Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Escatologia 1

 

Prassi di chiesa

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Norme di fair-play

 

 

Questa opera contiene senz’altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:
■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?
■ I morti nell’aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?
■ I bimbi morti dove vanno?
■ Se nessuno sa il giorno e l’ora dell’avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?
■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?
■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?
■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?
■ Quando risusciteranno i credenti dell’AT?
■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?
■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?
■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?
■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?
■ I morti si riconoscono nell’aldilà?
■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?
■ Eccetera...

 

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Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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TOGLIETE IL MALVAGIO DA VOI STESSI! PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Un lettore mi aveva chiesto una esegesi dettagliata di 1 Corinzi 5,12s, cosa che ho fatto con l’articolo «Togliete il malvagio da voi stessi (1 Corinzi 5)». Non ho mancato di contestualizzare tale brano nella problematica dell’intero capitolo. Per ben interpretare il testo in esame, abbiamo tradotto dapprima al meglio 1 Corinzi 5,11ss: «Ora, però, v’ho scritto di non avere relazioni, se qualcuno che, chiamatosi fratello, sia un fornicatore, o un avido, o un idolatra, o un ingiuriatore, o un ubriacone, o un ladro; con un tale non [dovete] neppure mangiare. [12] Infatti, che ho io da giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? [13] Quelli di fuori li giudicherà Dio. Metterete il malvagio fuori di voi stessi!».

     Ho mostrato pure che la falsa tolleranza dei credenti di Corinto aveva permesso che una situazione di fornicazione si incancrenisse alquanto. Alla fine dell’articolo abbiamo affermato che prevenire con la sorveglianza sul gregge, con il corretto insegnamento e con la cura pastorale è sempre meglio di dover poi estirpare il male con interventi drastici. Importante è pure distinguere i veri fratelli in Cristo da quelli falsi, ossia da coloro che vivono nel peccato come stile di vita e affermano di essere seguaci di Gesù Messia.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Pietro Calenzo

2. Salvatore Paone

3. Michele Attruia

4. Gianni Siena

5. Pietro Calenzo

6. Andrea Belli

7. Nicola Martella

8.

9.

10.

11.

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Pietro Calenzo}

 

Al di là di ciò che affermano alcuni gruppi di frangia, cercando di far passare, per avvalorare particolari vedute, la chiesa di Corinto era effettivamente in una situazione disastrosa. Certamente il capitolo quinto di tale lettera sottolinea tale cruda realtà. In primo luogo Paolo apostolo, cita il caso del credente incestuoso, il quale al di là di ciò che era persino mal tollerato e scandaloso tra i Greci e vietato ai Romani (e dalla Legge dell’AT), focalizza le sue riprensioni su tutta l’assemblea di Corinto, in particolar modo sui conduttori, che tolleravano al loro interno tale lievito e tale abominio. Forse la moglie del padre era vedova, forse ella si era separata dal padre; in ogni caso, la vergogna dell’incestuoso aveva fatto un tale clamore che essa era nota anche al di fuori della cerchia cristiana. Paolo infatti non ha bisogno di nominare il colpevole, tutto è già noto a tutti (a loro vergogna).

     È da sottolineare che Paolo agisce con l’autorità e nel nome del Signore Gesù Cristo e come se fosse presente effettivamente a presiedere l’assemblea di Corinto. La pena inflitta, al fine se possibile di salvare l’anima, è che l’incestuoso di Corinto sia allontanato dalla comune radunanza, nel mondo; lo scopo è che il contatto con tale mondo, dove Satana è il dominatore, lo faccia rinsavire, ricordandogli tutte le benedizioni, alle quali si sottraeva, e i pericoli anche corporali che lo attendevano.

     Ora, le ammonizioni o le riprensioni dell’amato apostolo Paolo non si fermano a questo caso specifico. Come dichiarato sia in questa lettera, sia nella precedente andata perduta, Paolo, sempre con l’autorità e nel nome di Gesù il Cristo, ordina non tollerare all’interno della radunanza coloro che spandono il «vecchio lievito»; ciò si riferiva probabilmente falsi profeti o falsi apostoli giudaizzanti, che stavano inficiando la dottrina della sola grazia. Probabilmente il caso più eclatante dell’incestuoso non era l’unico a turbare e preoccupare Paolo; infatti l’apostolo continua e ordina di non aver alcun rapporto fraterno con coloro che, pur denominandosi fratelli, siano di fatto: fornicatori, dediti al vino, idolatri o ladri. Con siffatti pseudo fratelli non si deve neppure mangiare insieme, e devono essere espulsi dalla chiesa, affinché non inquinino con la loro condotta da miscredenti tutto il rimanente dell’assemblea. Essi dovevano togliere il malvagio di mezzo a loro. Ricordo che Paolo parlava con l’autorità e nel nome di Gesù. Possa la chiesa contemporanea seguire tali insegnamenti dettati direttamente dallo Spirito Santo per mezzo dello stilo dell’apostolo Paolo. Benedizioni nel santo nome di Gesù. {07-03-2011}

 

 

2. {Salvatore Paone}

 

1. Uno dei peccati più gravi nella chiesa di Corinto era appunto la fornicazione (l’uomo che si teneva la moglie del padre). Questo implicò un serio e severo provvedimento da parte di Paolo, cioè quello di espellerlo dalla comunità: «Sia dato in man di Satana per la rovina della carne [o perdizione della carne], affinché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù».

     In Corinto vi erano diversi problemi e peccati, si erano formati vari «partiti» all’interno della comunità, vi erano problemi di gnosticismo esoterico, matrimoni misti; insomma, a un certo punto, è come se Paolo si rifiutasse di continuare il suo apostolato in quella città; ma il Signore gli disse che aveva un gran popolo in quella città e l’apostolo proseguì il suo lavoro. Dopo, nella seconda lettera, vediamo che le cose si mettono a posto anche per il ragazzo, che si teneva la moglie del padre.

     Credo che tale versetto «Togliete il malvagio di mezzo a voi» (1 Cor 5,13) in certe circostanze sia efficace per riportare il «nato di nuovo» su i suoi passi. Tuttavia, non dimentichiamoci la cura pastorale, quando avvengono dei problemi all’interno delle chiese; non dimentichiamoci di esercitare l’amore fraterno per chi cade nel peccato e di accogliere il debole. Il tutto si faccia con semplicità e amore, allo scopo di recuperare il nostro fratello. Questo è il mio pensiero. Un abbraccio nel Signore. {08-03-2011}

 

2. Leggendo e rileggendo tale nota, devo cambiare un pochino il mio contributo iniziale, bisogna per coerenza distinguere i due casi: l’uomo, che si teneva la moglie del padre, e il malvagio in mezzo ai credenti. Nel secondo caso, è evidente che Paolo parla di un personaggio, che in realtà non è un rigenerato, ma al contrario è un falso fratello. Una decisione così drastica sarebbe scaturita dall’apostolo Paolo, allorquando avrebbe esaminato il caso con discernimento. Infatti la sua decisione fu presa con piena autorità, perché tale uomo aveva dimostrato di essere un incredulo e per di più un fomentatore di divisioni.

     Nel caso dell’uomo, che sui teneva la moglie del padre, è evidente che Paolo decide drasticamente di mandarlo fuori: «Il suo corpo sia dato in man di Satana, affinché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore». Tali parole danno per scontato che tale uomo era un rigenerato, ma era preso purtroppo da questa debolezza. Le parole di Paolo erano espresse così a scopo di recuperarlo affinché lasciasse il peccato e se ne vergognasse; e così fu. {10-03-2011}

 

 

3. {Michele Attruia}

 

Contributo: Continuare ad avere in mezzo a noi chi vive nel peccato, è di scandalo per quelli di fuori, che ci osservano; perciò bisogna toglierlo di mezzo a noi come insegna Paolo. Questa è la mia interpretazione di questo pensiero. Tuttavia, oggi che il mondo (quelli di fuori) è indifferente e non si scandalizza più di niente, non sarebbe meglio prendersi cura di un tale peccatore, invece di cacciarlo via e cercare di recuperarlo senza tollerarlo, ossia senza tollerare la sua condizione. Che dite? {08-03-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): La nostra misura per l’etica e gli interventi morali nella comunità non dev’essere il «mondo», sia che sia indifferente al peccato o che si scandalizzi per esso; dobbiamo attenerci ai precetti divini per la chiesa. Si può recuperare soltanto colui che, caduto nel peccato suo malgrado, si avvede del proprio peccato e se ne ravvede, smettendo di praticarlo. È difficile recuperare chi vive nel peccato come stile di vita, pur chiamandosi «fratello», ed è insensibile ai richiami della Parola di Dio. Le mele marce, se non allontanate dalla cassetta, presto infetterà e farà marcire tutte le altre.

     Non bisogna essere troppo drastici verso chi è caduto nel peccato, ma si è pentito di cuore; egli necessita di misericordia e prontezza al recupero. Non bisogna essere indulgenti verso il malvagio, che persevera nella trasgressione; il suo stile di vita peccaminoso può essere contagioso.

 

 

4. {Gianni Siena}

 

Contributo: Ho letto la questione posta dal lettore e, alla luce di 1 Corinzi, dov’è citato «togliete il malvagio» (il fornicatore citato), l’espressione significava «separare» dalla comunità il peccatore sino a un possibile evento.

     Quando una persona pecca e mantiene una rispettabile «facciata», se la chiesa lo viene a sapere, deve agire contro il trasgressore risolutamente e con la severità dettata dal caso. Così fece Paolo, che ingiunse alla comunità di radunarsi e sanzionare il reo, separandolo dalla comunione fraterna. Questo non significa bandirlo fisicamente dalla comunità, ma solo limitare la sua relazione con la chiesa: non pregare, non testimoniare, non essere salutato, entrare o uscire nel locale senza «incrociare» gli altri... E la chiesa resta in attesa.

     Se l’uomo non accetta, vuol dire che non ha più relazione con il Signore; se (anche a malincuore) accetta, c’è speranza che si ravveda; nessuno è perfetto. Allora, la riprensione della maggioranza avrà avuto effetto: occorrerà armarsi di gentilezza e comprensione (= non «giustificazione») cristiane per risollevarlo. La tristezza della separazione dalla famiglia di Dio è una punizione sufficiente. Paolo stesso, aggiunge: «...gli perdono anch’io». Il rischio di scoraggiare un’anima è ben presente, tutti sono vulnerabili nel commettere un peccato grossolano; la santità è un elemento essenziale della vita comunitaria, ma l’estremo di essa (bigottismo ipocrita) è la tomba della vita spirituale (2 Cor 2,5-11). {08-03-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Vedo che Gianni Siena, come già Salvatore Paone sopra, prende per scontato che 1 Corinzi 5 e 2 Corinzi 2 trattino lo stesso caso, ma ciò è improbabile. Da questo assunto segue poi il resto. In 1 Corinzi 5 si trattava di un «malvagio» che si considerava (o era considerato) «fratello», ma in effetti aveva uno stile di vita contrario alla dottrina; tale furfante era da allontanare. In 2 Corinzi 2 si trattava di qualcuno, che aveva attaccato Paolo, poi era stato rimproverato dalla comunità; tale peccatore era da recuperare e riaccettare. Se si mischiano le carte, allora si arriva ad altre conclusioni, come «non significa bandirlo fisicamente dalla comunità». Casa e chiesa era allora un tutt’uno e gli incontri avvenivano nelle case, luogo di vita, di lavoro, di comunione, di amicizia, di mangiare insieme e di culto. Paolo chiese ai credenti il fornicatore (1 Cor 5,5) e ogni falso fratello (v. 11) fossero banditi da tutta loro vita (vv. 11.13). Una loro conversione era auspicabile, ma non scontata; intanto bisognava preservare la chiesa e la testimonianza.

 

 

5. {Pietro Calenzo}

 

Penso che un punto essenziale da comprendere, nel caso di 1 Corinzi 5, come in tutto il resto delle Scritture, è focalizzare al meglio ciò che afferma l’apostolo Paolo, divinamente ispirato da Dio. Tale peccatore impenitente (l’incestuoso) doveva essere decisamente e subitaneamente essere messo fuori comunione, poiché lo scandaloso comportamento di quest’ultimo non solo era tollerato (o forse ignorato, chissà!?) dai responsabili dell’assemblea di Corinto, ma tale nefasta condotta non trovava eguali nemmeno tra i pagani corinzi. Rammento che in quei tempi, Corinto era un grande porto, e il termine «corinteggiare» esprimeva il sollazzamento della carne con prostitute o il dedicarsi alla soddisfazione erotica della carne senza alcun controllo. Eppure l’apostolo Paolo afferma che anche i pagani erano esterrefatti dal caso dell’incestuoso di Corinto. Il lievito era tracimato dal contesto ecclesiale, e probabilmente l’insolenza dei cristiani corinzi era arrivato a un punto estremamente pericoloso e di pessima testimonianza persino agli occhi dei pagani. In tale ottica, ben si comprende, l’agire dell’apostolo Paolo, che presiedendo in spirito l’assemblea, e nel nome e con l’autorità di Gesù Cristo, ordinava di espellere dalla comunione fraterna il credente, che tanto fango stava spargendo sulla assemblea locale.

     Rimarco, anche, ciò che il fratello Martella ha ben specificato: la contestualità della vita cultuale con quella sociale o familiare. Per tali ragioni, tale credente (o pseudo tale) andava rimosso dal Corpo di Cristo, Ovviamente la finalità di tale sofferta decisione, mirava non solo alla salvezza dell’anima dell’incestuoso, ma anche a un suo eventuale recupero. La chiesa di Cristo non è una più o meno accentuata forma di democrazia, ma è una teocrazia, dove l’unico Signore e Padrone è Gesù il Messia e dove i ministri e anche tutti i credenti debbono rendergli conto della loro testimonianza pubblica e privata. Il Signore ci benedica. Shalom. {09-03-2011}

 

 

6. {Andrea Belli}

 

Personalmente voglio fare tre considerazioni molto semplici, basate sul testo di 1 Corinzi 5. Innanzitutto Paolo tratta di un caso specifico, ovvero di uno che diceva di essere un fratello e si teneva la moglie del padre. Tale atto era così scandaloso che «nemmeno fra i pagani si era mai sentita una cosa simile». Dall’altra parte abbiamo una chiesa tollerante e che probabilmente addirittura dava ragione a questo fornicatore. Ecco perché più avanti Paolo dice: «Il vostro vanto non è buono. Un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta». Allora riflettiamo: come agisce il lievito? Corrompendo appunto la pasta buona. Come può avvenire tale corruzione in ambito spirituale ed ecclesiale? Non solo per il peccato in sé, ma ad esempio se il peccatore in questione agisce subdolamente, avanzando le sue errate giustificazioni e cercando di «contaminare» gli altri credenti. Io credo che in questo caso, quando si è davanti a un peccatore impenitente, che cerca di corrompere gli altri, deve essere necessariamente allontanato ed espulso.

     Tuttavia vi è anche il caso di colui che sa di sbagliare, che sente il dolore di non essere in comunione con Cristo e la chiesa, ma non ha la forza per uscirne. Non è una giustificazione, ma se lui sa di sbagliare e la chiesa non è per niente influenzata, anzi concorde con la disciplina attuata dagli anziani, non sussiste il pericolo della corruzione. Anzi, in questo caso, per chi è nel peccato è un bene ascoltare la Parola di Dio anche con forza e veemenza. In tale caso io credo che l’espulsione dalla comunità sia controproducente, in quanto io impedirei un diritto sacrosanto: quello di ascoltare la Parola di Dio, che ha il potere di spezzare l’orgoglio e portare veramente a ravvedimento. Inoltre la sanzione di Paolo sulla «rovina della carne» mi pare che vada presa letteralmente, ovvero che Satana poteva attaccare il fornicatore nel fisico, quindi con la malattia e anche con la morte, se Dio l’avesse permesso.

     Se invece si parla di falso fratello, che ha l’intento di corrompere, di sviare, di deviare, di portare anche scompiglio, allora è necessaria l’espulsione, in quanto con quel suo gesto dimostra di essere animato da ben altri sentimenti.

     Io ho sempre in mente il passo di Giacomo: «Fratelli miei, se qualcuno tra di voi si svia dalla verità e uno lo riconduce indietro, costui sappia che chi avrà riportato indietro un peccatore dall’errore della sua via salverà l’anima del peccatore dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati» (Gcm 5,19s). Una chiesa locale deve fare di tutto per «far tornare indietro un fratello che si è sviato», prima di tutto all’ascolto della Parola. {09-03-2011}

 

 

7. {Nicola Martella}

 

Bisogna distinguere l’esegesi contestuale del brano e le riflessioni dedotte sulla necessità della cura pastorale e sull’opportunità dell’espulsione dalla vita della chiesa. Chi ha letto attentamente l’articolo, si è reso conto che esiste dapprima il caso del fornicatore, che si teneva la donna del padre (chiaramente non era sua madre, ma una concubina o seconda moglie; può darsi che la prima moglie fosse morta). Poi segue l’applicazione analogica per chiunque si chiamasse «fratello», pur vivendo diversamente da un cristiano. Nella conclusione Paolo parlò del «malvagio», quindi non di chi era caduto accidentalmente nel peccato, ma di chi aveva tale stile di vita.

     Un caso di recupero di un altro credente, dopo aver applicato la disciplina della chiesa e il rimprovero della maggioranza, si trova in 2 Corinzi 2. La riaccettazione nella comunione concise con il perdono collettivo verso il reo. Quindi, la cura pastorale e il recupero dei penitenti sono fuori dubbio; tuttavia ciò non deve inficiare la corretta comprensione di 1 Corinzi 5, dove tale eventualità non era contemplata, poiché furono trattati casi stili di vita da malvagi, di impenitenza e di pericolo per l’etica comunitaria. Il «dare in man di Satana» era la massima forma della disciplina di chiesa, dopo l’avvertimento, il rimprovero pubblico e l’espulsione.

     Una nota al margine: non esiste «un diritto sacrosanto… di ascoltare la Parola di Dio», ma solo un dovere sacrosanto di praticarla con timor di Dio. Inoltre, chi vuole uscire dal peccato e non riesce, necessita di cura pastorale specifica da parte dei conduttori. In tali casi, una «quarantena» dalla chiesa locale e un’intensa cura d’anime sono la cosa migliore; è qui che deve ascoltare la Parola di Dio specifica al proprio caso. Chiaramente per «far tornare indietro un fratello che si è sviato», egli deve volerlo e deve volersi sottomettere alla volontà di Dio.

     Quindi, possiamo parlare di recupero e di cura pastorale verso coloro, che sono deboli nella fede o sono caduti, loro malgrado, nel peccato. Tuttavia, ciò non deve inficiare la corretta interpretazione di 1 Corinzi 5. È di questa che parliamo qui.

 

 

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12. {Vari e brevi}

 

Assunto Cecere Palazzo: Vengono vestiti di pecore, ma dentro sono come lupi feroci. {07-03-2011}

Fortuna Fico: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore!” entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» [Mt 7,21]. «Poiché chiunque avrà fatto la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello e sorella e madre» (Mt 12,50). {07-03-2011}

 

Stefania Paolini: Bisogna necessariamente stare lontani anche dall’apparenza del male, perché è pericoloso contaminarsi. È assolutamente importante vivere una vita quotidiana sana e corretta, cioè bramare la santità e la consacrazione. In questo mondo corrotto dal peccato è indispensabile l’eccellenza, che fa la differenza. Sforziamoci con l’aiuto di Dio, amen. Egli conosce ogni desiderio del nostro cuore. {11-03-2011}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Togliete_malvagio_Esc.htm

08-03-2011; Aggiornamento: 11-03-2011

 

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