Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Uniti nella verità

 

Prassi di chiesa

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARTECIPAZIONE AL «TRAVAGLIO DEL NATALE»

 

 a cura di Nicola Martella

 

Come ti permetti di darmi gli auguri di natale? Non sai — come mi ha detto un fratello — che «augurio» proviene da una parola pagana? E poi, quanto al «natale», dobbiamo pur distinguerci in qualcosa dal «mondo», no? Non lo sai che il «natale» ha avuto origine… Così potrebbe apparire la reazione spontanea di qualche credente, a cui un altro si è permesso tanto affronto.

   Come ho scritto nel mio articolo « Il travaglio del natale», esso è stato un grande problema per me a causa dell’educazione anticattolica ricevuta nella chiesa evangelica d’origine, quando mi venni a incontrare e scontrare con la mentalità natalizia teutonica di mia moglie, che era cresciuta in un altro contesto culturale. Il natale divenne un «travaglio» anche per lei. Infatti certe cose (a favore o contro qualcosa) non sono più di ordine razionale, ma rimangono al livello delle viscere (come il tifo), dei sentimenti, delle immagini che esse suscitano. Anche laddove la mente trova una ragione (p.es. trovare almeno una linea comune), il «superio» viscerale (l'istanza «morale» creata dall'educazione religiosa, dal consenso denominazionale, ecc.), chiamato anche «coscienza collettiva» (almeno di gruppo), alza in te l'indice punitivo e ti dice: «Che stai facendo? Lo sai che è proibito». 

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Davide Marazzita

2. Tonino Mele

3. Rinaldo di Prose

4. Davide Marazzita

5. A. Quintavalle

6. Nicola Martella

7. Rinaldo di Prose

8. A.

9. Gaetano Nunnari

10. Fiorina Pistone

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Davide Marazzita} 

 

Caro Nicola, so che nei nostri ambienti non si usa augurare Buon Natale, anche se molti lo festeggiano. Preferisco la sincerità e quindi spero tu abbia passato un Buon Natale, e che tu possa avere un buon anno in tutte le tue attività. {27-12-2006}

 

 

2. {Tonino Mele} 

 

Caro Nicola, ti invio il nostro Koinonia di Dicembre [N.d.R.: giornalino di chiesa]. Come avrai modo di vedere è un numero speciale sul Natale, dove ho riportato per intero il tuo ottimo lavoro dal titolo «Il travaglio del natale». Il suo grande valore di testimonianza e la sua forza espressiva mi hanno colpito e convinto che avrei fatto un utile servizio alla fratellanza che legge il nostro giornalino, riportando per intero questo tuo contributo. In realtà, volevo all’inizio fare solo una sintesi, ma poi mi son trovato nella condizione di non sapere più cosa tralasciare e cosa inserire, perché tutto m’appariva interessante. Il valore di questa tua testimonianza è che hai dato corpo a uno dei «problemi» che continuano a travagliare puntualmente «noi tutti» ogni 25 dicembre. In certo qual modo, anch’io sto imparando a convivere con una moglie «patita del Natale e dei regali». Ma credo che il vero problema non sia tanto questo, quanto il saper inquadrare tutta la questione, in modo che tale «divergenza» sia vissuta nel modo in cui la Scrittura c’insegna per casi come questo. Le «divergenze», in tutti i campi, sono spesso veicolo di cose peggiori e d’atteggiamenti non proporzionati alla «cosa» in questione. E in questi casi che rischiamo spesso d’essere più drastici e intransigenti persino di Dio. Col tuo scritto, sei invece riuscito a riportare la questione alle sue proporzioni più reali. Complimenti e... Buon Natale! {25-12-2006}

 

 

3. {Rinaldo di Prose} 

 

Caro Nicola, complimenti per lo scritto su Natale (apparso sul tuo sito). Credo che l’impostazione (biografica) lo renda molto utile. [...] {30-12-2006}

 

 

4. {Davide Marazzita} 

 

La tua riflessione-testimonianza è molto simile alla mia, come del resto anche molti altri «ragazzi» della mia generazione. Il tuo vantaggio è quello di non aver vissuto l’ipocrisia del natale evangelico in famiglia. Per me ogni natale era un dramma e una sconfitta con tutti i miei compagni di scuola. Imparai anche a odiare il natale. Mia moglie, italiana di famiglia catanese, evangelica Battista, ha sempre festeggiato il natale. Con lei ho imparato cosa significa andare «in chiesa» anche il giorno di natale; condividere con tutti gli amici questa festa ricordando loro il suo vero significato, e a fare l’albero di natale che, pur avendo sembra origini paganissime, colora tutte quelle settimane di festa. Poi, quante cose pagane facciamo senza che ce ne rendiamo conto? Ad esempio, è cristiano l’anello nuziale? E l’abito bianco? Dietro il significato dell’anello si celano filosofie antiche legate alle divinità, e l’abito bianco era utilizzato dalle giovani vergini che si «davano» al fallo eretto di pietra dell’idolo di turno. Lanciare il riso non è forse un antico segno d’augurio d’abbondanza economica? E su, via, come ha detto qualcuno: non cadiamo in contraddizioni assurde e ignoranti. Dobbiamo avere l’intelligenza e l’elevazione culturale per capire quali sono le feste adeguate al cristiano moderno. Dobbiamo imparare che la dove c’è convergenza d’opinione, non è un crimine accodarsi alla tradizione cattolica. Chi di noi non condivide i temi del vaticano riguardo all’aborto, al divorzio, alla famiglia, all’omosessualità. Proporre simili discussioni in sintonia con la chiesa cattolica non deve intaccare la nostra coscienza che è pulita davanti a Dio. Così dev’essere per il natale e anche per pasqua. E poi, diciamocelo, abbiamo una visione della storia umana e del cristianesimo lontana dalla realtà. Nei tempi in cui non v’erano chiese protestanti ed evangeliche, men che meno le «assemblee dei fratelli», nelle quali m’identifico, il messaggio dell’Evangelo veniva divulgato proprio dal clero cattolico, magari attraverso i dipinti e le raffigurazioni sacre, e anche dalle opere di moltissimi monaci o preti veramente credenti. Non dobbiamo presumere che solo noi abbiamo la verità, o che solo a noi Dio ha dato la comprensione della verità. La storia dell’uomo è molto più vasta di noi, e la grazia di Dio la sovrasta.

     Concludendo, quest’anno non ho fatto l’albero di natale e me ne dispiace, e sai perché? Non ho ricevuto nemmeno un regalo! {29-12-2006}

 

 

5. {Argentino Quintavalle} 

 

In genere si dice: «Mal comune mezzo gaudio». Io personalmente non posso associarmi a tale gaudio. Il vero cristiano, nella sua libertà, può festeggiare anche il giorno di natale; e sicuramente lo festeggerà molto meglio d’un falso cristiano, ma deve sapere bene che nessuno ha dato alla chiesa l’autorità d’istituire dei giorni di festa.

     Nel Vecchio Testamento c’è un concetto teologico importantissimo riguardo il culto: «Tutto ciò che non è comandato è proibito». Nel Nuovo Testamento qualcuno, nel corso della storia, ha cercato di cambiare le carte in tavola dicendo: «Tutto ciò che non è proibito è lecito». Ma ciò non è vero per quanto riguarda il culto. In altre parole, dobbiamo rendere il culto a Dio non come vogliamo noi, ma come Egli vuole.

     I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e in verità. Di questa frase si è sempre messa molta enfasi sullo «spirito» e poca sulla «verità». Se s’ascoltano le parole degli uomini, le tradizioni e le favole finiscono per essere confuse con la storia e, quel che è peggio, con la verità dell’Evangelo.

     Il natale è una festa religiosa istituita dagli uomini e i cristiani s’interrogano se fanno bene o male a osservarla. È bene che ci sia travaglio perché significa che la coscienza è infastidita. Ma come mai ci s’interroga se osservare una festa umana e non ci s’interroga se osservare le feste che Dio ha comandato? È mio augurio che chi ha osservato questo natale con tanto gaudio, faccia altrettanto per la prossima festa di Pasqua (quella biblica non quella cattolica) che Gesù osservava regolarmente, per la Pentecoste (che l’apostolo Paolo osservava), per la Festa delle Trombe, lo Jom Kippur, e la Festa delle Capanne. Mi sembra logico che chi osserva una festa istituita dagli uomini, a maggior ragione dovrebbe gioire per le feste istituite dal Creatore del mondo e che erano ancora osservate dai membri della chiesa primitiva. Chi poi desidera festeggiare come si deve il natale, credo che faccia bene a festeggiare la Festa delle Capanne poiché la venuta del Messia è associata a quella festa.

 

 

6. {Nicola Martella} 

 

Ringrazio Argentino per il suo contributo, ma ciò mi ha indotto a prendere posizione sull'argomento più vasto dell'etica biblica e sulle feste giudaiche e cristiane.

     Penso che non si possa ridurre l’etica dell’AT e del NT ai seguenti slogan pieni d’effetto: «Tutto ciò che non è comandato, è proibito», oppure: «Tutto ciò che non è proibito, è lecito». L’etica dei due testamenti è molto più articolata (è «l’etica della libertà e della responsabilità» specialmente nel nuovo patto). La Torà non regolamentava tutti gli aspetti della vita. Ad esempio, si soffermava ampliamente su alcune malattie veneree e cutanee (morbo) che potevano essere trasmesse per contatto, ma non affrontava altre patologie altrettanto gravi o virulente. Nell’antico patto tutto era riferito perlopiù agli aspetti rituali (puro/impuro), che nel nuovo patto passano in secondo piano almeno per i cristiani gentili (cfr. At 15); Gesù stesso parlò di medici (si veda già l’inno di Siracide al medico). Nel NT viene attribuita alla preghiera in connessione con la Parola una funzione santificante (1 Tm 4,4s), funzione che nell’AT era attribuita alle norme di purità (distinzione fra puro e impuro) e di purificazione rituale.

     La questione aperta resta la seguente: ci sono nella Bibbia feste istituite dagli uomini all’interno del popolo dell’antico e del nuovo patto? La risposta è sì. Oltre alle ricorrenze imposte dalla Torà, ce ne sono altre nate nel corso del tempo. Spontaneamente devo pensare alle seguenti: il giorno del lutto per la caduta di Gerusalemme (568 a.C.; cfr. il libro di Lam); la festa dei Purim a ricordo di come Dio aveva cambiato le sorti del popolo al tempo di Ester e Mardocheo (cfr. il libro di Est); la festa delle luci a ricordo della riconsacrazione del tempio al tempo dei Maccabei, dopo che Antioco Epifane lo aveva dissacrato (2° sec. a.C.; è probabilmente che durante tale festa che Gesù disse: «Io sono la luce del mondo»). È scontato che Gesù, i dodici discepoli, gli altri seguaci di Gesù e la prima chiesa (che era interamente giudaica) festeggiassero tali ricorrenze non espressamente comandate dalla Torà.

     Quanto alle feste giudaiche «che erano ancora osservate dai membri della chiesa primitiva», mi sembra chiaro che la decisione di At 15 escludeva i cristiani gentili dall’attenersi ad esse come dovere religioso. E sebbene gli apostoli amassero singolarmente festeggiare tali feste in quanto Ebrei, quando si trovavano a Gerusalemme, non le imposero ai cristiani gentili. Anzi, Paolo stesso parlò della libertà di osservare il «giorno» (= le ricorrenze), cosa che facevano i cristiani giudaici, o di non farlo, come preferivano invece fare i cristiani gentili (Rm 14).

     Chi afferma: «Mi sembra logico che chi osserva una festa istituita dagli uomini, a maggior ragione dovrebbe gioire per le feste istituite dal Creatore del mondo e che erano ancora osservate dai membri della chiesa primitiva» — vorrebbe riportare l’intera chiesa a prima del concilio di Gerusalemme? (At 15). Sarebbe un tragico errore. Tale logica può risaltare solo a chi come Gentile vuole prendere su di sé il «giogo giudaico»!? Non disse però Pietro di tale giogo le seguenti parole: «Perché dunque tentate adesso Dio mettendo sul collo dei discepoli un giogo che né i padri nostri né noi abbiamo potuto portare?» (At 15,10)?

     Quanto al dover «gioire per le feste istituite dal Creatore del mondo», bisogna dire quanto segue. L’autore della lettera agli Ebrei affermò ai suoi correligionari: «Mutato il sacerdozio, avviene per necessità anche un mutamento di legge» (Eb 7,12). E aggiunse: «Infatti qui v’è bensì l’abrogazione del comandamento precedente a motivo della sua debolezza e inutilità (poiché la legge non ha condotto nulla a compimento); ma v’è altresì l’introduzione d’una migliore speranza, mediante la quale ci accostiamo a Dio» (Eb 7,18s).

     Paolo, scrivendo ai Colossessi, che erano stati travolti da un’ondata di giudaizzanti, aveva preso posizione sulle regole alimentari e sulla celebrazione di ricorrenze del giudaismo, dicendo: «Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a noviluni o a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire» (Col 2,16s; cfr. Gal 4,10). Paolo chiamò tutto ciò ed altro anche «elementi del mondo» (Col 2,8.20s; cfr. Gal 4,3; v. 9 «deboli e poveri elementi»).

     Infine, dov’è scritto nella Bibbia che «la venuta del Messia è associata a quella festa [delle Capanne]»? Quale venuta? (la nascita? il secondo avvento?). Perché bisognerebbe osservare tale festa visto che non è esplicitamente comandata alla chiesa né in assoluto né in collegamento all’avvento del Messia?

     Rimane la domanda: è proprio vero che «nessuno ha dato alla chiesa l’autorità d’istituire dei giorni di festa»? Una chiesa locale, un gruppo di chiese, una denominazione non può quindi istituire delle ricorrenze? Fanno quindi male i protestanti (e gli evangelici all’estero) a celebrare, ad esempio, il «giorno della Riforma», il «giorno del ringraziamento» (o giorno della raccolta) e altre ricorrenze? {04-01-07}

 

Per l’approfondimento della questione cfr. in Nicola Martella, Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999), gli articoli: «Questioni intorno al sabato ebraico», pp. 46ss; «La questione della legge», pp. 51ss; «La questione della domenica», pp. 57ss; cfr. anche «Il sabato nel NT», pp. 36ss.

 

 

7. {Rinaldo di Prose} 

 

Caro Nicola, sono d’accordo con te: la tendenza a o giudaizzare o gentilizzare è molto diffusa; è particolarmente strano quando sono i cristiani gentili a giudaizzare. Ma, lo fanno in grande intere confessioni: per esempio i cattolici romani e gli ortodossi con il loro sacerdozio. Voler tornare al sabato è, in fin dei conti, molto meno grave anche se ci tocca più da vicino in quanto sono di solito i credenti evangelici a fare tale percorso. {05-01-07}

 

 

8. {Argentino Quintavalle} 

 

Ringrazio Nicola per la sua amichevole provocazione, alla quale rispondo altrettanto amichevolmente. Dalle mie parti si dice: «Me ‘nanni ma non me ‘dormi», tradotto: «Mi canti la ninna nanna ma non m’addormenti», ovvero: parli bene ma non mi convinci.

     Come lo stesso Nicola ammette egli ha preso posizione su un argomento di più vasta portata, ma così facendo non prende posizione sulla particolare questione da me sollevata: come mai i cristiani s’interrogano se festeggiare o no il natale (istituito dagli uomini) e non s’interrogano se festeggiare o no le feste comandate da Dio? A questa domanda non m’è arrivata risposta! È troppo comodo chiamare in causa la libertà cristiana, dato che essa esiste solo in teoria, ma non in pratica. Sì perché chi è veramente libero, deve essere in grado di festeggiare non solo il natale ma anche le feste bibliche. Chi è veramente libero deve essere in grado di mangiare non solo cibi puri ma anche d’astenersi dai cibi impuri. Non voglio fare d’ogni erba un fascio, ma la maggior parte di quelli che predicano la libertà cristiana sono liberi soltanto a parole.

     Quindi gradirei una riflessione onesta su questo fatto. La verità è che la chiesa si è talmente allontanata dalle sue origini che i Gentili (di cui faccio parte) si sono dimenticati d’essere soltanto dei rami innestati nell’ulivo d’Israele e quel che è peggio si sono inorgogliti credendo d’avere la chiave dell’interpretazione della verità biblica. La maggior parte dei cristiani che festeggiano il natale, lo fanno (sto parlando dell’Italia) perché sono schiavi, non perché sono liberi. Sono schiavi delle tradizioni e delle usanze.

     Devo anche puntualizzare alcune cose. «Tutto ciò che non è comandato è proibito», non è uno slogan a effetto, cose da cui sono sempre rifuggito, ma è una frase come ho ben specificato, che si riferisce al «culto» e non a «tutti gli aspetti della vita». Nel culto del Vecchio Testamento tutto ciò che non era comandato era severamente proibito e punito. I figli d’Aaronne sono stati uccisi proprio per essere contravvenuti a ciò. Il tabernacolo doveva essere costruito secondo un modello prestabilito; le feste dovevano essere osservate in giorni ben stabiliti; ecc., ecc.

     Nicola dice che nel Vecchio Testamento ci sono delle feste istituite dagli uomini, e questo è vero; mi fa anche piacere quando dice che è alla festa della riconsacrazione del tempio, cioè a Channukà, la festa delle luci, che Gesù affermò: «Io sono la luce del mondo» (anche se questo non viene mai insegnato nelle chiese, le quali si sono tenute le luci ma si sono dimenticate in quale occasioni Gesù ha parlato).

     Ora, Nicola dice: «Quanto alle feste giudaiche “che erano ancora osservate dai membri della chiesa primitiva”, mi sembra chiaro che la decisione di At 15 escludeva i cristiani gentili dall’attenersi a esse come dovere religioso». E allora? Quanto mai io ho parlato di festeggiare le feste bibliche per dovere religioso? Io ho detto solo che con lo stesso gaudio con cui è stato festeggiato il natale (festa degli uomini) così si festeggi le feste bibliche (feste di Dio). Diversamente mi sembrerebbe una mancanza di rispetto verso il Signore, esaltare una festa umana e nello stesso tempo dimenticarsi di quelle divine.

     E Nicola afferma ancora: «Chi afferma: “Mi sembra logico che chi osserva una festa istituita dagli uomini, a maggior ragione dovrebbe gioire per le feste istituite dal Creatore del mondo e che erano ancora osservate dai membri della chiesa primitiva” — vorrebbe riportare l’intera chiesa a prima del concilio di Gerusalemme? (At 15)». A parte il fatto che sarebbe una grande benedizione poter ritornare a prima del concilio di Gerusalemme, non è certo mia intenzione di voler rimettere i cristiani sotto il giogo della Legge! Ho detto solo che chi si sente talmente libero di festeggiare il natale deve sentirsi ancora più libero di festeggiare le feste bibliche, perché in caso contrario è libero solo a parole, ma nella realtà è schiavo delle tradizioni e delle usanze.

     Per quanto riguarda la Legge, il discorso non lo si può risolvere citando qualche versetto, perché se ne possono citare altrettanti di segno opposto, ma non è questo l’argomento in questione.

     Infine ribadisco che la venuta del Messia è associata alla festa delle Capanne. Dove è scritto? Nello stesso posto dove sono scritte molte dottrine bibliche, cioè non esplicitamente ma tra le righe della Bibbia. Le feste bibliche sono l’ombra d’avvenimenti profetici. Lo è stato per la Pasqua, per la Pentecoste e anche per la festa delle Capanne che cade a inizio autunno e che un giorno, secondo il profeta Zaccaria, tutti gli abitanti della terra festeggeranno.

     Io non ho detto che «bisogna» osservare la festa delle Capanne, ma ho detto che chi vuole osservare seriamente il natale lo deve fare in occasione della festa delle Capanne. Perché? Perché Gesù è nato in quel periodo. Festeggiare il natale il 25 dicembre, quindi, è anche stupido perché non è il periodo giusto. Ma come, abbiamo a disposizione il calendario biblico e ci andiamo a scegliere un giorno che non c’entra niente? La verità è che il natale non è nato originariamente per festeggiare la nascita di Gesù ma per altri scopi.

     Nicola dice: «Rimane la domanda: è proprio vero che “nessuno ha dato alla chiesa l’autorità d’istituire dei giorni di festa”? Una chiesa locale, un gruppo di chiese, una denominazione non può quindi istituire delle ricorrenze?». No. Non può istituire delle feste religiose e d’imporle agli altri come hanno fatto e Cattolici e Protestanti. Non ne ha l’autorità. La Bibbia non dà quest’autorità alla chiesa, anzi mette in guardia contro chi aggiunge qualcosa nel campo religioso. Non abbiamo bisogno di feste suppletive. I primi cristiani, sia gentili che ebrei, non lo hanno fatto. Nisba, nada de nada, niente di niente. Non esiste. I protestanti possono celebrare quello che vogliono, ma se poi obbligano altri a farlo (segnandolo rosso sul calendario), si mettono sullo stesso livello di quelli che a Colosse e in Galazia volevano giudaizzare, solo che invece di giudaizzare, «protestantizzano» e «domenicalizzano». {05-01-07}

 

 

9. {Gaetano Nunnari} 

 

Ciao Nicola, grazie per la segnalazione sul travaglio del Natale. Onestamente questi argomenti non mi coinvolgono più di tanto, e se un coinvolgimento c’è, a dire il vero non è positivo, ma personalmente lo trovo scoraggiante nel vedere le reazioni d’alcuni. Contribuisco in ogni modo sul tema.

     Pur rispettando i sentimenti, e gli scrupoli altrui, sono dell’opinione che per un cristiano ci sono cose più importanti a cui pensare. Io sono d’accordo con la linea di pensiero di Nicola. Certe volte ho l’impressione però che alcuni invece d’andare avanti, fanno come i gamberi che camminano all’indietro.

     Per quanto mi riguarda il «mondo» occidentale, al 25 dicembre festeggia la nascita di Gesù Cristo, e come per incanto le persone, suggestionate in massa dall’atmosfera natalizia, diventano tutte più buone, più gentili, più disponibili, ecc. Questo periodo sarebbe un’occasione valida per portare il messaggio dell’Evangelo alla gente, magari distribuendo dei trattati che spieghino l’amore che Dio ha avuto per l’umanità mandando Gesù Cristo nel mondo. Sarebbe una buona occasione per seminare. Non ha forse Paolo scritto da qualche parte che lui si faceva greco con i Greci per guadagnarne alcuni, ecc.? Senza voler ferire nessuno, mi domando: «Ma è mai possibile annegare così in un bicchiere d’acqua?». Io e la mia famiglia abbiamo festeggiato il Natale e abbiamo anche fatto l’albero. La mia figlia più grande è affascinata dalle decorazioni natalizie. Quando viaggiamo in auto non perde nessuna occasione per farci notare tutti gli abeti decorati che troviamo per strada. Non mi sembra educativo rinunciare a una tale decorazione, che poi rallegra anche l’atmosfera di casa, dicendole che noi non lo facciamo perché è pagano. Lei non capirebbe. E onestamente, non mi turba il fatto che l’usanza dell’albero è d’origine pagana, io non lo faccio con quell’intento, nessuno oggigiorno lo fa con quel intento, lo faccio semplicemente perché le mie bambine ne sono felici, e per coinvolgere l’atmosfera di casa con quella che si vede per le strade in questo periodo. Come genitori abbiamo spiegato a nostra figlia primogenita, e in futuro lo faremo anche con la nostra secondogenita che i regali che hanno ricevuto per Natale sono dei doni di Gesù, perché la Bibbia dice che ogni buon dono viene dal Signore, e se loro hanno potuto avere questi regali è perché Gesù ce ne ha dato la possibilità. Quindi devono ringraziare Gesù per questo. Le abbiamo spiegato che si festeggia il Natale perché ricordiamo che Gesù è venuto nel mondo per salvarci, e visto che noi vogliamo bene a Gesù festeggiamo quest’avvenimento. Questo è l’insegnamento che cerchiamo di dare alle nostre bambine. E posso dire che porta frutto. E il Natale ci ha dato quest’occasione.

     Quindi, se la nostra società occidentale, il 25 di dicembre si ricorda ancora in qualche modo, seppur superficialmente, d’un certo bambino di nome Gesù nato in una stalla, noi cristiani invece di fare attenzione a non «contaminarci» con certe feste pagane, cerchiamo di ricordare loro che quel bambino è venuto nel mondo per salvare ciò che era perduto, e che adesso dopo aver dato la sua vita sulla croce per la salvezza dell’umanità, è resuscitato con gran potenza e gloria, e sta bussando alla porta del loro cuore per offrire loro la vita eterna. E noi cristiani festeggiamolo pure il Natale perché dovrebbe essere sia una gioia per ciò che commemora, che un’opportunità per evangelizzare. Paolo ha scritto che chi trasgredisce un solo punto della legge di Dio si rende colpevole su tutti i punti. Quindi seguendo lo stesso principio, se vogliamo essere così precisi, e soprattutto coerenti fino in fondo, oltre alle cose d’origine pagana già menzionate da Davide Marazzita, ricordo che a questo punto non dobbiamo neppure salutare con «buongiorno» e «buonasera» le persone che conosciamo, perché i pagani facevano questo saluto per invocare le benedizioni degli dèi (quindi demoni) sui loro interlocutori.

     Mi vengono in mente le parole di Gesù quando disse ai Farisei che filtravano il moscerino e poi ingoiavano il cammello. Cerchiamo di non fare la stessa cosa anche noi!

     Comunque vorrei anche precisare che non tutte le festività moderne sono utili. Per esempio come genitore cristiano credo che sia bene non festeggiare la befana, perché le streghe «buone» non esistono! O ancora peggio Halloween, e mi sembra superflua qualsiasi precisazione in merito. Bisogna secondo me come credenti trovare il giusto equilibrio tra ciò che può essere utile (Natale e Pasqua), ciò che è innocuo (capodanno, carnevale per i bambini) e ciò che può essere dannoso (Halloween). Detto questo credo in ogni modo che ognuno, alla fine, su queste problematiche debba seguire il principio biblico che tutto ciò che non viene da convinzione è peccato. Quindi tolleriamoci e amiamoci cercando di non essere d’inciampo a chi la pensa diversamente su questioni di secondaria importanza. Senza dimenticare però di non porci nuovamente sotto il giogo della legge. {05-01-07}

 

 

10. {Fiorina Pistone}

 

Una lettrice ha scritto: «[…] ho letto alcuni articoli […] e sono molto contenta dell’apertura che ho trovato […] in quello tuo che porta il titolo “Il travaglio di natale”. Quest’ultimo mi ha molto commossa per l’esperienza di vita vissuta che mi ha trasmesso, per il tuo precoce amore per la Scrittura, che è stato anche esperienza mia, sebbene rimasto a lungo insoddisfatto, e per la tua lotta per la libertà interiore. Apprezzo la frase che hai scritto: “Libero è solo chi concede libertà”». {2007}

 

 

11. {}

 

 

12. {}

 

Scrupoli natalizi e di fine anno {Nicola Martella} (D)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Natale_travagliato_UnV.htm

27-12-2006; Aggiornamento: 08-12-2009

 

▲ Vai a inizio pagina ▲

Proprietà letteraria riservata

© Punto°A°Croce