Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BISOGNA OBBEDIRE AI CONDUTTORI? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Bisogna obbedire ai conduttori?». Sebbene il verbo peíthō al passivo, che ricorre in Ebrei 13,17, intenda in tutto il NT «essere persuasi, farsi o lasciarsi persuadere, dare retta», qui i traduttori — succubi della Vulgata — hanno tradotto singolarmente con «ubbidire». Il greco, però, ha un proprio termine specifico per «ubbidire», ossia hypakū́ō. Come si vede, il consenso è più forte del dizionario, della grammatica e della sintassi. Sono andato a studiare pressoché tutti i brani del NT, in cui compare peíthō al passivo, e tale analisi ha confermato la traduzione suggerita: «Dare retta ai vostri conduttori e siate arrendevoli!».

     La discussione, che si è sviluppata con (e tra) i lettori è interessante e mi ha dato modo di spiegare meglio le cose; rimando perciò direttamente a essa.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Andrea Belli

2. Vincenzo Russillo

3. Pietro Calenzo

4. Antonio Strigari

5. G. Cannizzaro

6. Giuseppe Mascari

7. Sergio Rastello

8. Luisa Lauretta

9. Nunzio Nicastro

10. A. Bartolomeo

11. Bruno Salvi

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Andrea Belli}

 

Contributo: Visto che vengo citato dal lettore, vorrei precisare la mia convinzione, che si trova in linea con quanto spiegato da Nicola. Ovvero per svolgere l’ufficio di anziani, bisogna innanzitutto «esserlo» ovvero avere le qualifiche spirituali necessarie, come ben spiegato da Paolo in 1 Tm 3. Se un anziano o un conduttore abusa della sua posizione, volendo obbligare i membri di una chiesa locale a fare o a pensare qualcosa, che è secondo le convinzioni del conduttore, ma non secondo la Parola di Dio, allora i credenti hanno motivo di non sottomettersi né di ubbidire. Se invece il conduttore di una chiesa locale la guida secondo i dettami della Parola e della volontà di Dio, allora i credenti sono chiamati alla sottomissione nei confronti dei loro anziani. Io credo che un credente può legittimamente rifiutarsi di sottomettersi al proprio collegio di anziani, se esso si discosta dalla Parola di Dio e disobbedisce al Signore. {21-02-2014}

 

Matteo Armillotta: Caro Andrea, sono del tuo stesso pensiero, nella pratica ho fatto e farò sempre cosi. {21-02-2014}

 

Nicola Martella: Come ho mostrato nell'articolo di riferimento, in tutto il NT greco mancano imperativi come: «Siate sottomessi (o ubbidienti) ai vostri conduttori!». Quindi, i rapporti fra conduttori (anche quelli irreprensibili riguardo alla Parola e alla morale) e membri erano regolati diversamente che da un semplice comando di subordinazione.

 

 

2. {Vincenzo Russillo}

 

Contributo: La differenza è tra le due parole obbedienza e sottomissione. Obbedienza implica seguire i comandi, mentre la sottomissione riguarda il proprio atteggiamento. È possibile obbedire esteriormente, mentre si ribolle di rabbia al proprio interno, ma non si è sottomessi. Sottomissione implica un dolce spirito di collaborazione, che nasce dalla fiducia. È la fiducia che i proprio leader seguono rettamente la Parola di Dio e hanno cura dei propri fratelli.

     Si dovrebbe obbedire ai conduttori, perché sorvegliano le nostre anime e sono responsabili verso Dio. Nella chiesa, Dio ha nominato delle guide per sorvegliare il gregge (Atti 20,28; 1 Pietro 5,1-4). Il loro compito non è quello di dominare la chiesa, ma piuttosto di essere dei modelli per il gregge (1 Pt 5,3; 2 Cor 1,24). Ad ogni modo, coloro che hanno autorità non sono mai un’assoluta autorità. Ogni leader darà conto a Dio. Quando i conduttori insegnano la verità di Dio, specialmente sulle dottrine essenziali e i comandi della fede, tutti dobbiamo essere sottomessi. Non è l’autorità degli anziani, ma di Dio, a cui dobbiamo sottometterci. Paolo scrisse a Tito: «Parla di queste cose, esorta e riprendi con piena autorità. Nessuno ti disprezzi» (Tito 2,15). L’esortazione dell’apostolo è chiara, Tito doveva insegnare ed essere integerrimo, seguendo i dettami della Parola. Quando ci sono conduttori irreprensibili, il non seguire i sani insegnamenti vorrebbe dire disprezzare la Parola. {21-02-2014}

 

Nicola Martella: È un contributo condivisibile, tranne per il punto dell’obbedienza. Se c’è una differenza fra sottomissione e obbedienza ai conduttori, la questione è se nell’originale la Scrittura comandi esplicitamente che si obbedisca ai conduttori e si sia sottomessi a loro. La risposta è no; e questo è il punto. Ai conduttori bisogna dare un «doppio onore», specialmente se proclamano l’Evangelo e insegnano (1 Tm 5,17 qui il contesto parla di sostegno!), ma non l’obbedienza, che è tipica dei figli minorenni verso i genitori (Ef 6,1; Col 3,20) e dei servi verso i padroni (Ef 6,5; Col 3,22). Sebbene manchi il preciso comandamento dessere sottomessi ai propri conduttori, esso si potrebbe evincere per analogia da quanto viene detto genericamente riguardo ai più giovani rispetto ai più anziani nella fede (1 Pt 5,5) e riguardo ai servitori e contempla un loro riconoscimento (1 Cor 16,16).

 

Vincenzo Russillo: Caro Nicola, grazie per correzione perché ho avuto modo di approfondire meglio la questione. In effetti, nello scrivere ho usato la parola obbedire, ricadendo nell’errore dei traduttori. In effetti la parola obbedire, nell’uso, della lingua italiana certo non può essere accostata come sinonimo di «convincere» e «persuasione» o di «prestare attenzione».

     La parola ubbidire implica un rapporto tra padrone e servo, o per lo meno, una posizione temporanea di sottomissione. In italiano, i termini non hanno una posizione di condizionalità. Per esempio, una madre non dice un bambino piccolo: «Voglio che tu mi ascolti e mi obbedisca, se non ti dispiace». Da ciò potrebbe sembrare che dovremmo seguire le guide senza acriticità nell’uso di tale termine.

     Il termine greco tradotto come «obbedite» [in Eb 13,17] è peíthesthe: Si tratta di un verbo, coniugato nella 2a persona plurale del tempo imperativo. Esso deriva da peíthō e significa «convincere, avere fiducia». L’autore comandava ai cristiani ebrei di «essere convinti» o «avere fiducia». Nella Bibbia ritroviamo questo verbo diverse volte, ad esempio in: Matteo 27,20; Atti 5,36; Romani 2,19; 2 Corinzi 5,11.

     C’è da notare che il termine viene tradotto con ubbidire in altre due occasioni: «Ma ira e indignazione a quelli che, per spirito di contesa, invece di ubbidire alla verità ubbidiscono all’ingiustizia» (Romani 2,8). «Se mettiamo il freno in bocca ai cavalli perché ci ubbidiscano, noi possiamo guidare anche tutto il loro corpo» (Giacomo 3,3).

     Come si può notare, in questi due versi (escluso Eb. 13,17 che è in discussione) viene tradotto peíthō come «obbedire». Degna di nota è che nessuno di questi due, sempre con l’eccezione del nostro testo, usi in modo controverso «obbedire» nel senso che un altro essere umano possa avere il comando verso l’altro.

     Il significato del termine greco è quello di persuasione basata sul ragionamento e la fiducia, o la fiducia nella fonte. Non viene utilizzato per trasmettere l’idea di obbedienza cieca e acritica.

            Come fatto da te notare, il termine usata in greco per ubbidire è hypakū́ō. Invece, l’autore della lettera agli Ebrei ha usato peíthō, per trasmettere l’idea che dovremmo lasciarci convincere dal ragionamento di coloro, che prendono l’iniziativa, avendo fiducia nelle loro buone intenzioni, confidando che ciò che ci stanno invitando a fare, è per amore. Ti ringrazio nuovamente per i tuoi studi, che ci permettono di «investigare» meglio la Parola. {26-02-2014}

 

Nicola Martella: Ho cercato di aggiustare al meglio il contributo, dove c’erano alcuni «fuori pista» rispetto alla lingua greca. J Faccio notare che anche nei brani menzionati, in cui compare peíthō al passivo non c’è alcuna necessità di tradurre con «ubbidire»:

     ■ Rm 2,8: «e non solo sono diffidenti rispetto alla verità, ma si fanno persuadere dall’ingiustizia» (pres. ind. att. di apeithéō + pres. pt. pass. di peíthō).

     ■ Gcm 3,3: «Se mettiamo il freno in bocca ai cavalli, perché essi ci diano retta, guidiamo anche tutto il loro corpo».

 

Quindi, anche qui non c’è alcun bisogno di tradurre con «obbedire»; e chi lo fa, interpreta lui il testo secondo i suoi gusti.

 

 

3.. {Pietro Calenzo}

 

Contributi: 1. Essere autorevoli senza essere autoritari, coloro che tengono bene la presidenza siano degni di doppio onore. Non ho mai incontrato anziani, che non lo fossero. {21-02-2014}

     2. Sono fratelli, figli di Dio, perfettibili ma non perfetti, come noi tutti. Ma hanno quel quid, che non tutti hanno, e ciò si palesa a tutti, non hanno bisogno di mostrarlo, si vede e si percepisce. Nella sua grazia Dio mi ha concesso, personalmente, degli anziani irreprensibili. Ricordo, una volta fui anche consigliato circa una mia attitudine, che poteva recar fastidio in assemblea; non me ne rendevo conto, domandai all’altro anziano, mi consigliò in modo uniforme al primo. Pensai istantaneamente: allora hanno ragione; avevano ragione. Guardandomi dietro, una cosa posso affermare con certezza, sono stati un grande dono di Dio, e ciascuno di loro li porterò, sempre, sempre nel mio cuore, e ringrazio il Signore di averli posti sul mio cammino. Erano autorevoli, affettuosi, fratelli, amici, consiglieri... non autoritari, erano con me ovunque e dovunque. Non erano perfetti. Ed io lo ero? e io lo sono? No. Grazie, Signore. {21-02-2014}

 

Samuele Maodda: Dio ti ha benedetto in questo, fratello Pietro. Non tutti, ahinoi, lo possono dire. {21-02-2014}

 

Mario Manduzio: Sicuramente la puntualizzazione esegetica dei verbi o dei termini dal greco (o ebraico) è sempre una cosa utile per capire certe verità della Scrittura, ma spesso è solo un rimedio per non affrontare la vera questione. Io credo che la diatriba sottomissione-ubbidienza sia importante, ma non determinante; il problema centrale è: l’anziano è qualificato o squalificato? È da qui che bisogna partire. Se io riconosco in un medico le necessarie qualità professionali, non ho nessun problema a sottomettermi e a ubbidire alla sua cura, mentre mi riesce difficile al contrario. Purtroppo, e spesso, non c’è riconoscimento ma solo imposizione, al che potrebbe seguire qualsiasi verbo senza nessun valore e nessun risultato, e la questione diventa infinita. {22-02-2014}

 

Nicola Martella: ● Di Pietro Calenzo mi ha colpito il suo linguaggio al passato. Mi verrebbe da chiedere: In quante chiese sei mai stato per lunghi periodi, per fare tale buona esperienza? Visti i tuoi verbi al passato, quale assemblea frequenti ora stabilmente, diciamo negli ultimi 4-5 anni, e come vadano le cose lì? Fa certo molto piacere, se i credenti facciano simili positive esperienze. Tuttavia, le lettere e le telefonate, che ricevo, unitamente alle mi esperienze dirette, mi mostrano che non tutti sono conduttori miti e autorevoli secondo la Scrittura, anzi non tutti hanno neppure le qualità richieste dal NT.

     ● A Mario Manduzio faccio presente che degli «anziani di paglia» abbiamo già parlato altrove. Tuttavia, anche gli uomini migliori sono tentati dal potere e dal superare i propri limiti (cfr. Uzzia; Diotrefe). Quindi, la questione è rilevante, visto che nel NT non viene mai richiesta esplicitamente l’ubbidienza né la sottomissione ai conduttori. Ciò toglie acqua al mulino dell’arbitrio e a pretese come questa: «Se non ubbidisci a me, che sono il tuo conduttore, stai peccando contro Dio!».

 

Pietro Calenzo: Ti rispondo, Nicola, erano (e sono) le Assemblee dei Fratelli di Scauri, di Nettuno e di Aprilia, anche se quest’ultima è diventata interdenominazionale, ma è ugualmente con un collegio di anziani. Perché il tempo passato? Poiché alcuni amati anziani sono ora geograficamente distanti, e uno di loro è con il Signore. {26-02-2014}

 

Michele Savino: Credo che il problema principale sia il fatto che molti confondono l’ubbidienza con la sottomissione. L’ubbidienza si esercita generalmente nei confronti di una persona, con la quale si condividono le idee e i pensieri; e Gesù, in quanto uomo, ne è stato un esempio perfetto. In campo cristiano l’ubbidienza alla Parola è alla base della vita cristiana, così come la sottomissione a chi inculca i giusti principi, principalmente allo Spirito, ma anche a chi ne ha ricevuto il carisma; ma solo quando questa sottomissione riguarda i principi biblici, così come sono espressi dalla Parola del Signore.

     Pensavo al fatto che, in molte chiese, ci sono molti credenti che sono sottomessi per forza, più che per amore; da questo traggono molta sofferenza, e spesso se ne lamentano.

     Non hanno libertà di spirito, se la loro sottomissione è semplicemente verso l’uomo anziché verso la Parola di Dio. {22-02-2014}

 

Samuele Maodda: Proprio così! A me qualcuno, una volta, disse: «Se tu non ubbidisci al tuo pastore, anche quando questo ti sta chiedendo cose non conformi alla Parola di Dio, per te sono maledizioni!». La cosa più drammatica, però, è che era serio, mentre lo diceva! {22-02-2014}

 

Pietro Calenzo: Il mio breve commento, è per alcuni versi simile ad anteriori. Se il verbo è errato nella sua applicazione specifica, perché le traduzioni evangeliche o riformate, continuano a errare? Potrei comprendere il Textus Receptus di Erasmo, pur sempre cattolico (anche se più illuminato dei suoi committenti), ma il Nestle Aland e il Maggioritario perché perpetuano l’errore di Girolamo? {28-02-2014}

 

Nicola Martella: In Eb 13,17 i testi greci non hanno varianti o errori, sono le traduzioni basate sulla Vulgata a uscire fuori del seminato. Le antiche traduzioni erano sorte in un tempo in cui la lingua accademica era il latino ed erano, perciò, perlopiù la volgarizzazione della Vulgata. Il consenso fra i revisori delle nostrane e correnti traduzioni ha fatto sì che tale errore si perpetuasse fino a oggi. E in fondo, faceva pure comodo ai conduttori monocratici e non.

 

Pietro Calenzo: Tutto ciò non è molto incoraggiante, comunque i traduttori del passato piuttosto che avvallare traduzioni, che si confacevano alle loro intenzioni ecclesiologiche, avrebbero fatto meglio a tradurre fedelmente il testo Scritturale. Comunque tardi è meglio che mai. {28-02-2014}

 

 

4. {Antonio Strigari}

 

Contributo: A mio modesto avviso, per rispondere a questa domanda bisogna prima focalizzare la nostra attenzione sul termine «conduttori» rendendone chiaro il significato nel suo contesto. Pertanto riporto quanto detto in una mia precedente nota sulla sottomissione ai conduttori.

     La Parola ci dice di essere sottomessi ai nostri conduttori: «Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano per le vostre anime, come chi ha da renderne conto; affinché facciano questo con allegrezza e non sospirando; perché ciò non vi sarebbe d’alcun utile» (Ebrei 13,17),

     Ci siamo chiesti perché usi il termine «conduttori» e non pastori, anziani, diaconi o presbiteri? Cerchiamo di comprendere bene: se la Parola ci avesse detto di obbedire ai pastori, diaconi, anziani o presbiteri, avrebbe significato che noi avremmo dovuto sempre e comunque obbedire loro, anche se ci avessero detto di buttarci dal tetto per andare incontro a Gesù, che stava tornando (come è, purtroppo, successo in America).

     Sappiamo che ci sono pastori veri e altri falsi; di quelli «falsi» la Parola ne indica molti: apostoli (2 Corinzi 11,13), profeti (2 Pietro 2,1; Matteo 7,15; 24,11; Luca 6,26), dottori (2 Pietro 2,1), fratelli (2 Corinzi 11,26; Galati 2,4) e addirittura falsi cristi (Matteo 24,24).

     Naturalmente, se malauguratamente un «falso» pastore o anziano dovesse rivelarsi come tale, noi non dovremmo ubbidirgli ed essergli sottomessi. Per chiarire bene la volontà di Dio su questo punto, la Parola usa (come abbiamo detto) il termine «conduttori» individuando così una sola categoria di persone, cioè quella di uomini, ministri di Dio, che ci «conducono» a Cristo Gesù.

     Quindi, con vera gioia ci sottomettiamo e ci sottometteremo ai nostri pastori, diaconi, anziani o presbiteri, a condizione che essi siano anche i nostri «conduttori» verso il regno celeste!» {21-02-2014}

 

Nicola Martella: Il primo problema sorge, quando si incolla semplicemente una propria nota, senza verificarla rispetto ai contenuti specifici dello scritto di riferimento. Il secondo problema sta nell’aver citato Ebrei 13,17, come se la mia traduzione letterale dal greco e la disquisizione in merito non esistessero.

     Faccio poi notare che il termine «conduttori» non è particolare qui, ma è solo uno dei tanti termini, che il NT usa per designare le guide della chiesa locale. Poteva starci un altro termine, e non sarebbe cambiato nulla; nessuno ha il dovere di buttarsi dal tetto, che lo pretenda un conduttore (hegū́menos), un anziano (presbýteros) o un sorvegliante (epískopos). La questione non è tale termine, ma se il verbo usato (peíthō al passivo) significa «ubbidire» o «dare retta, lasciarsi persuadere».

     Anche guide o conduttori possono essere veri o falsi, qualunque sia il titolo, di cui si fregiano. La Scrittura non ci chiede che ubbidiamo né ai conduttori veri, né a quelli falsi; non ci chiede neppure esplicitamente, con un comando, che siamo sottomessi a quelli, che hanno le qualità richieste dal NT (1 Tm 3; Tt 1); ciò che viene comandato è che si dia loro retta (fiducia, credito) all’interno di un rapporto fiduciario. Nel NT si mette lenfasi, oltre che sulla sottomissione reciproca e sulle qualità dei conduttori, sulla volontarietà del servizio delle guide, che deve suscitare una volontarietà dei membri nel seguirli. In tale rapporto fiduciario la sottomissione è volontaria e di natura spirituale e, dove si realizza con vera gioia, tanto meglio per tutti e per l’avanzamento del regno di Dio.

 

 

5. {Giacomo Cannizzaro}

 

Contributo: Anch’io, fratelli cari, vorrei se possibile dire qualche cosa in merito. Il Signore Gesù, nel dare il mandato, disse: «Andate e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte le cose che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). Chi deve insegnare i discepoli, se non i conduttori? Nel Getsemani troviamo come protagonista ancora Gesù, che disse: «Padre se possibile allontana da me questo calice, fa che io non lo beva; tuttavia non la mia, ma la tua volontà sia fatta» (Lc 22,42). Gesù imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì e, trovato nell’esteriore simile a un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce. Quindi Gesù si sottomise al Padre sin dalla sua fanciullezza, molto di più dopo che ebbe inizio il suo ministero terreno fino alla fine. Dopo Gesù stesso ha dato dei ministeri agli uomini: alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, pastori e dottori. Per che cosa? Per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero e per l’edificazione del corpo di Cristo, finché giungiamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, a un uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di Cristo. Affinché non siamo più bambini, sballottati da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per la loro astuzia, mediante gli inganni dell’errore ma dicendo la verità con amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Quindi, cari nel Signore, deduciamo che l’ubbidienza e sottomissione a conduttori, pastori, dottori, ecc. siano necessari, altrimenti saremo considerati ribelli, non solo ai conduttori, ma ha Dio stesso, poiché essi lo rappresentano sulla terra. Altrimenti saremo come Gesù, che entrato a Gerusalemme, vide il popolo come un gregge senza pastore. Questo non significa che siano i nostri padroni; vogliamo essere avveduti, fratelli. {21-02-2014}

 

Nicola Martella: Ho cercato di dare un po’ d’ordine a tale contributo. Vedo una lista di brani biblici, alcuni circoscritti dai riferimenti (le virgolette ce le ho messe io), altri brani, che ben conosco, sono messi lì, senza virgolette né riferimenti (cfr. Eb 5,8 + Fil 2,8; Ef 4,11-15; Mt 9,36 non era Gerusalemme!). Molti di loro non c’entrano nulla col tema. Tuttavia, alla fine, il lettore trae le sue conclusioni da tali premesse, affermando che chi non ubbidisce ai conduttori, sarebbe ribelle a Dio stesso! Soltanto ha mancato di dirci dove la Scrittura afferma una cosa del genere! Abbiamo visto che non esiste alcun brano del NT greco che prescriva esplicitamente ai credenti di essere ubbidienti e sottomessi ai conduttori, per via del loro ruolo, ma solo di stimarli, di dare loro retta (o credito) e di essere arrendevoli nei loro confronti.

     Inoltre, dov’è scritto che Dio abbia rappresentanti in terra nella figura dei conduttori? Ciò è pericoloso e in tal modo torneremmo alla tesi del clericalismo. Noi crediamo al sacerdozio universale di tutti i credenti (1 Pt 2,9; Ap 1,6; 5,10). A rappresentare Cristo in terra è l’intera Assemblea del Dio vivente, essendo essa colonna e sostegno della verità (1 Tm 3,15), non qualcuno in specifico. Inoltre, l’unico vicario o rappresentante di Cristo in terra è lo Spirito Santo (Gv 14,16.26; 15,26s).

 

Samuele Maodda: Anche quando un argomento è scritto e affrontato nel più chiaro dei modi, ci sono persone che osano scrivere: «La Bibbia dice che bisogna ubbidire ai pastori. Chi non ubbidisce loro si sta ribellando a Dio!».

     Capite perché è impossibile affrontare certe battaglie con uomini di siffatta pasta? Non ascoltano! E non leggono addirittura. Tu, spinto da un sentimento d’amore e di speranza, scrivi un trattato dottrinale di 40 pagine, per trattare tutte le occorrenze bibliche, che sostengono le dottrine, in cui credi, e quelle che sembrano contraddirle, spiegandone meglio i significati; e costoro, sapete cosa fanno? Li gettano nel cestino, bollandoli come «Letteratura da Torre di Guardia»! È davvero assurdo.

     Fratello Nicola, Dio ti benedica (e ti ha già benedetto, vedo). Ci vuole tanta, ma tanta e tanta pazienza, per svolgere questo servizio! {26-02-2014}

 

 

6. {Giuseppe Mascari}

 

Contributo: Il tema dell’ubbidienza e la sottomissione, per la mia modesta esperienza è un argomento, che da tempo è stato abusato o sottovalutato. Da un lato è stato abusato per avere pieno controllo sulle persone, che Dio ha affidato a conduttori o responsabili. Questi, credendo di avere l’esclusività sulle persone, pretendono che vangano ascoltati e seguiti ciecamente, anche quando la loro leadership è discutibile, non per le debolezze o errori che si possono compiere, ma quando pretendono assoluta obbedienza, anche se insegnano concetti chiaramente non inerenti all’insegnamento biblico. Allora il risultato è che, se gli altri non fanno come essi «comandano», vengono etichettati come ribelli a Dio, ma la realtà è che non ne condividono la linea e, perciò, non ritengono il proprio conduttore più degno della propria fiducia. Questo, spesse volte, è un travaglio per coloro, che veramente amano Dio e vogliono servirlo; coloro che hanno avuto questa esperienza, si sono ritrovati di fronte alla scelta di seguire Dio o uomini, che si fanno detentori assoluti della sana dottrina.

     Per tanti altri, invece, è un alibi per vivere una vita indipendente da tutti e tutto, girovaghi di chiese, disordinati, gente che non vuole essere disciplinata, dicendo che solo Gesù è il loro pastore.

     Ora, come sempre la Scrittura ha tutto quello, che occorre per fare chiarezza su questo. Se andiamo ad analizzare il versi, in cui si parla di sottomissione e ubbidienza, è interessante notare che il termine ubbidienza non è lo stesso in tutti i casi. Nel testo originale vediamo come segue. Vediamo che il termine per l’ubbidienza è hypakū́ō, che significa ubbidire; esso è usato in contesti, in cui non si può scegliere o cambiare chi bisogna ubbidire.

     ● Per esempio le forze malvagie spirituali non possono scegliere di non ubbidire al comando di Dio. «E tutti sbigottirono talché si domandavano fra loro: Che cos’è mai questo? È una dottrina nuova! Egli comanda con autorità perfino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono!» (Mar 1,27).

     ● Lo stesso vale per le leggi della natura: «Poi disse loro: Dov’è la fede vostra? Ma essi, impauriti e meravigliati, dicevano l’uno all’altro: Chi è mai costui che comanda anche ai venti e all’acqua e gli ubbidiscono?» (Lc 8,25).

     ● Ciò vale per gli uomini rispetto alla Parola di Dio: «Poiché è giunto il tempo in cui il giudizio ha da cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, qual sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al Vangelo di Dio?» (1 Pt 4,17).

     ● E così è per i figli verso i genitori: «Figliuoli, ubbidite nel Signore ai vostri genitori, poiché ciò è giusto» (Ef 6,1).

 

Quello che succede purtroppo è che, quando si parla di ubbidienza verso i conduttori o presunti tali, se ne parla come se fosse hypakū́ō. Il verso, che viene usato, è quello di Ebrei 13,17: «Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano per le vostre anime, come chi ha da renderne conto; affinché facciano questo con allegrezza e non sospirando; perché ciò non vi sarebbe d’alcun utile».

     Ma in questo caso il termine non è hypakū́ō, bensì peíthō; esso ha a che fare con persuasione, indurre qualcuno con le parole (e in questo caso con la Parola di Dio) a credere che si è degni di fiducia; solamente in questo modo si può essere conduttori secondo il cuore di Dio. Infatti, il verso in questione va letto nel contesto; cosi è scritto al verso 7: «Ricordatevi dei vostri conduttori, che vi hanno annunziato la parola di Dio e, considerando il risultato della loro condotta, imitate la loro fede». Allora il verso 17 ha senso: peíthō significa sottomettersi a qualcuno scelto da noi, che sia stato capace di persuaderci, di cui si abbia piena fiducia; allora si prende la decisione di ubbidirgli, potendo però in seguito sciogliere l’impegno, per sottometterci a un’altra persona, se quest’ultima non è più degna della prima. {21-02-2014}

 

Nicola Martella: Ho aggiustato al meglio il contributo di questo lettore; non entro nel merito dei dettagli tecnici e del significato specifico dei termini greci, avendolo fatto nell’articolo. Dalla sua lista di ubbidienza coercitiva mancano gli schiavi o servi verso i padroni (Ef 6,5; Col 3,22); ma ciò è solo un dettaglio. Faccio notare, comunque, che in 1 Pt 4,17 non c’è hypakū́ō, ma apeithéō «essere incredulo, rifiutare di credere» (pres. pt. att.); e, perciò, bisogna tradurre: «…sono increduli all’Evangelo di Dio?».

     Detto questo, le riflessioni di Giuseppe Mascari sono interessanti e in massima parte s’accordano con quanto detto da me nell’articolo sul sito. In particolar modo ricordo la mia traduzione dal greco dell’inizio di Eb 13,17: «Date retta ai vostri conduttori e siate arrendevoli!»; qui facevo riferimento proprio a peíthō «persuadere, convincere, tentare di persuadere; ecc.». Quindi, non sono l’ufficio, che si occupa, né i gradi sulla divisa a dare autorità, ma — oltre alla coerenza con la Parola e ai prerequisiti posseduti, che sono previsti (1 Tm 3; Tt 1) — è essenziale la fiducia, che ci si guadagna sul campo, come esempi coerenti con la sacra Scrittura. Tale rapporto di fiducia e stima reciproci crea il clima di volontaria sottomissione verso le guide. Chi non possiede tali qualità, tratta l’assemblea come una sua azienda, su cui signoreggiare (cfr. 1 Pt 5,2s), a danno dell’opera di Dio. Diotrefe insegna! (3 Gv 1,9s).

 

 

7. {Sergio Rastello}

 

Contributo: L’ubbidienza in assoluto va prima di tutto a Dio. Gesù Cristo ce ne ha dato l’esempio. Di conseguenza l’ubbidienza sarà data agli altri nella misura, in cui essi ubbidiscono a Dio. Se ubbidisco a Dio saprò come fare, per ubbidire coerentemente agli altri. Se ubbidisco gerarchicamente e subordinatamente agli altri, senza verificare se piace o dispiace a Dio, c’è una percentuale altissima di disubbidienza a Dio e conseguentemente danneggio anche gli altri. In fondo è la storia del peccato dalle sue origini, così come è scritto nella Bibbia. {22-02-2014}

 

Nicola Martella: Mi sembra un saggio principio verso tutte le autorità umane in genere. Sennonché il verbo «ubbidire» nel testo greco del NT non è mai usato nel rapporto con i conduttori; come abbiamo visto, esso è descritto con altri verbi, che escludono un signoreggiare degli uni (guide) e una subordinazione coercitiva degli altri (membri). Quindi, è meglio rimanere nei parametri biblici dell’amore, della stima, del rispetto e del dare credito all’interno di un clima fiduciario, fraterno, di pari intenti e di mutua sottomissione (Ef 5,21). Una funzione ministeriale, qualunque sia, permette di servire, e non è mai un lasciapassare per acquisire un potere!

 

Giuseppe Liotti: I ministeri della chiesa sono stati dati non per esaltare l’uomo, che presiede il culto, ma per servire la chiesa. Tutto il rispetto va a chi presiede il culto, il quale è responsabile degli insegnamenti, dei quali deve rendere conto a Dio; e pertanto devono essere conformi alla sana dottrina. Ma anche tutto il rispetto va ai fedeli in Cristo, che tutti insieme formano il corpo di Cristo. I ministeri, per come insegna la Bibbia sono «per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero e per l’edificazione del corpo di Cristo. Finché giungiamo all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, a uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di Cristo. Affinché non siamo bambini sballottati da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per la loro astuzia mediante gli inganni dell’errore ma dicendo la verità con amore, cresciamo verso colui che è il capo, cioè Cristo» [Ef 4,12-15, N.d.R]. L’unità in Cristo di tutti i fedeli è lo scopo dei ministeri. Al di la di ciò, che dice la Parola di Dio, non possiamo andare. {28-02-2014}

 

 

8. {Luisa Lauretta}

 

Molto spesso «obbedire» per alcuni anziani significa proprio «signoreggiare, maltrattare» i propri fratelli, e purtroppo ne ho visto e sentito di tutti i colori. In un rapporto di fiducia non c’è abuso di potere o umiliazioni verbali. I pastori sono membri della chiesa come gli altri, meritano rispetto e amore come tutti gli altri, ma sono anche imperfetti, come tutti gli altri. Il pastore perfetto è soltanto uno [Cristo], e quello stesso, ha insegnato l’umiltà. Un pastore umile andrà incontro ai suoi fratelli, senza innalzarsi o mettersi l’etichetta, come molti sono in uso fare. D’altra parte è un servizio a Dio come tutti gli altri; a volte, però, è proprio a causa di una cattiva conduzione che molti abbandonano le chiese. {22-02-2014}

 

 

9. {Nunzio Nicastro}

 

Contributo: I credenti in Cristo sono sottomessi agli anziani, quando questi ultimi sono sottomessi a Dio. Dio è in autorità sopra ogni autorità costituita da Lui o bisogna ubbidire a Dio o agli uomini. Io ho scelto Dio è tu?

     Qualsiasi autorità terrena và disubbidita, qualora quest’ultima ci comandi di fare qualcosa, che vada contro la Parola di Dio. Siano pastori, anziani, polizia o carabinieri, non importa di che tipo di autorità si tratti, l’ubbidienza agli uomini è «nel Signore». Lo stesso vale nel caso tra figlio e genitori (cfr. Colossesi 3,20), servo e padrone (cfr. Efesini 6,5), moglie e marito; ad esempio in quest’ultimo caso, nonostante la Bibbia affermi che il capo della moglie sia il marito (cfr. Efesini 5,23), qualora l’uomo comandi alla donna di fare qualsiasi cosa, che vada contro la Parola di Dio, la donna non deve stargli sottomessa. Infatti, in tutti questi casi fratelli bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini. Nessuno vi seduca con vani ragionamenti. {24-02-2014}

 

Nicola Martella: Qui Nunzio confonde la sottomissione e l’ubbidienza, pensando che siano la stessa cosa. Un cittadino rimane sottomesso alle autorità, anche quando dissente o fa obiezione di coscienza rispetto a una certa legge. Lo stesso dicasi del figlio verso i genitori e del servo verso il padrone, che ad esempio istigano il soggetto a rubare o a fare un’altra mal azione.

     Nel caso della moglie, dopo che si è parlato della sottomissione reciproca (Ef 5,21), si parla della speciale sottomissione della moglie al marito (v. 22), senza neppure ripetere in greco il verbo. Nella Bibbia non si parla mai dell’ubbidienza della moglie al marito, poiché ella non è sua figlia né sua schiava! Una moglie cristiana deve comunque rimanere soggetta al marito, anche quando non fa — per motivi di coscienza — ciò, che vuole lui. Allo stesso modo, nel testo greco del NT non si richiede mai che i membri di chiesa ubbidiscano ai loro conduttori, non essendo i primi figli, servi o sudditi dei secondi! Un membro di chiesa porta rispetto e stima ai conduttori, anche quando dissente da ciò, che essi reclamano.

     Quindi, è meglio non confondere sottomissione e ubbidienza. Ed è altresì salutare non richiedere l’ubbidienza, laddove la Scrittura non la prevede, ossia all’interno del matrimonio e nel rapporto fra conduttori e membri di chiesa. Poi, a vederci bene, nel NT manca pure un comando specifico del tipo: «Siate sottomessi ai vostri conduttori!». Quindi, la Scrittura vuole che all’interno dell’assemblea risolviamo le questioni in modo diverso rispetto a un rapporto basato sul potere di alcuni verso i tanti.

 

 

10. {Adriano Bartolomeo}

 

Contributo: Ubbidire o sottomettersi agli anziani, quando questi sono dei veri anziani e non solo anziani durante il culto, ma anziani in tutti i sensi, ed essi conducono la chiesa nel nome di Dio e non nel loro nome, (avvolte vedo su Facebook, la chiesa di Tizio o di Caio e loro sono in prima persona a farsi reclame), allora bisogna ubbidire come a Dio, perché è Dio che parla, usando gli anziani. Altra cosa è quando questi anziani decidono da soli alcuni cambiamenti all’interno della chiesa. Ecco un esempio vissuto da vicino e che riguarda il cambiare le modalità delle offerte. Prima si usava la cassetta delle offerte come nel tempio; successivamente essi hanno imposto il sacchetto, motivando il cambiamento col fatto che alcuni si dimenticavano dell’offerta, e la cassa era vuota. A parer loro, il sacchetto responsabilizza maggiormente il credente. Tali anziani hanno fatto così, senza ascoltare il parere dei contrari, anzi hanno risposto: «Se non siete contenti, andate in un’altra chiesa. A questi cosa bisognava fare: ubbidire o no? Se uno obbediva, non vi erano problemi; se uno non ubbidiva, aveva due cose da fare: andarsene via o non mettere l’offerta; comunque sceglieva, era sbagliato. Io ho scelto di ubbidire, anche se non l’ho digerita. Spero di avere qualche risposta. {26-02-2014}

 

Nicola Martella: Da nessuna parte del NT è comandato esplicitamente: «Siate sottomessi ai vostri anziani!»; oppure: «Ubbidite ai vostri conduttori». L’ubbidienza si chiede ai figli dai genitori, agli schiavi dai padrini, ai cittadini dalle autorità. Essa non si chiede alle mogli dai mariti né ai membri di chiesa dai conduttori; qui vige la sottomissione (ossia il rispetto) e il pari consentimento all’interno di un rapporto fiduciario.

     È grave, quindi, asserire che bisogna «ubbidire o sottomettersi agli anziani… come a Dio». Questo alimenta solo il clericalismo e fa sentire coloro, che dovrebbero servire, degli «unti del Signore». In tal modo si dà carta bianca a coloro, che dovrebbero essere allenatori, ma si trasformano facilmente in addomesticatori!

     Mi viene il dubbio se tu abbia letto l’articolo di riferimento e i contributi di questo tema di discussione, visto che ripeti cose, a cui ho dato lì abbondante risposta.

     Quanto alla questione cassetta o canestro (o borsa), essa è qui fuori tema. Personalmente sono contrario al «borseggio», e ne ho già parlato altrove. [► Perché nelle chiese, durante il culto, si passa una borsa per le offerte?]

 

 

11. {Bruno Salvi}

 

Contributo: Il Nuovo Testamento presenta la «chiesa» come la «famiglia di Dio» (Ef 2,19; 1 Tm 3,15). Così come in ogni famiglia ci devono essere dei genitori, che assumono le loro responsabilità di guida, cura e assistenza, così nella «chiesa» ci devono essere dei «conduttori», ossia degli «anziani». E come i figli devono «ubbidire ai genitori» (Ef 6,1; Col 3,20), cosi i credenti hanno delle responsabilità verso i loro «conduttori». (1Te 5,12-13)

     Naturalmente, se bisogna aver riguardo per coloro, che faticano e istruiscono, stimati e amati a motivo della loro opera, proposti nel Signore, cosi anche loro come «anziani o conduttori» devono annunziare la Parola di Dio. Ognuno di loro deve essere «attaccato alla parola sicura, cosi come è stata insegnata, per essere in grado di esortare secondo la sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono» (Tt 1,9). Questo è fondamentale per i «conduttori», essere «ministri della Parola» (Lc 1,2), servi di essa, che la meditano e la trasmettono con fedeltà (2 Tm 2,24-25). Essere «conduttori» non è un titolo onorifico né una carica di prestigio (leader), ma l’impegno a essere gli «esempi del gregge» (1 Pt 5,3). Vivere la vita stessa di Gesù Cristo, perché Egli è l’esempio perfetto (Eb 12,2). Cosi facendo, si può imitare l’esempio degli «apostoli» (1 Cor 4,16; 11,1; Fil 3,17; 1 Ts 1,6; Eb 6,12). Attenersi a questi suggerimenti, vuol dire, «prosperare e arricchirsi». {27-02-2014}

 

Nicola Martella: Bisogna stare molto attenti. Se è la «famiglia di Dio», è a Lui che bisogna dare l’obbedienza! Ai figli naturali è comandata l’ubbidienza ai genitori, essendo essi minorenni. Ai membri di chiesa non è comandata l’ubbidienza ai conduttori nel testo greco, poiché essi sono tutti fratelli, e l’unico padre è Dio. «Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra guida, il Cristo» (Mt 23,9s kathēghētḗs «guida, maestro, precettore»).

     Quindi, è un grande errore paragonare e trattare i conduttori come padri dei membri della chiesa locale; ciò è il preludio al clericalismo. Ai credenti locali sono comandati i seguenti elementi: la sottomissione reciproca (Ef 5,21), il pari consentimento e l’unità spirituale (Ef 4,3); in tale clima fiduciario è comandato ai membri di «dare retta» (fiducia o credito) ai propri conduttori e di essere arrendevoli (Eb 13,17).

     A re e padroni si ubbidisce, ma i conduttori non sono tali. Ai servitori nell’opera si dà considerazione, riconoscimento, grande stima e amore, non perché occupano un ruolo (ufficio), ma perché «faticano fra voi» e «a motivo dell’opera loro» (1 Ts 5,12s), ossia perché si distinguono sul campo.

 

Bruno Salvi: Ricevuto! Grazie, Nicola! Amen! {27-02-2014}

     Infatti nel momento in cui trasferisco il senso di «ubbidienza», tra figli e genitori alla «famiglia di Dio», ho scritto il termine «responsabilità» nell’aver riguardo, tenere in grande stima, amare, e imitare, termini che si trovano nei passi che ho citato nello scritto. Questo per dire che condivido il «pensiero» consigliato sul tema da Nicola. {01-03-2014}

 

 

12. {Autori vari}

 

Antonio Angeloro: Condivido pienamente! {21-02-2014}

 

Francesco Giordano: Ci vuole sottomissione alla Parola di Dio prima di tutto! {26-02-2014}

 

Rosa Battista: La vignetta iniziale mi mette però tristezza! {26-02-2014}

 

Nicola Martella: Infatti, tali chiese con uno o più conduttori, che si credono «l’unto dell’Eterno», intristiscono soltanto la comunione dei santi e mettono tanta tristezza a chi visita tali «aziende (spesso) familiari». Si vede che hanno studiato «diotrefologia applicata» presso l’accademia «Collegium clericorum».

 

Lino Rivieccio: Con tanto di rispetto, caro mio, penso che almeno per chi ama Dio non ci sia nessuna domanda da formulare. È Dio stesso che comanda di obbedire agli anziani o conduttori; tutte le altre teorie sono contro il comando di Dio e, quindi, lasciano il tempo che trovano. {21-02-2014}

 

Nicola Martella: Lino Rivieccio, se sapevo che tu hai le idee chiare e l’ultima scienza, allora tale pastore (un caro fratello, che conosco personalmente), che si è rivolto a me, per avere una risposta esegetica, potevo mandarlo direttamente da te. A saperlo, mi potevo risparmiare di scrivere l’articolo! Ti consiglio di leggere l’intero articolo e, poi, di rispondere nel merito.

 

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Sottomissione e obbedienza ai conduttori? {Nicola Martella} (T/A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Obbed_condut_UnV.htm

26-02-2014; Aggiornamento: 06-03-2014

 

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