Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Escatologia 1

 

Etica

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

Questa opera contiene senz’altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:
■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?
■ I morti nell’aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?
■ I bimbi morti dove vanno?
■ Se nessuno sa il giorno e l’ora dell’avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?
■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?
■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?
■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?
■ Quando risusciteranno i credenti dell’AT?
■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?
■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?
■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?
■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?
■ I morti si riconoscono nell’aldilà?
■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?
■ Eccetera...

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE VITA E TESTAMENTO BIOLOGICO? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Vincenzo Russillo

2. Gianni Siena

3. Massimiliano Fellini

4. Nicola Martella

5. Salvatore Paone

6. Tommaso Failla

7.

8.

9.

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Fine vita e testamento biologico», a cui ho cercato di dare un taglio esclusivamente scritturale.

     Siamo partiti dalla distinzione dei termini eutanasia (oggigiorno si distingue in attiva e passiva), «fine vita» e «testamento biologico». Curiosa è sempre la formazione dei termini tecnici, come ad esempio «testamento biologico». Quando ne ho parlato con mia moglie, che è tedesca, lei non capiva il senso di «testamento biologico». Glielo tradussi in tedesco, non letteralmente ma dinamicamente, con il termine tecnico tedesco «Disposizione del paziente» (Patientenverfügung), allora capì subito. Tuttavia, mi ha detto: «Non capisco che cosa abbia di “biologico” un “testamento”, tanto più che esso ha a che fare con il periodo prossimo alla morte di una persona e non col dopo». Certo siamo abituati a considerare il «testamento» una disposizione di volontà ultima, in genere riguardo a ciò, che succede del corpo e dei beni di una persona dopo la sua morte (lascito, eredità). In ogni modo per «testamento biologico» si intende l’attestazione della propria volontà di paziente riguardo agli interventi clinici da effettuare nello stato di fine vita, nel caso si perda la potestà di intendere e di volere.

     Preferisco perciò un altro termine tecnico molto più chiaro per tutti: «Dichiarazione anticipata di trattamento». È interessante il termine inglese «Living will» (volontà [da] vivente). Esistono anche altre designazioni come «volontà previe di trattamento», «testamento di vita» e «direttive anticipate». Qualunque sia il termine, la sostanza non cambia, intendendo «l’espressione della volontà da parte di una persona (testatore), fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non intende accettare nell’eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte (consenso informato) per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione» (Wikipedia; rimando a questo articolo per i dettagli, sebbene sia troppo cattolico-centrici per gli aspetti religiosi).

     L’esegeta, essendo minatore della sacra Scrittura, sa quando è il caso di dire: «Non lo posso sapere dal punto di vista esegetico, poiché la Scrittura non ne parla». Detto questo, per trovare una risposta compatibile con la parola di Dio, riguardo a una certa tematica in esame cercherà di tracciare un orizzonte biblico molto ampio, in cui poi porre tale questione particolare. Nel nostro caso abbiamo parlato del valore della vita e del senso della morte nell’AT e nel NT. Inoltre, si servirà dell’analogia biblica; ad esempio, poiché non si parla di dipendenza da droga nella Bibbia, attingerà per analogia dalla dipendenza da un’altra sostanza: l’alcool. Nel caso specifico abbiamo rimandato alle riflessioni e alla discussione riguardo al tema «Suicidio di un cristiano».

     Gli altri aspetti e altri punti di vista confacenti al tema saranno certamente un arricchimento.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

 

 

1. {Vincenzo Russillo}

 

Contributo: Sicuramente i progressi scientifici hanno aperto nuove domande: «Quando è il momento di dire “basta”?». La medicina moderna può disporre di nuovi farmaci, nuove tecniche chirurgiche e di nuovi metodi diagnostici, di cui possono beneficiare innumerevoli pazienti. Tuttavia, non si può sicuramente evitare la morte.

     Le scelte dal punto di vista etico sono sicuramente difficili, quando si tratta di far sopravvivere una persona con mezzi artificiali. Si aprono molti scenari: «Quando si può stabilire che un malato sia terminale?». «Il cibo e l’acqua sono metodi per mantenere in vita una persona o solo mezzi per alimentare?».

     Da cristiano mi chiedo questo: «Abbiamo un diritto a morire?». «La vita appartiene a noi?». Paolo disse: «Poiché in lui viviamo, e ci moviamo, e siamo» (Atti 17,28). La nostra vita è un dono di Dio e appartiene a Lui (1 Corinzi 6,19-20).

     Come si fa a stabilire qual è il limite? Quanto una persona deve soffrire? Tornando alla domanda iniziare è possibile dire «basta»? L’Eterno ci ha creato come esseri pensanti, per poter comprendere le circostanze della nostra vita. Ci sarà un momento, in cui il processo di morte sarà irreversibile e dovremo tornare polvere (Genesi 3,19). Alla luce di queste considerazioni, si possono rifiutare interventi che non eviterebbero la morte, perché ormai dal punto di vista di medico la situazione è compromessa. Quanto al testamento biologico, si dovrebbero evitare tutte quelle situazioni, che prematuramente mettono fine alla vita di una persona.

     È chiaro che Dio è sovrano della nostra vita. Possiamo ben concordare con quello, che disse Giobbe: «Infatti, lo so, tu mi conduci alla morte, alla casa di convegno di tutti i viventi» (Giobbe 30,23). E altresì con ciò che afferma Salomone: «Non c’è uomo che abbia potere sul vento per poterlo trattenere, o che abbia potere sul giorno della morte» (Ecclesiaste 8,8a).

     Molte volte capita che la morte sia improvvisa (malattie, incidenti o altro) oppure ci si trova in situazioni di dolore. Ma un cristiano dovrebbe bene intendere alla luce della Bibbia che proprio nella sofferenza i piani di Dio si rivelano: «Nel giorno della prosperità godi del bene, e nel giorno dell’avversità rifletti» (Ecclesiaste 7,14).

     I piani di Dio sono perfetti ed Egli ha un piano per noi fino alla fine, questo deve essere un altro presupposto essenziale per prendere una decisione in questo campo.

     Certamente se una persona vive solo attraverso le macchine non è immorale spegnerle, poiché una persona può essere tenuta in vita senza interventi vari da Dio. I casi sono sempre variegati, poterlo stabilire in anticipo con un testamento o che questa decisione possa essere presa da una persona cara, qualora si è incapaci di scegliere da sé, è sempre difficile. Ciò che è saggio fare, è pregare il Signore, affinché si abbia il giusto discernimento: «Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio» (Giacomo 1,5). {28-03-2011}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Non intervengo nel merito. Faccio solo presente che esiste la sofferenza esistenziale, che proviene dalle avversità della vita o da un male interiore. Esiste però anche il dolore fisico nei casi estremi di patologia dovuto al fatto che il cervello non produce più abbastanza endorfina per compensarlo. Per questo, i malati terminali non sono più curati, ma soggetti alla «medicina del dolore», perché non soffrano le «pene d’inferno» nell’ultima fase delle loro vita.

 

 

2. {Gianni Siena}

 

Il tema è di una delicatezza «nevralgica». Personalmente condivido le prudenze della chiesa cattolica, relative alla cosiddetta «eutanasia»: rivelatasi come omicidio «terapeutico» mascherato dalla pietà (?).

     Ma mi sono spesso domandato se le persone costrette, dalla moderna «terapeutica» clinica, a sopravvivere in un oceano di sofferenze senza alleviamento non avessero il diritto di chiedere al medico di staccare la proverbiale «spina»!? La domanda è pertinente. Lungi dall’incoraggiare l’omicidio «terapeutico», in qualche caso la persona ha il diritto di morire in pace e porre fine alle sue sofferenze terrene.

     Il caso di Giorgio Welby è, forse, l’esempio più illustrativo: colpito da una paralisi progressiva dei muscoli in tutto il corpo, sarebbe morto molti anni prima. Mentre una macchina lo costringeva letteralmente a «vivere» e a soffrire in modo indicibile per altri vent’anni o più. Non era un credente (pare) ma voleva cessare di dipendere da quella macchina: la «vita», che le dava, era un’autentica, tormentosa e torturante schiavitù.

     Esistono persone, come Rosanna Benzi, che accettarono un’esistenza del genere e ne fecero fonte d’ispirazione e benedizione per chiunque le visitò. Si tratta di scelte personali, derivanti da una vocazione o da un diverso modo di vedere l’esistenza, il suo scopo e la sua utilità.

     Nessuno, però, dovrebbe sostituirsi ai diretti interessati. Lasciar «fare a Dio» (= in questo caso anche alla natura) rimane un diritto inalienabile della persona malata. Questo diritto non infrange il giuramento d’Ippocrate, non infrange il comandamento che proibisce l’assassinio; è il diritto di chi sentendo d’aver fatto il suo «corso», chiede di poter rendere a Dio la sua vita, senza che la scienza medica s’accanisca a prolungare un’esistenza, ormai giunta al traguardo.

     Dico queste cose pur sapendo di voler vivere a lungo e di non desiderare la morte. Vorrei che Gesù venisse a prendermi, trasformandomi in un istante; ma, serenamente, ho messo in conto di dover chiudere gli occhi e non vorrei ritardare l’incontro con il Signore, quando verrà per portarmi a Casa! {28-03-2011}

 

 

3. {Massimiliano Fellini}

 

Premesso che l’argomento è molto complesso e delicato da trattare, la mia umile opinione è la seguente. Ogni condizione di vita ha la ragione di essere. Determinate malattie sono penosissime per le persone, che si vedono coinvolte direttamente o indirettamente e doverle affrontare per le suddette persone è compito davvero gravoso; ma vi sono individui, che hanno assunto dinanzi a queste malattie un comportamento da veri cristiani, che donano il loro amore nel prendersi cura di loro senza avere il ben che minimo ripensamento, un amore incondizionato.

     Vediamo nello specifico il caso Crisafulli. I famigliari dinanzi a cotanta sofferenza, dopo un periodo di confusione, smarrimento e quant’altro, hanno poi dato la loro disponibilità completa nell’aiutare il proprio familiare a vivere un’esistenza piena d’amore. Il parere medico dinanzi a questa malattia è che il paziente è incapace di provare emozioni e di capire quello che accade attorno (ricordiamo di avere un anima).

     Io mi sento di dire questo che, per quanto la scienza medica possa aver fatto passi da gigante in merito a moltissime malattie, non è in grado di comprendere cose che, secondo me, rimarranno inspiegabili per quanto si voglia approfondire l’argomento. La mia convinzione è che chi vive malattie come queste, è alla costante presenza del Signore e credo che, se Dio permetta determinate vicende, sicuramente darà a queste persone forza e spirito per affrontarle.

     Noi, che viviamo queste cose da spettatori, consideriamo tale condizione non degna d’esser vissuta, ma chi siamo noi per poterla definir tale? Noi ci basiamo solo su quello, che vediamo, evitando di entrare nel profondo; a noi sembra carnalmente parlando che non sia vivibile, ma permettetemi di dire che, dinanzi a tali eventi, non abbiamo nessuna capacità di entrarvi, non sappiamo minimamente che tipo di rapporto s’instaura tra Dio e il malato. Quindi, torno a dire che noi siamo abituati a vedere il bello, il perfetto e se non è così storciamo il muso; questo mi fa comprendere che l’apparenza è fallace, l’essenza è fondamentale viceversa, e allora poniamoci dinanzi a queste disgrazie con il massimo del rispetto. Io mi metto dalla parte di chi considera questi malati come persone e non come malati terminali, che necessitano di un aiuto per finire questa esistenza. Noi non siamo nessuno per poter decidere, quando e perché è arrivata l’ora; e allora credo che ogni malattia, se non curata porta alla morte o pressappoco. Quindi, dovremo porci dinanzi a qualsiasi malattia nello stesso modo, senza intervenire minimamente per alleviarla o guarirla, per quanto sia possibile se così veramente fosse. Penso sia bene riflettere su questo e considerare ogni penosa condizione umana, per quanto sia possibile per i nostri occhi così sensibili, degna di essere vissuta, consci di avere un gravoso compito da assolvere, ma di farlo nella piena donazione di se stesso in un amore reciproco senza confini di sorta! {28-03-2011}

 

 

4. {Nicola Martella}

 

Qui rispondo al contributo precedente. Lo sforzo del lettore è mirabile. Ciò che segue non vuole contraddire il suo sforzo emozionale e cognitivo, ma vuole mostrare altri aspetti, a cui lui non ha pensato. Ad esempio, mi viene il dubbio se abbia capito interamente che il «testamento biologico» riguarda solo quegli stadi estremi della vita, in cui si è tenuti in vita da una macchina, essendo persone ancora coscienti oppure già in stato vegetativo. In tali casi, lo spegnimento della macchina metterebbe subito fuori uso le funzioni debilitate e subentrerebbe la morte.

     Egli guarda le cose dalla parte dell’abnegazione delle parti curanti, cosa che è nobile per questi ultimi. Dovrebbe farlo anche dalla parte delle persone in tale stato, che sono legate a una macchina, in stato di coscienza o vegetativo che sia.

     Ciò che avviene fra il Signore e una persona in stato vegetativo, nessuno lo può dire con sicurezza, così è meglio non metterlo qui in gioco. Ciò che Dio permetta o faccia è un mistero insondabile per noi. Non possiamo neppure dire che Egli darà a persone in stato vegetativo «forza e spirito» per affrontare le loro situazioni, poiché non conosciamo nulla del mistero della vita e della morte né se abbiamo a che fare con un corpo senza spirito, che viene tenuto biologicamente in vita, come nel caso di un paziente colpito da morte cerebrale. Dio dà forza ai viventi che curano un malato terminale o il corpo di chi è in stato vegetativo.

     Quanto alla vita, che è degna d’esser vissuta, dobbiamo considerare che oggigiorno vengono tenute in vita persone, spesso con accanimento terapeutico, le quali altrove nel mondo d’oggi o da noi in passato si sarebbero spente in breve tempo e spesso con maggiore dignità a casa propria. Si può addirittura affermare che in certi casi la scienza gioca a essere «Dio», prolungando arbitrariamente ciò, che naturalmente si sarebbe spento in breve, senza aggiungervi qualità di vita.

     Un altro aspetto che il lettore confonde è il nostro rapporto verso la persona malata o invalidata in genere con i malati terminali e gli stati vegetativi. Lo stesso vale per la generalizzazione con tutte le malattie e il caso specifico in esame. Nella mia giovinezza ho curato per anni malati e invalidi e non ho avuto problemi di rapporto con loro. Nessuno mette in dubbio che i malati siano persone e abbiano una dignità. Che cosa significa però affrontare «queste disgrazie con il massimo del rispetto» rispetto alle patologie previste nel «testamento biologico» di tante nazioni? Si potrebbe girare le argomentazioni, dicendo che non rispettando il naturale ciclo della natura, ma tenendo artificialmente in vita ciò che normalmente si spegnerebbe, si manga di rispetto verso la dignità di tale persona. Allora, chi stabilisce «quando e perché è arrivata l’ora»? Lo deve fare la natura o i medici quali «dèi in camice bianco»?

     Vedo che questo lettore abbia affrontato tale tema con molto coinvolgimento emozionale. Ciò non è mai una buona premessa per ragionare sulle cose di per sé e in tutti gli aspetti, per tener presente anche la dignità di una persona, in stato di coscienza o vegetativo che sia, che è legata a una macchina per esistere o «funzionare». E inoltre, riguardo a coloro, che sono clinicamente morti, chi ci ha dato la licenza di tenere artificialmente in funzione biologica ciò, che in natura tornerebbe presto in polvere?

 

 

5. {Salvatore Paone}

 

Contributo: Certamente tale argomento è uno dei più discussi della nostra epoca, è veramente difficile trarne una conclusione. Al riguardo ci sono molte idee e molti pensieri. La Bibbia non fornisce alcuna spiegazione specifica riguardo all’eutanasia. Inoltre, se si giudica sotto un profilo morale, essa diventa o per meglio dire si trasforma in un «omicidio», ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, ossia tenere un corpo in stato vegetativo per lunghi anni, sostenuto da un apparecchio elettronico, per far respirare il paziente, appare insostenibile e insensibile verso il paziente stesso, che in realtà è già morto all’ottanta percento. Io credo nella vita quale dono specifico donatoci da Dio per vivere i nostri giorni in sintonia con il Creatore; tale vita c’è stata data e non siamo padroni di togliercela o di farcela togliere da altri. La questione è la seguente: visto che in uno stato vegetativo si è sostenuti da macchinari altamente sofisticati, credo che Dio ha dato all’uomo anche la possibilità di studiare tali macchinari, i quali servono non solo a sostenere il paziente in stato vegetativo, ma a recare forse una speranza a chi magari ha fede in Dio. Ovviamente questo è il mio pensiero, sebbene opinabile. {29-03-2011}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Credo che alcuni aspetti della mia risposta precedente possano essere utili anche qui. Ora, mentre l’altro lettore si era sbilanciato sul lato emozionale, questo attuale mostra la grande indeterminazione fra due istanze differenti e contrarie, che è tipica dell’argomento stesso. Si aggiunge qui il tentativo di dare una causa teologica ai macchinari sofisticati e l’argomento del «non si può mai sapere» magari dei familiari.

 

 

6. {Tommaso Failla}

 

Carissimo fratello, sono completamente con te nella riflessione relativa a progetto «Testamento biologico». Fermo restando il fatto che la legge, che sta per essere introdotta, non soddisfa nessuno, né medici (sopratutto oncologi), né operatori, né fruitori. Infatti, in fin dei conti, malgrado l’espressione della volontà messa per iscritto e controfirmata, alla fine deve trovare l’approvazione del medico, che può decidere in modo del tutto autonomo su come agire.

     Certamente, come credo avrai già compreso, anche io non sono d’accordo sulla eutanasia attiva, ma neppure sull’accanimento terapeutico, che poi alla fine porta a creare il «boia», cioè il povero medico, che dovrà prima o dopo staccare la spina.

     Sta di fatto che decenni fa, si praticava l’ibernazione delle persone in attesa che qualcosa cambiasse. Adesso che cosa ne sarà stato di queste persone, non credo si sappia. Immagino che a parenti, anche essi defunti, saranno rimasti orfani. Ancora, però nella Russia «bene» (ben ricca) si continua a praticarla.

     Come si può notare, anche nel momento della morte, l’umanità si comporta come un moderno Nabucco. Fa anche esso la sua statua interamente in oro, pensando «dopo di me il nulla», ma così non è. Dio solamente è colui, che ha la storia personale di ognuno di noi, così come quella dell’universo, e solo lui sa il giorno e l’ora; tutto il resto è una inutile forzatura. Grazie per l’ospitalità e che il Signore tenga desta la nostra mente. {03-04-2011}

 

 

7. {}

 

 

8. {}

 

 

9. {}

 

 

10. {}

 

 

11. {}

 

 

12. {}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Testamento_biologico_Esc.htm

29-03-2011; Aggiornamento: 04-04-2011

 

▲ Vai a inizio pagina ▲
Proprietà letteraria riservata
© Punto°A°Croce