Un lettore mi
aveva chiesto una esegesi dettagliata di 1 Corinzi 5,12s, cosa che ho fatto con
l’articolo «Togliete
il malvagio da voi stessi (1 Corinzi 5)». Non ho mancato di
contestualizzare tale brano nella problematica dell’intero capitolo.
Per ben interpretare il testo in
esame, abbiamo tradotto dapprima al meglio 1 Corinzi 5,11ss: «Ora,
però, v’ho scritto di non avere relazioni, se qualcuno che, chiamatosi fratello,
sia un fornicatore, o un avido, o un idolatra, o un ingiuriatore, o un
ubriacone, o un ladro; con un tale non [dovete] neppure mangiare. [12] Infatti,
che ho io da giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? [13]
Quelli di fuori li giudicherà Dio. Metterete il malvagio fuori di voi stessi!».
Ho mostrato pure che la falsa tolleranza dei credenti di Corinto aveva
permesso che una situazione di fornicazione si incancrenisse alquanto. Alla fine
dell’articolo abbiamo affermato che prevenire con la sorveglianza sul
gregge, con il corretto insegnamento e con la cura pastorale è sempre meglio di
dover poi estirpare il male con interventi drastici. Importante è pure
distinguere i veri fratelli
in Cristo da quelli falsi, ossia da coloro che vivono nel peccato come stile di
vita e affermano di essere seguaci di Gesù Messia.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
(E-mail)
Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli
firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito
può dare uno pseudonimo, se richiesto.
I contributi sul tema
▲
(I
contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I
contributi attivi hanno uno sfondo bianco)
Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante
1. {Pietro
Calenzo}
▲
Al di là di ciò che
affermano alcuni gruppi di frangia, cercando di far passare, per avvalorare
particolari vedute, la chiesa di Corinto era effettivamente in una
situazione disastrosa. Certamente il capitolo quinto di tale lettera sottolinea
tale cruda realtà. In primo luogo Paolo apostolo, cita il caso del credente
incestuoso, il quale al di là di ciò che era persino mal tollerato e
scandaloso tra i Greci e vietato ai Romani (e dalla Legge dell’AT), focalizza le
sue riprensioni su tutta l’assemblea di Corinto, in particolar modo sui
conduttori, che tolleravano al loro interno tale lievito e tale abominio. Forse
la moglie del padre era vedova, forse ella si era separata dal padre; in
ogni caso, la vergogna dell’incestuoso aveva fatto un tale clamore che essa era
nota anche al di fuori della cerchia cristiana. Paolo infatti non ha bisogno di
nominare il colpevole, tutto è già noto a tutti (a loro vergogna).
È da sottolineare che Paolo agisce con l’autorità e nel nome del Signore Gesù
Cristo e come se fosse presente effettivamente a presiedere l’assemblea di
Corinto. La pena inflitta, al fine se possibile di salvare l’anima, è che
l’incestuoso di Corinto sia allontanato dalla comune radunanza, nel
mondo; lo scopo
è che il contatto con tale mondo, dove Satana è il dominatore, lo faccia
rinsavire, ricordandogli tutte le benedizioni, alle quali si sottraeva, e i
pericoli anche corporali che lo attendevano.
Ora, le ammonizioni o le riprensioni dell’amato apostolo Paolo non si fermano a
questo caso specifico. Come dichiarato sia in questa lettera, sia nella
precedente andata perduta, Paolo, sempre con l’autorità e nel nome di Gesù il
Cristo, ordina non tollerare all’interno della radunanza coloro che
spandono il «vecchio lievito»; ciò si riferiva probabilmente falsi
profeti o falsi apostoli giudaizzanti, che stavano inficiando la dottrina della
sola grazia. Probabilmente il caso più eclatante dell’incestuoso non era l’unico
a turbare e preoccupare Paolo; infatti l’apostolo continua e ordina di non aver
alcun rapporto fraterno con coloro che, pur denominandosi fratelli, siano di
fatto: fornicatori, dediti al vino, idolatri o ladri. Con siffatti pseudo
fratelli non si deve neppure mangiare insieme, e devono essere espulsi
dalla chiesa, affinché non inquinino con la loro condotta da miscredenti tutto
il rimanente dell’assemblea. Essi dovevano togliere il malvagio di mezzo
a loro. Ricordo che Paolo parlava con l’autorità e nel nome di Gesù. Possa la
chiesa contemporanea seguire tali insegnamenti dettati direttamente dallo
Spirito Santo per mezzo dello stilo dell’apostolo Paolo. Benedizioni nel santo
nome di Gesù. {07-03-2011}
2. {Salvatore
Paone}
▲
1. Uno dei
peccati più gravi nella chiesa di Corinto era appunto la fornicazione
(l’uomo che si teneva la moglie del padre). Questo implicò un serio e severo
provvedimento da parte di Paolo, cioè quello di espellerlo dalla comunità:
«Sia dato in man di Satana per la rovina della carne [o perdizione della
carne], affinché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù».
In Corinto vi erano diversi problemi e peccati, si erano formati vari
«partiti» all’interno della comunità, vi erano problemi di gnosticismo
esoterico, matrimoni misti; insomma, a un certo punto, è come se Paolo si
rifiutasse di continuare il suo apostolato in quella città; ma il Signore gli
disse che aveva un gran popolo in quella città e l’apostolo proseguì il suo
lavoro. Dopo, nella seconda lettera, vediamo che le cose si mettono a posto
anche per il ragazzo, che si teneva la moglie del padre.
Credo che tale versetto «Togliete il malvagio di mezzo a voi»
(1 Cor 5,13) in certe circostanze sia efficace per riportare il «nato di nuovo»
su i suoi passi. Tuttavia, non dimentichiamoci la cura pastorale, quando
avvengono dei problemi all’interno delle chiese; non dimentichiamoci di
esercitare l’amore fraterno per chi cade nel peccato e di accogliere il debole.
Il tutto si faccia con semplicità e amore, allo scopo di recuperare il
nostro fratello. Questo è il mio pensiero. Un abbraccio nel Signore.
{08-03-2011}
2. Leggendo
e rileggendo tale nota, devo cambiare un pochino il mio contributo iniziale,
bisogna per coerenza distinguere i due casi: l’uomo, che si teneva la
moglie del padre, e il malvagio in mezzo ai credenti. Nel secondo caso, è
evidente che Paolo parla di un personaggio, che in realtà non è un rigenerato,
ma al contrario è un falso fratello. Una decisione così drastica sarebbe
scaturita dall’apostolo Paolo, allorquando avrebbe esaminato il caso con
discernimento. Infatti la sua decisione fu presa con piena autorità, perché tale
uomo aveva dimostrato di essere un incredulo e per di più un fomentatore di
divisioni.
Nel caso dell’uomo, che sui teneva la moglie del padre, è evidente che
Paolo decide drasticamente di mandarlo fuori: «Il suo corpo sia dato in man
di Satana, affinché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore». Tali
parole danno per scontato che tale uomo era un rigenerato, ma era preso
purtroppo da questa debolezza. Le parole di Paolo erano espresse così a scopo di
recuperarlo affinché lasciasse il peccato e se ne vergognasse; e così fu.
{10-03-2011}
3. {Michele
Attruia}
▲
■ Contributo:
Continuare ad avere in mezzo a noi chi vive nel peccato, è di scandalo
per quelli di fuori, che ci osservano; perciò bisogna toglierlo di mezzo a noi
come insegna Paolo. Questa è la mia interpretazione di questo pensiero.
Tuttavia, oggi che il mondo (quelli di fuori) è indifferente e non
si scandalizza più di niente, non sarebbe meglio prendersi cura di un tale
peccatore, invece di cacciarlo via e cercare di recuperarlo senza tollerarlo,
ossia senza tollerare la sua condizione. Che dite? {08-03-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): La nostra
misura per l’etica e gli interventi morali nella comunità non dev’essere il
«mondo», sia che sia indifferente al peccato o che si scandalizzi per esso;
dobbiamo attenerci ai precetti divini per la chiesa. Si può recuperare soltanto
colui che, caduto nel peccato suo malgrado, si avvede del proprio peccato
e se ne ravvede, smettendo di praticarlo. È difficile recuperare chi vive nel
peccato come stile di vita, pur chiamandosi «fratello», ed è insensibile ai
richiami della Parola di Dio. Le mele marce, se non allontanate dalla cassetta,
presto infetterà e farà marcire tutte le altre.
Non bisogna essere troppo drastici verso chi è caduto nel peccato, ma si
è pentito di cuore; egli necessita di misericordia e prontezza al recupero. Non
bisogna essere indulgenti verso il malvagio, che persevera nella
trasgressione; il suo stile di vita peccaminoso può essere contagioso.
4. {Gianni
Siena}
▲
■
Contributo: Ho letto la questione posta dal
lettore e, alla luce di 1 Corinzi, dov’è citato «togliete il malvagio»
(il fornicatore citato), l’espressione significava «separare» dalla
comunità il peccatore sino a un possibile evento.
Quando una persona pecca e mantiene una rispettabile «facciata», se la
chiesa lo viene a sapere, deve agire contro il trasgressore risolutamente e con
la severità dettata dal caso. Così fece Paolo, che ingiunse alla comunità di
radunarsi e sanzionare il reo, separandolo dalla comunione fraterna.
Questo non significa bandirlo fisicamente dalla comunità, ma solo
limitare la sua relazione con la chiesa: non pregare, non testimoniare, non
essere salutato, entrare o uscire nel locale senza «incrociare» gli altri... E
la chiesa resta in attesa.
Se l’uomo
non accetta, vuol dire che non ha più relazione con il Signore; se (anche a
malincuore) accetta, c’è speranza che si ravveda; nessuno è perfetto.
Allora, la riprensione della maggioranza avrà avuto effetto: occorrerà
armarsi di gentilezza e comprensione (= non «giustificazione») cristiane per
risollevarlo. La tristezza della separazione dalla famiglia di Dio è una
punizione sufficiente. Paolo stesso, aggiunge: «...gli perdono anch’io».
Il rischio di scoraggiare un’anima è ben presente, tutti sono vulnerabili nel
commettere un peccato grossolano; la santità è un elemento essenziale della vita
comunitaria, ma l’estremo di essa (bigottismo ipocrita) è la tomba della vita
spirituale (2 Cor 2,5-11). {08-03-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Vedo che Gianni
Siena, come già Salvatore Paone sopra, prende per scontato che 1 Corinzi 5 e 2
Corinzi 2 trattino lo stesso caso, ma ciò è improbabile. Da questo
assunto segue poi il resto. In 1 Corinzi 5 si trattava di un «malvagio»
che si considerava (o era considerato) «fratello», ma in effetti aveva uno stile
di vita contrario alla dottrina; tale furfante era da allontanare. In 2
Corinzi 2 si trattava di qualcuno, che aveva attaccato Paolo, poi era stato
rimproverato dalla comunità; tale peccatore era da recuperare e riaccettare. Se
si mischiano le carte, allora si arriva ad altre conclusioni, come «non
significa bandirlo fisicamente dalla comunità». Casa e chiesa era
allora un tutt’uno e gli incontri avvenivano nelle case, luogo di vita, di
lavoro, di comunione, di amicizia, di mangiare insieme e di culto. Paolo chiese
ai credenti il fornicatore (1 Cor 5,5) e ogni falso fratello (v. 11) fossero
banditi da tutta loro vita (vv. 11.13). Una loro conversione era
auspicabile, ma non scontata; intanto bisognava preservare la chiesa e la
testimonianza.
5. {Pietro
Calenzo}
▲
Penso che un punto
essenziale da comprendere, nel caso di 1 Corinzi 5, come in tutto il resto delle
Scritture, è focalizzare al meglio ciò che afferma l’apostolo Paolo, divinamente
ispirato da Dio. Tale peccatore impenitente (l’incestuoso) doveva essere
decisamente e subitaneamente essere messo fuori comunione, poiché lo
scandaloso comportamento di quest’ultimo non solo era tollerato (o forse
ignorato, chissà!?) dai responsabili dell’assemblea di Corinto, ma tale nefasta
condotta non trovava eguali nemmeno tra i pagani corinzi. Rammento che in
quei tempi, Corinto era un grande porto, e il termine «corinteggiare»
esprimeva il sollazzamento della carne con prostitute o il dedicarsi alla
soddisfazione erotica della carne senza alcun controllo. Eppure l’apostolo Paolo
afferma che anche i pagani erano esterrefatti dal caso dell’incestuoso di
Corinto. Il lievito era tracimato dal contesto ecclesiale, e
probabilmente l’insolenza dei cristiani corinzi era arrivato a un punto
estremamente pericoloso e di pessima testimonianza persino agli occhi dei
pagani. In tale ottica, ben si comprende, l’agire dell’apostolo Paolo,
che presiedendo in spirito l’assemblea, e nel nome e con l’autorità di Gesù
Cristo, ordinava di espellere dalla comunione fraterna il credente, che
tanto fango stava spargendo sulla assemblea locale.
Rimarco, anche, ciò che il fratello Martella ha ben specificato: la
contestualità della vita cultuale con quella sociale o familiare. Per tali
ragioni, tale credente (o pseudo tale) andava rimosso dal Corpo di Cristo,
Ovviamente la
finalità di tale sofferta decisione, mirava non solo alla salvezza
dell’anima dell’incestuoso, ma anche a un suo eventuale recupero. La
chiesa di Cristo non è una più o meno accentuata forma di democrazia, ma è una
teocrazia, dove l’unico Signore e Padrone è Gesù il Messia e dove i ministri e
anche tutti i credenti debbono rendergli conto della loro testimonianza
pubblica e privata. Il Signore ci benedica. Shalom. {09-03-2011}
6. {Andrea
Belli}
▲
Personalmente
voglio fare tre considerazioni molto semplici, basate sul testo di 1
Corinzi 5. Innanzitutto Paolo tratta di un caso specifico, ovvero di uno
che diceva di essere un fratello e si teneva la moglie del padre. Tale atto era
così scandaloso che «nemmeno fra i pagani si era mai sentita una cosa simile».
Dall’altra parte abbiamo una chiesa tollerante e che probabilmente
addirittura dava ragione a questo fornicatore. Ecco perché più avanti Paolo
dice: «Il vostro vanto non è buono. Un po’ di lievito fa lievitare
tutta la pasta». Allora riflettiamo: come agisce il lievito? Corrompendo
appunto la pasta buona. Come può avvenire tale corruzione in ambito spirituale
ed ecclesiale? Non solo per il peccato in sé, ma ad esempio se il peccatore in
questione agisce subdolamente, avanzando le sue errate giustificazioni e
cercando di «contaminare» gli altri credenti. Io credo che in questo caso,
quando si è davanti a un peccatore impenitente, che cerca di corrompere gli
altri, deve essere necessariamente allontanato ed espulso.
Tuttavia vi è anche il caso di colui che sa di sbagliare, che sente il dolore di
non essere in comunione con Cristo e la chiesa, ma non ha la forza per
uscirne. Non è una giustificazione, ma se lui sa di sbagliare e la chiesa
non è per niente influenzata, anzi concorde con la disciplina attuata dagli
anziani, non sussiste il pericolo della corruzione. Anzi, in questo caso, per
chi è nel peccato è un
bene ascoltare la Parola di Dio anche con forza e veemenza. In tale caso
io credo che l’espulsione dalla comunità sia controproducente, in quanto
io impedirei un diritto sacrosanto: quello di ascoltare la Parola di Dio,
che ha il potere di spezzare l’orgoglio e portare veramente a ravvedimento.
Inoltre la sanzione di Paolo sulla «rovina della carne» mi pare che vada
presa letteralmente, ovvero che Satana poteva attaccare il fornicatore nel
fisico, quindi con la malattia e anche con la morte, se Dio l’avesse permesso.
Se invece si parla di falso fratello, che ha l’intento di corrompere, di
sviare, di deviare, di portare anche scompiglio, allora è necessaria
l’espulsione, in quanto con quel suo gesto dimostra di essere animato da ben
altri sentimenti.
Io ho sempre in mente il passo di Giacomo: «Fratelli miei, se qualcuno tra di
voi si svia dalla verità e uno lo riconduce indietro, costui sappia che
chi avrà riportato indietro un peccatore dall’errore della sua via salverà
l’anima del peccatore dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati»
(Gcm 5,19s). Una chiesa locale deve fare di tutto per «far tornare indietro
un fratello che si è sviato», prima di tutto all’ascolto della Parola.
{09-03-2011}
7. {Nicola
Martella}
▲
Bisogna
distinguere l’esegesi contestuale del brano e le riflessioni dedotte sulla
necessità della cura pastorale e sull’opportunità dell’espulsione dalla vita
della chiesa. Chi ha letto attentamente l’articolo, si è reso conto che esiste
dapprima il caso del fornicatore, che si teneva la donna del padre
(chiaramente non era sua madre, ma una concubina o seconda moglie; può darsi che
la prima moglie fosse morta). Poi segue l’applicazione analogica per
chiunque si chiamasse «fratello», pur vivendo diversamente da un cristiano.
Nella conclusione Paolo parlò del «malvagio», quindi non di chi era caduto
accidentalmente nel peccato, ma di chi aveva tale stile di vita.
Un caso di recupero di un altro credente, dopo aver applicato la
disciplina della chiesa e il rimprovero della maggioranza, si trova in 2 Corinzi
2. La riaccettazione nella comunione concise con il perdono collettivo verso il
reo. Quindi, la cura pastorale e il recupero dei penitenti sono fuori dubbio;
tuttavia ciò non deve inficiare la corretta comprensione di 1 Corinzi 5,
dove tale eventualità non era contemplata, poiché furono trattati casi stili di
vita da malvagi, di impenitenza e di pericolo per l’etica comunitaria. Il «dare
in man di Satana» era la massima forma della disciplina di chiesa, dopo
l’avvertimento, il rimprovero pubblico e l’espulsione.
Una nota al margine: non esiste «un diritto sacrosanto… di ascoltare la
Parola di Dio», ma solo un dovere sacrosanto di praticarla con timor di Dio.
Inoltre, chi vuole uscire dal peccato e non riesce, necessita di cura
pastorale
specifica da parte dei conduttori. In tali casi, una «quarantena» dalla chiesa
locale e un’intensa cura d’anime sono la cosa migliore; è qui che deve ascoltare
la Parola di Dio specifica al proprio caso. Chiaramente per «far tornare
indietro un fratello che si è sviato», egli deve volerlo e deve volersi
sottomettere alla volontà di Dio.
Quindi, possiamo parlare di recupero e di cura pastorale verso coloro, che sono
deboli nella fede o sono caduti, loro malgrado, nel peccato. Tuttavia, ciò
non deve inficiare la corretta interpretazione di 1 Corinzi 5. È di questa
che parliamo qui.
8. {}
▲
9. {}
▲
10. {}
▲
11. {}
▲
12. {Vari
e brevi}
▲
■
Assunto Cecere Palazzo:
Vengono vestiti di pecore, ma dentro sono come lupi feroci. {07-03-2011}
■
Fortuna Fico: «Non
chiunque mi dice: “Signore, Signore!” entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli» [Mt 7,21]. «Poiché chiunque avrà
fatto la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello e sorella e madre»
(Mt 12,50). {07-03-2011}
■
Stefania Paolini: Bisogna
necessariamente stare lontani anche dall’apparenza del male, perché è pericoloso
contaminarsi. È assolutamente importante vivere una vita quotidiana sana e
corretta, cioè bramare la santità e la consacrazione. In questo mondo corrotto
dal peccato è indispensabile l’eccellenza, che fa la differenza. Sforziamoci con
l’aiuto di Dio, amen. Egli conosce ogni desiderio del nostro cuore. {11-03-2011}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Togliete_malvagio_Esc.htm
08-03-2011; Aggiornamento: 11-03-2011 |