Il tema della giustizia di Dio e quello della giustizia umana sono abbastanza
ampi, dibattuti e controversi. Il rischio è quello di «fissarsi» su alcuni
aspetti soltanto, trascurando gli altri. Per alcuni la giustizia è solo sinonimo
di giudizio e di punizione, per altri è soltanto un'altra parola per concetti
quali redenzione, salvezza e amore. Gli uni vorrebbero che un «Dio giusto» non
fosse anche clemente, gli altri vedendolo come «solo amore» non possono
immaginarsi che possa punire, comminare il giudizio e condannare in modo
storico, personale o eterno. Come
accordare insieme la «giustizia punitiva» di Dio con la sua «giustizia
redentiva»? È possibile immaginare in senso teologico una «doppia dimensione
della giustizia di Dio»? Come si accordano insieme la giustizia di Dio quale
giudice imparziale con la sua volontà di giustificare (= dichiarare giusto) il
trasgressore della sua legge mediante la «giustizia sostitutiva» (sostituzione
vicaria) di un essere innocente? Come si vede, il tema è complesso, ma nella
logica biblica forma un unicum che evidenzia il «Dio giusto» nell'attuare
sia le sue minacce, sia le sue promesse.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1. {Ruchama} ▲
Non potrò mai dimenticare un giorno mentre ero a scuola nella mia classe,
durante l’ora di lettere, protestai per non ricordo quale motivo e dopo la
risposta della mia professoressa io dissi «Ma questo non è giusto!», lei mi
rispose «Silvia, il mondo è pieno di ingiustizie, è ora che tu cominci ad
abituarti!» Questa frase pronunciata con tono sarcastico ma convinto mi fece
riflettere molto «Noi non dobbiamo abituarci, ma combattere» pensai. Molti si
lamentano ai giorni d’oggi a motivo di tante ingiustizie che vengono subite,
altri sono stanchi di combattere e come la mia professoressa sostengono che
bisogna solo imparare a convivere con essere perché non si può fare niente per
cambiare il corso inevitabile delle cose, altri sostengono che la giustizia sia
una questione di relatività: chi può dire cosa sia giusto e cosa non lo è?
Nessuno può saperlo realmente e quindi ognuno cerca di sopravvivere come meglio
può. A volte si chiude semplicemente un occhio e si gira la testa dall’altra
parte e ormai, non si ha più tanta voglia di battersi per ciò che è
giusto. La Bibbia parla dall’inizio fino alla fine di un Dio di
giustizia e questo tema sembra percorre ogni singolo libro come una costante che
non può fare a meno di comparire in quanto caratteristica principale dell’essere
di Dio e delle sue stesse azioni e interventi nella storia umana. È proprio
perché Dio è un Dio giusto che agisce come agisce ed è proprio per questo
carattere che lo distingue che Egli ha dovuto mandare Suo Figlio Gesù a morire
sulla croce, proprio affinché la sua giustizia venisse soddisfatta. Spesso
preferiamo parlare dell’amore di Dio, della sua compassione, della sua
misericordia, della sua infinità bontà nei confronti dell’uomo peccatore, di un
Dio che comprende, che usa compassione, un Dio che guarisce, un Dio che consola,
un Dio che ascolta, ecc…
Quando però si comincia a parlare di punizione, di peccato, di correzione, di
santità, di legge e autorità, di diritto, ecco che qualcosa comincia a
disturbarci e la nostra mente si rifiuta di ascoltare con cuore attento e
predisposto . Non ci piace se qualcuno ci dice cosa non va nella
nostra vita, non ci piace parlare di responsabilità e di conseguenze a delle
azioni. Ricordo quand’ero piccola ero terrorizzata ogni volta che la polizia ci
fermava. Il mio papà scendeva dalla macchina e io avevo paura che i poliziotti
trovassero in lui qualcosa che non andava. Lui tirava fuori tutti i documenti e
poi restava a parlare con loro e io quasi mi mettevo a piangere e anche dopo che
ripartivamo, provavo un senso di fastidio che non riuscivo a spiegarmi.
Nell’animo umano esiste una tensione che lo distingue come un essere che porta
l’impronta di Dio in sé: da un lato, un normale senso di giustizia, dall’altro
uno spirito che ci spinge a fare tutt’altro che cose giuste. Ed è interessante
notare come anche senza la rivelazione, in tutto il mondo, qualsiasi essere
umano ha dei principi che guidano la propria esistenza e nessuno si sognerebbe
di dire che commettere omicidio è giusto. Per quanto la nostra possa essere un
era relativista, ci sono delle leggi naturali che sono valide per chiunque.
Tuttavia, da qui ad una parte di tempo si sta assistendo sempre più allo
svuotarsi di ogni concreto significato di questo termine «giustizia». Così nelle
piccole cose come nelle grandi c’è un pervertimento vero e proprio di quelli che
sono i diritti e le leggi che invece dovrebbero regolare la vita di ogni giorno
e di una società. Questo vale per qualsiasi ambito: scuola, chiesa, famiglia,
ecc…
[...]
È interessante come sia connesso questo tema alla mia
conversione. Avevo nove anni infatti quando arrabbiata e amareggiata gridai
verso l’alto «Dio, tu non esisti, o se esisti sei un Dio ingiusto!» Ora, nel
ripercorrere brevemente con i pensieri la mia breve vita, mi rendo conto di
quanto io sia stata sciocca a pronunciare una simile frase e mi chiedo in quanti
siano oggi a farlo ancora. Un Dio ingiusto…
Dio è un Dio che sin dall’inizio si è interessato di
manifestare all’uomo la sua giustizia. La sua giustizia non corrisponde ai
canoni umani, la sua giustizia è qualcosa che va davvero al di là di quello che
noi possiamo comprendere. Possiamo tendere ad essa, ma almeno su questa terra
non giungeremo mai a tenerla completamente. Lodo il Signore per come Lui abbia
guidato la storia e se penso a ciò che egli ha fatto dalla prime pagine della
Genesi a oltre l’Apocalisse, a come Lui si è preoccupato di farsi conoscere, se
penso a Cristo che è stato il culmine e la prova definitiva per tutta l’umanità
non solo del suo amore, ma della sua giustizia divina, davvero non posso fare
altro che piegare le ginocchia davanti al mio Re e adorarlo per ciò che egli è. La fiducia che riponiamo in lui può stare tranquilla e
salda perché egli è il Dio di verità, che agirà sempre in favore della sua
giustizia, Lui non ha riguardi personali, né si lascia comprare da nessuno, Lui
non dimentica nessuna ingiustizia e non considera il colpevole per innocente.
Non ci difende se siamo nel torto e non ci abbandona se siamo nella miseria. Lui
è fedele e misericordioso, la sua gloria è ciò che conta. Lui è il Dio che
mostra la sua giustizia in tutta la storia e nell’umanità intera e allo stesso
tempo nella vita personale di ogni singolo individuo. In tutta la Bibbia abbiamo
visto come questo è vero, il Dio di Abrahamo che si manifesta a lui
personalmente è il Dio della storia che fa giustizia a tutta l’umanità. Il mondo di oggi è pieno di terribili ingiustizie, ma
il credente può restare fiducioso nel fatto che Dio è intervenuto, interviene ed
interverrà sempre. Ci sarà un giorno in cui tutti dovranno rendere conto di ogni
azione, un giorno in cui egli ritornerà, non più per salvare ma per giudicare.
Nel frattempo noi dobbiamo preoccuparci di vivere nelle vie del Signore ogni
giorno, ricercando la sua giustizia e il suo diritto nelle piccole cose così
come nelle grandi, essendo la luce di questo mondo e manifestando con le nostre
opere ciò che Dio stesso è!
Riconosciamo i nostri limiti, riconosciamo il fatto che
non sempre comprendiamo come Giobbe sin dall’inizio il modo di Dio di agire.
Spesso anzi ci sembrerà che Dio non stia agendo affatto, che abbia rivolto la
faccia dall’altra parte, sembrerà che egli stia dormendo o come pensano alcuni
che egli non si curi affatto di come le cose vanno qui sulla terra. Ma non
dobbiamo perderci d’animo, perché così non è. Lui sa e vede ogni cosa, Lui non
dorme ma farà ciò che ha detto. Egli agirà come e quando lui l’ha deciso e
niente potrà impedire che ciò accada. Perciò lodiamolo per ciò che fa e adoriamolo per ciò
che egli è e sforziamoci di ricercare questa sua giustizia con tutte le nostre
forze aspettando con gioia il suo glorioso ritorno.
«Io loderò il Signore per la sua giustizia,
salmeggerò al nome del Signore, l’Altissimo» (Salmo 7,17) .
«L’opera della giustizia sarà la pace e l’azione della giustizia
tranquillità
e sicurezza per sempre» (Isaia 32,17).
«Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché i sono il
tuo Dio;
io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia
giustizia» (Isaia 41,10).
2. {Fiorina
Pistone} ▲
Cara Ruchama, quando parliamo di giustizia dovremmo prima intenderci sul
significato che vogliamo dare a questa parola: essa ne ha uno nel linguaggio
corrente e un altro, diverso, che è tipico del linguaggio biblico. I testi
biblici, però, a volte utilizzano questa parola anche nel significato corrente.
Nel linguaggio corrente è giusto chi dà a ciascuno quello che merita: può essere
il datore di lavoro che dà la giusta retribuzione, l’insegnante che dà il giusto
voto, il giudice che stabilisce una pena adeguata al reato, o la giusta
assoluzione. Nel linguaggio biblico, invece, la parola giustizia vuol dire molto
di più. Tu dici che, secondo la Bibbia, la giustizia è la
caratteristica principale di Dio. D’accordo, purché intendiamo la parola
giustizia nel senso esatto: quello biblico. Dice Isaia 58,5: «Non è piuttosto questo il digiuno
che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare
liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nello spezzare il
pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri senza tetto, nel vestire
uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora
la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti
a te camminerà la tua
giustizia, la gloria del Signore ti seguirà». Questo Dio vuole da
noi: la giustizia nel senso di amore, perché Dio è amore (1 Giovanni 4,8). Dio, dici, ha mandato Gesù sulla croce perché la sua
giustizia venisse soddisfatta: come poteva essere soddisfatta la sua giustizia,
intendendo giustizia nel senso usuale (non biblico) del termine, se un
innocente, l’unico innocente, pagava per i peccati di tutti? La giustizia di Dio
(giustizia nel senso biblico del termine) è stata soddisfatta dal sacrificio di
Gesù, perché egli, con l’amore che ci ha dimostrato, ci ha resi capaci di amare,
di essere giusti nel senso biblico del termine. Dio ci ha mandato Gesù perché ci
amava: «Dio, infatti, ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio
unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna»
(Giovanni 3,16)
Faccio un altro esempio per dimostrare in che cosa
consiste la giustizia per la Bibbia: vedi Matteo 25,46, dove Gesù, a conclusione
del suo discorso sul giudizio finale, dice: «E questi (cioè quelli che non
avranno dato da mangiare agli affamati, da bere agli assetati ecc...) se ne
andranno al castigo eterno, i
giusti invece, alla vita eterna». Certo anche la giustizia usualmente intesa è una cosa
importante: non c’è neanche l’amore senza questa giustizia. Non posso pensare di
dare qualcosa a qualcuno per amore togliendogli prima quello che gli viene di
diritto, fare un regalo ma non dare la giusta retribuzione.
3.
{Nicola Martella} ▲
Ai fini della comprensione del contributo precedente e per facilitare gli
interventi al riguardo, aggiungo un catalogo di domande. L’autrice di questo
contributo insiste spesso su ciò che è «biblico»: coglie veramente sempre nel
segno? ▪ Si può ridurre la giustizia di Dio al solo concetto di amore? ▪ Il
fatto che Dio abbia mandato Gesù perché ci ama, esclude di per sé il fatto che
il «Dio giusto», invece di condannare il peccatore, provveda perché chi crede
possa essere dichiarato giusto mediante un atto di «giustizia sostitutiva» (i
meriti di Gesù)? È Dio ingiusto perché ha addossato al suo Servo, il Messia, la
colpa degli uomini che credono, alfine di salvarli dal suo giudizio? (Is
53,4ss.10ss; Ef 5,2). ▪ L’autrice non confonde l’atto giuridico di Dio
(giustificazione) con la prassi di giustizia susseguente (dirittura,
rettitudine, devozione) di coloro che hanno già accettato la grazia e la
salvezza di Dio? Non è pericoloso dal punto di vista dottrinale appiattire la
giustizia sull’amore soltanto e sulle capacità di giustizia degli uomini? (cfr.
Is 64,6; Ec 7,20; Rm 3,10ss.23s). ▪ Come si accordano insieme i due aspetti
della giustizia di Dio (o «doppia dimensione della giustizia di Dio»), quella
punitiva e quella salvifica? Com’era inteso l’atto di sostituzione vicaria
nell’AT e nel NT?
Per l’approfondimento si vedano i seguenti articoli in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002): «Giustizia», pp. 177s; «Giustizia di Dio», pp.
178s; «Giusto», pp. 179s; ● cfr. anche «Dirittura», p. 143; «Giudizio», pp.
172s; «Rettitudine», p. 300; «Sanzioni del patto», p. 321. |
4.
{Fiorina Pistone} ▲
Riprendo alcuni concetti enunciati da Nicola Martella:
■ La punizione: Dio punisce? Se infliggesse
punizioni personali, per esempio a quelle persone che pensano solo al proprio
piacere e ad arricchirsi anche a danno del prossimo e dell’intera società, e a
cui sembra andare tutto bene, credo che ne sarei contenta. Lo dico senza avere
la pretesa di giudicare il Suo operato, esprimendo semplicemente un mio
desiderio, perché Lui sa quello che fa. Vorrei una punizione a scopo correttivo,
come dev’essere la pena di chi commette qualche reato, secondo la nostra
costituzione. Una punizione che avesse lo scopo di indurre il peccatore al
ravvedimento rientrerebbe nel concetto di giustizia divina come lo intendo io,
giustizia inseparabile dall’amore. I teologi della mia Chiesa [Cattolicesimo
Romano, ndr.], però, oggi sembrano escludere tutti (almeno quelli che leggo io)
la possibilità della punizione. Così, in genere, anche i sacerdoti che sentiamo
predicare nelle nostre parrocchie. Dicono che i malanni che piovono addosso ai
peccatori sono una conseguenza naturale del peccato. Non so se hanno ragione:
chissà? Una volta sentivo parlare diversamente. Ma certamente si è anche
riflettuto sul rischio di giudicare gli altri, di escluderli dicendo: «Se ti è
capitata una cosa così terribile, devi aver fatto dei peccati veramente grandi».
■ La condanna eterna: Non posso escludere
che qualcuno (o molti) sconterà questo tipo di condanna, però penso che essa sia
essenzialmente un’autocondanna: se uno rifiuta consapevolmente Dio in questa
vita, non lo avrà nell’altra. Dio è il sommo bene e senza di Lui c’è solo
solitudine e disperazione. Gli altri mali collegati a questi posso solo
immaginarli piuttosto vagamente.
All’inizio questa è stata, per me, solo un’intuizione
mia (ma chissà se merita il nome di intuizione, secondo te?). Poi ho scoperto
che i teologi di oggi (quelli cattolici, almeno) la pensano, in genere, così.
■ La giustizia sostitutiva: Il concetto
che il Padre ha voluto che Gesù morisse in croce per riparare l’offesa a Lui
fatta dagli uomini, l’ho appreso nella mia Chiesa fin da bambina e, fin dove
arriva il mio ricordo, ne ho sempre provato un senso di perplessità e di
rifiuto. Più avanti mi sono resa conto che, nei suoi testi più argomentativi, la
nostra Chiesa presenta una catechesi per me pienamente accettabile.
Gesù, d’accordo col Padre, in obbedienza al Padre, ha
accettato di venire in mezzo a noi, sapendo che lo aspettava la morte in croce.
La morte di Gesù sulla croce non era ciò che il Padre voleva: sono stati gli
uomini a volerla. Certamente il Padre voleva che Gesù fosse coerente e anche
Gesù voleva questo, ma come avrebbe potuto senza morire in croce? Rinnegare il
proprio insegnamento? Neanche da pensare, naturalmente. Fuggire? Tutta la sua
opera sarebbe caduta nel nulla. Involarsi come Superman al momento opportuno?
Certamente sarebbe stato facile, per lui, come sarebbe stato facile buttarsi dal
pinnacolo del tempio quando stava per dare inizio alla sua missione (Matteo
4,5-7). Però in questo modo non avrebbe portato avanti fino all’ultimo la sua
testimonianza di amore, rinunciando fino alla fine alla sua uguaglianza con Dio
(Filippesi 2,6 ).
Ciò che ho scritto nel paragrafo precedente sono
soprattutto considerazioni mie. Ho in casa il libro «La verità vi farà liberi»
della CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Il capitolo 6, ai paragrafi 10
ed 11, tratta il mistero della redenzione e le interpretazioni rituali, morali e
giuridiche che lo riguardano. Cito a pg. 132:
«La prospettiva dell’amore gratuito
aiuta a capire correttamente altre forme di linguaggio, con cui la Chiesa ha
interpretato fin dalle origini l’inesauribile ricchezza del mistero della croce:
“Riscatto a caro prezzo” (1 Corinzi 6,20; 7,23 ) significa che l’opera della
liberazione è stata onerosa per Cristo; non che egli abbia pagato il prezzo a
Dio come ad un creditore esoso. Anzi l’iniziativa parte proprio dall’amore di
Dio ed è assolutamente gratuita, come la liberazione di Israele dall’Egitto.
“Sacrificio” è la morte di Gesù in quanto porta a compimento “una volta per
tutte” (Ebrei 7,27) il senso dei riti sacrificali dell’Antico Testamento…
soprattutto il sacrificio dell’agnello pasquale…Tali sacrifici convergono in
definitiva verso un unico obiettivo: attuare la comunione dell’uomo con Dio,
rendendolo partecipe della sua santità.
“Espiazione” è da intendere come purificazione, non come castigo sostitutivo.
Cristo non è stato condannato da Dio al posto nostro, anche se ha sofferto al
posto nostro ed a vantaggio nostro. Dio lo ha consegnato, non condannato; lo ha
fatto diventare “maledizione” per noi (Galati 3,13), ma non è stato lui a
maledirlo. L’amore di Dio ha fatto di Cristo lo strumento di espiazione, cioè di
purificazione dei nostri peccati, di riconciliazione dei peccatori e di
restaurazione dell’alleanza…
“Soddisfazione” vuol dire che la croce di Cristo ricostruisce l’ordine oggettivo
del mondo e il suo giusto rapporto con Dio, riparando i danni causati dal
peccato. Dio è soddisfatto nel suo amore creatore e santificatore, nel suo voler
dare appassionato. È giusto con sé stesso, perché Egli è carità. La sua è una
giustizia santificante, che rende giusto chi non lo è e concretamente coincide
con la sua misericordia. È lui stesso che suscita l’intercessione e la
mediazione di Cristo, e subordina ad essa ogni altro suo dono».
5.
{Nicola Martella} ▲
È chiaro che in quello che affermano Fiorina e il libro della CEI, da lei
citato, ci sono molti aspetti di riflessione, discussione, dissenso e confronto.
In che cosa corrobora la sacra Scrittura tali affermazioni? In che cosa crea
però un contrasto?
Nelle argomentazioni si sta presentando i risultati di esegesi biblica rigorosa
(la Bibbia spiega la Bibbia; testo nel contesto, ecc.) oppure si sta presentando
una dottrina confessionale, una teologia morale o, addirittura, le proprie
riflessioni morali soggettive?
Ad esempio, la morte in croce di Gesù è stata voluta e programmata da Dio? (cfr.
Is 53,10). L’espiazione (ebr. «copertura» [delle richieste della Legge mediante
il sangue di una vittima innocente]) era veramente intesa solo come
purificazione e non come castigo sostitutivo, così come afferma il testo della
CEI? (cfr. Is 53,4ss). Come può Dio rimanere «soddisfatto», se Cristo non avesse
adempiuto sostitutivamente la giustizia, che Egli reclamava dal peccatore, e non
avesse pagato vicariamente per lui? (cfr. Rm 5,8.10s; Gal 3,13; 1 Ts 5,9s). Si
vedano i concetti di «riscatto», di «sostituzione», di «vita per vita» che sono
alla base della teologia e dell’etica dell’AT e del NT.
Si prenda atto che nel giorno delle espiazioni (Lv 16), uno dei due animali
doveva morire perché l’altro potesse essere rimandato in libertà (vv. 8-10.21).
Similmente accadeva per due uccelli sacrificali durante l’espiazione di persone
guarite dal morbo cutaneo: l’uccello vivo veniva immerso nel sangue dell’uccello
sgozzato e, dopo la cerimonia, veniva lasciato libero d’andarsene per i campi
(Lv 14,6s; cfr. vv. 51.53).
6.
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07-04-2007; Aggiornamento: 06-10-2009
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