Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all’ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l’ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Consultando l’indice, ci si renderà conto che, oltre alla trattazione punto per punto, esiste un lungo articolo dal titolo «Applicazioni risultanti». In esso i singoli punti portano gli stessi titoli della trattazione. In varie opere, che abbiamo consultato, le asserzioni sul testo del Salmo 23 (spesso poche, a dir il vero) erano soverchiate dalla mania dell’applicazione (spesso solo devozionali) per l’oggi. Alla fine la seguente domanda rimaneva spesso senza risposta: «Allora che cosa intendeva Davide con questa espressione?». È chiaro che se non si capisce bene il testo, così come l’intendeva l’autore, lo si applicherà anche in modo arbitrario e avventuroso.

  Separando la parte esegetica dalle applicazioni, c’è il seguente vantaggio: si semplifica la consultazione nel caso, in cui si vuol sapere soltanto ciò che sta veramente scritto in un punto specifico del testo biblico originale, senza doversi districare in una giungla di tante applicazioni per l’oggi. Per la lettura ci sono comunque due possibilità: 1) leggere il libro da cima a fondo; 2) leggere dapprima una parte esegetica e subito dopo la relativa applicazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL SEGRETO PASTORALE? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo « Il segreto pastorale».

     Dalla mia consulenza sono passate così tante persone vicine e lontane, che nel mio archivio conservo centinaia di resoconti degli incontri avuti. Si sono accumulati nel tempo, senza che io avessi mai il tempo di studiare nuovamente tali carte, per trarne insegnamenti generali per casi simili; infatti, intanto, arrivava il prossimo «caso pastorale», che m’impegnava a nuovo. A ciò si aggiungano le centinaia di lettere, che negli anni mi sono state mandate in forma cartacea ed elettronica da credenti distanti da me, che cercavano un consiglio pastorale per la loro vita. Poi, ci sono le consulenze per telefono.

     Alle persone distanti chiedevo per prima cosa: «Perché non ti rivolgi ai conduttori della tua comunità?». A volte, si trattava di persone isolate; altre volte, agivano col consenso dei loro anziani; altre volte, ancora affermavano di rivolgersi a me per una cosa specifica, per la quale i loro conduttori avevano ammesso di non avere la competenza (p.es. occultismo); infine, c’erano coloro, che erano stati delusi dalle guide della loro chiesa, che avevano messo in pubblico ciò, che essi avevano affidato in privato. Questo brano si può applicare anche a conduttori disavveduti: «Chi va sparlando, palesa i segreti; perciò, non t’immischiare con chi apre troppo le labbra» (Pr 20,19; cfr. 11,13).

     Ho seguito alcune persone pastoralmente per settimane, altre per mesi e altre ancora per anni. Che io ricordi, non ho mai rivelato ad alcuno lo specifico «segreto pastorale» di un altro. L’unica eccezione è stata là, dove sono stato chiamato a mediare tra due partiti in lite fra loro (p.es. coniugi, credenti), ma con il consenso di chi è venuto nella consulenza e solo

 

verso la controparte. Laddove la questione affrontata era di particolare rilevanza e interesse, ho chiesto al consultante il permesso di usare tali informazioni in modo stereotipico (senza nomi veri, luoghi e circostanze specifici), per scrivere un articolo di approfondimento, che servisse di giovamento anche ad altri credenti, che si trovavano in tali circostanze. In ogni modo, la narrazione esemplare e stereotipata di problematiche, in cui non vengono fatti nomi di persone né di luoghi, non rappresenta un tradimento di un «segreto pastorale».

     Ciò, che è rimasto dalle centinaia e centinaia di consulenze spirituali, è l’esperienza pastorale, che permette di inquadrare abbastanza in fretta i casi nuovi, che seguono certe problematiche ricorrenti; poi, ci sono le molte variabili, poiché ogni caso ha le sue novità e dinamiche proprie.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Rita Fabi

2. Edoardo Piacentini

3. Davide Marazzita

4. Mario Lombardo

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10.

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12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Rita Fabi}

 

Caro Nicola, penso che questo sia davvero un tema molto delicato. Un conduttore di chiesa ha doveri specifici verso le proprie pecore. Per cui ritengo che — al di là del fatto che si debbano mantenere riservate le cose, che si possono dire confidenzialmente al proprio conduttore per chiedere aiuto, se esse non ledono altre persone fisicamente o spiritualmente — penso che tuttavia ci siano casi, in cui tale obbligo da parte del conduttore debba venire meno per il bene di altri.

     Prendiamo, ad esempio, alcuni dei casi da te presentati. Se un uomo o addirittura uno degli anziani, dovesse avere un’amante e, quindi, non volesse, dopo continue richieste da parte del conduttore, abbandonare tale via, ritengo che il conduttore dovrebbe chiedere aiuto agli altri collaboratori, per prendere una decisione; infatti, se tale fatto fosse scoperto da altri appartenenti alla chiesa, potrebbe essere motivo di caduta per molti. Per cui, se la persona non si ravvedesse, dietro consiglio dovrebbe essere allontanata per farla pentire, come dice anche la Bibbia. Oppure, in casi ancora più estremi, dove dovessero avvenire violenze sia fisiche sia morali nella famiglia di tale persona, che non abbandona tali atteggiamenti, anche dopo le sollecitazioni del conduttore... Insomma di casi seri ce ne potrebbero essere molti; e ritengo che, in tali casi, non si tratterebbe affatto di svelare una confidenza, ma di agire in modo da evitare danni ad altre persone coinvolte e di tutelare chi si trova in tale chiesa.

     Ecco l’insegnamento di Gesù per i suoi discepoli: «Se il tuo fratello commette colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano» (Mt 18,15-20). È chiaro da questo passo che, per portare dei testimoni di fronte alla persona, che continua a peccare, seppur tali peccati siano stati conosciuti tramite una confidenza, il conduttore deve, per aiutarlo, per forza di cose riferire tali fatti al consiglio di chiesa. Penso che un conduttore dovrebbe fare sue queste parole e dirle anche a chi si confida con lui: «Terrò in confidenza e tratterò tali confidenze come riservate. Non rivelerò tali informazioni in privato o in pubblico, tranne nel momento, in cui nella mia pratica di ministero io diventi convinto che la santità della riservatezza non sia più compensata dal fatto che tale riservatezza non possa causare pericolo o danni notevoli ad altre persone». {03-06-2015}

 

 

2. {Edoardo Piacentini}

 

Contributo: Nel curare le anime, che il Signore gli ha affidato, il pastore deve svolgere questo ruolo come un buon padre di famiglia; in altri termini deve avere un cuore di padre. Se ha questo cuore di padre, sicuramente sarà riservato e non divulgherà il contenuto dei suoi colloqui con quei fedeli, che si sono rivolti a lui con fiducia, per ricevere una consulenza spirituale. Viceversa, i fedeli potranno ricevere una grande delusione, perché tutta la comunità conoscerà i loro problemi. Tutto qui, se il pastore di una comunità non possiede un cuore di padre, in effetti è solo un credente capace magari di predicare o insegnare la Parola di Dio, ma non ha ricevuto dal Signore Gesù il ministero pastorale (Efesini 4,11 e segg.) e non è idoneo a curare una gregge di credenti. {03-06-2015}

 

Enzo Lovato: Concordo pienamente con Edoardo. Il pastore deve avere una guida particolare dal Signore e sopratutto ubbidire a Dio. {03-06-2015}

 

Nicola Martella: Edoardo Piacentini, ciò che affermi, fa parte delle basi della cura pastorale. Infatti, io stesso ho scatole piene di appunti, fatti durante la cura pastorale, per meglio aiutare i credenti; ho centinaia di lettere, a cui ho risposto pastoralmente. Nulla di ciò è uscito dal mio ufficio, facendo nomi e rivelando tali segreti al prossimo.

     La questione, che ti prego di tener presente, si trova nel punto «4. Limiti di un “segreto pastorale”» dell’articolo di riferimento; non so se lo hai letto. Penso che questo sia il punto critico della cura pastorale e uno degli oggetti maggiori di questo articolo. Ti chiedo, quindi, di leggerlo, e di contribuire in merito con la tua conoscenza ed esperienza pastorale.

 

Edoardo Piacentini: Effettivamente il segreto pastorale incontra dei limiti, come nei casi descritti al punto quattro dell’articolo. D’altra parte, il pastore non deve solo raccogliere le confidenze dei credenti, ma deve intervenire per risolvere i problemi, che gli sono sottoposti; e in tutti i casi descritti il pastore non può continuare a mantenere il segreto.

     Ad esempio, se deve convincere il marito, che sta per essere lasciato dalla moglie a cambiare modo di relazionarsi con il proprio coniuge, il pastore non può far finta di non sapere le difficoltà, che quel matrimonio sta affrontando. Di recente ho affrontato un marito, che picchiava la moglie e, pur essendo neofiti, gli ho detto chiaramente che la prossima volta, che la toccherà, lo denunzierò alla polizia di Stato. In un primo momento c’è rimasto male, ma poi ha apprezzato la mia franchezza e il fatto che mi preoccupavo per la moglie, che tratto come se fosse una mia figlia.

     Ad un’altra coppia di neofiti, dopo aver ricevuto una confidenza dalla moglie, ho detto al marito che per noi l’aborto è un omicidio e, se pensano di rifarlo, è meglio che cambiano comunità, perché noi non lo ammettiamo in nessun caso. Non solo non hanno cambiato comunità, ma mi hanno promesso di non farlo più. {03-06-2015}

 

 

3. {Davide Marazzita}

 

Contributo: Credo che il ruolo del pastore, anziano o conduttore, sia completamente equivocato, sopratutto da chi riveste quel ruolo, in quanto spesso ci si sente autoritari invece che autorizzati. Nella conduzione della chiesa e nella cura d’anime è necessario capire cosa è di pubblico dominio e cosa invece riservato. I casi possono spaziare in moltissimi ambiti, e trovare una regola comune è impossibile. Chi riveste quel ruolo, che non è un dono spirituale, deve essere capace di usare bene la Scrittura e il buon senso, in quanto anch’esso è dono di Dio.

     Io sono pastore o anziano nella mia chiesa da oltre dieci anni, e la mia mente è uno scrigno di moltissimi «segreti», che mai e poi mai rivelerò ad alcuno, perché io stesso devo garantire la riservatezza e l’impegno alla discrezione; mi hanno confidato anche peccati gravi, per i nostri parametri; e con l’amore, la giusta dose di severità amorevole e la certezza dell’amicizia, tutti si son potuti rialzare e ristabilire, senza che nessuno abbia mai potuto avere nei loro confronti alcun pregiudizio o preconcetto. La prassi di riprendere in pubblico chi pecca, in modo che anche altri abbiano timore, è sempre da contestualizzare e mai da applicare alla lettera. Mio papà applicò alla lettera il passo, in cui si legge che il figlio va ripreso con la verga; così fece con me, abusando della sua autorità usando una violenza addirittura illegale su di me, che ero solo un piccolo bambino. Spesso l’applicazione alla lettera della Scrittura ha fatto più danni che l’uso del buon senso.{02-06-2015}

 

Nicola Martella: Ho apprezzato la tua riflessione; ho sostituito i tuoi termini «letteralità» e «letteralizzare» con «applicazione e applicare alla lettera», visto che i primi non esistono nel vocabolario italiano (io ce li metterei).

     Ora, nel punto «4. . Limiti di un “segreto pastorale”» dell’articolo di riferimento, che non so se lo hai letto, parlo di casi in cui sono coinvolte altre persone come vittime, in cui qualcuno è in pericolo o in cui si è chiamati a mediare tra due entità (persone, coniugi, soci, ecc.). Qui non parlo delle «sceneggiate», che alcuni conduttori fanno in pubblico, mettendo alla berlina le «nudità» altrui. Parlo dei casi, in cui il cosiddetto «segreto pastorale» ha necessariamente un limite (p.es. un caso di abuso, di vessazione, di stupro), per poter appurare tutta la verità e per poter intervenire fra le persone in causa (p.es. coniugi, l’uno vittima e l’altro carnefice, ambedue corresponsabili). Tu che diresti in proposito, dopo aver letto specialmente tale particolare punto?

 

Davide Marazzita: Viviamo in un paese, dove vige il diritto dell’uomo. Laddove vi sono abusi, molestie, violenze, incesti e altri illeciti, l’anziano ha il dovere d’informare le autorità competenti. Ma mi si permetta una considerazione: nella stragrande maggioranza dei casi (alcuni di cui io stesso sono a conoscenza) l’anziano o il pastore è al corrente di situazioni davvero difficili nelle famiglie: casi di mariti che picchiano le mogli e i figli, abusi sessuali anche incestuosi, casi di frode fiscale o di lavoro nero senza alcuna necessità vitale ma per pura avarizia (in molti casi anziani di chiesa in pensione e lavoratori in nero), disonestà, eccetera. Eppure nessuno alza un dito per denunciare alle autorità competenti o alla chiesa stessa, che pure sa tutto. Non è di segreto pastorale che si dovrebbe parlare; nel caso di pastori, che giustamente esercitano la cura d’anime, garantendo discrezione sopratutto verso il peccatore pentito, è lecito difendere un simile comportamento, e se si tratta di azioni illegali, che hanno recato danni ad altri, il pentito deve anche affidarsi alla giustizia dello stato, se ci sono gli estremi. Ma è purtroppo più in voga l’atteggiamento d’insabbiare ogni malefatta, insinuando così proprio nella chiesa un’atmosfera d’insicurezza; oppure, con l’azione che disciplina, nel senso che castiga ogni peccato in modo pubblico, s’instaura un clima di terrorismo tale che nessuno si confida, sopratutto con il pastore. Potrei raccontare diversi casi da me stesso gestiti, ma per ovvi motivi di discrezione non li divulgherò. Resta il fatto che, come ho scritto prima, il ruolo del pastore è completamente equivocato, anche nei casi di «segreti pastorali». {03-06-2015}

 

Nicola Martella: Ora, Davide Marazzita, prendiamo il caso più blando di un credente, che viene da te in stato confusionale, molto provato e con intenzioni estreme riguardo al suo matrimonio. Egli ti affida tale «segreto pastorale» e le sue intenzioni diventate oramai drastiche ed estreme riguardo al suo matrimonio. E qui sta la tenaglia: da una parte il «segreto» da proteggere, dall’altra la necessità d’intervenire, per cercare di salvare il salvabile. È chiaro che non si può praticare ambedue allo stesso tempo, se si vuole mediare fra i due partiti. Ora, mettiamo che alla persona, che si trova in piena «paranoia» mentale, suggerisci che tu farai un tentativo di chiarimento e conciliazione con l’altro coniuge, ma soltanto a condizione che hai la libertà di parlare con l’altro, mostrando l’intera problematica, di cui è oggetto tale cosiddetto «segreto pastorale». Alla fine, in seguito a tale intervento, tali coniugi si riappacificano, mettono da parte i loro piani estremi (almeno quello dell’uno) e riprendono il cammino. Ora, la consulenza matrimoniale è una delle più difficili, come ho dovuto constatare diverse volte. Sai perché? Tali coniugi risolveranno i loro problemi, ma alcuni di loro vedranno in te «l’intruso», colui che ora sa i fatti loro e addirittura colui, che ha rivelato all’altro il suo «segreto pastorale». Ossia, secondo tale logica, il consulente avrebbero dovuto fare la frittata, ma senza rompere le uova.

     Forse anche tu ti sei trovato in dilemmi del genere. Posto in tale tenaglia, il consulente può scegliere di tenere per sé il «segreto pastorale», dando al malcapitato solo dei consigli generici riguardo a come fare, oppure può proporsi (o essere proposto) come mediatore. Come anche farà, potrà essere accusato, in un modo (non essere intervenuto di persona) o nell’altro (di essere intervenuto e di aver rivelato all’altro coniuge i suoi «segreti»). Come vedi, ci vuole la sapienza di Dio in ogni caso, ma anche essa non proteggerà sempre dalla virulenza della carne altrui. Comprendi di che parlo?

 

 

4. {Mario Lombardo}

 

Caro Nicola, ho letto tutto l’articolo, devo dire che pur essendo un neofita, ne apprezzo la profonda e onesta riflessione, da cui traspare una tua lunga esperienza come conduttore forse, o comunque di persona con ruoli di responsabilità. Io credo che chi ha questi ruoli, deve sempre mettere sui due piatti della bilancia la giustizia e la carità; ma mi rendo conto che è difficile e richiede molto discernimento (e aggiungo molta preghiera e guida dello Spirito e della Parola di Dio). Sono dei temi, che non mi riguardano direttamente adesso, ma che è giusto conoscere per la propria formazione di fede vissuta in comunione. {04-06-2015}

 

 

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12. {Autori vari}

 

Damaris Lerici: Grazie di cuore per il chiarimento. Come tu dici: «Quando il buon pastore si accorge, che manca una pecora, non aspetta che quest’ultima gli chieda d’intervenire, ma si mette alla sua ricerca, prima che la trovino e la sbranino i lupi famelici». {02-06-2015}

 

Julián Daga Jr.: «Il saggio di cuore è chiamato intelligente, e la dolcezza delle labbra aumenta il sapere. [...] Il cuore del saggio gli rende assennata la bocca, e aumenta il sapere sulle sue labbra» (Proverbi 16,21.23). {02-06-2015}

 

Liliane Hoffer Vitanza: Concordo pienamente con quanto è scritto. È quel che si impara nella formazione di cura d’anima (normalmente). {02-06-2015}

 

Danilo Ristagno: È uno studio molto bello e che condivido; anche il contributo dei lettori (cristiani) hanno offerto degli ottimi spunti, su cui poter riflettere, e hanno arricchito questo tema interessante. {05-06-2015}

 

Enzo Lovato: Sicuramente chi riceve da Dio o fa esperienze personali con Dio, si aspetta un conduttore che abbia almeno il discernimento di capire, quando lo Spirito Santo sta operando. Quando non è così, l’opera di Dio si affossa inesorabilmente, e il Signore deve trovare altre strade o altri conduttori, per dare gloria al suo nome o per attuare il suo piano. {05-06-2015}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org//_TP/T1-Segr_pastor_S23.htm

04-06-2015; Aggiornamento: 06-06-2015

 

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