolo di morte».
■ «1515. […] È opportuno ricevere l’Unzione degli infermi prima d’un intervento
chirurgico rischioso. lo stesso vale per le persone anziane la cui debolezza
s’accentua».
Nella nostra Chiesa
è invalso già da diversi anni anche l’uso di somministrare il sacramento in modo
comunitario, durante la celebrazione d’una messa e dopo aver avvertito i fedeli
qualche giorno prima. Io mi sono trovata due volte ad assistere a celebrazioni
di questo genere (in giorni feriali) e ho visto una lunga fila di persone,
anziane o soltanto ammalate, approssimarsi al celebrante. Naturalmente le
persone che non sono in grado d’uscire di casa devono richiedere la visita del
prete al proprio domicilio. {09-11-2007}
Carissimo Nicola,
ti scrivo per dare un piccolo contributo riguardo alla discussione sull’unzione
dei malati. Mi sembra che il brano di Giacomo 5 parli effettivamente di
condizioni peccaminose come detto dal fratello «Alfa». Infatti, ritengo che il
v. 15 vada tradotto come concessiva («nonostante») invece d’ipotetica («se»). Da
notare che la proposizione immediatamente successiva inizia con «dunque
confessate». Questo non significa che le malattie siano necessariamente
conseguenze d’una malattia, né tantomeno che questo brano abbia lo scopo
d’essere un manuale del «come compiere opere di guarigione». L’autore vuole
richiamare i destinatari a «non litigare e fare la guerra» (4,1-2), a
«purificare le loro mani» perché peccatori (4,8), a «non sparlare» (4,11),
eccetera. E se Dio ha usato la mano forte per richiamarli a una vita santa, non
devono farsi vincere dallo sconforto, in quanto il Signore è sempre pronto a
«liberare, condonare» il peccato.
Condivido pienamente il tuo parere sulla sovranità di Dio, ma Gcm 5 invita al
ravvedimento in quanto questa malattia è per il ravvedimento. Infatti, gli
anziani sono chiamati a svolgere il loro compito accettando di perdonare
(liberare dai peccati che hanno coinvolto in qualche modo la chiesa?).
{22-11-2007}