Sandro, un lettore del sito e membro della nostra comunità, mi ha scritto preoccupato riguardo al
sul secondogenito (9 anni, 4a elementare), che ha difficoltà a
reinserirsi nell'ambiente scolastico, dopo tre mesi di ferie, e che trova la
scuola alquanto noiosa. Egli mi ha chiesto un consiglio personale, invitandomi a
farne un argomento di dibattito, cosicché possa esserci uno scambio proficuo tra
i lettori su questo tema. [►
Noia a scuola, segnale ai genitori]
Inviandogli la mia risposta, gli scrivevo: «Tieni
presente che le cose che scrivo, sono considerazioni che vogliono stimolare la
riflessione e la discussione e non sono per nulla presentate per accusare o
rimproverare. I genitori hanno il diritto di educare il loro figli come vogliono,
nel rispetto della legge, della morale e del buon senso, tanto più se sono
credenti. Spero che vi sono stato utile». Egli, dopo la lettura, mi ha
fatto delle osservazioni che mi hanno portato a fare dei ritocchi nell'articolo.
Lo scopo è comunque, come da lui stesso desiderato, di parlare insieme di questo
tema.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul
tema
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sottostante
1.
{Sandro Carini}
▲
Scusa, caro
fratello, se ti ho fatto lavorare parecchio, ma grazie d’averlo fatto. In linea
di massima condivido la maggior parte delle tue riflessioni. Ci sono solo un
paio di cose da chiarire.
■ 1. È da circa un paio d’anni che Simone lancia, con comportamenti
scolastici particolari, dei messaggi. Chiaramente noi genitori stiamo
cercando di capire il problema e di fare il possibile per aiutare Simone a
risolverlo. Quindi, quando dici che gli dobbiamo dedicare più tempo, sappi che
lo stiamo facendo.
Come hai accennato, io sto frequentando un corso universitario
d’infermieristica, ma per necessità, visto che ho perso il mio lavoro. Studio
solo la mattina, quando i figli sono a scuola e la notte quando i figli sono a
letto; il pomeriggio dedico il mio tempo «libero», con gioia e godimento, ai
miei figli, secondo le necessità. (Il fatto d’essere uno studente disoccupato in
questo momento m’avvantaggia;quanti papà vorrebbero avere del tempo da passare
con i propri figli ma non lo hanno?)
Simone
in questo momento ha la priorità, infatti lo porto a lezione di karate tre volte
a settimana, una volta ogni due settimane a scuola di chitarra, poi all’ora
felice e la domenica mattina alla stazione dei treni. Purtroppo è Simone che in
questo periodo è diventato così lento, svogliato e distratto nel fare i compiti
che non ha più tempo per giocare con i suoi amici.
Mia moglie, da circa 3 anni, lavora, grazie a Dio, e cioè da quando ho perso
il lavoro io. Tornando a casa di pomeriggio stanca e dovendo organizzare la cena
e molte altre cose, cerca di seguirlo nel miglior modo possibile, controllando
se ha commesso errori o se ha tralasciato qualcosa. Le uniche tre volte che per
motivi di tempo si è fidata di Simone e non lo ha controllato ci ha riportato a
casa tre note sul diario per non aver svolto i compiti.
■ 2. Quindi penso che una parte del messaggio di Simone vada anche verso le
maestre. Purtroppo anche loro stanno attraversando un periodo buio (una loro
collega, ex maestra di Simone, lo scorso anno ha dovuto smettere d’insegnare a
causa d’una seria malattia). Capisco che è un momento difficile e che è molto
complicato sostituire una maestra preparata e carismatica come la prima, ma per
il bene dei loro alunni dovrebbero trovare i metodi giusti per aiutare tutti i
bambini più o meno talentuosi.
La nostra
gioia di genitori è stata quella di vedere crescere un figlio che a due anni
leggeva le targhe delle automobili, a 5 anni leggeva e scriveva frasi di senso
compiuto al computer e a 6 anni amava la scuola; e la nostra sofferenza
oggi è di constatare che lui a 9 anni... sembrerebbe che la odia.
Abbiamo però la speranza e la certezza che il nostro Signore ci guiderà
per il meglio anche in questa delicata situazione. Quindi ascolteremo con molto
interesse tutte le testimonianze di chi vorrà contribuire a farci trovare il
bandolo della matassa. {10-10-2009}
2.
{Fausto Gaeta}
▲
Riguardo a Simone io non mi preoccuperei più di tanto. Egli ha vissuto per circa
3 mesi in montagna: usciva quando voleva, rientrava quando voleva, non aveva la
pressione famigliare, che tu descrivi nella tua risposta. Quindi, la sua
reazione attuale è del tutto normale. Io al posto loro mi dedicherei più
all’applicazione dell’insegnamento biblico in casa, come dici pure tu,
osservando così il comandamento di Dio (p.es. Gn 18,19; Dt 6,7). {8 ottobre
2009}
3.
{Nicola Berretta}
▲
Mi è stato chiesto
da Sandro un parere sulla questione e anch’io, come Nicola Martella, entro
dentro il problema in punta di piedi, consapevole della mia comprensione
parziale delle dinamiche familiari e della situazione scolastica vissuta da
Simone.
Ciò che mi sento di dire è che la lettura di questo tema mi ha lasciato
peno d’ammirazione. Tralascio per ora i giudizi sul merito delle affermazioni,
parlo semplicemente della forma e dello stile del tema. Fantastico! Se guardo a
me stesso, non penso proprio che a sarei stato in grado di scrivere un
componimento breve così intenso ed elegante stilisticamente. Se lo paragono poi
all’insipienza diffusa nelle nuove generazioni, credo che un tema del genere
farebbe alzare la media a tanti studenti di scuola superiore. Mi piacerebbe
perciò che le Maestre di Simone lo leggessero senza vedersi messe all’indice
dalle affermazioni che contiene, ma piuttosto sentendosi onorate d’aver
partecipato alla formazione di questo bimbo.
Simone
è un bambino del tutto normale, ma anche «vulcanico» e dall’intelligenza vivace.
Mi rendo conto che la presenza di questi bambini pone seri problemi al nostro
sistema scolastico, già sottoposto a notevoli difficoltà organizzative (per
cause di cui non ritengo di aver titoli per discutere). Bambini così vulcanici
avrebbero bisogno di un’educazione scolastica personalizzata, allo scopo
d’incanalare le loro energie in modo tale da aiutarli a sviluppare tutte le loro
potenzialità. Al contrario, la scarsità di risorse e di personale fa sì che
spesso l’educazione scolastica tenda a livellare il tipo d’insegnamento, col
risultato di «annoiare» chi avrebbe bisogno di maggiori stimoli, tacciando le
loro insofferenze per insubordinazione o mancanza di disciplina.
Dopo aver espresso le mie lodi sperticate a Simone, non vorrei però indulgere
troppo nel vittimizzarlo. La sua insofferenza alla disciplina, il voler fare
a modo suo, il suo desiderio di comandare, non credo che vadano incoraggiati e
penso che le Maestre facciano bene a non transigere. D’altra parte questi
sentimenti sono comuni a tanti bambini di quell’età (così come in tanti
«grandi»), ed è compito della scuola non dare solo nozioni, ma anche educare
alla convivenza civile.
Un discorso a parte vorrei farlo sul fatto che le Maestre urlano.
Purtroppo anch’io sono passato attraverso questo problema, per mia figlia
maggiore. Elena (è il suo nome) è sempre stata molto silenziosa ed emotivamente
sensibile. Ricordo i giorni in cui tornava tremante dalla scuola elementare,
agitata dalle urla delle Maestre. Ciò di cui forse le Maestre dovrebbero
rendersi conto, è che le urla cambiano solo momentaneamente il comportamento dei
bambini che recano disturbo alla classe, mentre influenzano tantissimo chi è più
sensibile, il quale è proprio quello che spesso col disturbo alla classe non
c’entra nulla. Insomma, danneggia chi non ha responsabilità, mentre interferisce
blandamente (se non per nulla) su chi dovrebbe stare un po’ più bravo. Accade
purtroppo spesso che le Maestre sfoghino le loro frustrazioni urlando.
Occorrerebbe un maggiore controllo di sé, utilizzando forse metodi più drastici,
freddi e mirati (note, sospensioni, richiami ai genitori), piuttosto che urla e
vuote minacce generalizzate. {12 ottobre 2009}
4.
{Vincenzo Russillo}
▲
Noia nello studiare? Ti dico la mia da studente
Ricordo
perfettamente le giornate trascorse alle scuole elementari, posso dire che
personalmente le ho affrontate positivamente. Ma di certo non è stato sempre
semplice. Iniziare dopo una lunga pausa è sempre faticoso, quindi
immedesimandomi nel piccolo Simone, posso capire la sua difficoltà nel
ricominciare. La scuola spesso è vista come un posto d’oppressione,
perché ci sono molti elementi che non ce la fanno piacere.
■ Spesso sono le maestre che non invogliano gli scolari, hanno un modo
d’insegnare troppo autoritario. Infatti nel tema c’è scritto: «Che noia
sentire sempre le maestre che urlano»; se proprio non c’è ne bisogno, le
insegnanti dovrebbero imparare a comunicare con più tranquillità con i propri
alunni.
■ Considerando sempre il rapporto tra maestre e alunni, bisogna che le maestre
essendo essi ancora piccoli, stiano più vicini ai bambini. Non li
considerino soltanto dei numeri scritti su un registro da giudicare ma che
ascoltino (dando il giusto tempo a ognuno) le esigenze degli allievi.
Senza inoltrarmi
nei rapporti scolastici, non conoscendo la situazione specifica. Vorrei partire
da una mia testimonianza diretta da studente, per disegnare alcune regole che
potrebbero essere efficaci.
1. Insegnare
l’importanza dello studio anche durante le vacanze
Come accennavo sopra, carburare dopo le vacanze è difficile; e accettare di
stare chiusi in una stanza per cinque o più ore, lo è ancora di più. Bisogna
quindi cercare d’abituarsi a studiare con piacere. Le insegnanti di solito
nell’estate o durante le altre vacanze affidano dei compiti agli allievi, il più
delle volte è un «medicinale» per non perdere l’abitudine dello studio. Ma anche
qualora non lo facessero, bisogna trovare un buon compromesso tra divertimento e
studio: ovvero si potrebbe far leggere al bambino un bel libro e dedicarsi ad
altre lezioni per un breve periodo di tempo.
2. Motivare il
bambino
A volte i bambini hanno bisogno di stimoli. Bisogna sempre stabilire delle
regole e farle rispettare perché: «Chi risparmia la verga, odia suo figlio;
ma chi lo ama, lo corregge per tempo» (Proverbi 13,24). Quando la scuola
diventa troppo «pesante», dovuta all’insegnamento o magari alla scarsa voglia di
passare sui libri, bisogna attivarsi innanzitutto per cercare d’estirpare il
problema dalla radice. Ogni bambino, quando ci sono delle belle giornate,
vorrebbe correre fuori a giocare. Si deve però dare quell’input al bambino
d’affrontare le lezioni con piacere. Ovvero bisogna responsabilizzarlo e
portarlo all’autocontrollo, ad esempio se ama giocare a calcio o con gli amici,
è necessario fargli capire che potrà ottenere ciò che vuole, solo dopo aver
studiato. Solo con il sacrificio si potrà arrivare a essere responsabili.
3. L’importanza
del gioco nello studio
Quando ero più piccolino anch’io m’annoiavo a fare i compiti, gettavo a terra la
matita e incrociavo le braccia. Vedevo i compiti da svolgere come una
costrizione e anche star seduto a scuola nel mio banco era per me una noia. In
più essendo abbastanza timido, stare con gli altri bambini per me era davvero
molto difficile. Ogni giorno andare a scuola era una lotta per i miei genitori!
Devo dire che la «ricetta segreta», per farmi piacere lo studio, la trovò mio
cugino più grande. M’insegnò innanzitutto un metodo per studiare perché le
maestra a volte sono troppo impegnate a svolgere il programma o a giudicare. Non
un metodo convenzionale, ma giocando. Anche i miei genitori nel tempo mi
comprarono dei libri con dei fumetti che mi spiegavano la storia o la scienza.
Era tutto più piacevole. Non era più una costrizione ma una passione, volevo
sempre saperne di più. La geografia la studiavo guardando mappe e cercando
d’interessarmi a quel luogo, magari m’accompagnavo con dei personaggi dei
fumetti che tra le pagine di quei simpatici libri o con giochi mi facevano
sempre apprendere nuove cose. Insomma lo stimolo va dato con delle regole, ma
non sempre troppo dure. Il gioco è sempre una chiave risolutiva, si fanno
sviluppare delle capacità e un metodo di studio. Adesso ad esempio mi ritrovo a
studiare mille pagine, ma lo faccio con piacere perché ho sempre voglia di
sapere di più.
4. Conclusioni
L’apprendimento è stimolato dagli insegnanti; parte della scarsa voglia di
studiare (non mi riferisco al caso specifico) è d’attribuire a loro. Ricordo che
un noto prete, don Milani, che dedicò parte della sua vita all’insegnamento
amava dire «I Care» (mi sta a cuore). Le maestre dovrebbero ricordare questo
motto, cercando di star vicino agli alunni. Insegnando e soprattutto facendosi
stare a cuore i bambini, non solo cercando di dare delle nozioni. Ad esempio
quando si parla di scienze, bisogna stimolarli con esempi pratici. In egual modo
i genitori, quando è possibile, devono usare ogni mezzo che possa creare uno
stimolo per la mente dei propri figli. Bisogna costruire assieme ai propri figli
una strada da seguire, la scuola deve diventare una sfida a dare il massimo di
sé stessi anche quando non si hanno le capacità. Applicando le giuste regole e
dando al bambino le motivazioni per cui studiare, si potranno avere grandi
soddisfazioni. Infatti la Bibbia ci dice: « Correggi tuo figlio; egli ti darà
conforto,e procurerà gioia al tuo cuore» (Proverbi 29,17). {12 ottobre 2009}
5.
{Stefano Frascaro}
▲
Non si nasce,
purtroppo, già dotti; e quello del genitore è uno di quei ruoli in cui
uno l’esperienza se la fa sulla propria pelle, più di tanti altri. Se la fa
sulla propria di pelle e su quella dei figli.
Penso che Sandro debba ringraziare il Signore per la schiettezza di
Simone. Ha alzato una «bandierina» proprio all’inizio del percorso scolastico e
quindi la famiglia avrà tutto il tempo per cercare di «raddrizzare» il tiro
proprio in corso d’opera.
Posso portare la mia d’esperienza, avendo due figli, proprio perché sono rimasto
«cieco» davanti a tutte le bandierine, striscioni, poster che mio figlio grande
alzava in continuazione, e che io etichettavo come ribellione.
Padri non si nasce, ma si nasce figli e si diventa padri. Il mestiere di
genitore, sicuramente il più difficile che esista, è un mestiere che nessuno
può insegnare e tramandare al proprio figlio. Noi possiamo avere l’esperienza
dell’insegnamento dei nostri di genitori, ma non è detto che sia quella giusta
per i nostri figli poiché sono cambiati i tempi, le esigenze, i ritmi.
E se è pur vero che il sistema scolastico italiano è negli ultimi posti
nella graduatoria europea, è anche vero che i nostri figli vivono in
quell’ambiente più ore di quanto vivano con noi. Quindi bene hanno fatto i
genitori di Simone a intervenire e parlare con gli insegnanti, ma ancor di più
hanno fatto bene a cercare «il volto del Signore» anche per questa situazione.
Il profeta
Davide c’insegna che ogni volta che cercava rifugio nel Signore e ascoltava
la sua Parola, era vittorioso nelle sue scelte; ma quando la carnalità prendeva
il sopravvento miserabilmente rovinava a terra.
Avendo il privilegio di conoscere tutta la famiglia Carini, faccio mie le
esortazioni di Nicola, riflettendo però anche sulle molte attività
extrascolastiche di Simone. Siamo certi che non sia, per così dire,
sovra-stimolato? E che non faccia dell’unica cosa che non gli piace fare, una
valvola di sfogo? {13 ottobre 2009}
6.
{Isabel Nunnari}
▲
Cari Sandro e
Annarita, posso capire bene come ci si sente quando a scuola i nostri figli
non funzionano come ci s’aspetta da loro. Allora ci s’interroga se
noi non abbiamo sbagliato in qualcosa, ci facciamo 1000 domande, cerchiamo di
scoprire dov’è il problema e anche se è buono mettersi sempre in discussione,
cercando di migliorare le nostre lacune. Tutto ciò non deve neanche però
diventare una fissazione; l’unica cosa che questo può produrre è tensione in
famiglia…
Il mio consiglio è quello di parlare con Simone del problema che ha a
scuola, lasciandolo parlare di tutte le tensione che vive all’interno d’essa.
Anch’io sono mamma di due splendide bambine di 4 e 8 anni, e posso dire che
quando mia figlia di 8 anni ha qualche problema a scuola o la piccola all’asilo,
sanno che si possono sfogare con me e con mio marito dei loro «piccoli» (ma per
loro grandi) problemi, e che insieme con l’aiuto di Dio troveremo la soluzione
per superare quell’ostacolo!
Un altro consiglio, che penso che vi possa essere utile, è quello di fare
capire a vostro figlio quanto sia importante il dovere e non solo il piacere a
quest’età (9 anni). A questa età si ha ancora voglia di fare solo quello che
piace (anche ascoltare la maestra è un dovere...);è importante che capiscano che
ci devono essere delle priorità nelle loro scelte, cercando di discernere quello
che viene prima e quello che viene per ultimo. Alla mia figlia maggiore anch’io
le ricordo tutti giorni questa frase: «Prima
il dovere e poi il piacere». È importante che imparino questo, se non
vogliamo trovarci poi con dei giovani che non riescono a concludere
niente, (studi, lavoro), che a la prima difficoltà lasciano perdere tutto e non
lottano...
Spero che questi piccoli consigli vi possano aiutare, e concludo dicendovi che
noi non siamo soli come genitori, ma possiamo chiedere sempre al nostro
Signore Gesù d’aiutarci nelle cose in cui noi non riusciamo ad arrivare; sono
sicura che Lui lo fa! {13 ottobre 2009}
7.
{Laura Carini}
▲
Ho letto il tema di
Simone e non mi sono sconvolta più di tanto.
Innanzitutto il titolo: un tema che s’intitola che noia non può che
trovare radici in una cosa che tanto allegra non è, cioè la scuola. Simone ha
trovato nella scuola un argomento fertile con il quale poter descrivere il tema
della noia.
E in parte, conoscendo Simone, ha cercato di provocare le sue maestre
sfidandole... loro lo colpiscono con le note perché comandano, mentre lui
risponde sostenendo che così carine non sono neanche loro perché urlano...
Nel tema di Simone non leggo un disagio profondo, ma un voler attirare su di sé
l’attenzione che può mancare in un ambito familiare un pochino affollato in
cui Simone stesso non ricopre un ruolo ben preciso.
Simone è ancora nell’età, in cui la scuola non è un passatempo piacevole ma solo
un’imposizione: svegliarsi la mattina, ascoltare le maestre... tornare a
casa... fare i compiti... e ricominciare.
Gli adulti vanno al lavoro con lo stimolo materiale dello stipendio... solo
alcuni fortunati hanno un lavoro che amano profondamente.
Lo stimolo
di Simone dovrebbe essere l’apprendere nuove cose tutti i giorni che ci
accompagneranno per la vita, ma è solo in età adulta che si apprezzeranno gli
sforzi fatti durante gli anni scolastici dell’istruzione obbligatoria.
Credo comunque che per le maestre di Simone sia più semplice delegare alla
famiglia il cosiddetto disagio di Simone piuttosto che cercare di risolverlo
in classe con lui e con i compagni. Se la scuola, come sostiene Simone, è solo
fare i compiti e colorare... allora dai nostri tempi è peggiorata e ha ragione
Simone a dire che è una gran noia. {zia di Simone; 13 ottobre 2009}
8.
{Sandro Carini}
▲
Vorrei ringraziare
tutti coloro, che hanno contribuito a riflettere su questo delicato tema (figli
- genitori - scuola). E vorrei comunicare che, grazie all’interazione dei vostri
consigli e alla guida del Signore, abbiamo parlato più serenamente con le
maestre, le quali sono state sensibili e motivate a trovare insieme una
strategia (loro a scuola e noi a casa) per stimolare Simone.
I risultati dei primi 2 giorni hanno pareggiato le 3 note subite da Simone con
altrettanti 3 dieci, ma la cosa bella era la gioia con la quale Simone
annunciava tali risultati.
La prima battaglia è vinta, ora vigiliamo facendoci guidare sempre dal nostro
Maestro (Gesù), dalla nostra Guida (lo Spirito Santo) e dal Padre (l’Eterno
Dio).
«Vi do un nuovo comandamento: che v’amiate gli uni gli altri; come io [Gesù]
vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
Di nuovo grazie a tutti dalla famiglia Carini al completo. {15 ottobre 2009}
9.
{}
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10.
{}
▲
11.
{}
▲
12.
{}
▲
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Noia_scuola_genit_parla_EnB.htm
08-10-2009; Aggiornamento: 16-10-2009
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