4. {Abele Aureli} ▲
Finalmente posso dire d’essere d’accordo con tutto ciò che hai scritto.
Veramente un esame bilanciato e credo che sia proprio il pensiero di Dio.
Solo una domanda, ma che male c’è a dire ogni tanto «non toccare Abele?». Hands
off Abel!!! Non capisco perché certe persone vogliano a tutti i costi proteggere
l’assassino e non dire mai un parola buona nei confronti dell’assassinato, di
«Abele» oppure di chi ha perso «Abele»! Io non sto dicendo di fare «occhio per
occhio e dente per dente», ma perché certe persone si ricordano di Dio e della
sua Parola solo quando si tratta di proteggere un assassino? Io direi di fare
una legge per la protezione dei tanti... «Abele», e chi tocca «Abele» pagherà
con la propria vita! Naturalmente so che questa legge non verrebbe mai approvata
e neppure io mi metterei a fare proteste, a sfasciare le vetrine dei negozi, a
bruciare auto e cassonetti delle immondizie per farla approvare. Ma i tanti
abortiti chi mai li protegge? {15-02-2008}
Nota redazionale: Abele attribuisce a me l’articolo. Non voglio prendermi la
gloria che spetta a un altro: Fernando De Angelis. Quanto all’aborto, esso è un
altro soggetto che ci porterebbe qui fuori tema. Se però Abele scrivesse un
articolo equilibrato sul tema aborto, potremmo discuterlo insieme a sé stante.
5. {Gianni Siena} ▲
Io
non sono forcaiolo ma non saprei scegliere tra la stimata America, che condanna
i suoi criminali a morte, e la mia amata Italia che, valutandoli fuori di senno,
li rimanda liberi dopo poco tempo... questa è la situazione. Da noi l’indulgenza
verso il crimine ha raggiunto livelli inaccettabili; una classe politica, per
evitare delle condanne a quello che fa (lo dice Marco Travaglio), ha messo dei
paletti all’azione penale dei tribunali.
In America si condanna a morte troppo; prendiamo
Karla Tucker, diventata bersaglio d’una voglia di forca tutta americana,
che non trovo accettabile. Questa donna era solo una ragazza drogata, figlia
d’una prostituta, che vide male e marcio da quando nacque. Fu responsabile d’una
rapina con il suo boyfriend; erano entrambi pieni di droga e uccisero due
persone in modo orrendo. Nel braccio della morte, il cappellano le parlo
dell’amore di Dio e si convertì, divenendo l’angelo dei condannati a morte.
Sposò lo stesso cappellano e fu condannata a morte sotto la presidenza di G.W.
Bush junior. Gli fu chiesta la grazia per questa donna, fidando nella sua
«cristianità». I giornali riportarono le parole del presidente: «Se l’è
cercata». La grazia non avrebbe comportato la liberazione della Tucker, avrebbe
scontato con la reclusione a vita la condanna (in America, grazie a Dio, non
s’uccide impunemente!). Questa donna s’era ravveduta dal suo crimine ed era
pronta (a morire o...) a vivere tra quelle orrende sbarre, solo felice della
libertà avuta da Cristo.
In America succede anche (sono notizie dei giornali)
che un condannato a morte su tre non sia colpevole dei capi d’imputazione
per i quali è prevista la pena capitale. Succede — ed è ingiusto — che un
«avvocaticchio» d’ufficio non sia abbastanza energico e abile da ottenere
l’assoluzione o il riconoscimento del reato vero. Ma succede di peggio, ossia
l’errore giudiziario: molti sono semplicemente innocenti ed estranei ai delitti
di cui sono imputati.
Io sarei per una diversa applicazione della pena:
al primo omicidio comminare la stessa, obbligatoriamente, come ergastolo. In
questo solo caso prevedere un percorso di recupero (senza gli scandalosi
automatismi della legge italiana); negli altri casi il giudice dovrebbe essere
vincolato da leggi e dal parere d’un organismo giudiziario, che valuti di volta
in volta se concederlo. Ogni tanto impiccare o mandare a morte un assassino
plurimo, uno che non ha nessun rispetto per la vita altrui, non sarebbe un atto
incivile, un «assassinio di Stato», ma un gesto dovuto di giustizia. Purtroppo
non esiste una pena «corrispondente» all’assassinio: Siamo in un campo nel quale
non mi piace stare ma dico quello che la mia coscienza di cristiano, disgustata
da orrore e indulgenza (secondo il caso e la nazione), riesce a esprimere.
Quanto all’associazione «Nessuno tocchi Caino»,
vorrei dire quanto segue. Caino, quest’omicida non la fece franca, fu «protetto»
da Dio ma obbligato a soggiornare in un luogo distante da dove aveva sparso il
sangue d’Abele: un esilio perpetuo dalla terra natia.
Vorrei che, anziché discutere, fare riflessioni più
bibliche; io non sono per l’abolizione della pena di morte, se questa
fosse applicata nei casi previsti dalla Parola di Dio. Non mi riferisco ai casi
della Legge di Mosè (che la prevedeva anche per violazioni religiose),
poiché ciò sarebbe in contrasto con la moderna libertà di culto. Ma le parole
rivolte ai figli di Noè sono un serio principio, espresso dal 5° comandamento:
Non assassinare il sangue innocente. Invocare quest’ultimo per poter scampare
alla conseguenza della colpa (lo Stato m’assassina), è mettere il carro davanti
a buoi: La pena di morte è in realtà la conseguenza di questo divieto
d’assassinare. L’omicida non può invocare il 5° comandamento, egli l’ha violato
ed è soggetto alla pena prevista: morte, detenzione a vita, esilio; in qualche
modo deve risarcire!
Mi rendo conto che tutto questo è duro ma chi risarcirà
i parenti dell’assassinato, altrimenti!? Io non ho una soluzione, le mie sono
solo riflessioni, ma quando un colpevole la fa franca, in qualche modo, perché
non si dovrebbe tornare al «vindice del sangue»!? In una nazione civile
si è rinunciato a questo perché lo Stato ha preteso d’amministrare la giustizia
invece dei singoli. Benissimo, ma se lo Stato, per colpevole inettitudine
(succede in Italia) non fa giustizia... la vendetta o la legittima difesa resta
una delle poche possibili alternative. Ciò era e resta «barbaro», sono d’accordo
ma è più ingiusto vedere gli assassini liberi e sghignazzanti per averla fatta
franca.
In questa società non ci siamo solo noi cristiani
ed è doveroso avere leggi condivise, eque e applicate. Ho detto che ci siamo
anche noi e chiederemo misericordia per il peccatore, quando questa sia
possibile. Altrimenti l’applicazione della legge servirà da monito a tutti:
questo era lo scopo della sentenza.
Lo spirito vetero-testamentario parlava a un popolo che
avrebbe dovuto sforzarsi di vivere secondo giustizia, ma non è il caso dei
moderni popoli. La pena di morte s’abbatte su gente «colpevole» di dissentire
al despota di turno, questa è un’altra storia; vorrei tener separate le due
categorie. Non è la stessa cosa la morte d’un uomo che lotta per essere libero
da un’oppressione, da quella di uno che ha sparso sangue innocente. 25 anni sono
il termine di prescrizione, nelle legislazione italiana, per un delitto di
sangue ma altrove uno è sempre perseguibile. Qui finiscono le mie
considerazioni, auguro a chiunque di non trovarsi mai in questa situazione.
Vorrei ricordare a ciascun credente l’esortazione di Dio: «Siate santi, Io lo
sono!». {15-02-2008}
6. {Nicola Martella} ▲
Qui
riporto qualche nota sul contributo precedente. Sulla situazione americana
si può e si deve riflettere; se veramente una persona su tre non merita di
essere condannato a morte e se il tipo di condanna dipende dall’avvocato
brillante o imbranato, è una cosa grave. Bisogna altresì sulla situazione di
altre nazioni in cui si viene condannati a morte per delitti di opinione.
Per l’Italia, la logica di scacciare un male (inefficienza della
politica, del sistema giudiziario, bonismo, ecc.) con un altro male (pena di
morte, eliminazione delle garanzie civili), è rischioso; così sono sempre venute
le dittature.
Per ragion di logica, chi dice di non essere per
l’abolizione della pena di morte, deve ricordarsi che in Italia — grazie a
Dio — non è in vigore e che quindi non bisogna abolirla. I cristiani non devono
neppure battersi per reintrodurla; alla luce dei fatti escatologici, di altri
fatti politici imprevedibili (dittatura, ecc.) o di una nuova radicale
clericalizzazione della società, gli evangelici sarebbero probabilmente i primi
a subirla (l’Inquisizione insegna!).
Applicare alla lettera la legge di Mosè in Stati
laici è rischioso; inoltre non considera che dal vecchio patto si è passati al
nuovo, dal regno teocratico d’Israele si è passati all’«era delle nazioni» (Ez
30,3; Lc 21,24; e della chiesa), in cui i credenti sono sparsi per il mondo in
Stati diversi e si trovano, quindi, sotto legislazioni differenti.
È molto problematico desiderare il ritorno al «vindice
del sangue», quindi alla giustizia fai da te. Questo è ciò che fanno le
cosche mafiose. Anche in compagini non mafiose, la faida fra certe famiglie ne
distrugge i membri per generazioni e generazioni. È questo far-west che
vogliamo? Lo Stato di diritto è una grande conquista, di là da tutti i suoi
difetti nell’applicazione delle norme da parte di uomini fallibili.
L’applicazione della pena di morte nel mondo
attuale è tutt’altro che giusta e giustificabile, essendo comminata per delitti
di opinione (dei dissidenti verso i regimi) e addirittura per la propria fede
(dei cristiani all’interno delle teocrazie islamiche e nelle dittature).
Preferisco quindi di più un omicida condannato all’ergastolo che degli innocenti
messi a morte per le proprie opinioni e la propria fede.
7. {Domenico Falbo e altri} ▲
Sulla pena di morte ti faremo una lettera completa. T’anticipiamo questo,
essendo ebrei-cristiani sappiamo che la pena di morte sancita da Mosè nella
legge, per noi è valida ancora. Ma ora la pena di morte mosaica è applicabile
solo in uno Stato ebreo-mosaico; nei governi laici delle nazioni, decide il
governo, decide Cesare. Sebbene non rifiutiamo la legge di Mosè, non riteniamo
applicare la pena di morte nei governi delle nazioni, dove regna la più totale
ingiustizia, può venire ucciso un innocente, ci sono tali imbrogli che criminali
se la spassano. Quindi in un referendum sulla pena di morte noi voteremmo no.
{15-02-2008}
8. {Domenico Falbo e altri} ▲
Cristianesimo
ebraico e pena di morte
Riguardo ala pena di
morte l’uomo non è in grado di prendere decisioni. Sebbene i governi
facciano le leggi, sono leggi umane piene d’errore.
Ecco perfino le leggi dettate dalle diverse religioni non cristiane possono
essere eticamente sbagliate. La religione Indù, ad esempio, prevede le
caste e altre assurdità. E della religione musulmana, che ha moltissime
leggi ingiuste, prendiamo a caso quella del marito che può ripudiare dalla
moglie, dicendo tre volte: «Ti ripudio»; la poveretta è costretta a lasciare la
casa del marito, anche di notte, e anche mezza nuda, e forse con un neonato
lasciato in quella casa nella culla.
In Europa, le leggi civili vengono dalla religione cristiana, infatti il
mondo pre-cristiano, greco-romano o barbaro aveva delle leggi molto ingiuste,
basta pensare che gli schiavi erano trattati come le bestie, perfino venivano
fatti morire nelle arene, date in pasto alle belve per puro divertimento sadico.
Se oggi c’è un po’ d’umanità è dovuto alla religione cristiana.
Ora, però, perfino i governi cristiani hanno fatto leggi disumane. Nello
Stato Vaticano regnava la più alta illegalità, corruzione, nepotismo,
mecenatismo, c’era perfino la prostituzione legale, vigeva non solo la pena di
morte, ma anche la tortura, per non parlare dettagliatamente della terribile
inquisizione, e della crociata contro gli Albigesi.
No, l’uomo non è capace di fare leggi giuste. Le leggi giuste vengono solo da
Dio. Vediamo che Dio, nella Vecchia Alleanza ha dato agli uomini la
possibilità di punire con la morte. Ma a un certo punto qualcosa cambia. In
Israele al tempo di Gesù, al popolo eletto non era più consentito attuare
la pena di morte, sebbene il Sinedrio poteva emanare le condanne, non le poteva
attuare (Giovanni 18,28-32 i giudei condussero Gesù da Pilato per eseguire la
condanna da loro decisa).
Vediamo che in seguito, i giudei misero a morte l’apostolo Giacomo di Zebedeo,
per mano d’Erode, e misero a morte Stefano e Giacomo, il fratello del Signore,
in concomitanza dell’assenza dei procuratori romani. Praticamente il potere
giuridico e legale era nelle mani degli occupanti romani. Questa è la situazione
al tempo di Gesù. Non era più la legge mosaica a regnare ma quella di Cesare,
situazione che persiste ancora nelle nazioni.
La legge mosaica giuridicamente non è più valida, da quando è cessato d’esistere
lo stato ebreo-mosaico. I cristiani sia d’origine ebraica che gentile non hanno
mai avuto uno stato teocratico, ma solo governi laici, solo Cesare. Sono
esistiti Sacri Romani Imperi, ma erano talmente terreni, lontanissimi dalla
teocrazia, pieni d’ogni corruzione e violenza guerrafondaia. Quindi i regni
terreni sono veramente dominati da Satana (Luca 4,6 «Ti darò tutta questa
potenza e le ricchezze di questi regni, perché a me sono stati dati e io li do a
chi voglio…»).
Gesù da una parte abolisce la legge del taglione: «Avete inteso che fu
detto: Occhio per occhio e dente per dente. Io invece vi dico...» (Matteo
5,38; 11,13). Dall’altra, però, abbiamo ancora la continuità:
«Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son
venuto per abolire, ma per dare compimento. 18In verità vi dico:
finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un
segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19Chi dunque
trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a
fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li
osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei
cieli. 20Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà
quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Matteo
5,17-20).
Gesù in effetti non abolisce la pena di morte, come mostra l’episodio
dell’adultera (Giovanni 8,1-11). La sua indulgenza verso la donna ha altre
ragioni.
Gesù, essendo proceduto dal Padre e avendo ricevuto da Lui il mandato, ha recato
la vera legge divina, con la quale dona la vera vita a chi crede in Lui o la
morte eterna agli increduli (Giovanni 5,19-30). Guai perciò a coloro che si
mettono contro il Signore Gesù (Matteo 11, 20-24). Gesù non ha bisogno né del
Sinedrio né di Cesare per condannare alla morte eterna, Lui è il vero Signore
della vita e della morte, colui che ha il potere di far risuscitare i morti.
Gesù aveva dato agli apostoli il potere sulle potenze del male (Luca
10,17-20). Infatti gli apostoli avevano ricevuto una potenza soprannaturale e
potevano anche fare morire i peccatori: «Signore, vuoi che diciamo che scenda
il fuoco dal cielo e li distrugga?» (Luca 10,54). Anania e Saffira, ci sono
da esempio. Dio non solo punirà dopo la morte (Luca 16,20-31) e alla fine del
mondo (Matteo 16,27; 25,31-46), ma può castigare un peccatore in qualsiasi
momento.
Sebbene accettiamo le leggi divine, avute tramite Mosè, i Profeti e il Figlio di
Dio, il nostro Signore Gesù, che le ha completate, noi non accettiamo,
insegnamenti e leggi umane come verità assoluta. Rispettiamo la legalità
dello Stato, come dovere civico, ma ci dissociamo da ogni tipo di crimine
commesso dalle nazioni. A cominciare dalla brutale
persecuzione fatta contro i cristiani prima per mano dei giudei e poi dei
pagani.
Ci dissociamo dalle crociate, dall’inquisizione, dal colonialismo, dalla
tratta degli schiavi, dal comunismo, dal nazismo e dal fascismo, dai crimini
compiuto dai dittatori sud-americani, dalle guerre imperialiste delle potenze
mondiali, dal terrorismo, dalla pena di morte ingiusta praticata ancora negli
USA, Cina, Iran, Iraq e in tutti gli altri Paesi che la praticano; in varie
nazioni non si perseguono solo gli omicidi, ma ogni scusa è buona per uccidere,
quindi anche a causa di una fede religiosa o di un pensiero politico. Negli USA
si uccidono innocenti incapaci d’intendere e volere. Ci dissociamo da chi
pratica l’aborto e l’eutanasia, per noi visti come condanne di morte.
In un referendum sulla pena di morte, voteremmo contro, perché
nell’eventualità di condanna a morte d’un innocente per errore, non vorremmo
essere responsabili con il nostro voto, ci sentiremmo colpevoli assassini, per
carità!
In conclusione Dio diede a Mosè le leggi, inclusa la pena di morte, ma ora
non ci sono le condizioni per attuarla, né mai più ci saranno, quel tempo è
passato. Da Gesù in poi, c’è una Nuova Alleanza e il Regno di Dio da una parte,
e il regno di Satana e delle nazioni dall’altra. {17-02-2008}
9. {Argentino Quintavalle} ▲
Ho letto con attenzione l’articolo di Fernando e lo
trovo molto ben fatto. Scrivo per manifestare la mia solidarietà e
incoraggiamento verso alcune sue affermazioni.
Per quanto riguarda la pena
di morte, essa è uno dei sette comandamenti «noachidi», che in pratica riguarda
il comando d’istituire dei tribunali, ed è «dovere» di tutta l’umanità. Le sette
leggi di Noè sono i principi fondamentali sui quali si deve basare ogni società
civile e ogni regola di convivenza che ciascun uomo deve assolutamente
osservare. Si tratta d’un argomento in genere poco conosciuto, ma in pratica
costituisce una sorta di religione civile universale, valida anche per coloro
che non hanno la Legge di Dio. Sono leggi che tutti i popoli devono seguire se
vogliono considerarsi civili.
Dio disse a Noè: «Il
sangue di chiunque spargerà il sangue dell’uomo sarà sparso dall’uomo, perché
Dio ha fatto l’uomo a immagine sua» (Gentile 9,6). Nell’applicazione della
legge noachide bisogna nominare dei giudici in ciascuna città. Si devono
trattare le parti in causa imparzialmente di fronte alla legge. Si deve
verificare con diligenza la testimonianza d’un teste. Non ci deve essere
deliberata cattiva amministrazione della giustizia da parte del tribunale. Il
giudice non deve accettare somme o doni da una delle parti in causa. Il giudice
non deve favorire la parte in causa che sia povera, per compassione. Il giudice
non deve ascoltare una delle parti in causa in assenza dell’altra. Il giudice
non deve fare discriminazioni nei confronti dello straniero e dell’orfano. Non
deve essere nominato un giudice che abbia scarsa conoscenza della legge. Il
tribunale non deve mettere a morte un innocente. Non si deve incriminare
alcuno sulla base di prove indiziarie. Nessuno deve farsi giustizia da sé,
uccidendo l’esecutore d’un delitto capitale. Non si faccia falsa testimonianza.
Queste sono regole
obbligatorie per tutti i popoli e tutte le nazioni, e la pena di morte vi è
giustamente compresa. Se poi, in un ipotetico referendum, per convinzioni
personali, qualcuno vota contro la pena di morte, questo è un altro discorso.
Gesù non si contrappone a Mosè
Perfettamente d’accordo con
Fernando quando dice che è una chiave di lettura palesemente superficiale quella
di contrapporre Gesù a Mosè. Concordo anche quando dice che in Mt 5,21ss Gesù
rafforza la legge anziché abolirla, e su questo faccio un approfondimento.
Nel secondo secolo, i
cristiani d’origine ebraica che continuavano a seguire la legge di Mosè, furono
marginalizzati (basta leggere il «Dialogo con Trifone» di Giustino Martire, cap.
47). A tutti i cristiani fu proibito di mantenere i precetti del vecchio patto,
sebbene Gesù avesse detto, «poiché io vi dico in verità che finché non siano
passati il cielo e la terra, neppure uno iota o un apice della legge passerà,
che tutto non sia adempiuto. Chi dunque avrà violato uno di questi minimi
comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno
dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati, esso sarà chiamato
grande nel regno dei cieli» (Mt 5,18-19).
Sarebbe assurdo credere che
dopo tali dichiarazioni Gesù volesse far capire che c’era contrasto fra il suo
insegnamento e la Legge Mosaica. Il famoso «ma io vi dico» non esprime
un’opposizione di Gesù verso Mosè. In realtà, le opinioni personali di Gesù
espresse dopo questa frase, sono state trovate anche in altre fonti ebraiche. In
altre parole, egli non era l’unico ad avere quel tipo d’etica. Niente di quello
che Gesù dice di particolare nel Sermone è in conflitto con il contenuto della
legge Mosaica.
La sensibilità del
proto-giudaismo sviluppò tutta una complessa dialettica del peccato: se
non vigiliamo, un peccato può portare a un altro peccato; e persino un’azione
che non pare peccaminosa può far sì che l’uomo rimanga impigliato in un peccato.
V’era un detto: «Rifuggi da ciò che è male e da ciò che sembra male». Se
applichiamo questo concetto ai comandamenti, scopriamo che i comandamenti
minori sono altrettanto seri dei maggiori.
Così, anche i comandamenti
minori devono essere ubbiditi.
Il che comporta una radicalizzazione della Legge, non per quanto riguarda il
rituale, ma per quanto concerne i rapporti con gli uomini.
Questa tendenza era presente anche nel proto-giudaismo, come dimostra il
seguente detto rabbinico: «Chiunque umilia pubblicamente il suo prossimo versa
il suo sangue».
Gesù faceva la sua esegesi
delle Scritture sottolineando l’importanza dei comandamenti minori. In questo
spirito, quindi, era in grado d’equiparare collera e assassinio, lussuria e
adulterio.
Sottesa all’esegesi
scritturale di Gesù, s’intravede la seconda tavola del Decalogo. Questi
comandamenti biblici parlano del nostro rapporto col prossimo e così la vera
conclusione dell’esegesi di Gesù è il suo commento (Mt 5,43-48) al grande
comandamento del Vecchio Testamento, «ama il prossimo tuo come te stesso».
Ubbidienza alle autorità
Per quanto riguarda la
nostra ubbidienza alle autorità, più che d’ubbidienza (in certi momenti
impossibile) io preferisco parlare di lealtà. Dobbiamo pregare per il benessere
delle autorità, perché, se non fosse per il timore d’esse, gli uomini si
mangerebbero vivi fra loro. Hb 1,14 recita: «Perché rendi gli uomini come i
pesci del mare?». Come fra i pesci del mare il grande mangia il piccolo,
così fra gli uomini, se non fosse per il timore delle autorità, il grande
mangerebbe il piccolo.
Atti 15
Le varianti testuali di Atti
15 sono tantissime e se come penso, il testo giusto è il testo Occidentale (per
esempio quello del Codice Beza) e non quello Alessandrino, la continuità
espressa da Fernando è decisamente ancora più marcata.
Obiezioni
Il pelo nell’uovo che voglio trovare nel discorso di Fernando riguarda quanto
segue: ▪ 1) Egli dice che l’obiettivo di Mosè era di santificare uno Stato.
Bisognerebbe sostituire la parola «Stato» con la parola «popolo». ▪ 2) Un’altra
cosa è che in Atti 15,21 non si tratta tanto del fatto che l’insegnamento della
legge potesse essere in pericolo, ma che i Gentili pur non essendo obbligati
verso certe cose della Legge, erano però liberi d’imparare le cose a suo
riguardo, ed erano quindi liberi d’andare nelle sinagoghe dove avrebbero
scoperto le cose buone e utili della loro nuova fede. Nel fare questo essi
avrebbero ascoltato l’insegnamento della Torah. {18-02-2008}
10. {Nicola Martella} ▲
Di per sé solo la prima parte riguarda la pena di
morte, e solo in parte. Perciò si dovrebbe stralciare il resto perché porta
distante dal tema in questione. Questo è stato però già un «difetto di fabbrica»
dell’articolo di Fernando De Angelis, che ha messo troppa carne a cuocere. Per
questi motivi facciamo qui un’eccezione.
Mi meraviglio come si possa
trarre da Gn 9,6 ben
sette
comandamenti noetici o nachitici! E poi ritenere: «Le sette leggi di Noè
sono i principi fondamentali sui quali si deve basare ogni società civile e ogni
regola di convivenza che ciascun uomo deve assolutamente osservare». Con tutta
la buona volontà e facendo una scrupolosa esegesi di Gn 9,6 non riesco a trovare
tali sette «principi fondamentali» universali. Che si tratti di principi
di morale giudiziaria, evinti dalla legge mosaica e retroproiettati in Gn 9,6?
Se «sono regole obbligatorie per tutti i popoli e tutte le nazioni», dove le
troviamo espressamente ingiunte nel patto creazionale (adamitico e
noetico)?
Sulla questione giudaica
mi astengo volutamente, per evitare che si passi dalla pena di morte, argomento
in oggetto, al valore della legge per i cristiani d’oggi, sia quelli giudaici
sia quelli gentili. Questo è un tema particolarmente sentito da Argentino, che
abbiamo molto dibattuto e che perciò evito di affrontare qui.
Secondo Argentino,
l’obiettivo di Mosè non era quello di santificare uno Stato, ma un
popolo. Faccio notare che un popolo può essere distribuito fra varie nazioni
(p.es. i Curdi, i Palestinesi). Una nazione può essere costituita da vari popoli
e ha la sovranità su una propria terra. Per non approfondire troppo, faccio
notare che si parla sia di un «popolo santo» (Dt 28,9; Is 62,12; Is 63,18; Dn
12,7), sia di una «nazione santa» (Es 19,6 regno). Un popolo sussiste anche
laddove la nazione termina d’esistere (cfr. Is 63,18). La chiesa è chiamata «generazione
eletta, un reale sacerdozio, una gente santa, un popolo che Dio s’è acquistato»
(1 Pt 2,9), ma mai «nazione»; quindi la legge teocratica (con le sue ingiunzioni
e sanzioni) non può applicarsi alla chiesa, non essendo essa una teocrazia (è
possibile solo in una nazione sovrana!) e perché essa è retta dalla legge del
nuovo patto: la «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2).
Prendo posizione inoltre solo
su un’affermazione fatta riguardo a Atti 15, secondo cui i Gentili non
erano «obbligati verso certe cose della Legge». Dal testo risulta proprio il
contrario:
▪ 1) Pietro rimproverò pubblicamente i giudaisti come
segue: «Perché dunque tentate adesso
Dio mettendo sul collo dei discepoli un
giogo che né i padri nostri né noi
abbiamo potuto portare?» (v. 10). Qui Pietro si riferiva alle richieste dei
Farisei cristiani: circoncisione e ubbidienza alla legge di Mosè (vv. 1.5). ▪ 2)
Giacomo, strenuo difensore della legge mosaica, giudicava le richieste dei
cristiani giudaisti essere una «molestia
verso quelli dei Gentili che si convertono a Dio» (v. 19). ▪ 3) I Gentili
non erano obbligati solo verso certe
cose della legge, ma al contrario furono obbligati solo verso quattro cose,
chiaramente descritte (vv. 20.29; cfr. 21,25), senza obbligo per le altre.
Non è strano che si possano capovolgere così facilmente le proporzioni delle
cose?
Quanto al fatto presunto che
i cristiani gentili sarebbero stati «liberi d’andare nelle sinagoghe
dove avrebbero scoperto le cose buone e utili della loro nuova fede», si
citi un solo brano del NT secondo cui era costume dei cristiani gentili di
frequentare le sinagoghe per ascoltare «l’insegnamento della Torah». Un’attenta
analisi del NT mostrerà la pessima fama che avevano le sinagoghe per i credenti
gentili (e non solo per quelli; cfr. Ap 2,9; 3,9). Esse furono un luogo, dove
avvennero le persecuzioni dei missionari cristiani e da dove esse furono dirette
verso cristiani giudei e gentili (Mt 10,17; Mt 23,34; mi risparmio l’elenco dei
brani in Atti).
Una nota al termine:
Non vorrei che deviassimo ora dal tema in esame a questi temi contingenti.
11. {Sergiopaolo Falbo} ▲
Gentile Nicola, ho letto la tua pagina web sulla pena
di morte, buon lavoro e complimenti. Vorrei parlarvi nell’ambito di questa
discussione di Paolo, l’apostolo delle genti. Conoscete la sua storia,
seppure era reo confesso riguardo alla collaborazione data nella morte atroce
mediante lapidazione del giusto Stefano, e anche per aver condotto in prigione
tanti cristiani innocenti, ecco che il Signore lo ha scelto come apostolo delle
genti. Paolo racconta la sua storia diverse volte con diverse sfumature. La
storia della morte di Stefano è citata in Atti 6,8-8,3. Paolo racconta la sua
versione in Atti 22,1-22,21; Atti 26,2-23; Galati 1,13-2,10.
In questi brani del Nuovo
Testamento, Paolo esprime il suo sincero pentimento e la sua verace
conversione. Eppure, sebbene sia pentito per la morte del giusto Stefano e della
persecuzione dei cristiani, non rinuncia a usare metodi punitivi contro il mago
Elima (Atti 13,6-12). Ancora Paolo usa la sua azione punitiva verso i falsi
discepoli (1 Timoteo 1,20; vedi anche 2 Timoteo 2,17; 4,14). Paolo non esita a
dare i falsi cristiani peccatori in man di Satana (1 Corinzi 5,1-5).
Paolo da assassino e
persecutore nemico dei cristiani si è trasformato nell’apostolo delle genti;
quindi non invochiamo subito la pena di morte per qualsiasi malfattore, prima
cerchiamo il suo pentimento e la conversione. Forse con l’aiuto del Signore
riusciamo a strappare dalle mani di Satana un altra vita.
Esistono crimini per i quali
è forte il desiderio d’una giusta punizione con la pena di morte. Da
cittadino sono per la pena di morte per certi crimini come pedofilia e
omicidio plurimo con la capacità dell’intendere e volere. Da ebreo-cristiano
però non voterei mai a favore della pena di morte; a pagare sono spesso
innocenti, molti delinquenti non la subirebbero per via di potenti amicizie. Non
mi fido della giustizia terrena degli uomini fallaci, credo e ho fiducia solo
nel Signore. {18-02-2008}
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