Qui di seguito discutiamo l’articolo «
Il segreto pastorale».
Dalla mia consulenza sono passate così tante persone
vicine e lontane, che nel mio archivio conservo centinaia di resoconti degli
incontri avuti. Si sono accumulati nel tempo, senza che io avessi mai il
tempo di studiare nuovamente tali carte, per trarne insegnamenti generali per
casi simili; infatti, intanto, arrivava il prossimo «caso pastorale», che
m’impegnava a nuovo. A ciò si aggiungano le centinaia di lettere, che
negli anni mi sono state mandate in forma cartacea ed elettronica da credenti
distanti da me, che cercavano un consiglio pastorale per la loro vita. Poi, ci
sono le consulenze per telefono. Alle persone distanti chiedevo per prima cosa: «Perché
non ti rivolgi ai
conduttori della tua comunità?». A volte, si trattava di persone isolate;
altre volte, agivano col consenso dei loro anziani; altre volte, ancora
affermavano di rivolgersi a me per una cosa specifica, per la quale i loro
conduttori avevano ammesso di non avere la competenza (p.es. occultismo);
infine, c’erano coloro, che erano stati delusi dalle guide della loro chiesa,
che avevano messo in pubblico ciò, che essi avevano affidato in privato. Questo
brano si può applicare anche a conduttori disavveduti:
«Chi va sparlando, palesa i segreti;
perciò, non t’immischiare con chi apre troppo le labbra»
(Pr 20,19; cfr. 11,13).
Ho seguito alcune
persone pastoralmente per settimane, altre per mesi e altre ancora per anni. Che
io ricordi, non ho mai rivelato ad alcuno lo specifico «segreto
pastorale» di un altro. L’unica eccezione è stata là, dove sono stato chiamato a
mediare tra due partiti
in lite fra loro (p.es. coniugi, credenti), ma con il consenso di chi è venuto
nella consulenza e solo
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verso la controparte. Laddove la
questione affrontata era di particolare rilevanza e interesse, ho chiesto al
consultante il permesso di usare tali informazioni in modo stereotipico (senza
nomi veri, luoghi e circostanze specifici), per scrivere un articolo di
approfondimento, che servisse di giovamento anche ad altri credenti, che si
trovavano in tali circostanze. In ogni modo, la narrazione esemplare e
stereotipata di problematiche, in cui non vengono fatti nomi di persone né
di luoghi, non rappresenta un tradimento di un «segreto pastorale».
Ciò, che è rimasto
dalle centinaia e centinaia di consulenze spirituali, è l’esperienza
pastorale, che permette di inquadrare abbastanza in fretta i casi nuovi, che
seguono certe problematiche ricorrenti; poi, ci sono le molte variabili, poiché
ogni caso ha le sue novità e dinamiche proprie.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1. {Rita Fabi}
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Caro Nicola, penso che questo sia davvero un tema molto delicato. Un
conduttore di chiesa ha doveri specifici verso le proprie pecore. Per cui
ritengo che — al di là del fatto che si debbano mantenere riservate le
cose, che si possono dire confidenzialmente al proprio conduttore per chiedere
aiuto, se esse non ledono altre persone fisicamente o spiritualmente — penso che
tuttavia ci siano casi, in cui tale obbligo da parte del conduttore debba venire
meno per il bene di altri. Prendiamo, ad esempio, alcuni dei casi da te
presentati. Se un uomo o addirittura uno degli anziani, dovesse avere
un’amante e, quindi, non volesse, dopo continue richieste da parte del
conduttore, abbandonare tale via, ritengo che il conduttore dovrebbe chiedere
aiuto agli altri collaboratori, per prendere una decisione; infatti, se tale
fatto fosse scoperto da altri appartenenti alla chiesa, potrebbe essere
motivo di caduta per molti. Per cui, se la persona non si ravvedesse, dietro
consiglio dovrebbe essere
allontanata per farla pentire, come dice anche la Bibbia. Oppure, in casi
ancora più estremi, dove dovessero avvenire violenze sia fisiche sia
morali nella famiglia di tale persona, che non abbandona tali atteggiamenti,
anche dopo le sollecitazioni del conduttore... Insomma di casi seri ce ne
potrebbero essere molti; e ritengo che, in tali casi, non si tratterebbe affatto
di svelare una confidenza, ma di agire in modo da evitare danni ad altre
persone coinvolte e di tutelare chi si trova in tale chiesa. Ecco l’insegnamento di Gesù per i suoi
discepoli: «Se il tuo fratello commette colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui
solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà,
prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di
due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea;
e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un
pubblicano» (Mt 18,15-20). È chiaro da questo passo che, per portare dei
testimoni di fronte alla persona, che continua a peccare, seppur tali
peccati siano stati conosciuti tramite una confidenza, il conduttore deve, per
aiutarlo, per forza di cose riferire tali fatti al consiglio di chiesa. Penso
che un conduttore dovrebbe fare sue queste parole e dirle anche a chi si confida
con lui: «Terrò in confidenza e tratterò tali confidenze come riservate.
Non rivelerò tali informazioni in privato o in pubblico, tranne nel momento, in
cui nella mia pratica di ministero io diventi convinto che la santità della
riservatezza non sia più compensata dal fatto che tale riservatezza non possa
causare pericolo o danni notevoli ad altre persone». {03-06-2015}
2. {Edoardo
Piacentini}
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Contributo:
Nel curare le anime, che il Signore gli ha affidato, il pastore deve svolgere
questo ruolo come un buon padre di famiglia; in altri termini deve avere
un cuore di padre. Se ha questo cuore di padre, sicuramente sarà
riservato e non divulgherà il contenuto dei suoi colloqui con quei
fedeli, che si sono rivolti a lui con fiducia, per ricevere una consulenza
spirituale. Viceversa, i fedeli potranno ricevere una grande delusione,
perché tutta la comunità conoscerà i loro problemi. Tutto qui, se il pastore di
una comunità non possiede un cuore di padre, in effetti è solo un credente
capace magari di predicare o insegnare la Parola di Dio, ma non ha ricevuto dal
Signore Gesù il ministero pastorale (Efesini 4,11 e segg.) e non è idoneo
a curare una gregge di credenti. {03-06-2015}
■
Enzo Lovato:
Concordo pienamente con Edoardo. Il pastore deve avere una guida
particolare dal Signore e sopratutto ubbidire a Dio. {03-06-2015}
▬
Nicola Martella:
Edoardo Piacentini, ciò che affermi, fa parte delle basi della cura pastorale.
Infatti, io stesso ho scatole piene di appunti, fatti durante la cura
pastorale, per meglio aiutare i credenti; ho centinaia di lettere, a cui
ho risposto pastoralmente. Nulla di ciò è uscito dal mio ufficio, facendo nomi e
rivelando tali segreti al prossimo.
La questione, che ti prego di tener presente, si trova nel punto «4. Limiti
di un “segreto pastorale”» dell’articolo
di riferimento; non so se lo hai letto. Penso che questo sia il punto critico
della cura pastorale e uno degli oggetti maggiori di questo articolo. Ti chiedo,
quindi, di leggerlo, e di contribuire in merito con la tua conoscenza ed
esperienza pastorale.
■ Edoardo Piacentini: Effettivamente il segreto pastorale incontra
dei limiti, come nei casi descritti al punto quattro
dell’articolo.
D’altra parte, il pastore non deve solo raccogliere le confidenze dei credenti,
ma deve intervenire per risolvere i problemi, che gli sono sottoposti; e
in tutti i casi descritti il pastore non può continuare a mantenere il segreto.
Ad esempio, se deve convincere il marito, che sta per essere lasciato
dalla moglie a cambiare modo di relazionarsi con il proprio coniuge, il pastore
non può far finta di non sapere le difficoltà, che quel matrimonio sta
affrontando. Di recente ho affrontato un marito, che picchiava la moglie e, pur
essendo neofiti, gli ho detto chiaramente che la prossima volta, che la
toccherà, lo denunzierò alla polizia di Stato. In un primo momento c’è
rimasto male, ma poi ha apprezzato la mia franchezza e il fatto che mi
preoccupavo per la moglie, che tratto come se fosse una mia figlia.
Ad un’altra coppia di
neofiti, dopo aver ricevuto una confidenza dalla moglie, ho detto al marito che
per noi l’aborto è un omicidio e, se pensano di rifarlo, è meglio che
cambiano comunità, perché noi non lo ammettiamo in nessun caso. Non solo non
hanno cambiato comunità, ma mi hanno promesso di non farlo più. {03-06-2015}
3. {Davide
Marazzita}
▲
■
Contributo:
Credo che il ruolo del pastore, anziano o conduttore, sia completamente
equivocato, sopratutto da chi riveste quel ruolo, in quanto spesso ci si
sente autoritari invece che autorizzati. Nella conduzione della chiesa e nella
cura d’anime è necessario capire cosa è di pubblico dominio e cosa invece
riservato. I casi possono spaziare in moltissimi ambiti, e trovare una
regola comune è impossibile. Chi riveste quel ruolo, che non è un dono
spirituale, deve essere capace di usare bene la Scrittura e il buon
senso, in quanto anch’esso è dono di Dio.
Io sono pastore o
anziano nella mia chiesa da oltre dieci anni, e la mia mente è uno scrigno di
moltissimi «segreti», che mai e poi mai rivelerò ad alcuno, perché io stesso
devo garantire la riservatezza e l’impegno alla discrezione; mi hanno
confidato anche peccati gravi, per i nostri parametri; e con l’amore, la giusta
dose di severità amorevole e la certezza dell’amicizia, tutti si son potuti
rialzare e ristabilire, senza che nessuno abbia mai potuto avere nei
loro confronti alcun pregiudizio o preconcetto. La prassi di riprendere in
pubblico chi pecca, in modo che anche altri abbiano timore, è sempre da
contestualizzare e mai da applicare alla lettera. Mio papà applicò alla
lettera il passo, in cui si legge che il figlio va ripreso con la verga;
così fece con me, abusando della sua autorità usando una violenza
addirittura illegale su di me, che ero solo un piccolo bambino. Spesso
l’applicazione alla lettera della Scrittura ha fatto più danni che l’uso
del buon senso.{02-06-2015}
▬
Nicola Martella:
Ho apprezzato la tua riflessione; ho sostituito i tuoi termini «letteralità» e
«letteralizzare» con «applicazione e applicare alla lettera», visto che i primi
non esistono nel vocabolario italiano (io ce li metterei).
Ora, nel punto «4. . Limiti di un “segreto pastorale”»
dell’articolo
di riferimento, che non so se lo hai letto, parlo di casi in cui sono
coinvolte altre persone come vittime, in cui qualcuno è in pericolo
o in cui si è chiamati a mediare tra due entità (persone, coniugi, soci,
ecc.). Qui non parlo delle «sceneggiate», che alcuni conduttori fanno in
pubblico, mettendo alla berlina le «nudità» altrui. Parlo dei casi, in cui il
cosiddetto «segreto pastorale» ha necessariamente un limite (p.es. un
caso di abuso, di vessazione, di stupro), per poter appurare tutta la verità e
per poter intervenire fra le persone in causa (p.es. coniugi, l’uno vittima e
l’altro carnefice, ambedue corresponsabili). Tu che diresti in proposito, dopo
aver letto specialmente tale particolare punto?
■
Davide Marazzita: Viviamo in un
paese, dove vige il diritto dell’uomo. Laddove vi sono abusi, molestie,
violenze, incesti e altri illeciti, l’anziano ha il dovere d’informare le
autorità competenti. Ma mi si permetta una considerazione: nella stragrande
maggioranza dei casi (alcuni di cui io stesso sono a conoscenza) l’anziano o il
pastore è al corrente di situazioni davvero difficili
nelle famiglie: casi di mariti che picchiano le mogli e i figli, abusi
sessuali anche incestuosi, casi di frode fiscale o di lavoro nero
senza alcuna necessità vitale ma per pura avarizia (in molti casi anziani di
chiesa in pensione e lavoratori in nero), disonestà, eccetera. Eppure nessuno
alza un dito per denunciare alle autorità competenti o alla chiesa stessa, che
pure sa tutto. Non è di segreto pastorale che si dovrebbe parlare; nel caso di
pastori, che giustamente esercitano la cura d’anime, garantendo discrezione
sopratutto verso il peccatore pentito, è lecito difendere un simile
comportamento, e se si tratta di azioni illegali, che hanno recato danni
ad altri, il pentito deve anche affidarsi alla giustizia dello stato, se
ci sono gli estremi. Ma è purtroppo più in voga l’atteggiamento d’insabbiare
ogni malefatta, insinuando così proprio nella chiesa un’atmosfera d’insicurezza;
oppure, con l’azione che disciplina, nel senso che castiga ogni peccato in modo
pubblico, s’instaura un clima di terrorismo tale che nessuno si confida,
sopratutto con il pastore. Potrei raccontare diversi casi da me stesso gestiti,
ma per ovvi motivi di discrezione non li divulgherò. Resta il fatto che, come ho
scritto prima, il ruolo del pastore è completamente equivocato, anche nei casi
di «segreti pastorali». {03-06-2015}
▬
Nicola Martella:
Ora, Davide Marazzita, prendiamo il caso più blando di un credente, che
viene da te in stato confusionale, molto provato e con intenzioni estreme
riguardo al suo matrimonio. Egli ti affida tale «segreto pastorale» e le
sue intenzioni diventate oramai drastiche ed estreme riguardo al suo matrimonio.
E qui sta la tenaglia: da una parte il «segreto» da proteggere,
dall’altra la necessità d’intervenire, per cercare di salvare il salvabile. È
chiaro che non si può praticare ambedue allo stesso tempo, se si vuole mediare
fra i due partiti. Ora, mettiamo che alla persona, che si trova in piena
«paranoia» mentale, suggerisci che tu farai un tentativo di chiarimento e
conciliazione con l’altro coniuge, ma soltanto a condizione che hai la libertà
di parlare con l’altro, mostrando l’intera problematica, di cui è oggetto tale
cosiddetto «segreto pastorale». Alla fine, in seguito a tale intervento, tali
coniugi si riappacificano, mettono da parte i loro piani estremi (almeno
quello dell’uno) e riprendono il cammino. Ora, la consulenza matrimoniale
è una delle più difficili, come ho dovuto constatare diverse volte. Sai perché?
Tali coniugi risolveranno i loro problemi, ma alcuni di loro vedranno in te «l’intruso»,
colui che ora sa i fatti loro e addirittura colui, che ha rivelato all’altro il
suo «segreto pastorale». Ossia, secondo tale logica, il consulente avrebbero
dovuto fare la frittata, ma senza rompere le uova.
Forse anche tu ti sei
trovato in dilemmi del genere. Posto in tale tenaglia, il consulente può
scegliere di tenere per sé il «segreto pastorale», dando al malcapitato solo
dei consigli generici riguardo a come fare, oppure può proporsi (o essere
proposto) come mediatore. Come anche farà, potrà essere accusato, in un
modo (non essere intervenuto di persona) o nell’altro (di essere intervenuto e
di aver rivelato all’altro coniuge i suoi «segreti»). Come vedi, ci vuole la
sapienza di Dio in ogni caso, ma anche essa non proteggerà sempre dalla
virulenza della carne altrui. Comprendi di che parlo?
4. {Mario
Lombardo}
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Caro Nicola, ho letto tutto l’articolo, devo
dire che pur essendo un neofita, ne apprezzo la profonda e onesta riflessione,
da cui traspare una tua lunga esperienza come conduttore forse, o
comunque di persona con ruoli di responsabilità. Io credo che chi ha questi
ruoli, deve sempre mettere sui due piatti della bilancia la giustizia e
la carità; ma mi rendo conto che è difficile e richiede molto discernimento
(e aggiungo molta preghiera e guida dello Spirito e della Parola di Dio). Sono
dei temi, che non mi riguardano direttamente adesso, ma che è giusto conoscere
per la propria formazione di fede vissuta in comunione. {04-06-2015}
5. {}
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6. {}
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9. {}
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12. {Autori
vari}
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Damaris Lerici: Grazie di cuore per
il chiarimento. Come tu dici: «Quando il buon pastore si accorge, che
manca una pecora, non aspetta che quest’ultima gli chieda d’intervenire, ma si
mette alla sua ricerca, prima che la trovino e la sbranino i lupi famelici».
{02-06-2015}
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Julián Daga Jr.: «Il
saggio di cuore è chiamato intelligente, e la dolcezza delle labbra
aumenta il sapere. [...] Il cuore del saggio gli rende assennata la bocca, e
aumenta il sapere sulle sue labbra» (Proverbi 16,21.23). {02-06-2015}
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Liliane Hoffer Vitanza:
Concordo pienamente con quanto è scritto. È quel che si impara nella
formazione di cura d’anima (normalmente). {02-06-2015}
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Danilo Ristagno: È uno studio molto
bello e che condivido; anche il contributo dei lettori (cristiani) hanno offerto
degli
ottimi spunti, su cui poter riflettere, e hanno arricchito questo tema
interessante. {05-06-2015}
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Enzo Lovato: Sicuramente chi riceve
da Dio o fa esperienze personali con Dio, si aspetta un conduttore che abbia
almeno il
discernimento di capire, quando lo Spirito Santo sta operando. Quando non
è così, l’opera di Dio si affossa inesorabilmente, e il Signore deve trovare
altre strade o altri conduttori, per dare gloria al suo nome o per attuare il
suo piano. {05-06-2015}
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URL: http://puntoacroce.altervista.org//_TP/T1-Segr_pastor_S23.htm
04-06-2015; Aggiornamento: 06-06-2015 |