Quando non si ha
una chiesa locale biblica, con cui identificarsi, succede che si continuino a
curare i rapporti con gli «amici del mondo». Questo è il caso del lettore del
primo contributo
di questo tema di discussione. Tuttavia, ciò succede anche quando si
frequenta una chiesa biblica, poiché si hanno colleghi di studio o di lavoro,
amici d’infanzia e parenti.
Certamente qualcuno citerà subito Giacomo 4,4: «Non sapete voi che l’amicizia
del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si
rende nemico di Dio».
Sono parole sacrosante, se ricondotte al contesto naturale. La tentazione di
chi è massimalista,
potrebbe essere
però quella di evitare di citare l’inizio del verso: «O gente
adultera», ossia quella descritta nei versi precedenti, quella che ha in
mente solo di alimentare le concupiscenze della carne e vivere per appagare i
propri piaceri. Egli parlava di peccatori e di doppi d’animo (v. 8), ossia di
persone che sguazzavano nelle intemperanze della carne. Aveva di mira giudei
cristiani con la fede all’acqua di rose, che vivevano come gli increduli e gli
iniqui.
Che dire quindi del nostro rapporto con gli «amici del mondo»? Che consiglio
dare a questo lettore, visto il suo disagio in certe situazioni, da una parte, e
il desiderio di essere di testimonianza, dall’altra? Do alcune risposte nel mio
contributo, limitandomi ad alcune cose, per così permettere ad altri lettori
d’intervenire.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Vincenzo
Russillo}
▲
Volevo porti una
questione attinente a una situazione che si è venuta a creare. Posso dire che è
una cosa un po’ personale ma forse potrebbe divenire, un tema di riflessione.
Cerco di riassumertela brevemente.
Faccio una breve premessa, nelle mie amicizie sono stato sempre molto
equilibrato: ovvero sono sempre stato distante da coloro che ne approfittavano
solo per ricevere o comunque non condividevano alcuni miei modi di essere. Da
sempre non mi sono fatto trascinare da nessuno, quindi ho cercato di stare
integro nelle mie convinzioni. Detto questo, posso dire che a volte provo
disagio a stare con coloro che considero miei amici. Non che non siano
disponibili nel momento del bisogno o che non approvino parte delle mie idee, ma
a volte nel condividere alcuni momenti della quotidianità, mi sento distante dal
loro modo di pensare.
Preciso che coloro che con i quali a volte esco, non sono credenti, sebbene
siano dei bravi ragazzi. Non si fanno prendere dai vizi più comuni come ad
esempio il bere. Insomma abbiamo sempre dei divertimenti tranquilli: scambiamo
quattro chiacchiere o giochiamo ogni tanto a calcio.
I problemi sorgono, quando affrontiamo diversi temi. Posso fare un esempio
banale, ad esempio nel camminare ci si imbatte spesso in una ragazza. Loro si
lasciano andare in commenti poco gradevoli o meglio si soffermano sempre sul
lato estetico, quasi come fosse solo un oggetto (anche se molte ragazze si
prestano a questo). Ma a volte come in questi casi o in altri, ad esempio
scegliere determinati locali, proprio allo scopo di trovare una ragazza, io mi
sento a disagio, perché il fine ultimo loro è divertirsi e in un modo che io non
condivido. Paolo in 2 Corinzi 6,14 ci indica la strada da seguire.
Arrivo alle conclusioni e quindi alla domanda, usando un termine calcistico:
Come «dribblare» tali situazioni? Come rapportarsi con gli amici non credenti? O
meglio: serve un taglio netto o un credente di certo, evitando determinate cose,
può essere luce anche per loro?
Aggiungo per concludere quanto segue. Per scelta personale, come ben saprai, ho
evitato con la mia ex ragazza e, a maggior ragione, con i miei amici
atteggiamenti equivoci. Con loro c’è sicuramente un atteggiamento goliardico
perché li conosco ormai dalle scuole medie, ma quel che a volte mi fa rattrista
è un senso di solitudine, a causa del fatto che alcune cose non le condivido.
Allo stesso tempo non vorrei proprio arrivare, ad evitarli (se non sono
costretto dai loro atteggiamenti). Per questo vorrei un tuo consiglio in merito.
Mi scuso per la lunghezza del testo, ma volevo presentarti in maniera chiara la
situazione. Ti ringrazio per il tuo enorme lavoro e ti mando i miei fraterni
saluti in Gesù Messia…. {17 ottobre 2009}
2. {Nicola Martella}
▲
Come già detto, non
darò una lunga risposta, ma elenco solo alcuni principi su cui riflettere.
Questo anche per dare spazio ad altri possibili interventi.
Non possiamo chiudere tutti i ponti verso coloro che sono nel mondo,
sebbene essi siano ingiusti e trasgressori; dobbiamo solo ritirarci da coloro
che, pur chiamandosi «fratelli», praticano cose sconvenienti alla fede (1 Cor
5,9ss). Detto questo, però, ciò non significa che dobbiamo fare noi stessi le
cose che fanno le persone non-credenti; altrimenti diventiamo anche noi del
cristiani nominali. Il «tali eravate» di Paolo, mostra un confine chiaro
tra prima della conversione e dopo (1 Cor 6,9ss). Inoltre una cosa lecita di non
significa che sia utile, anzi potrebbe portare a una dipendenza (v. 12).
I rischi del nostro rapporto con gli amici del mondo sono due. Il primo è
mettere la luce in un luogo nascosto (Mt 5,14ss); così la preserviamo, ma
nessuno la vede. Il secondo è essere oramai un sale, che è privo delle
sue caratteristiche naturali, avendo perso il suo sapore e la sua forza ed
essendosi adeguato all’ambiente (v. 13).
O siamo capaci di trainare nel bene, o verremo trainati nel male
(cfr. 1 Cor 12,2; 2 Pt 3,17) Nell’ultimo caso, è facile cominciare a camminare
secondo lo stile di vita dei «senza Dio», indulgere nella condotta trasgressiva
(«che male c’è, se…?»), per finire a trovarsi seduti sul banco di coloro che
scherniscono la verità e la fede (Sal 1,1). Poi ci si meraviglia di avere la
coscienza sporca dinanzi a Dio (vv. 5s) e di sentire che la propria vita è
vuota, come «pula che il vento porta via» (v. 4). O diciamo di no
all’ingiustizia, oppure quest’ultima penetrerà lentamente nella nostra coscienza
come un malefico lievito.
Gesù stava con i peccatori, ma non si faceva trascinare da loro. Egli
manteneva la sua dignità e il suo rigore morale, senza fare compromessi e senza
peccare; ciò gli fu riconosciuto direttamente e personalmente anche dai suoi
avversari (Mt 22,16), sebbene le loro accuse politiche fossero altre (Mt
11,19). Paolo
poteva ingiungere a seguire il suo esempio (Fil 3,17), poiché era un modello di
coerenza morale; perciò poteva fare delle raccomandazioni ai suoi discepoli e
collaboratori (2 Tm 1,13). Lo stesso vale per gli altri apostoli.
Chiaramente coloro che agiscono con fedeltà verso il Signore e la sua Parola
faranno meravigliare coloro gli ex compagni di via, i quali non potranno
comprendere come non pratichiamo più i loro eccessi (1 Pt 4,3s). Dall’altra
parte c’è pero chi, come il conduttore della chiesa di Laodicea, è diventato un
cristiano moralmente liberale, tanto da essere oramai un credente tiepido,
«né freddo né fervente» (Ap 3,15s), adatto per tutte le stagioni e per
tutte le occasioni.
Il
rischio è che andando con lo zoppo, si impara a zoppicare: «Non
v’ingannate: le cattive compagnie corrompono i buoni costumi» (1 Cor 15,33).
La chance di avere amicizie nel mondo è di indicare allo zoppo la via
sicura e d’accompagnarlo; Giobbe affermava: «Ero l’occhio del cieco, il piede
dello zoppo» (Gb 29,15). Dipende quindi da noi se presteremo le nostre
membra al servizio dell’ingiustizia o dell’iniquità (Rm 6,12-19), se saremo
educatori e trascinatori nel bene (luce e sale) o se saremo trascinati noi
stessi nel male, diventando complici volontari o involontari dell’ingiustizia
(cfr. Sal 28,3).
«Perciò, rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia vacillanti; e fate dei
sentieri diritti per i vostri passi, affinché quello che è zoppo, non esca fuori
di strada, ma sia piuttosto guarito» (Eb 12,12s).
3. {Anna Raglia}
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Gli amici del mondo ci sono anche tra le nostre
conoscenze. Non li possiamo rifiutare, bensì attraverso di loro riconosciamo le
nostre diversità e la nostra appartenenza a Cristo. {24-10-2009}
4. {Vincenzo
Salvo}
▲
Gentile Nicola
Martella, ho letto con piacere la tua risposta riguardo alle amicizie del mondo,
e vorrei aggiungere la mia parte alla tua che è stata molto incisiva nelle sue
simpatiche complicazioni.
Ciò che mi fa pensare nell’immediato alle amicizie mondane è che
Dio non ha schifato il mondo, ma lo ha tanto amato da dare suo figlio
Giovanni 3,16 ecc. Paolo aggiunge, parafrasando, che «le cose hanno una qualche
virtù, che sono piacevoli che hanno insomma un po’ di sostanza, quelle
riteniamole». Personalmente ho sempre odiato il
linguaggio criptico evangelico riguardo al mondo, se ne parla con lo
schifo riservato come alla bottiglia buona che si stappa per le grandi occasioni
e questo mi dà l’amaro in bocca, a causa di quanto citato prima.
Penso che i buoni cristiani debbano girare in un’ampolla di vetro con diversi
filtri per non contaminarsi, quasi come quelli che ammazzarono Gesù, non si
devono confondere con nessuno perché vivono d’una purezza estrema, vivono anche
al di sopra delle parti come se il Signore li avesse già rapiti e se devono
parlare, al super mercato, della forza dell’ultimo detersivo si radunano a
frotte, ma inserire un discorso con qualche concetto biblico non lo possono
fare, perché tanto gli altri non capirebbero.
Mi spiace fare queste considerazioni, ma se dovessero vivere così allora non
dovrebbero usare l’auto perché inquinano la creazione, si dovrebbero
separare come un certo gruppo Amish e neanche usare i detersivi che sbiancano
anche il bianco più bianco e la corrente elettrica perché prodotta dalle
centrali a olio o a carbone.
Con questo non voglio difendere il mondo naturale perché comunque inquinato non
tanto nel terreno quanto nella mentalità con la quale s’affronta. Penso che un
buon cristiano invece che buttarsi nelle battaglie a suo modo, sia il caso che
si prepari biblicamente prima e naturalmente poi in maniera che sia già la sua
presenza a fare la differenza. Ho letto nel libro dei proverbi che «c’era
una volta un uomo che con la sua saggezza salvò una città, ma poi non si
ricordarono più di lui», ovvero noi cristiani saremo saggi, ma non abbiamo
autorevolezza nelle cose che accadono non tanto da risolvere il problema, ma
quanto di mantenere quella differenza, delegando ad altri di procedere sempre
nello stesso errore e permettimi contribuiamo alla rovina del creato.
Per quanto riguarda il mantenere i buoni rapporti con gli altri, non mi è
dato da sapere il contrario, ma Gesù stesso stava con gente poco raccomandabile,
tanto da essere rimproverato seriamente dai capi, e penso che a causa delle sue
difese in forza ai peccatori abbia anche saltato qualche lauto pranzo con grande
dolore e torcimento di stomaco dei suoi discepoli, che devono essersi alzati non
poche volte dalle tavole imbandite, a causa delle parole infuocate del Maestro,
e, che magari anche Lui avrebbe preferito gustare, però gliele avevano fatte
«girare» non poco.
Io penso anche che, dobbiamo sforzarci d’imparare ancora una volta dall’apostolo
Paolo che si sforzava d’usare un linguaggio appropriato per ogni
occasione e con ogni persona con la quale si trovava in maniera da instaurare
qualche collegamento, ovvero imparare il linguaggio altrui e non il proprio
criptico evangelico, che le persone non capiscono, se non scioriniamo il
concetto con parole semplici, e poi tanto farà il Signore che, permettimi, ci sa
fare ancora.
Come comportarsi quando si è con gli amici? Ve l’ho detto! La nostra
presenza anche se nascosta di cristiano, farà la differenza, la nostra «unzione»
sarà quella che parla per noi, e se vediamo una qualche ragazza che ha un...
evitiamo di parlarne in maniera piccante e volgare, ma apprezzandone l’intera
persona e magari parlando bene di tutti, specialmente quelli che non se lo
meritano, evidenziandone le caratteristiche che lo hanno portato a essere così;
allora sì che creiamo la differenza, usiamo ogni concetto biblico come una spada
d’amore e gli altri capiranno meglio; ma non dimenticando infine che un
cristiano è un cristiano non un fesso incapace, e perciò se c’è da ribadire un
concetto con veemenza, facciamolo pure, gli altri non moriranno per questo, anzi
vivranno per questo. I migliori rimproveri mi hanno aiutato a vivere meglio non
peggio. Saluti a tutti. {24 ottobre 2009}
5. {Nicola
Martella}
▲
1. Aspetti
generali
Il lettore mi ha lasciato un po’ perplesso. È come se risponde a questioni che
nessuno ha posto. Perciò uso l’occasione per dare
qualche consiglio generale, che va di là da ciò che scrive lui. Non è che
non dica alcune cose condivisibili, ma ha dato l’impressione che, non tenendo
presente il merito della vera questione (domanda di un giovane lettore e la mia
risposta), abbia usato l’occasione — come per altro fanno anche altri lettori
disavveduti — per praticare «l’effetto discarica»: si scarica qui tutto
ciò che si è accumulato in cose simili, sebbene qui si parli d’altro. Le domande
che sorgono sono pure le seguenti: ci si toglie finalmente qualche «sassolino»
dalle scarpe, importato altrove? Si affondano qui le zanne, sebbene la causa
della singolare reazione risieda altrove? Perché si pettinano qui tutti i
cristiani evangelici con lo stesso pettine, generalizzando e facendo confronti
con gruppi particolari (Amish)? Si cerca magari una resa dei conti con persone
che l’autore dell’articolo né i lettori conoscono? In tali casi, si danno spesso
consigli alquanto soggettivi, adatti magari soprattutto per chi li dà, ma non
per forza per tutti.
Come ribadito, in questo come in altri contributi di altri lettori ci cose certo
degli aspetti condivisibili. Purtroppo tali interventi non comunicano sempre a
chi legge quella sapienza e quel discernimento necessari, che sono
efflusso del timor dell’Eterno. Giacomo ricordò letteralmente: «La sapienza
dall’alto, è dapprima dignitosa, poi pacifica, moderata, arrendevole, piena di
misericordia e di buoni frutti, integerrima, senza simulazione» (Gcm 3,17).
Quando si interviene in un dibattito, bisogna prima
capire tutto ciò, che hanno scritto gli altri nell’attuale articolo o nel tema
di discussione; e poi bisogna intervenire nel merito, senza cercare di
attribuire agli altri cose che non affermano veramente e senza paragonarli con
gli spauracchi
mentali, che si cerca di combattere. Altrimenti la suggerita (e spesso abusata)
«unzione», quale strumento universale per risolvere le questioni spirituali e
morali, appare solo un fronzolo devozionale senza nessun significato.
2. L’esempio
significativo: «il mondo»
Faccio notare che, di là dalle convenzioni dei cristiani e degli evangelici, il
termine «mondo» non è una loro invenzione, ma è un concetto biblico. Esso è
usato sia come «sfera ostile a Dio», sia come ambito del suo dominio, sia come
oggetto del suo amore, sia come destinatario dei suoi giudizi (in caso
d’impenitenza). Ecco solo qualche esempio qui di seguito.
■
Il mondo come destinatario dell’opera di Dio: Dio ha tanto amato il mondo
(Gv 3,16; cfr. però «chiunque crede» e il «già giudicato» del v. 18). Gesù
voleva che il «mondo» conoscesse che il Padre lo aveva mandato (Gv 17,23) e che
lui amava il Padre (Gv 14,31).
■
Distinzione fra Gesù e il «mondo»: Parlando ai suoi fratelli carnali,
Gesù affermò: «Il mondo non può odiare voi; ma
odia me, perché io testimonio di
lui che le sue opere sono malvagie»
(Gv 7,7). Egli, parlando del «granello di frumento caduto in terra», per
significare la sua prossima morte, contrappose «chi ama la sua vita… e chi
odia la sua vita in questo mondo» (Gv 12,24s). Che il mondo lo odiasse, lo
evidenziò più di una volta (Gv 15,18; v. 19 odio per i discepoli).
■
Distinzione fra credenti e «mondo»: Gesù aveva «amato i suoi che erano
nel mondo, [e] li amò sino alla fine» (Gv 13,1). «Se
foste del mondo, il mondo amerebbe quel che è suo; ma perché
non siete del mondo, ma io v’ho
scelti di mezzo al mondo, perciò
vi odia il mondo» (Gv 15,19).
Che il mondo odiasse i discepoli, Gesù lo evidenziò più di una volta (Gv 17,14).
Gesù, menzionando il mondo, supplicò il Padre «che tu li ami come hai amato
me» (Gv 17,23) e chiese per loro la presenza con Lui e il privilegio di
vedere la sua gloria (v. 24). I discepoli, a differenza del mondo, hanno
riconosciuto che il Padre aveva mandato suo Figlio ed erano perciò oggetto della
particolare presenza e del particolare amore di Gesù (vv. 25s). L’odio da parte
del mondo e l’identificazione privilegiata e amorevole del credente verso i
fratelli furono ricordati anche dagli apostoli (1 Gv 3,13s; cfr. v. 10 «figli
di Dio e i figli del diavolo»).
■
L’appartenenza e il mandato: Il termine «mondo» designava l’appartenenza
primaria nelle aspirazioni esistenziali. Al riguardo Gesù ricordò dinanzi al
Padre: «Io ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché
non sono del mondo, come io non sono del mondo. Io non ti prego che tu li
tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi
non sono del mondo, come io non sono del mondo» (Gv 17,14ss). Subito
dopo, Gesù ricordò il mandato nel mondo: «Santificali nella verità: la tua
parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel
mondo» (vv. 17s). Come si vede, solo chi ha una forte identità con la verità
e una sufficiente distanza dal «mondo», può avere un compito qualificativo di
ambasciatore di Cristo e di testimonianza in esso. Coloro che si sono adattati
al «mondo» e si sono accomodati esistenzialmente e moralmente in tale cultura,
hanno spesso poco da brillare.
■
La cultura senza Dio: Il mondo non intende nel NT sempre il creato o
l’umanità, ma la cultura ostile a Dio e dei «senza Dio», che si trova in
contrasto con la via biblica. Perciò viene raccomandato: «Non
amate
il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre
non è in lui. Poiché
tutto quello che è nel mondo: la concupiscenza della carne, la
concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non è dal Padre, ma è dal
mondo. E il
mondo passa via con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio
dimora in eterno» (1 Gv 2,15ss).
Mi fermo qui con
questi pochi esempi scritturali. Essi mostrano che la concezione del «mondo»
non è un’invenzione dei cristiani biblici odierni. Come ho mostrato nel mio
precedente intervento, non dobbiamo né adattarci al «mondo» (sale insipido;
liberalismo), né schermarci da esso (nascondere la luce), uscendo dal mondo (1
Cor 5,9ss), come fanno alcuni gruppi di frangia (massimalisti). D’altra parte,
solo chi ha una forte consapevolezza delle differenze, potrà dialogare
col «mondo» ed essere di aiuto e di testimonianza; chi non ha l’ancora sul fondo
o le radici profonde, sarà presto travolto (cfr. Ef 4,13ss). L’ingiunzione
apostolica era questa: «Siate
irreprensibili e schietti, figli di
Dio senza biasimo in mezzo a una
generazione storta e perversa,
nella quale voi risplendete come luminari nel mondo, tenendo alta la Parola
della vita» (Fil 2,15). La forte identità della fede in Cristo
permette di essere veramente sale e luce nella società. Altrimenti parliamo di
aria fritta, di un cristianesimo all’acqua di rose, di un umanesimo
cristianizzato, di una fede a poco prezzo, né fredda e né fervente, adatta per
tutte le stagioni e per ogni circostanza.
6. {Sara
Iadaresta Esposito}
▲
Ho letto la questione e
vorrei dire che sono d’accordo con il fratello Nicola. Infatti è capitato a me
per prima che, avendo contatti sempre con amici non credenti, si finisce o per
lasciarli o per diventare come loro, e quindi tiepidi! Il mondo s’intrufola
piano piano, un po’ alla volta e, alla fine, la coscienza non t’allerta più,
perché ha perso le sue regole. Una volta ho letto che la coscienza, se non la
«regoli» con il Signore, a poco a poco perde il suo senso di giustizia e non
suona più il «campanello d’allarme»; e alla fine ti ritroverai a fare le loro
stesse cose, senza più darvi peso! La decisione sta a te: se pensi di poter
stare con loro e di riuscire, allo stesso tempo, a dargli testimonianza senza
farti sviare, è buono. Capisco la tua paura di solitudine; io ho passato tutta
la mia infanzia sola senza amici, perché ero l’unica giovane in chiesa, e le mie
amiche del mondo non mi volevano, perché con me evidentemente si sentivano a
disagio e non erano libere di fare tutto ciò che volevano! Il Signore continui a
benedirvi. {27 ottobre 2009}
7.
{Vincenzo Russillo}
▲
Vorrei ringraziare tutti coloro che sono
intervenuti per darmi dei saggi consigli. Purtroppo non è sempre facile
conciliare le due cose [= fede e amicizie, N.d.R.]. Sicuramente la mia scelta
sarà sempre Gesù e, come mi avete consigliato, spero anche di poter essere luce
per i miei amici non credenti. {03-11-2009}
8. {}
▲
9. {}
▲
10. {}
▲
11. {}
▲
12. {}
▲
►
Il giogo diseguale fra credenti e increduli
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Rapporti_amici_mondo_EdF.htm
23-10-2009; Aggiornamento: 03-11-2009 |