Articoli di etica provocano in genere reazioni, e cioè le più diverse. Così è
stato per «Pena
di morte e nuovo patto». Il nostro desiderio è appunto un
confronto franco e corretto. Via quindi alla discussione... Si vedano pure i seguenti scritti
►
La pena di morte {Nicola Martella} (D)
►
La pena di morte? Parliamone {Nicola Martella} (T)
►
Pena di morte e Bibbia {Fernando De Angelis} (A)
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi
al Webmaster
(E-mail)
Attenzione! Non si
accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e
cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno
pseudonimo, se richiesto.
I contributi sul
tema
▲
(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I contributi attivi hanno uno
sfondo bianco)
Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica
sottostante
1.
{Abele Aureli} ▲
Caro fratello
Martella, in America è contro la legge condannare una persona solo perché è
nera! Anche in Italia e contro la legge condannare gli innocenti. Forse in
America questo è accaduto nel passato, ma oggi potrebbe accadere solo con un
giudice «iniquo», esattamente come sono troppo magnanimi e lasciano i criminali
fuori dal carcere e poi questi commettono altri crimini! Se dipende dal giudice
e non dalla legge, non è giusto dire che in America si condanna una persona solo
perché è nera! Altrimenti dovremmo dire che i giudici in Italia condannano gli
innocenti e assolvono i rei! {13-12-2007}
2.
{Nicola Martella} ▲
Si ringrazia della
precisazione. Non era mia intenzione generalizzare. Sta di fatto che organi
indipendenti affermano quanto sia più facile negli USA incriminare un nero
rispetto a un bianco. Ciò dipenderà dal pregiudizio sociale, dal razzismo, da
organizzazioni come il Klu Klux Klan e da altro. Dipenderà forse, di caso in
caso, anche dal pregiudizio del giudice o dei giurati. Ad esempio, una giuria di
soli bianchi in un processo, in cui un nero o un ispanico è accusato di
qualcosa, esprime una tale pregiudizio.
► Secondo Amnesty International, sebbene gli afroamericani rappresentino il 12% della
popolazione degli USA, costituiscono oltre il 40% della popolazione dei bracci
della morte e un terzo del totale dei prigionieri messi a morte. Dal 1977,
quando fu ripresa la pena di morte negli USA, sono circa 200 gli afroamericani
«giustiziati». Sempre secondo Amnesty International: «Almeno uno su cinque degli
afroamericani messi a morte dal 1977 e uno su quattro degli afroamericani messi
a morte per aver ucciso uno o più bianchi, sono stati processati di fronte a
giurie formate da soli bianchi». È difficile pensare che questo avvenga per
ragioni completamente prive di aspetti discriminatori. Per altri dettagli vedere
la sezione dedicata da Amnesty International agli
Stati Uniti d’America.
È nostro desiderio e augurio che ciò non accada più. In ogni modo, il tema in
questione è la pena di morte. La discriminazione razziale era qui solo un
dettaglio, che potremo affrontare in un tema a sé.
3.
{Guerino De Masi} ▲
A proposito della «pena di morte». Ho letto la questione posta da Gaetano Nunnari, l’intervento
d’Andrea Diprose e la tua posizione. [►
La pena di morte? Parliamone]
Vorrei qui riproporre ciò che hai detto nei tuoi interventi: «Saresti disposto a
essere il “boia” che eseguirà la sentenza di pena di morte?». Nicola ha detto di
no. Io rispondo NO.
Qualche anno fa, la questione era stata proposta «in una predicazione» nella
chiesa che frequentavo. Alla mia opposizione, mi si ricordava che la spada del
giudice è là per fare rispettare la legge e che in quanto spada è lì per
eseguire la condanna mortale! Il mio parere è che questo cozza con il messaggio
evangelico che chiama a ravvedimento gli uomini tutti, compresi i colpevoli di
delitti di sangue.
Noi stiamo distinguendo tra peccato e peccato. Cosa che non fa la Bibbia perché
tutti i peccatori sono privi della gloria di Dio. Gesù ha equiparato l’omicidio
all’offesa del fratello («raca»), l’adulterio al pensiero di desiderio.
La Parola evidenzia dunque la gravità d’ogni peccato, che è infrazione della
Legge di Dio. La grazia di Dio in Cristo è dunque offerta a tutti, che siano
bugiardi, ladri, adulteri o assassini.
Meglio dunque un colpevole assassino in prigione (operando per la sua
conversione) che un innocente assassinato da una legge (la pena di morte), che
poi è applicata da autorità che non sono sottoposte alla volontà di Dio.
Concludendo: No alla pena di morte! {13-12-2007}
Nota editoriale: Sebbene sia d’accordo con il «no» alla pena di morte, l'argomentazione su
peccato e peccati è un po' problematica. Al riguardo rimando al seguente
articolo del «Dizionario biblico»: ►
Peccati e loro differenziazione {Nicola Martella}.
4.
{Renato Trapani} ▲
Caro fratello
Nicola, ti ringrazio per la risposta e condivido in gran parte. Tuttavia rimango
del parere che noi credenti non dovremmo schierarci né
pro né
contro il tema della pena di morte.
Si sa che nel mondo se ne fa un uso sproporzionato, e si potrebbero fare tanti
esempi. Ciò accade perché vi è nell’uomo anche malvagità nella scelta e
nell’esecuzione delle leggi. Dunque vi è malvagità nella trasgressione che porta
a condanne e malvagità nel punire la trasgressione; e ciò accade perché l’intero
sistema penale delle nazioni è marcio, indistintamente dal tipo di pena. Come
per la pena capitale, si potrebbero infatti fare numerosissimi esempi riguardo
la pena detentiva che qualcuno può presentare come una pena giusta. In Italia ad
esempio i «colletti bianchi» rubano miliardi allo stato e conoscono meno il
carcere rispetto a uno straccione che fa un furto in una villa. Senza parlare
del fatto che a volte la pena di morte può essere meno crudele del carcere — Io
ho visitato un famoso carcere italiano e preferirei la siringa letale che vivere
30 anni lì (e la penseranno così anche i tanti detenuti che sistematicamente
ogni giorno si suicidano o tentano tale gesto). Di fronte alle tante ingiustizie
del mondo, a iniziare da chi ha denaro e potere, noi credenti abbiamo lo scopo
di pregare e presentare l’Evangelo; certo non possiamo rimpiangere la legge
mosaica perché con Gesù Dio ha aperto un nuovo capitolo nella storia delle
nazioni, e se comunque fosse istituita, falliremmo come Israele. Se un omicida o
un pedofilo venisse condannato alla pena capitale anziché a 20-30 anni di
carcere, è una scelta di chi fa le leggi, può essere condivisa o non condivisa
(io condivido).
Del resto, non penso che un credente possa dimostrare «biblicamente» quali siano
gli interventi «giusti» che uno stato compia di fronte a certe crudeltà.
{14-12-2007}
5.
{Nicola Martella} ▲
Lascio agli altri
lettori d’intervenire nel merito. Io voglio farlo solo per due «dettagli».
Non sta a me difendere il «sistema penale delle nazioni». Voglio solo
ricordare che Paolo non ne diede un giudizio del genere («marcio»). Anzi affermò
letteralmente: «Ogni anima si sottoponga alle autorità superiori; perché non
v’è autorità se non da Dio; e le esistenti sono ordinate da Dio. 2Chi
resiste perciò all’autorità, si oppone all’ordine di Dio; e quelli che vi si
oppongono, riceveranno un giudizio. 3Infatti i reggenti non sono uno
spavento per l’opera buona, ma per la cattiva. Vuoi tu non avere paura
dell’autorità? Fa’ il bene, e avrai lode da essa. 4Infatti essa è una
serva di Dio, per il tuo bene. Se tu però fai il male, temi, perché ella non
porta la
spada invano, poiché è una serva di Dio, una vendicatrice per la punizione
contro colui che fa il male» (Rm 13,1-4). Voglio ricordare che Paolo non
disse di ciò di un sistema giudiziario «moderno», ma parlava dei suoi tempi e
dell'impero romano, in cui la vita poteva valere poco agli occhi dei potenti,
specialmente se non si era un «cittadino romano».
Che il lettore preferisca «la siringa letale che vivere 30 anni lì» nel carcere,
lo si può accettare. Che egli generalizzi ciò all’intera popolazione carceraria
— «la penseranno così anche i tanti detenuti che sistematicamente ogni giorno
si suicidano o tentano tale gesto» — è campato in aria; per usare
espressioni come «sistematicamente ogni giorno», ci vogliono statistiche chiare
e precise. Infatti, se così fosse, il problema carcerario non ci sarebbe, poiché
i detenuti si estinguerebbero da sé. La voglia e l’istinto di sopravvivere è più
forte di quanto si creda.
6.
{Eliseo Callegari} ▲
Scrivo a proposito
della pena di morte. Sono d’accordo che non è sicuramente sempre facile
stabilire la colpevolezza d’un omicida e la pena di morte adottata da uno stato
non garantisce necessariamente un abbattimento dei crimini. Il fatto che molti
più neri che bianchi in America siano giustiziati non vuol dire che ci sia una
disparità quanto piuttosto che molti più neri in America sono colpevoli di reati
gravi, piuttosto che i bianchi. Amnesty International non è per forza un
organismo super partes, infatti interviene poco in dittature dove i cristiani
sono imprigionati per reati di opinione.
Il fatto poi che i colpevoli di certi reati, quali pedofilia, omicidi seriali,
violenze gratuite sia sessuali che altro, rimangono in vita e in carcere non
contribuisce a eliminare o a circoscrivere il problema ma li stessi riescono ad
accogliere attorno a loro simpatie da chi li vorrà emulare e dai pietisti che
vorrebbero redimerli. Le statistiche non parlano di redenzione da certi reati
quanto piuttosto di un aumento dei reati a opera anche degli stessi condannati a
piede libero o in terapia riabilitativa. Anni fa un pedofilo confessò che aveva
mentito ai psicologi solo per ritornare libero ma che non avrebbe mai smesso con
le sue pratiche. Lo so che per correttezza dovrei inserire conferme chiare a
questo fatto ma, non sapendo se mi sarebbe servita l’informazione, non la
conservai se non nella mente.
Sicuramente il fatto che i colpevoli di certi reati siano a piede libero non è
giusto perché potrebbe essere confinato nel mio stesso pianerottolo e io non
saperlo e rischiare che io o i miei famigliari cadiamo vittime di violenze. Ma
al tempo stesso il mantenerli a vita rinchiusi è un costo enorme per la società
e, sebbene sia vero che potranno redimersi dalle loro colpe accettando Cristo,
nel frattempo rimangono potenziali recidivi. Io dico sì alla pena di morte come
concetto, non la vorrei in atto in uno degli stati moderni in quanto sicuramente
potrebbero esserci delle manipolazioni a sfavore d’avversari scomodi, se non nei
casi di rei confessi o di persone colte in flagrante reato. Nel frattempo sono
convinto d’una cosa, che ho il dovere di predicare la verità a tutti senza
stancarmi per contribuire alla conversione delle persone e, se fosse possibile,
a un miglioramento della società che allontani dagli uomini il desiderio di
commettere certe atrocità. Grazie per la possibilità di intervenire con un mio
contributo e un grazie agli altri contributi sui quali ho potuto riflettere.
{14-12-2007}
7.
{Nicola Martella} ▲
La questione alla
base dell’ultimo intervento mi sembra essere quello della certezza della pena,
che all’estero è molto più sentita che in Italia (sconti di pena, buona
condotta, condoni, ecc.). Per certi reati, ad esempio quelli sessuali, in cui
c’è il
pericolo della reiterazione dei reati, all’estero non è prevista la
scarcerazione al termine della pena, ma solo l’alleggerimento della detenzione
in strutture carcerarie particolari. È meglio però mutare le leggi in tal senso
che invocare la pena di morte come soluzione. Nei paesi in cui la pena di morte
c’è, i reati non diminuiscono di conseguenza.
Ripeto che le ingiustizie politiche nelle dittature dovrebbero trattenere
noi cristiani dall’invocarla, visto che sono proprio i cristiani fedeli alla
Bibbia che spesso ne portano le conseguenze (cfr. i lager nazisti, i gulag russi
e simili). Il panorama prospettato da Gesù per il tempo della fine (Mt
24) non incoraggia a sperare che i regimi applicheranno la pena di morte solo
per gli omicidi e solo «nei casi di rei confessi o di persone colte in flagrante
reato».
Se più cristiani fossero presenti nelle carceri come personale o come
volontari, forse si potrebbe dare un contributo positivo nell’educare alla
giustizia i malviventi e nel presentare loro la verità della Bibbia.
8.
{Francesco Dragotto} ▲
Qualche giorno fa
stavo giusto meditando il cap. 8 di Giovanni dal verso 1 al verso 11, e credo
d’aver ricevuto una risposta al quesito in discussione.
«Alcuni scribi condussero una donna sorpresa in adulterio e postala in mezzo
dissero a Gesù: “Maestro,questa donna è stata sorpresa sul fatto, mentre
commetteva adulterio. Ora, nella legge Mosè ci ha comandato di lapidare tali
donne, ma tu che ne dici?”. Ora dicevano questo per metterlo alla prova e per
aver di che accusarlo. Ma Gesù fingendo di non sentire, chinatosi, scriveva col
dito in terra. Come essi continuavano a interrogarlo egli s’alzò e disse loro: “Chi
di voi non ha peccato scagli la prima pietra contro di lei”. Poi
chinatosi, scriveva col dito in terra. Quelli allora, udito ciò e convinti dalla
coscienza, se ne andarono a uno a uno cominciando dai più vecchi fino agli
ultimi. Così Gesù fu lasciato solo con la donna, che stava li in mezzo. Gesù
dunque alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: “Donna,dove sono
quelli che t’accusano? Nessuno ti ha condannata?” Ed Ella rispose: “Nessuno,
Signore. Gesù allora le disse: “Neppure io ti condanno, va’ e non peccare più”».
Se è vero che quello, che è stato scritto, è stato scritto per nostro
ammaestramento, credo che da quest’episodio, non dico quelli che non sono nella
fede, ma almeno i cristiani dovrebbero aver le idee chiare. Da questo testo
apprendiamo l’attitudine di cuore di coloro che si ritenevano conoscitori delle
sacre Scritture; essi con la loro affermazione riguardo l’accaduto e con la
legge di Mosè volevano, in caso di condanna, far ricadere le colpe sul Creatore,
che aveva dato la legge.
È vero che Dio aveva dato la legge, e chi violava la legge doveva essere punito
per estirpare il male. Ma notiamo che con la legge il male non viene estirpato
ed è avvenuto quello che la stessa legge dice, ossia che chi combatte di spada
perirà di spada. Ma allora ci domandiamo: Perché Dio ha dato la legge? La stessa
Scrittura dice che Dio ha dato la legge per far conoscere all’uomo la sua natura
di peccato, cioè l’uomo per natura è incline a violare la legge di Dio; e per
questo motivo tutti gli uomini, compreso noi, saremmo dovuti essere condannati a
morte a motivo delle nostre trasgressioni passate, ma anche per le trasgressioni
future, cioè l’aver peccato dopo aver ricevuto il perdono per mezzo di Gesù.
Non mi voglio dilungare, ma tengo a precisare che tutti siamo soggetti a
peccare, che dovrebbe fare il Signore? Ci dovrebbe eliminare dalla faccia della
terra? Noi citiamo spesso 1 Gv 1,9 ritenendo che confessando il mio peccato a
Dio, Egli è fedele e giusto da perdonarmi e purificarmi da ogni iniquità;
dovremmo poi proprio noi dire di sì alla condanna a morte? La risposta la
riceviamo direttamente da Gesù: Chi non ha peccato, dica sì alla pena di morte.
Per finire, penso che le autorità preposte per individuare le responsabilità e
autorizzare la detenzione di quanti commettono reati, non hanno, né loro né
alcun altro, l’autorità di decidere della pena capitale. Ancora oggi Gesù dice a
coloro che sono favorevoli alla pena di morte (nazioni, popoli, lingue e tribù):
Se non hai peccato, scaglia per primo la tua pietra.
I Farisei udito ciò e convinti dalla coscienza, se ne andarono a uno a uno...
Che farai tu? Sarai ancora a favore della pena di morte? Se siamo stati convinti
dalle parole di Gesù, e indietreggiamo dalle nostre false morali, permetteremo
al nostro Signore, di toccare i cuori di tutti i peccatori, come ha fatto con
noi. Il Signore ci guidi del continuo. {14-12-2007}
9.
{} ▲
10.
{} ▲
11.
{} ▲
12.
{} ▲
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Pena_di_morte_parla_Esc.htm
14-12-2007; Aggiornamento: 15-02-2008
|