Come ti permetti di darmi gli auguri di natale?
Non sai — come mi ha detto un fratello — che «augurio» proviene da una parola
pagana? E poi, quanto al «natale», dobbiamo pur distinguerci in
qualcosa dal «mondo», no? Non lo sai che il «natale» ha avuto origine… Così
potrebbe apparire la reazione spontanea di qualche credente, a cui un
altro si è permesso tanto affronto.
Come ho scritto nel mio articolo «
Il travaglio del natale», esso è stato un grande problema
per me a causa dell’educazione anticattolica ricevuta nella chiesa evangelica
d’origine, quando mi venni a incontrare e scontrare con la mentalità natalizia
teutonica di mia moglie, che era cresciuta in un altro contesto culturale. Il
natale divenne un «travaglio» anche per lei. Infatti certe cose (a favore o
contro qualcosa) non sono più di ordine razionale, ma rimangono al livello delle
viscere (come il tifo), dei sentimenti, delle immagini che esse suscitano. Anche
laddove la mente trova una ragione (p.es. trovare almeno una linea comune), il
«superio» viscerale (l'istanza «morale» creata dall'educazione religiosa, dal
consenso denominazionale, ecc.), chiamato anche «coscienza collettiva» (almeno
di gruppo), alza in te l'indice punitivo e ti dice: «Che stai facendo? Lo sai
che è proibito».
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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sottostante
1.
{Davide Marazzita} ▲
Caro Nicola, so che nei nostri ambienti non si usa augurare Buon Natale, anche
se molti lo festeggiano. Preferisco la sincerità e quindi spero tu abbia passato
un Buon Natale, e che tu possa avere un buon anno in tutte le tue attività.
{27-12-2006}
2.
{Tonino Mele} ▲
Caro Nicola, ti invio il nostro Koinonia di Dicembre [N.d.R.: giornalino di
chiesa]. Come avrai modo di vedere è un numero speciale sul Natale, dove ho
riportato per intero il tuo ottimo lavoro dal titolo «Il travaglio del natale». Il suo grande valore di testimonianza e la sua forza espressiva mi hanno colpito e convinto che avrei
fatto un utile servizio alla fratellanza che legge il nostro giornalino,
riportando per intero questo tuo contributo. In realtà, volevo all’inizio fare
solo una sintesi, ma poi mi son trovato nella condizione di non sapere più cosa
tralasciare e cosa inserire, perché tutto m’appariva interessante. Il valore di
questa tua testimonianza è che hai dato corpo a uno dei «problemi» che
continuano a travagliare puntualmente «noi tutti» ogni 25 dicembre. In certo
qual modo, anch’io sto imparando a convivere con una moglie «patita del Natale e
dei regali». Ma credo che il vero problema non sia tanto questo, quanto il saper
inquadrare tutta la questione, in modo che tale «divergenza» sia vissuta nel
modo in cui la Scrittura c’insegna per casi come questo. Le «divergenze», in
tutti i campi, sono spesso veicolo di cose peggiori e d’atteggiamenti non
proporzionati alla «cosa» in questione. E in questi casi che rischiamo spesso
d’essere più drastici e intransigenti persino di Dio. Col tuo scritto, sei
invece riuscito a riportare la questione alle sue proporzioni più reali.
Complimenti e... Buon Natale! {25-12-2006}
3. {Rinaldo di Prose} ▲
Caro Nicola,
complimenti per lo scritto su Natale (apparso
sul tuo sito). Credo che l’impostazione (biografica) lo renda molto utile. [...]
{30-12-2006}
4. {Davide Marazzita} ▲
La tua riflessione-testimonianza è molto simile
alla mia, come del resto anche molti altri «ragazzi» della mia generazione. Il
tuo vantaggio è quello di non aver vissuto l’ipocrisia del natale evangelico in
famiglia. Per me ogni natale era un dramma e una sconfitta con tutti i miei
compagni di scuola. Imparai anche a odiare il natale. Mia moglie, italiana di
famiglia catanese, evangelica Battista, ha sempre festeggiato il natale. Con lei
ho imparato cosa significa andare «in chiesa» anche il giorno di natale;
condividere con tutti gli amici questa festa ricordando loro il suo vero
significato, e a fare l’albero di natale che, pur avendo sembra origini
paganissime, colora tutte quelle settimane di festa. Poi, quante cose
pagane facciamo senza che ce ne rendiamo conto? Ad esempio, è cristiano l’anello
nuziale? E l’abito bianco? Dietro il significato dell’anello si celano filosofie
antiche legate alle divinità, e l’abito bianco era utilizzato dalle giovani
vergini che si «davano» al fallo eretto di pietra dell’idolo di turno. Lanciare
il riso non è forse un antico segno d’augurio d’abbondanza economica? E su, via,
come ha detto qualcuno: non cadiamo in contraddizioni assurde e ignoranti.
Dobbiamo avere l’intelligenza e l’elevazione culturale per capire quali sono le
feste adeguate al cristiano moderno. Dobbiamo imparare che la dove c’è
convergenza d’opinione, non è un crimine accodarsi alla tradizione cattolica.
Chi di noi non condivide i temi del vaticano riguardo all’aborto, al divorzio,
alla famiglia, all’omosessualità. Proporre simili discussioni in sintonia con la
chiesa cattolica non deve intaccare la nostra coscienza che è pulita davanti a
Dio. Così dev’essere per il natale e anche per pasqua. E poi, diciamocelo,
abbiamo una visione della storia umana e del cristianesimo lontana dalla realtà.
Nei tempi in cui non v’erano chiese protestanti ed evangeliche, men che meno le
«assemblee dei fratelli», nelle quali m’identifico, il messaggio dell’Evangelo
veniva divulgato proprio dal clero cattolico, magari attraverso i dipinti e le
raffigurazioni sacre, e anche dalle opere di moltissimi monaci o preti veramente
credenti. Non dobbiamo presumere che solo noi abbiamo la verità, o che solo a
noi Dio ha dato la comprensione della verità. La storia dell’uomo è molto più
vasta di noi, e la grazia di Dio la sovrasta.
Concludendo,
quest’anno non ho fatto l’albero di natale e me ne dispiace, e sai perché? Non
ho ricevuto nemmeno un regalo! {29-12-2006}
5. {Argentino Quintavalle} ▲
In genere si dice: «Mal comune mezzo gaudio». Io personalmente non posso
associarmi a tale gaudio. Il vero cristiano, nella sua libertà, può festeggiare
anche il giorno di natale; e sicuramente lo festeggerà molto meglio d’un falso
cristiano, ma deve sapere bene che nessuno ha dato alla chiesa l’autorità
d’istituire dei giorni di festa.
Nel Vecchio Testamento c’è un concetto teologico
importantissimo riguardo il culto: «Tutto ciò che non è comandato è proibito».
Nel Nuovo Testamento qualcuno, nel corso della storia, ha cercato di cambiare le
carte in tavola dicendo: «Tutto ciò che non è proibito è lecito». Ma ciò non è
vero per quanto riguarda il culto. In altre parole, dobbiamo rendere il culto a
Dio non come vogliamo noi, ma come Egli vuole. I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e in
verità. Di questa frase si è sempre messa molta enfasi sullo «spirito» e poca
sulla «verità». Se s’ascoltano le parole degli uomini, le tradizioni e le favole
finiscono per essere confuse con la storia e, quel che è peggio, con la verità
dell’Evangelo.
Il natale è una festa religiosa istituita dagli uomini
e i cristiani s’interrogano se fanno bene o male a osservarla. È bene che ci sia
travaglio perché significa che la coscienza è infastidita. Ma come mai ci
s’interroga se osservare una festa umana e non ci s’interroga se osservare le
feste che Dio ha comandato? È mio augurio che chi ha osservato questo natale con
tanto gaudio, faccia altrettanto per la prossima festa di Pasqua (quella biblica
non quella cattolica) che Gesù osservava regolarmente, per la Pentecoste (che
l’apostolo Paolo osservava), per la Festa delle Trombe, lo Jom Kippur, e la
Festa delle Capanne. Mi sembra logico che chi osserva una festa istituita dagli
uomini, a maggior ragione dovrebbe gioire per le feste istituite dal Creatore
del mondo e che erano ancora osservate dai membri della chiesa primitiva. Chi
poi desidera festeggiare come si deve il natale, credo che faccia bene a
festeggiare la Festa delle Capanne poiché la venuta del Messia è associata a
quella festa.
6. {Nicola Martella} ▲
Ringrazio Argentino per il suo contributo, ma ciò mi ha indotto a prendere
posizione sull'argomento più vasto dell'etica biblica e sulle feste giudaiche e
cristiane.
Penso che non si possa ridurre l’etica dell’AT e del NT ai seguenti
slogan pieni d’effetto: «Tutto ciò che non è comandato, è proibito», oppure:
«Tutto ciò che non è proibito, è lecito». L’etica dei due testamenti è molto più
articolata (è «l’etica
della libertà e della responsabilità» specialmente nel nuovo patto). La Torà non regolamentava
tutti gli aspetti della vita. Ad esempio, si soffermava ampliamente su
alcune malattie veneree e cutanee (morbo) che potevano essere trasmesse per
contatto, ma non affrontava altre patologie altrettanto gravi o virulente.
Nell’antico patto tutto era riferito perlopiù agli aspetti rituali
(puro/impuro), che nel nuovo patto passano in secondo piano almeno per i
cristiani gentili (cfr. At 15); Gesù stesso parlò di medici (si veda già l’inno
di Siracide al medico). Nel NT viene attribuita alla preghiera in connessione
con la Parola una funzione santificante (1 Tm 4,4s), funzione che nell’AT era
attribuita alle norme di purità (distinzione fra puro e impuro) e di
purificazione rituale.
La questione aperta resta la seguente: ci sono nella
Bibbia feste istituite dagli uomini all’interno del popolo dell’antico e
del nuovo patto? La risposta è sì. Oltre alle ricorrenze imposte dalla Torà, ce
ne sono altre nate nel corso del tempo. Spontaneamente devo pensare alle
seguenti: il giorno del lutto per la caduta di Gerusalemme (568 a.C.; cfr. il
libro di Lam); la festa dei Purim a ricordo di come Dio aveva cambiato le sorti
del popolo al tempo di Ester e Mardocheo (cfr. il libro di Est); la festa delle
luci a ricordo della riconsacrazione del tempio al tempo dei Maccabei, dopo che
Antioco Epifane lo aveva dissacrato (2° sec. a.C.; è probabilmente che durante
tale festa che Gesù disse: «Io sono la luce del mondo»). È scontato che
Gesù, i dodici discepoli, gli altri seguaci di Gesù e la prima chiesa (che era
interamente giudaica) festeggiassero tali ricorrenze non espressamente comandate
dalla Torà. Quanto alle feste giudaiche «che erano ancora osservate
dai membri della chiesa primitiva», mi sembra chiaro che la decisione di
At 15 escludeva i cristiani gentili dall’attenersi ad esse come dovere
religioso. E sebbene gli apostoli amassero singolarmente festeggiare tali feste
in quanto Ebrei, quando si trovavano a Gerusalemme, non le imposero ai cristiani
gentili. Anzi, Paolo stesso parlò della libertà di osservare il «giorno» (= le
ricorrenze), cosa che facevano i cristiani giudaici, o di non farlo, come
preferivano invece fare i cristiani gentili (Rm 14). Chi afferma: «Mi sembra logico che chi osserva una
festa istituita dagli uomini, a maggior ragione dovrebbe gioire per le feste
istituite dal Creatore del mondo e che erano ancora osservate dai membri della
chiesa primitiva» — vorrebbe riportare l’intera chiesa a prima del concilio di
Gerusalemme? (At 15). Sarebbe un tragico errore. Tale logica può risaltare solo
a chi come Gentile vuole prendere su di sé il «giogo giudaico»!? Non
disse però Pietro di tale giogo le seguenti parole: «Perché dunque tentate
adesso Dio mettendo sul collo dei discepoli un giogo che
né i padri nostri né noi abbiamo potuto
portare?» (At 15,10)?
Quanto al dover «gioire per le feste istituite dal
Creatore del mondo», bisogna dire quanto segue. L’autore della lettera agli
Ebrei affermò ai suoi correligionari: «Mutato il sacerdozio, avviene per
necessità anche un
mutamento di legge» (Eb 7,12). E aggiunse: «Infatti qui v’è bensì
l’abrogazione del comandamento precedente a motivo della sua
debolezza e inutilità (poiché la legge non ha condotto
nulla a compimento); ma v’è altresì l’introduzione d’una
migliore speranza, mediante la quale ci accostiamo a Dio» (Eb 7,18s). Paolo, scrivendo ai Colossessi, che erano stati
travolti da un’ondata di giudaizzanti, aveva preso posizione sulle regole
alimentari e sulla celebrazione di ricorrenze del giudaismo, dicendo: «Nessuno
dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a
noviluni o a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire»
(Col 2,16s; cfr. Gal 4,10). Paolo chiamò tutto ciò ed altro anche «elementi del
mondo» (Col 2,8.20s; cfr. Gal 4,3; v. 9 «deboli e poveri elementi»). Infine, dov’è scritto nella Bibbia che «la venuta
del Messia è associata a quella festa [delle Capanne]»? Quale venuta? (la
nascita? il secondo avvento?). Perché bisognerebbe osservare tale festa visto
che non è esplicitamente comandata alla chiesa né in assoluto né in collegamento
all’avvento del Messia?
Rimane la domanda: è proprio vero che «nessuno ha dato
alla chiesa l’autorità d’istituire dei giorni di festa»? Una chiesa
locale, un gruppo di chiese, una denominazione non può quindi istituire delle
ricorrenze? Fanno quindi male i protestanti (e gli evangelici all’estero) a
celebrare, ad esempio, il «giorno della Riforma», il «giorno del ringraziamento»
(o giorno della raccolta) e altre ricorrenze? {04-01-07}
Per l’approfondimento della questione cfr. in Nicola Martella,
Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999), gli articoli: «Questioni
intorno al sabato ebraico», pp. 46ss; «La questione della legge», pp. 51ss; «La
questione della domenica», pp. 57ss; cfr. anche «Il sabato nel NT», pp. 36ss. |
7. {Rinaldo di Prose} ▲
Caro Nicola, sono d’accordo con te: la tendenza
a o giudaizzare o gentilizzare è molto diffusa; è particolarmente strano quando
sono i cristiani gentili a giudaizzare. Ma, lo fanno in grande intere
confessioni: per esempio i cattolici romani e gli ortodossi con il loro
sacerdozio. Voler tornare al sabato è, in fin dei conti, molto meno grave anche
se ci tocca più da vicino in quanto sono di solito i credenti evangelici a fare
tale percorso.
{05-01-07}
8. {Argentino Quintavalle} ▲
Ringrazio Nicola per la sua amichevole provocazione, alla quale rispondo
altrettanto amichevolmente. Dalle mie parti si dice: «Me ‘nanni ma non me
‘dormi», tradotto: «Mi canti la ninna nanna ma non m’addormenti», ovvero:
parli bene ma non mi convinci.
Come lo stesso Nicola ammette egli ha preso posizione
su un argomento di più vasta portata, ma così facendo non prende posizione sulla
particolare questione da me sollevata:
come mai i cristiani s’interrogano se festeggiare o no il natale (istituito
dagli uomini) e non s’interrogano se festeggiare o no le feste comandate da Dio?
A questa domanda non m’è arrivata risposta! È troppo comodo chiamare in causa la
libertà cristiana, dato che essa esiste solo in teoria, ma non in pratica. Sì
perché chi è veramente libero, deve essere in grado di festeggiare non solo il
natale ma anche le feste bibliche. Chi è veramente libero deve essere in grado
di mangiare non solo cibi puri ma anche d’astenersi dai cibi impuri. Non voglio
fare d’ogni erba un fascio, ma la maggior parte di quelli che predicano la
libertà cristiana sono liberi soltanto a parole.
Quindi gradirei una riflessione onesta su questo fatto.
La verità è che la chiesa si è talmente allontanata dalle sue origini che i
Gentili (di cui faccio parte) si sono dimenticati d’essere soltanto dei rami
innestati nell’ulivo d’Israele e quel che è peggio si sono inorgogliti credendo
d’avere la chiave dell’interpretazione della verità biblica. La maggior parte
dei cristiani che festeggiano il natale, lo fanno (sto parlando dell’Italia)
perché sono schiavi, non perché sono liberi. Sono schiavi delle tradizioni e
delle usanze.
Devo anche puntualizzare alcune cose. «Tutto ciò che
non è comandato è proibito», non è uno slogan a effetto, cose da cui sono sempre
rifuggito, ma è una frase come ho ben specificato, che si riferisce al «culto» e
non a «tutti gli aspetti della vita». Nel culto del Vecchio Testamento tutto ciò
che non era comandato era severamente proibito e punito. I figli d’Aaronne sono
stati uccisi proprio per essere contravvenuti a ciò. Il tabernacolo doveva
essere costruito secondo un modello prestabilito; le feste dovevano essere
osservate in giorni ben stabiliti; ecc., ecc. Nicola dice che nel Vecchio Testamento ci sono delle
feste istituite dagli uomini, e questo è vero; mi fa anche piacere quando dice
che è alla festa della riconsacrazione del tempio, cioè a Channukà, la festa
delle luci, che Gesù affermò: «Io sono la luce del mondo» (anche se
questo non viene mai insegnato nelle chiese, le quali si sono tenute le luci ma
si sono dimenticate in quale occasioni Gesù ha parlato).
Ora, Nicola dice: «Quanto alle feste giudaiche “che
erano ancora osservate dai membri della
chiesa primitiva”, mi sembra chiaro che la decisione di At 15 escludeva i
cristiani gentili dall’attenersi a esse come dovere religioso». E allora? Quanto
mai io ho parlato di festeggiare le feste bibliche per dovere religioso? Io ho
detto solo che con lo stesso gaudio con cui è stato festeggiato il natale (festa
degli uomini) così si festeggi le feste bibliche (feste di Dio). Diversamente mi
sembrerebbe una mancanza di rispetto verso il Signore, esaltare una festa umana
e nello stesso tempo dimenticarsi di quelle divine.
E Nicola afferma ancora: «Chi afferma: “Mi sembra
logico che chi osserva una festa istituita dagli uomini, a maggior ragione
dovrebbe gioire per le feste istituite dal Creatore del mondo e che erano ancora
osservate dai membri della chiesa primitiva” — vorrebbe riportare l’intera
chiesa a prima del concilio di Gerusalemme? (At 15)». A parte il fatto che
sarebbe una grande benedizione poter ritornare a prima del concilio di
Gerusalemme, non è certo mia intenzione di voler rimettere i cristiani sotto il
giogo della Legge! Ho detto solo che chi si sente talmente libero di festeggiare
il natale deve sentirsi ancora più libero di festeggiare le feste bibliche,
perché in caso contrario è libero solo a parole, ma nella realtà è schiavo delle
tradizioni e delle usanze.
Per quanto riguarda la Legge, il discorso non lo si può
risolvere citando qualche versetto, perché se ne possono citare altrettanti di
segno opposto, ma non è questo l’argomento in questione.
Infine ribadisco che la venuta del Messia è associata
alla festa delle Capanne. Dove è scritto? Nello stesso posto dove sono scritte
molte dottrine bibliche, cioè non esplicitamente ma tra le righe della Bibbia.
Le feste bibliche sono l’ombra d’avvenimenti profetici. Lo è stato per la
Pasqua, per la Pentecoste e anche per la festa delle Capanne che cade a inizio
autunno e che un giorno, secondo il profeta Zaccaria, tutti gli abitanti della
terra festeggeranno.
Io non ho detto che «bisogna» osservare la festa delle
Capanne, ma ho detto che chi vuole osservare seriamente il natale lo deve fare
in occasione della festa delle Capanne. Perché? Perché Gesù è nato in quel
periodo. Festeggiare il natale il 25 dicembre, quindi, è anche stupido perché
non è il periodo giusto. Ma come, abbiamo a disposizione il calendario biblico e
ci andiamo a scegliere un giorno che non c’entra niente? La verità è che il
natale non è nato originariamente per festeggiare la nascita di Gesù ma per
altri scopi.
Nicola dice: «Rimane la domanda: è proprio vero che
“nessuno ha dato alla chiesa
l’autorità d’istituire dei giorni di festa”? Una chiesa locale, un gruppo di
chiese, una denominazione non può quindi istituire delle ricorrenze?». No. Non
può istituire delle feste religiose e d’imporle agli altri come hanno fatto e
Cattolici e Protestanti. Non ne ha l’autorità. La Bibbia non dà quest’autorità
alla chiesa, anzi mette in guardia contro chi aggiunge qualcosa nel campo
religioso. Non abbiamo bisogno di feste suppletive. I primi cristiani, sia
gentili che ebrei, non lo hanno fatto. Nisba, nada de nada, niente di niente.
Non esiste. I protestanti possono celebrare quello che vogliono, ma se poi
obbligano altri a farlo (segnandolo rosso sul calendario), si mettono sullo
stesso livello di quelli che a Colosse e in Galazia volevano giudaizzare, solo
che invece di giudaizzare, «protestantizzano» e «domenicalizzano». {05-01-07}
9. {Gaetano Nunnari} ▲
Ciao Nicola, grazie per la segnalazione sul travaglio del Natale. Onestamente
questi argomenti non mi coinvolgono più di tanto, e se un coinvolgimento c’è, a
dire il vero non è positivo, ma personalmente lo trovo scoraggiante nel vedere
le reazioni d’alcuni. Contribuisco in ogni modo sul tema.
Pur rispettando i sentimenti, e gli scrupoli altrui,
sono dell’opinione che per un cristiano ci sono cose più importanti a cui
pensare. Io sono d’accordo con la linea di pensiero di Nicola. Certe volte ho
l’impressione però che alcuni invece d’andare avanti, fanno come i gamberi che
camminano all’indietro. Per quanto mi riguarda il «mondo» occidentale, al 25
dicembre festeggia la nascita di Gesù Cristo, e come per incanto le persone,
suggestionate in massa dall’atmosfera natalizia, diventano tutte più buone, più
gentili, più disponibili, ecc. Questo periodo sarebbe un’occasione valida per
portare il messaggio dell’Evangelo alla gente, magari distribuendo dei trattati
che spieghino l’amore che Dio ha avuto per l’umanità mandando Gesù Cristo nel
mondo. Sarebbe una buona occasione per seminare. Non ha forse Paolo scritto da
qualche parte che lui si faceva greco con i Greci per guadagnarne alcuni, ecc.?
Senza voler ferire nessuno, mi domando: «Ma è mai possibile annegare così in un
bicchiere d’acqua?». Io e la mia famiglia abbiamo festeggiato il Natale e
abbiamo anche fatto l’albero. La mia figlia più grande è affascinata dalle
decorazioni natalizie. Quando viaggiamo in auto non perde nessuna occasione per
farci notare tutti gli abeti decorati che troviamo per strada. Non mi sembra
educativo rinunciare a una tale decorazione, che poi rallegra anche l’atmosfera
di casa, dicendole che noi non lo facciamo perché è pagano. Lei non capirebbe. E
onestamente, non mi turba il fatto che l’usanza dell’albero è d’origine pagana,
io non lo faccio con quell’intento, nessuno oggigiorno lo fa con quel intento,
lo faccio semplicemente perché le mie bambine ne sono felici, e per coinvolgere
l’atmosfera di casa con quella che si vede per le strade in questo periodo. Come
genitori abbiamo spiegato a nostra figlia primogenita, e in futuro lo faremo
anche con la nostra secondogenita che i regali che hanno ricevuto per Natale
sono dei doni di Gesù, perché la Bibbia dice che ogni buon dono viene dal
Signore, e se loro hanno potuto avere questi regali è perché Gesù ce ne ha dato
la possibilità. Quindi devono ringraziare Gesù per questo. Le abbiamo spiegato
che si festeggia il Natale perché ricordiamo che Gesù è venuto nel mondo per
salvarci, e visto che noi vogliamo bene a Gesù festeggiamo quest’avvenimento.
Questo è l’insegnamento che cerchiamo di dare alle nostre bambine. E posso dire
che porta frutto. E il Natale ci ha dato quest’occasione.
Quindi, se la nostra società occidentale, il 25 di
dicembre si ricorda ancora in qualche modo, seppur superficialmente, d’un certo
bambino di nome Gesù nato in una stalla, noi cristiani invece di fare attenzione
a non «contaminarci» con certe feste pagane, cerchiamo di ricordare loro che
quel bambino è venuto nel mondo per salvare ciò che era perduto, e che adesso
dopo aver dato la sua vita sulla croce per la salvezza dell’umanità, è
resuscitato con gran potenza e gloria, e sta bussando alla porta del loro cuore
per offrire loro la vita eterna. E noi cristiani festeggiamolo pure il Natale
perché dovrebbe essere sia una gioia per ciò che commemora, che un’opportunità
per evangelizzare. Paolo ha scritto che chi trasgredisce un solo punto della
legge di Dio si rende colpevole su tutti i punti. Quindi seguendo lo stesso
principio, se vogliamo essere così precisi, e soprattutto coerenti fino in
fondo, oltre alle cose d’origine pagana già menzionate da Davide Marazzita,
ricordo che a questo punto non dobbiamo neppure salutare con «buongiorno» e
«buonasera» le persone che conosciamo, perché i pagani facevano questo saluto
per invocare le benedizioni degli dèi (quindi demoni) sui loro interlocutori. Mi vengono in mente le parole di Gesù quando disse ai
Farisei che filtravano il moscerino e poi ingoiavano il cammello. Cerchiamo di
non fare la stessa cosa anche noi!
Comunque vorrei anche precisare che non tutte le
festività moderne sono utili. Per esempio come genitore cristiano credo che sia
bene non festeggiare la befana, perché le streghe «buone» non esistono! O ancora
peggio Halloween, e mi sembra superflua qualsiasi precisazione in merito.
Bisogna secondo me come credenti trovare il giusto equilibrio tra ciò che può
essere utile (Natale e Pasqua), ciò che è innocuo (capodanno, carnevale per i
bambini) e ciò che può essere dannoso (Halloween). Detto questo credo in ogni
modo che ognuno, alla fine, su queste problematiche debba seguire il principio
biblico che tutto ciò che non viene da convinzione è peccato. Quindi
tolleriamoci e amiamoci cercando di non essere d’inciampo a chi la pensa
diversamente su questioni di secondaria importanza. Senza dimenticare però di
non porci nuovamente sotto il giogo della legge. {05-01-07}
10. {Fiorina Pistone} ▲
Una lettrice ha scritto:
«[…] ho letto alcuni articoli […] e sono molto contenta
dell’apertura che ho trovato […] in quello tuo che porta il titolo “Il travaglio
di natale”. Quest’ultimo mi ha molto commossa per l’esperienza di vita vissuta
che mi ha trasmesso, per il tuo precoce amore per la Scrittura, che è stato
anche esperienza mia, sebbene rimasto a lungo insoddisfatto, e per la tua lotta
per la libertà interiore. Apprezzo la frase che hai scritto: “Libero è solo chi
concede libertà”». {2007}
11. {} ▲
12. {} ▲
►
Scrupoli natalizi e di fine anno {Nicola Martella} (D)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Natale_travagliato_UnV.htm
27-12-2006; Aggiornamento: 08-12-2009
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