Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I COSTI DELL’OPERA DI DIO

 

 a cura di Nicola Martella

 

La lettera di un lettore mi ha dato l’occasione per chiarire alcune cose sul costo dell’opera di Dio e in particolare sui costi dell’editoria.

     La sua tesi è doppia:

    1) Ciò che è di Dio, ossia tutto, dev’essere gratis.

    2) Stampare e vendere libri a tema biblico è «fare commercio nella casa di Dio» ed è perciò sbagliato.

     Sono due tesi molto dure che provengono da una comprensione singolare e di parte della Scrittura. Cercherò di dare una risposta chiarificatrice.

 

Si veda l'articolo sul tema: ► Il travaglio di un editore {Antonio Consorte}.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Francesco Scarlata

2. Nicola Martella

3. A. Quintavalle

4. Francesco Scarlata

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Francesco Scarlata}

 

Egr. sig. Martella Nicola, mi scusi se non so al momento come chiamarla, se darle del tu e chiamarla fratello; non ho capito bene la sua posizione. Una cosa so con chiarezza e serenità d’animo e di spirito: tutto ciò che è in noi appartenente al Regno di Dio non è nostro, quindi non dobbiamo gestirlo secondo visione umana ma secondo visione spirituale.

«In dono l’avete ricevuto, in dono datelo».

 

Il soggetto di Genesi 6, grazie a Dio ho avuto giusta visione «figlioli di Dio, figlioli degli uomini» con l’aiuto delle apologie di Giustino martire, ma avrei gradito molto che intorno a quello che lei o «che lo Spirito Santo le ha rivelato», visto che non è (se tale è) nostra possessione o nostra intelligenza, ebbene fosse messo a disposizione di tutti gratis come fa il sito «lanuovavia dei f.lli Butindaro».

     Perché non metto i miei a disposizione? Dal mio scritto si renderà conto che non sono un letterato e non so neanche come si forma un sito, e non so neanche se potrei mantenermelo, (non mi è dato) sopratutto visto che vado in cerca di conferma da chi è molto più preparato di me.

     Il mio non vuole essere un rimprovero ma un’esortazione a non cadere: «Della casa del padre mio ne avete fatto... commercio».

     Sono a sua disposizione se necessario a qualsiasi dialogo amichevole e fraterno in Cristo.

     La saluto con la pace del nostro Signore Gesù Cristo, Re del regno divino.

 

 

2. {Nicola Martella} 

 

La prima cosa che mi ha colpito dello scritto del mio interlocutore è (rivolgendosi a me) «non so al momento come chiamarla». Se fosse andato sul sito «Fede controcorrente» e avesse letto le decine di articoli che portano il mio nome, avrebbe saputo se chiamarmi «fratello».

     Sebbene non abbia capito fin in fondo il senso e il fine del suo scritto, mi sembra che esso riguarda il fatto che io stampi libri e li venda.

 

L’analisi di un verso nel suo contesto

     Il mio interlocutore cita il verso di Gesù: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Quando si tralascia il contesto e si assolutezza un verso (qui parte di esso), si fa sempre ideologia e demagogia. Si noti però che tale verso fu rivolto dal Maestro ai suoi dodici discepoli (= allievi) in un momento particolare del loro apprendistato. Non intendeva essere una regola di vita per sempre e per tutti. Infatti, tale verso aveva a che fare con la cultura particolare del tempo di Gesù. Per prima cosa vediamo l’oggetto ricevuto gratuitamente e che essi durante il loro ministero itinerante d’apprendistato dietro al rabbi Gesù dovevano anche dare gratuitamente: la predicazione del regno di Dio, ossia l’annunzio dell’Evangelo (v. 7). Ciò era accompagnato da opere potenti che dovevano attestare il loro apostolato (per i «segni dell’apostolo» cfr. 2 Cor 12,12). In quel tempo particolare e in quel sistema sociale, Gesù raccomandò ai suoi discepoli di fare i «predicatori itineranti» (come ce n’erano tanti nel giudaismo e successivamente anche nel cristianesimo; cfr. 3 Gv 1,6ss). Allora era uso accogliere tali «predicatori itineranti», ospitarli per il tempo necessario per riprendere le forze e per svolgere in loco il loro ministero e poi provvedere ai loro bisogni personali e per il successivo viaggio. Per questo Gesù raccomandò ai suoi discepoli di non portare con sé alcunché (Mt 10,9s). Vorrei sfidare il mio interlocutore a farlo oggigiorno qui in Italia.

     E Gesù aggiunse, però, anche la motivazione: «…perché l’operaio è degno del suo nutrimento» (v. 10). Se oggigiorno, nella mutata società, i «servi di Dio» vivessero da «predicatori itineranti» e andassero come allora da villaggio a villaggio, avrebbero in ognuno d’essi chi li accoglie, li ospita, li rifocilla, si occupa dei loro bisogni personali e provvede per il loro ulteriore viaggio? Quale degna persona li accoglierà perché dimorino presso di lei finché ripartono? (v. 11). Su quante case o città bisognerebbe che scuotessero la polvere dai loro piedi? (v. 14).

     Il contesto mostra che si trattava di una situazione conforme alla cultura giudaica di quei tempi (vv. 16-22) e alle difficoltà che i discepoli avrebbero incontrato nell’evangelizzare la Giudea (v. 23 città d’Israele).

     Qui il Maestro comandò ai suoi dodici allievi di non prendere nulla con sé per imparare a dipendere da Dio (Lc 9,3). In un altro momento, ricordando prima la precedente esperienza (Lc 22,35), poté dire: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda; e parimenti una sacca…» (v. 36). La stessa esperienza la fece fare ad «altri settanta discepoli» (Lc 10,1), raccomandando: «Ora dimorate in quella stessa casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua retribuzione» (vv. 7ss). Guai a voler assolutizzare e applicare nell’oggi elementi contenuti nella narrazione come, ad esempio: «Non salutate alcuno per via» (v. 4; un predicatore non dovrebbe parlare del Signore a qualcuno sul treno, mentre si reca nella città dove deve predicare?), «Non passate di casa in casa» (ossia quanto a ospitalità; v. 7; un predicatore non può essere invitato da più famiglie a mangiare nei giorni in cui sta in una data chiesa?), «Mangiate di ciò che vi sarà messo dinanzi» (v. 8; e se si è allergici a qualche cosa?).

     Si fa sempre male ad assolutizzare un verso biblico o addirittura una parte d’esso per farne una ideologia dottrinale a proprio uso e consumo. Non si può trascurare il contesto storico e culturale. Giovanni, rispecchiando l’uso dei «predicatori itineranti» del tempo, lodava Gaio perché praticava tale ospitalità: «Diletto, tu operi fedelmente in quel che fai a pro dei fratelli che sono, per di più, forestieri. Essi hanno reso testimonianza del tuo amore, dinanzi alla chiesa; e farai bene a provvedere al loro viaggio in modo degno di Dio; perché sono partiti per amor del nome di Cristo, senza prendere alcun che dai pagani. Noi dunque dobbiamo accogliere tali uomini, per essere cooperatori con la verità» (3 Gv 1,5-8).

     Paolo raccomandò quanto segue a Tito, suo collaboratore che al momento operava come missionario in Creta: «Provvedi con cura al viaggio di Zena, il legista, e d’Apollo, affinché nulla manchi loro. E imparino anche i nostri ad attendere a buone opere per provvedere alle necessità, affinché non stiano senza portar frutto» (Tt 3,13s)

     Mi chiedo se il mio interlocutore ospiterebbe a casa sua un tale «predicatore itinerante», diciamo per un mese, provvedendo a tutte le sue necessità del momento e a quelle che gli permetterebbero di proseguire il suo ministero nel prossimo futuro. E se poi dopo alcuni giorni ne arriva un altro? Mi chiedo che cosa risponderebbe a un Paolo, se gli scrivesse (per lui e la sua squadra missionaria) quanto segue: «Quando andrò in Spagna, spero, passando, di vedervi e d’esser da voi aiutato nel mio viaggio verso quella meta…» (Rm 15,24). Che risponderebbe, che farebbe?

 

Il pregiudizio e l’avidità

     Per prima cosa affrontiamo il tema del pregiudizio. Se il mio interlocutore avesse visitato il sito «Fede controcorrente», avrebbe accertato che ci sono lì molte decine di articoli e temi di discussione messi a disposizione di chi vuole leggerli e approfondirli. Essi sono costati molto lavoro, sudore e impegno a me e a quanti hanno collaborato. Essi sono anche a disposizione di tutti. Quindi, il suo è un pregiudizio. I pregiudizi rendono colpevoli. Gli ricordo al riguardo alcuni versi da meditare:

     Gesù: «Non giudicate affinché non siate giudicati; perché col giudizio col quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi. E perché guardi tu il bruscolo che è nell’occhio del tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo?» (Mt 7,1ss). ▪ «Non giudicate secondo l’apparenza, ma giudicate con giusto giudizio» (Gv 7,24).

     Paolo: «Cosicché non giudicate di nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce le cose occulte delle tenebre, e manifesterà i consigli dei cuori; e allora ciascuno avrà la sua lode da Dio» (1 Cor 4,5; cfr. anche Rm 14,13).

 

Qui parlo in generale dell’avidità dell’uomo. La mia esperienza, fatta con tante persone e in molte occasioni, m’insegna che chi si nasconde dietro a versi tolti dal contesto, occulti spesso in effetti l’avidità del suo cuore, proprio argomentando così. Spesso si è interessati al proprio tornaconto (avere cose gratis) più che alla verità, alla giustizia e al progresso del regno di Dio. All’affermazione «tutto è di Dio» corrisponde la pretesa del «tutto m’è dato». Non interessa quanto ciò costi all’altro.

     Non a caso nel Decalogo (la costituzione d’Israele) è scritto: «Non concupire […] cosa alcuna che sia dei tuo prossimo» (Es 20,17; Dt 5,21). Questo principio fu ricordato nel NT (Rm 7,7; 13,9). In modo esplicito Paolo disse: «Nessuno soverchi il fratello né lo sfrutti negli affari; perché il Signore è un vendicatore in tutte queste cose» (1 Ts 4,6).

 

La sensibilità d’animo e il sostegno dei servitori

     È singolare che il mio interlocutore abbia (pre-)giudicato una situazione, senza conoscermi e senza informarsi. Se fosse stato abbastanza sensibile d’animo e me lo avesse chiesto, gli avrei risposto che come missionario vivo con la mia famiglia della generosità di alcuni fratelli che specialmente dall’estero si fanno carico di noi. Gli avrei anche detto che, al presente, arriviamo alla fine del mese raschiando il fondo del barile. Nonostante ciò siamo grati che il Signore si sta prendendo cura di noi e che noi possiamo servirlo.

     I discepoli, dopo essere stati chiamati dal rabbino Gesù, lasciarono le loro famiglie (com’era allora costume fra i Giudei) per seguire quello speciale apprendistato. Gesù e i discepoli non vivevano certamente d’aria, ma avevano una cassa comune per la loro sopravvivenza e per la beneficenza (Gv 12,5s; 13,29). C’erano anche «molte donne… che avevano seguitato Gesù dalla Galilea per assisterlo» (Mt 27,55). Dopo tale tempo particolare, chi era sposato si ricongiunse con la sua famiglia. Se la chiesa, una volta nata, non avesse sostenuto tali fratelli, essi non avrebbero potuto svolgere il loro ministero di apostoli (= missionari) a pieno tempo. Paolo rispondendo agli attacchi arrivatigli dai Corinzi, si difese dicendo: «Non abbiamo noi il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno con noi una moglie, sorella in fede, così come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? O siamo soltanto io e Barnaba a non avere il diritto di non lavorare?» (1 Cor 9,4ss). Poi proseguì dicendo: «Chi è mai che fa il soldato a sue proprie spese? Chi è che pianta una vigna e non ne mangia del frutto? O chi è che pasce un gregge e non si ciba del latte del gregge? [...] chi ara deve arare con speranza; e chi trebbia il grano deve trebbiarlo colla speranza d’averne la sua parte. Se abbiamo seminato per voi i beni spirituali, e egli gran che se mietiamo i vostri beni materiali? […] Così ancora, il Signore ha ordinato che coloro i quali annunziano l’Evangelo vivano dell’Evangelo» (vv. 7.10s).

     Spesso si afferma che Paolo si sosteneva facendo tende. Ma questo è vero solo in parte e solo per quei tempi in cui non arrivava il sostegno delle chiese. In una situazione particolare, quando finirono le risorse del suo gruppo missionario, egli mandò i suoi collaboratori nelle chiese per trovare altro sostegno. Intanto per vivere si affiancò ad Aquila e Priscilla e lavorò con loro (At 18,2ss; che avrebbe risposto Paolo a chi voleva una tenda gratis?). Poi però si legge: «Ma quando Sila e Timoteo furono venuti dalla Macedonia, Paolo si diede tutto quanto alla predicazione…» (v. 5). Paolo era grato per il sostegno finanziario della chiesa di Filippi, che era così venuta in aiuto al suo bisogno (Fil 4,15s).

 

E i libri che stampi?

     Per essere a posto con la legge, ho aperto una casa editrice con l’intento di stampare libri che diano un contributo alla crescita delle chiese e allo studio teologico. Non avendo una missione dietro a noi che ci sovvenziona i libri, per ogni opera ho dovuto attingere dai nostri risparmi e fare dei sacrifici. Quello che entra, a malapena arriva a pagare le spese.

     Il mio interlocutore ha citato fuori contesto il verso di Gesù: «In dono l’avete ricevuto, in dono datelo». Poi per rincarare la dose, ha citato un altro verso fuori contesto: «Non fate della casa del Padre mio una casa di mercato» (Gv 2,18). Gesù stava qui nel tempio di Gerusalemme, intorno al quale si era creato nel tempo un vero e proprio commercio di animali sacrificali e dove operavano i cambiamonete che per interesse trasformavano le valute dei pellegrini in monete del tempio (vv. 14s); questa situazione concreta è irrepetibile da circa 2.000 anni! Quando non si taglia «rettamente la Parola di verità» (2 Tm 2,15), ma la si usa a proprio uso e consumo mediante spiritualizzazioni arbitrarie, si fa danno nell’opera di Dio e ci si rende colpevoli.

     Scrivere un libro costa molto sacrificio; arrivare fino alla fine, portando il tutto al tipografo, è già legato a molti costi. Poi è difficile convincere il tipografo a fare tutto gratuitamente. Le librerie si prendono il 30% per ogni libro venduto. I distributori più grandi molto di più. Essi devono poterci vivere, facendo questo ministero. Su ogni libro bisogna poi pagare l’IVA e poi le tasse a fine anno (i libri non venduti valgono come patrimonio!). In pratica, stampare libri non è un grande affare. Si fa come opera del Signore e per amor suo. Così fanno le case editrici e le librerie in Italia; anche questi fratelli e le loro famiglie hanno diritto a mangiare. Non è un’ingiustizia sentirsi citare fuori contesto: «Datelo gratuitamente»? (L’Evangelo l’ho da sempre predicato gratuitamente!) A chi vuol far valere tali pretese, non ricorda al contrario il comandamento: «Non rubare»? (Es 20,15; Mt 19,18). Chi pretende libri gratis da chi fa sacrifici per stamparli non sta soverchiando il fratello e lo sta sfruttando negli affari? (1 Ts 4,6).

     L’ultima opera, che ho stampato, è stata possibile realizzarla perché due credenti (padre e figlio) mi hanno «obbligato» a farlo, impegnandosi a comprare 100 copie, sostenendo così una parte dei costi. Questi fratelli sono da onorare, perché — lungi dal reclamare qualcosa per sé (citando arbitrariamente versi fuori contesto) — hanno generosamente dato, permettendo l’opera di Dio.

     È forse per questo che l’opera di Dio in Italia va così a rilento, perché i credenti, invece di sollevare e aiutare quelli che già portano pesi e fanno sacrifici per onorare Dio con i loro carismi, pongono sul loro cuore inutili scrupoli, tratti da versi fuori contesto, pur di avere essi stessi un loro vantaggio o una ragione.

     Sul sito «Fede controcorrente» ci sono ormai centinaia di articoli a disposizione di tutti. È un servizio in più che costa tanto sacrificio a me e a quanti collaborano con me.

     Poi solo chi non fa, non sbaglia. Altri, non facendo, hanno tempo per dare lezioncine spirituali a chi sta operando. Sapendo che dobbiamo comparire dinanzi al tribunale di Cristo per ricevere la retribuzione delle sue opere (2 Cor 5,10), ci esercitiamo a piacergli e servirlo.

     Per il resto, invece di far valere pretese, ci si eserciti a mettere in pratica la Parola, sostenendo l’opera: «Ciascuno porterà il suo proprio carico. Colui che viene ammaestrato nella Parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi l’ammaestra. Non v’ingannate; non si può beffarsi di Dio; poiché quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà» (Gal 6,5ss).

 

 

3. {Argentino Quintavalle} 

 

Devo confessare che per un certo periodo la pensavo quasi alla stessa maniera, ma non davo comunque importanza al fatto. Basandomi sulla mia esperienza ritengo (e spero) che non ci sia malafede in chi la pensa così, ma solo ignoranza d’alcune cose. Personalmente ho cambiato idea quando, qualche anno fa ho parlato con un fratello che aveva lasciato il suo lavoro secolare per dedicarsi a tempo pieno al Signore. Ora viene sostenuto da alcune chiese e «arrotonda» con la vendita di libri. Mi disse che la vendita dei libri aiuta, ma non ci si mangia.

     C’è poi da considerare altre cose:

     ■ 1) Chi scrive un libro corre anche il rischio di rimetterci finanziariamente. Quindi, più che il guadagno, chi scrive è mosso dal desiderio di far conoscere alcune verità ad altri.

     ■ 2) Per poter far questo senza far pagare il libro ai lettori, bisognerebbe essere miliardari.

     ■ 3) La lettura fa bene. Apre la mente, aiuta a essere critici e a non fossilizzarsi in quelle poche idee che abbiamo messo nella testa; ci fa capire che ci sono altri che hanno idee diverse delle nostre e questo ci aiuta a riflettere e ragionare; arricchisce il nostro vocabolario e la nostra capacità di parlare, ecc. ecc. Charles Spurgeon, che è stato definito il «principe dei predicatori» divorava decine di libri al mese.

     ■ 4) È vero che nella Bibbia ci sono dei passi che si possono intendere, estremizzandoli, nel senso di non far pagare i libri. Ma c’è scritto anche di «acquistare la verità». Personalmente, sono andato in cerca e acquistato libri rari e introvabili in Italia, per amore della verità. Chi è disposto ad approfondire la propria conoscenza è disposto anche a pagare per questo.

     ■ 5) Mi spingo a dire, che forse è arrivata l’ora che chi scrive libri cristiani, esca dalla piccola cerchia dell’editoria evangelica e pubblichi i suoi libri per un pubblico più vasto. Così la verità può arrivare a più persone. Non so questo come si potrebbe fare, non sono un esperto del settore, ma mi auspico che si trovi il modo di farlo.

     ■ 6) Certo, non è tutto oro quello che luccica. Senza giudicare mi pongo alcune domande. C’è un commercio evangelico? Oltre ai libri, oggi si vende un po’ di tutto: magliette, distintivi, matite, giochi, orologi, ecc. ecc. Qualcosa sta sfuggendo di mano? Lascio ad altri le risposte.

 

 

4. {Francesco Scarlata} 

 

Nota redazionale: Apprezzo il fatto che Francesco Scarlata abbia riconosciuto il suo errore e me lo abbia scritto. È un segno di sensibilità alla Parola e di ravvedimento cristiano. Qui di seguito traggo alcune parti delle sue ultime missive che mostrano il suo cambiamento d'atteggiamento. Lo scopo è quello di rendere giustizia a un cristiano che ha capito e ha cambiato atteggiamento. Non vogliamo assomigliare ai giornali che riportano solo notizie negative e non i cambiamenti positivi di una situazione.

     ■ «È vero che non ho letto tutti i suoi articoli. È vero che la mia lettera forse letteralmente può apparire pesante e di questo chiedo scusa; ma è anche vero che ho scritto: "visto che vado in cerca di conferma da parte di chi è molto più preparato di me". […] Riconoscendo il mio errore […] penso d'aver compreso e le chiedo scusa…».

     ■ Sulla mia successiva offerta di dialogo e di chiarire in un contributo la sua posizione, ha scritto: «Mi basta questo saluto per rispondere alla mia triste e forse espressa male (e intesa male) espressione: “Non so se devo darle del tu e chiamarlo fratello”. Non conoscevo il sito e non conoscevo te, ecco perchè ho scritto alla fine: “Sono a sua disposizione se necessario a qualsiasi dialogo amichevole e fraterno in Cristo”. Comunque rivedendo la cosa, non avevo nessun titolo per esprimermi in questa maniera; sono stato ripagato con la stessa moneta e mi serva di lezione. Ti saluto con la pace del nostro Signore Gesù Cristo il Signore».

 

Nota redazionale: Come gestore di «Fede controcorrente» ritengo quindi conclusa qui la questione. Certamente altri possono sempre contribuire a questo tema, mostrando altri aspetti su questo tema che è molto importante per l'opera di Dio in Italia. Come ha mostrato anche Argentino, sotto pelle non pochi nutrono un atteggiamento simile. Chi ne porta il rallentamento, l'impedimento o il danno è sempre l'opera del Signore... oltre ai servitori, che da tale clima escono spesso abbattuti, frenati e frustrati.

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Opera_costi_UnV.htm

28-04-2007; Aggiornamento: 06-07-2010

 

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