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La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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PRETESTI UMANI PER NON ACCETTARE LA SALVEZZA DIVINA? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

La mamma di un giovane lettore, convertitosi a Cristo non molto tempo fa, ha suggerito al figlio un catalogo di domande e di osservazioni da presentarmi per un’analisi e per una risposta, cosa che ho fatto nell’articolo «Pretesti umani per non accettare la salvezza divina».

    Purtroppo nei contributi ricevuti c'erano diversi depistaggi dal tema principale. Ciò che era un dettaglio (unzione con imposizione delle mani, denominazioni), era diventato oggetto stesso del confronto. Poiché così si rischiava di andare fuori tema, ho eliminato tali parti. Atteniamoci alla questione principale!

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Claudia Falzone

2. Gianni Siena

3. Pietro Calenzo

4. Irene Bitassi

5. Guerino De Masi

6. Vincenzo Russillo

7.

8.

9.

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Claudia Falzone}

 

Ho letto con interesse questo testo. [...] Certamente è apprezzabile tutto ciò che fa la mamma di Vincenzo, ma a che serve giustificarsi con sé stessi e poi volersi rifiutare di conoscere cosa dice Dio? Lei pensa che la Bibbia sia un insieme di regole da seguire, ma se la leggesse, saprebbe che il cristianesimo è proprio tutto l’opposto, nel senso che non parla di seguire determinante norme per essere salvati, ma essa parla di nuova nascita, cioè d’essere una persona nuova.

     La signora dice: «Se Dio è amore perché non mi salva lo stesso anche se non leggo la Bibbia?». Ma non è che Dio salva solo quelli che leggono la Bibbia! Dio salva coloro che credono nel sacrificio di Cristo e sono da Lui rinnovati! E come si fa a sapere cosa dice Dio, se ci si rifiuta di leggere la Bibbia? Non pensa che rifiutarsi di leggere la Parola di Dio e considerarla non importante, sia un offesa a Dio stesso? Oltretutto, come fa a essere sicura d’essere nel giusto, se non si cura di conoscere le parole di Dio?

     E poi, altra cosa importante, come fa a credere in Dio, se non conosce nulla di Lui? A cosa l’avrebbe fatta scrivere a fare la Bibbia? E se poi viene qualcuno e le predica un vangelo sbagliato, un Dio diverso, come potrebbe questa signora difendersi, se non ha altra guida oltre la sua opinione? Se non si conosce la Bibbia e qualcuno ci propina qualche bella filosofia, la nostra opinione può anche cambiare e accettare quindi quei discorsi; come ci si può difendere da questo senza conoscere le parole di Dio? Queste domande potrebbero essere uno spunto di riflessione per questa signora che, sembra comunque disponibile a un certo concetto positivo, ma che rifiuta a priori qualcosa che non conosce bene, perché ne ha solo qualche percezione tramite l’esperienza del figlio.

     Bisogna farle sapere che Dio non è all’interno d’una denominazione cristiana, ma è vivente e si mostra a tutti coloro che lo cercano; tuttavia lei non deve giustificarsi da sé stessa, come ha detto giustamente il fratello Nicola. Infatti se per esempio, uno si dice fra sé e sé: «Io sono sano perché faccio questo e quest’altro»; e così facendo, si rifiuta di farsi visitare da un dottore competente, non può pretendere d’essere sicuro della sua salute... Così è per il Signore, se noi ci giustifichiamo e ci dichiariamo «bravi» da noi stessi. {04-02-2010}

 

 

2. {Gianni Siena}

 

 

Anch’io vivo una situazione simile... ho parenti che non fanno mistero della loro autosufficienza. Alle mie obiezioni rispondono che la mia fede non è sufficiente a convincerli. Qualcuno m’attacca, affermando che la Bibbia è un libro umano. Ho scoperto che di fronte a queste persone la cosa migliore è tacere e non intavolare un discorso con loro, se non vogliono.

     Succede, prima o poi, che dovranno apprezzare l’aspetto migliore della nostra testimonianza. Accade appunto che mi si chieda conto del comportamento d’una parente ugualmente evangelica e rispondo loro che la Bibbia insegna diversamente: essi possono constatare appunto la diversità di cammino. O ammetteranno che, al bisogno, siamo pronti a soccorrerli o andiamo loro incontro: un buon esempio fa più di mille parole.

     Poi arriverà anche il momento dei «grandi» ragionamenti filosofici e religiosi. Sempre una mia ipercritica parente m’ha confessato che, dopo aver studiato la questione dell’esistenza di Dio, seguendo i ragionamenti (scontatamente per lei...) logici dei grandi pensatori contemporanei, ha concluso che Egli non esista. Ma ha un problema: quando pensa all’inesistenza di Dio, si mette a piangere... vorrebbe che esistesse. Questo è l’essere umano, nel quale Dio ha messo rettitudine e pensiero dell’eternità ma che, causa la caduta, cerca di non affrontare i suoi problemi.

     Anche noi siamo «divisi»? Vero, ce n’è per tutti i gusti: battisti, pentecostali, Fratelli e «fratelli» d’ogni altra denominazione... ma arriva il momento che uno di questi «omuncoli», nati di nuovo, ti viene incontro e mostra con i fatti e in verità di conoscere realmente Cristo. Dunque? Gli angeli fanno festa per un’anima salvata. Shalom… {04-02-2010}

 

 

3. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: Il cammino spirituale del caro fratello Vincenzo rispecchia per molti versi il mio cammino spirituale e la chiamata del Signore, che l’ha reso possibile. Ricordo, con una certa simpatia, una delle prime domande che rivolsi da giovane credente appena rigenerato alla mia carissima madre: «Mamma noti qualcosa di nuovo in me?». Mia madre mi rispose: «No, sei sempre lo stesso!!!». Immaginatevi tutti il mio sconforto, poiché l’essere più caro al mondo, mamma, non vedeva il frutto della nuova nascita, vivente in me. Solo qualche anno dopo, non ricordo in quale occasione, certamente si trattava comunque d’una prova impegnativa per la nostra famiglia a Cassino, mia madre mi disse: «Piero, non sei più tu, come sei cambiato...».

     Caro fratello Vincenzo, ti ho voluto offrire questa breve testimonianza autobiografica, per incoraggiarti nel cammino celeste da te intrapreso, nella salvezza, che ora tu vivi in Gesù Cristo. La migliore testimonianza da offrire alla mamma, a tutti i tuoi cari, è il libro della tua vita di credente, non trascurando comunque mai la fede pensante, cioè una fede scritturalmente ferma e pensante; dobbiamo essere pronti, come la Scrittura afferma, a rendere scritturalmente ragione della certezza della speranza che abita in noi.

     Ho letto tutti i punti che il caro fratello Nicola Martella ha in serbo per la tua mamma, e ti posso confessare che non potevi fare scelta migliore, poiché sa sapientemente coniugare l’amore con la verità che procede dalla Scrittura, quella che si definisce una vita di fede emotivamente intelligente.

     Nella mia famiglia v’erano due prelati cattolici e un monsignore, e ti posso confidare caro Vincenzo, che i primi tempi sono stato perseguitato in modo quasi feroce da tutti i miei familiari, compreso mia madre. Oggi mia madre non c’è più, è scomparsa nel 2000; eppure quando era nelle fasi più delicate della sua sofferenza, voleva sentire il conforto della sola Parola di Dio, che le leggevo, e chiedeva costantemente le mie preghiere. Nel 1991, il Signore fece nascere di nuovo, per mezzo del suo Spirito, mio fratello primogenito Giovanni; e sai quale fu il commento di mia madre: «Ora ho due figli, che praticano la fede della Bibbia». Aveva capito tutto, tant’è che una volta, non tanto tempo prima del decesso, mi disse: «Piero io conosco che tu sei nella verità, ma io voglio morire nella religione dei miei genitori», così è stato, purtroppo; ma non ha mai smesso d’additare e di difendermi, addirittura dagli attacchi demoniaci d’un altro parroco, che con molto garbo fu messo alla porta dalla mamma.

     Continua a confidare nel Signore, medita giorno e notte la perfetta Parola di Dio, poiché, coloro che sono del mondo, non credono in virtù di pseudo miracoli o segni (anche Gesù s’espresse, in tal modo — anche se i veri miracoli del Signore, sono sempre possibili), ma in virtù della solidità del tuo attaccamento alla Parola e alla testimonianza viva della tua vita. Del resto anche Gesù il Messia disse: «Beati quelli che non vedono, ma credono». Infatti, caro fratello Vincenzo, come il Signore Gesù stesso ci insegna nella Santa Parola, molti videro grandi segni e portenti nella vita del Signore Gesù, eppure non credettero in lui. Se fondiamo la nostra fede sulla solida Parola di Dio, e solamente su d’essa, senza farci influenzare dalle nostre emotività sperimentali (come avviene per esempio nelle comunità carismatiche o neopentecostali), vedrai la potenza di Dio nella tua vita e nella tua famiglia. Un caro abbraccio, tuo fratello Pietro. {04-02-2010}

 

Risposta: Ti ringrazio, Pietro, per la bellissima testimonianza. Questo tuo spaccato di vita, mi ha dato molto coraggio. Se dovessimo fare un parallelo tua madre, come la mia, aveva raggiunto un sentore di verità. Non è una cosa automatica e per questo bisogna lottare e perseverare (Colossesi 4,2). Sicuramente non mi stancherò mai di predicarle l’Evangelo e spero che queste parole, scritte da Nicola, la facciano riflettere. {Vincenzo Russillo; 04-02-2010}

 

 

4. {Irene Bitassi}

 

Ciao, Nicola, vorrei dare un mio piccolo contributo alla discussione.

     Anch’io, prima della conversione, ragionavo in maniera simile alla madre di Vincenzo. Dicevo: «Sono una brava ragazza, perché Dio dovrebbe condannarmi? C’è chi fa molto peggio!» (ma poi in fondo non mi sentivo mai a posto davanti a Dio). In seguito, mi è capitato di sentire anche diverse altre persone ragionare così.

     Ebbene, invocare le proprie opere, la propria giustizia per la salvezza, vuol dire invocare Cristo come Giudice, non come Salvatore. In qualche modo, alla fine della vita, incontreremo Cristo e Egli ci dà persino l’opportunità di scegliere sotto quale veste. Prima di decidere che possiamo affrontarlo in veste di Giudice, è meglio valutare se abbiamo davvero le carte in regola per superare positivamente il processo. Quindi, valutiamo a fondo queste ragioni, che pensiamo d’avere.

 

1) «Ci sono tanti che sono peggio di me»: Un ladro, durante il processo a suo carico, non si difende davanti al giudice, dicendo: «Sì, ho rubato, ma non sono mica cattivo come quello là, che è un assassino». È vero che il ladro non è un assassino ed è peggio uccidere che rubare. Ma ciò non toglie che il ladro viene giudicato per furto. Per difendersi, deve dimostrare di non aver rubato, non giustificarsi, dicendo che sì, ha rubato, ma non ha ucciso. Questo è normale e logico anche nei nostri imperfettissimi tribunali umani. Quindi non si capisce perché, davanti al Giudice Supremo, dovremmo ragionare in maniera totalmente differente. Ciò sgombra subito il campo dal confronto con altri: possiamo chiederci solo se, in tutta onestà, noi siamo a posto con la Legge di Dio, non cosa fanno gli altri.

 

     2) «Sono abbastanza bravo»: Per non avere conti in sospeso con la Legge di Dio, non basta essere abbastanza a posto, bisogna essere a posto con tutto. «Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma viene meno in un solo punto, è colpevole su tutti i punti» (Giacomo 2,10). Questo è troppo duro? No, anche questo è assolutamente normale nei tribunali: il Codice Penale punisce chi infrange anche solo un comma. Dunque, il problema non è se si è abbastanza bravi, ma se si rispetta tutto.

 

     3) «Ma io vivo da buon cristiano»: Ho sentito persino qualcuno aggiungere: «…anche se non credo in Dio»! Beh, per poter dire di vivere da buoni cristiani, esaminiamo cosa Cristo chiede ai suoi discepoli: «Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli» (Matteo 5,48). Siamo perfetti? Ciò significa: siamo in regola per passare il giudizio davanti a Cristo, altrimenti non viviamo da buoni cristiani, non c’è scusa che tenga. Se poi qualcuno si sente proprio perfetto, forse è meglio che esamini più a fondo la Legge, per valutare bene cosa intenda Dio per perfezione. Infatti, non basta non uccidere, non rubare, ecc., ma occorre anche non provare mai invidia (Esodo 20,17), amare i propri nemici (Matteo 5,44), avere una castità mentale, non solo fisica (Matteo 5,28), ecc... Non mi è mai capitato nessuno che messo davanti a queste parole, abbia avuto il coraggio di continuare a sostenere che vive da buon cristiano.

 

La cosa più saggia è di prendere sul serio l’idea di incontrare Cristo come Giudice e invocarlo, fin da ora, come Salvatore.

     Ricordo una volta, quando non ero ancora convertita, che a Messa sentii leggere questa parte del Vangelo: «Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio e si secca; poi questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e sono bruciati» (Giovanni 15,6). Quando tornai a casa, mi misi a piangere, perché capivo, anche se confusamente, che sì, potevo essere una brava ragazza, ma non dimoravo in Cristo (e all’epoca oltretutto non avevo nemmeno idea di cosa volesse dire dimorare in Cristo).

     In quanto a tutti gli argomenti sulle divisioni confessionali, sull’essere cattolici o evangelici, diciamo che, secondo me, sono tutte questioni secondarie. Sono di Cristo tutti coloro che sono rinati. D’infedeltà ed errori ce ne stanno da tutte le parti: bisogna scegliere dove uno pensa che, alla luce della Parola di Dio, ce ne siano meno. Ma è un problema prematuro per chi non ha fatto un vero atto di fede in Cristo e nemmeno legge la Bibbia. È più comodo affrontare le debolezze dei credenti di qualsiasi confessione, piuttosto che confrontarsi con le proprie davanti a Colui che è perfetto.

     Con questo non voglio giudicare nessuno, ma solo far conoscere i ragionamenti, con cui io stessa per prima mi sono dovuta confrontare, sperando che possano essere utili agli altri.

     Sinceramente, però, dubito che la madre di Vincenzo in questo momento si lascerebbe convincere da qualsiasi argomento, pur valido che sia. Infatti, mi pare di capire che le sue obbiezioni scaturiscano da una discussione polemica, non da un vero desiderio di cercare la verità. Perciò forse il meglio, che possiamo fare per lei, è pregare. Se ci si pensa bene, non è facile per una madre sentirsi dire dal figlio che ha trovato un Genitore migliore di lei e che Lo ama di più.

     Ciao, Nicola, e grazie per la tua opera, che è sempre utile. {05-02-2010}

 

 

5. {Guerino De Masi}

 

Grazie Nicola e grazie a Vincenzo per il tema che ci proponete. Vorrei parlare direttamente alla mamma di Vincenzo.

     Buona sera sig.ra Russillo. Mi chiamo Guerino De Masi. Sono calabrese pure io. Nato a Catanzaro, allorché mio padre Giuseppe che era carbonaio lavorava tra quelle montagne di Marcellinara. Ma i miei genitori sono di Galatro, quel paesino dell’entroterra nei pressi di Rosarno, Cinquefrondi, Laureana e Polistena. Anzi, più specificamente, i miei nonni materni, Simari, provenivano da «du Casali», Giffone.

     Ho letto con interesse l’articolo, in cui suo figlio Vincenzo ci parla del suo rapporto con lei. Allora, io vorrei parlarle di mia mamma. Ci ha lasciati tre anni fa circa all’età di 92 anni. Si chiamava Giovannina Simari, ma da tutti, e da sempre, era chiamata Carmeluzza. Era una bambina di 5 anni, quando suo padre (mio nonno, Michele Simari) e suo fratello Antonio (mio zio) tornavano dall’Argentina senza aver fatto fortuna, cosa che tanti nostri compaesani hanno cercato emigrando in Sudamerica. Hanno però portato a casa due bauli pieni di letteratura evangelica. Sì, perché a Buenos Aires, hanno conosciuto degli evangelici che hanno loro parlato del Signore Gesù, e colpiti dalla loro testimonianza hanno scoperto poi che il Vangelo parlava d’un Salvatore che loro ignoravano, pur essendo cattolici come tutti i loro compaesani.

     Mia mamma è così cresciuta fino ai suoi 18 anni, in una famiglia con influenza evangelica e con l’ascolto della lettura della Bibbia.

     Poi, mia madre, sposata a mio padre Giuseppe De Masi, per tanti anni è stata lontana dai suoi familiari, seguendo il marito; e con la famiglia si trasferiva, di volta in volta, fino a dover espatriare con figli e bagagli in Francia.

     In tutti quei lunghi anni, io e i miei fratelli non abbiamo mai sentito una brutta parola uscire dalla sue labbra. Sempre attenta nell’educarci al rispetto per gli altri, all’onestà e al timore di Dio. Non mancava mai d’esprimere solidarietà verso i bisognosi (per esempio, ogni qualvolta che sfornava il pane, inviava uno dei suoi figli a portare almeno una pagnotta avvolta in un tovagliolo a qualcuno); e quando cattive persone hanno cercato d’infangarla, spargendo falsità sulla sua morale, ricordo bene perché l’ho sentita con le mie orecchie, diceva: «C’è il Signore, che sa ogni cosa».

     A Pasqua del 1965, entrò in casa gioiosa esclamando: «Finalmente, la Pace del Signore è entrata nella nostra casa!». Lei, con mio padre e due dei miei fratelli, in visita a una figlia sposata a Gorgonzola, avevano sentito parlare di Gesù in un’incontro d’evangelici. Tutti loro sono stati toccati nel cuore dall’amore di Dio per ogni uomo e donna e si sono affidati a Lui per essere salvati.

     Anche mia mamma, come lei, era una donna onesta e timorata di Dio, ma non lo conosceva personalmente, se non attraverso la religione cattolica (che tutti quanti noi praticavamo) e attraverso i ricordi d’infanzia con suo padre e suo fratello.

     Solo quando ha deciso di affidarsi interamente al Signore Gesù, la sua vita ha preso una svolta che l’ha portata a una fede nuova, vera, scevra di religiosità e con un contatto personale e diretto con Dio.  La sua vita, già onesta, fu arricchita di motivazioni ulteriori e migliori, dopo che aveva chiesto perdono al Signore per i suoi peccati e che di conseguenza era diventata una figlia di Dio.

     Per anni abbiamo avuto in casa una di quelle porzioni della Bibbia che nonno Michele e zio Antonio gli avevano dato. Non c’era nessuno che la leggesse. A parte mio fratello maggiore, che più volte provò a mettersi d’impegno, ma che subito rinunciava, dopo aver messo alla prova quelli che si definivano religiosi. Infatti egli si metteva a osservarli criticamente, per vedere se quanto dicevano fosse fattibile e soprattutto credibile. La sua conclusione era che nessuno poteva porsi come modello ed esempio… e forse, in questo senso aveva più che ragione.

     Prima della sua conversione, alcuni evangelici pentecostali e addirittura i Testimoni di Geova avevano provato a influenzare mia madre, ma lei rimase sempre in una posizione critica, forse di diffidenza, finché non si è messa all’ascolto del Vangelo di Gesù Cristo.

     Pertanto, questa mia lettera vuole semplicemente incoraggiarla a guardare oltre i vari pastori sia evangelici che cattolici, anzi anche oltre il suo caro Vincenzo, per rivolgersi direttamente al Signore Gesù che affermò di non rimandare deluso chiunque va a Lui.

     Dio la benedica e che la testimonianza della nuova vita di suo figlio Vincenzo possa essere per lei di gioia e incoraggiamento per conoscere e seguire assieme il Signore Gesù. {05-02-2010}

 

 

6. {Vincenzo Russillo}

 

Nicola, stamane, dopo che mia madre ha letto il tuo testo, sono andato da lei per sentire le sue opinioni. Il nostro confronto è andato meglio di quanto credessi. Ti riporto principalmente quello che ci siamo detti. Il testo lo aveva letto ieri ma, per diversi impedimenti, ne abbiamo discusso solamente oggi, tuttavia lei mi ha detto innanzitutto di porgerti i suoi ringraziamenti. Dopo di che le ho detto: «Allora cosa ne pensi?».

     «Lo trovo interessante e ho capito un po’ di cose». So che è molto orgogliosa e che non mi dovevo aspettare molto da lei. Le replico : «E allora dimmi».

     «Sono d’accordo con quello che scrive Nicola. Io credo all’unico vero Dio ed è da un po’ di tempo che non credo alla madonna o ai santi cattolici». Quando mi ha detto tali parole, ero felicissimo perché è molto restia nel parlare di Dio. Poi ha aggiunto quanto segue.

     «Io prego ogni giorno, anche prima di mangiare, tra me e me ringrazio il Signore. Quindi che devo fare? Credo in Dio, lo amo e quindi cos’altro?». A questo ho replicato: «Se lo ami, devi fare anche la sua volontà e soprattutto devi iniziare a riconoscerti umilmente peccatrice di fronte a Dio. Per sapere ciò che Lui vuole iniziamo già da stasera a leggere assieme la Bibbia».

     La sua risposta è stata negativa. Non ne ha voglia, ha detto che lei preferisce essere libera, priva di regole. Io le ho detto che il fatto che lei abbia abbandonato le vecchie credenze (della religiosità popolare), è già un passo positivo. La questione è che adesso crede a Dio in modo sempre devozionale e quando ne ha bisogno. Lasciando però le vecchie tradizioni, ha smarrito la propria identità. Crede ma non sa a cosa. Sono convinto che non è lontano dalla verità, però è troppo orgogliosa e non vuole lasciare il vecchio uomo o meglio la vecchia donna.

     Mi dispiace che questo passo in avanti non l’abbia raccontato a parole sue, ma l’abbia dovuto farlo io. Comunque, diciamo, che è una «piccola vittoria». {05-02-2010}

 

 

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9. {}

 

 

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11. {Vari e medi}

 

 

12. {Vari e brevi}

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Pretest-uman_salv-divin_EnB.htm

04-02-2010; Aggiornamento: 06-02-2010

 

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