Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

  Ecco le parti principali:

Entriamo in tema (il problema)

Uniti nella verità

Le diversità quale risorsa

Le diversità e le divisioni

Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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LA MORALE DEI CRISTIANI

 

 a cura di Nicola Martella

 

Il tema proposto per la discussione riguarda la morale dei cristiani e in particolare «La morale degli evangelici in Italia». Penso che esso sia importante e attuale. La colpa del «deficit etico», spesso riscontrabile in molti casi, non è colpa di qualcuno in specifico, ma del clima culturale, in cui gli evangelici vivono: la morale cattolica. Il papato e i potenti d’Italia hanno soffocato nel sangue ogni tentativo di riforma (p.es. Savonarola, Valdo) o hanno aggiogato al potere temporale altri tentativi rivoluzionari, ghettizzandoli in un «ordine» monastico (Benedetto, Francesco). In Germania, ad esempio, la Riforma protestante ha inciso così profondamente nelle coscienze che c’è un sentimento morale perfino nella società secolarizzata. Ministri, dirigenti dello Stato e di aziende si sono subito dimessi, non appena sono stati coinvolti da uno scandalo o da un’indagine della magistratura, anche se in seguito risultarono innocenti. In Italia anche fra gli evangelici non c’è sempre chiarezza che cosa sia giusto o sbagliato. C’è un clima morale che ci coinvolge al punto che non ci rendiamo sempre conto che stiamo facendo delle cose sbagliate.

     Si veda, ad esempio, il fatto che, invece di affrontare direttamente i problemi con le persone interessate (cfr. Lv 19,17; Mt 5,23s; 18,15ss), si preferisce parlarne e sparlarne con altri, con grave danno per i rapporti interpersonali, per la benedizione del Signore, per la testimonianza come cristiani e per l’Evangelo. Ciò riguarda non solo l’onore degli altri, ma anche la proprietà (p.es. artistica, letteraria ecc.) degli altri. In tali modi, si crea un «clima» morale (o amorale) che si basa sul consenso. L’illusione che ne nasce, è che tutto ciò sia legittimo.

     Aggiungo il caso di un conduttore evangelico, il quale diversi anni fa mi disse «candidamente» che, per sostenersi, stava prendendo l’identità di disoccupazione e che si arrangiava anche con un lavoro in nero. Qui riporto solo i fatti, senza esprimere un giudizio. C’è il caso di un altro conduttore di chiesa che si complimentò con me per un certo libro che avevo scritto, aggiungendo che dell’articolo «X» avevano fatto 30 copie e l’avevano letto e discusso in chiesa. Nessuno di questi due conduttori si poneva alcun problema morale, ma parlavano della cosa con «naturalezza» e come se tutto fosse a posto. Il tutto si regge su un «consenso» o sul fatto che nessuno affronta teologicamente certi problemi. Per questo parlo di un «deficit etico» o di una «doppia morale» che affligge una parte degli evangelici italiani.

     Anni fa proposi all’annuale «convegno degli anziani» delle Assemblee dei Fratelli di affrontare il tema dell’etica: esso fu accettato. Poi — con mio grande stupore — il tema fu trasformato dalle chiese organizzatrici e/o dal relatore in un «tema dottrinale»: la santificazione del credente!

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Nicola Berretta

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Nicola Berretta}

 

Il tema aperto da Nicola Martella ritengo che sia parte di una questione più generale riassumibile in questa domanda: «Hanno i cristiani il dovere di incidere sulla cultura della società in cui vivono?». Gli esempi negativi presentati da Nicola Martella non sono infatti altro che espressione del comportamento dell’italiano medio. È assolutamente normale per un italiano cercare tutte le vie più traverse per fregare lo Stato. Fa parte della nostra cultura e non voglio qui improvvisarmi a sociologo nel proporre le radici storiche, religiose e antropologiche che stanno alla base di questa situazione. Dico solo che è un dato di fatto: tutti (credenti e non) lo fanno, senza neppure rendersi conto della gravità di certi comportamenti. Magari si scagliano contro quel politico o si scandalizzano per gli imbrogli di quel finanziere, ma nel loro piccolo anche loro fanno altrettanto e magari nutrono una certa invidia per quei grossi nababbi che riescono a fare ciò che in fondo vorrebbero fare loro stessi.

     A questo punto però la domanda è: la trasformazione del credente rinato in Cristo deve o no tradursi anche in una trasformazione culturale? (dove per «culturale» intendo tutti quegli aspetti negativi che sono parte della nostra cultura, e non certo il nostro essere latini e non, ad esempio, anglosassoni). Io credo di sì e credo anche che questa trasformazione culturale possa (debba?) tradursi in una trasformazione culturale nella società in cui viviamo.

     Se nel mondo evangelico anglosassone c’è una maggiore onestà morale nei riguardi dello Stato, è anche perché tutta quella società ha un rapporto con lo Stato diverso dal nostro (anche il non credente ritiene normale e doveroso il pagare le tasse). Nello stesso tempo, se quella società ha un senso morale di questo genere è anche a causa della cultura biblico-protestante che storicamente caratterizza quei paesi (cosa che anche tanti sociologi non credenti riconoscono).

     Gli evangelici italiani vivono in un ambiente cattolico, e hanno un atteggiamento difensivistico nei riguardi della società in cui vivono. Il mondo è il nemico da cui tenersi a debita distanza. Il dovere morale di incidere culturalmente sulla società che li circonda è pressoché assente tra gli evangelici italiani. Questo fa sì che il singolo credente tenda a mantenere un rapporto schizofrenico tra chiesa e società. Il rapporto con Dio diviene qualcosa che riguarda il mio vivere nella chiesa e non nella società. Il risultato finale di tutto questo è che il credente, proprio perché non viene adeguatamente discepolato con chiare direttive al riguardo, tende ad assumere nella sua vita quotidiana fuori dalla chiesa gli stessi atteggiamenti che aveva prima di convertirsi, e non coglie le contraddizioni di comportamenti disonesti che nell’ambito della chiesa forse non si sognerebbe nemmeno di fare.

     È un po’ come nella filosofia della gnosi del 2° secolo d.C., in cui l’esaltazione della spiritualità, contrapposta a un rifiuto di tutto ciò che era terreno e corporale portava a non dare importanza agli atti immorali commessi col corpo, ritenendo che il corpo fosse comunque per sua natura peccaminoso. Ciò che conta, dicevano, è ciò che pensi nel tuo spirito, non ciò che fai col tuo corpo (!). Allo stesso modo, molti oggi pensano che la società sia in sé negativa e non è nostro dovere rapportarci a essa, o tentare di cambiarla. Per cui ciò che conta è il tuo comportamento «spirituale» nella chiesa, non quello «sporco e terreno» della tua quotidianità nella società che ti circonda. La conseguenza di tutto questo è la schizofrenia di cui parlavo prima: nella società sporca anche noi ci adeguiamo ai comportamenti disonesti, nella chiesa santa invece fuggiamo dal peccato. In fondo, pensiamo, la società cambierà solo nel Millennio, perché dunque darsi tanta pena di cambiarla oggi?

     Io ritengo che ci sia bisogno nelle nostre chiese di recuperare un sano insegnamento sul dovere del credente di essere «sale nel mondo», con gli obblighi morali verso la società che ne conseguono. Questo forse ci aiuterebbe a porci la domanda, se i nostri comportamenti nella società (e non solo nella chiesa) siano o meno coerenti con questo imperativo morale. Magari allora… cominceremo a comprare i libri invece che fotocopiarli.

 

 

 

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► URL di origine: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Morale_Crist-UnV.htm

07-04-2007; Aggiornamento: 23-07-2008

 

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