Il tema va avanti con vari contributi che cercano la ragione delle cose. Alcuni
autori hanno del tutto ignorato le prescritte
Norme di fair-play. Altri hanno voluto vedere le
responsabilità nella sola donna e cioè isolandole del tutto da quelle dell'uomo.
Questi si sono basati sulla propria «esperienza», quegli su un catalogo di
versetti, spesso isolati dal loro contesto («versettologia»). Qualcuno ha agito
secondo questo proverbio: «Chi ha un martello in mano, vede tutto come chiodi».
Nonostante ciò, dopo la
prima e la
seconda raccolta, il tema continua ed è interessante...
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul
tema
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sottostante
1.
{Anna Nuzzolo} ▲
Dopo aver letto la lettera di
Irene e alcuni contributi, volevo mandare anch’io un commento e un
incoraggiamento. Poi, oggi ho letto i contributi di
Matteo e di
Aymon, che mi hanno fatto completamente «ammutolire». Credo sia impossibile
avere uno scambio costruttivo con persone che ragionano in questo modo. In
particolare Matteo ha deciso che la sua esperienza è il metro di misura per
valutare tutte le donne, tutte depresse, disperate e in crisi che vivono solo
per soggiogare il povero marito, come quelle (2, 3, 20, 250.000? Il campione
sarà poi rappresentativo?) che ha conosciuto lui. Io ho un marito fantastico, che non si fa soggiogare da
me né da alcun altro, ma cerca di obbedire a Dio. Per questo lo rispetto molto e
ascolto attentamente quello che mi dice, perché penso sempre che non parli a
vanvera e so che mi ama e vuole il mio bene. Posso solo ringraziare il Signore
che mio marito a obbligarmi o assoggettarmi non ci pensa proprio, e non ne ha
bisogno. In ogni modo, ho capito anche che non tutti i mariti
sono come il mio. Conosco mogli che mancano di rispetto, in una maniera
pressoché indecente, al proprio marito, soprattutto in pubblico, e lo vogliono
trattare da stuoino. Ma conosco anche molti mariti che della loro responsabilità
(vedi Efesini 5) se ne fregano allegramente e anche tanti che dovrebbero
cominciare a mettere in pratica il lasciare padre e madre, perché non l’hanno
mai fatto. È veramente terribile quando anche noi cristiani
cominciamo a sputare sentenze su situazioni e persone che non conosciamo e che
non possiamo verificare. Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Se il mio
vicino di casa è maleducato, che cosa vuol dire, che sono maleducati tutti i
vicini di casa? Solo degli uomini (anzi dei maschi) con i paraocchi potrebbero
affermare che tutte le donne, che credono di soffrire nel loro matrimonio, siano
in realtà delle ribelli peccatrici. Questo mi scandalizza profondamente e credo
che chi dice queste cose farà i conti direttamente con Dio.
Concordo con
Michela che si può vedere tanta sofferenza anche nei matrimoni cristiani,
purtroppo. Naturalmente non causata solo dai mariti, ma anche dalle mogli. Irene
non ha detto che tutti i mariti considerano le loro mogli alla stregua di un
elettrodomestico, ha detto che ritiene che il suo lo faccia. Mentre
Matteo ha concluso che tutte le donne che si lamentano sono come quelle
scontente e maldicenti che ha conosciuto lui. Aggiungo anche che, purtroppo, le chiese opprimenti nei
confronti delle donne (cioè quelle che, in maniera latente ma sorprendentemente
chiara, ti fanno capire che in quanto donna sei tu la radice di ogni male —
sintetizzo ovviamente estremizzando) esistono eccome, anche se non ci sono solo
queste. Io ho sperimentato ottime chiese a guida chiaramente maschile (come
penso insegni la Parola di Dio) che valorizzano il contributo femminile,
contribuendo alla crescita spirituale e all’incoraggiamento di tutte le credenti
e riconoscendo la loro dignità, senza che per questo gli uomini debbano abdicare
alla loro autorità. Dalla Bibbia io capisco che chi vuol essere grande, deve
servire e che dobbiamo essere umili e non pestare con il pugno sul tavolo per
farci valere. Se ci ricordassimo più spesso di questo e di come si è comportato
il Signore Gesù, forse non faremmo e non diremmo più certe cose.
L’incoraggiamento che volevo dare a Irene lo scriverò
un’altra volta, quando mi torneranno le parole in merito. Grazie per
l’attenzione e Dio vi benedica.
2.
{Michela Piccolo} ▲
Dopo aver letto sul sito di Giacinto
Butindaro un articolo dal titolo «Una
parola d'esortazione alle donne», devo confessare che mi vergogno un po’ di
essere evangelica e che gli evangelici usino internet per dire queste cose. Se
un non credente finisse su questo articolo, non gli si potrà più parlare della
grazia di Dio.
Nota redazionale: Il sito «Fede controcorrente» serve proprio al
confronto secondo le già ripetute
Norme di fair-play. Molti articoli, che sono in rete sul Web, sono
affetti da innumerevoli luoghi comuni; e la convenzione, basata sulla
«versettologia», fa il resto. In effetti, molte delle asserzioni presenti in
vari articoli, dovrebbero trovare posto nel «Dizionario
degli spropositi». A molti di questi luoghi comuni ho dato già
risposta in «Generi
e ruoli» e in «Sesso & affini 1-3» (Sessualità
e contesti;
Tenerezza e fedeltà;
Disturbi e abusi).
Perciò in questo luogo do specialmente la parola ai lettori che vogliono
confrontarsi lealmente con altri. A chi non fosse d'accordo con le asserzioni di
un articolo, presente su un altro sito, può tentare egli stesso di dare delle
risposte, facendo dei brevi articoli sui diversi temi affrontati da quel dato
autore. Chi invierà a quest'ultimo le sue obiezioni e questi non reagirà per
nulla (o lo farà in male modo), su «Fede controcorrente» potrà trovare
posto per tale confronto. A condizione che egli stesso sia disposto ad accettare
le eventuali obiezioni di altri.
3.
{Nicola Berretta} ▲
...accidenti!!! Il dibattito sulle donne «deluse» si fa davvero acceso e
interessante. Evidentemente questo è uno dei temi che nel nostro ambiente
evangelico viene spesso sottaciuto e sottovalutato (...i credenti «veri» non
hanno mai di questi problemi...) e «Fede controcorrente» ha solo aperto il tappo
a una pentola in ebollizione. Immagino che anche da parte tua «gestire» questo
dibattito, facendolo restare nei binari della correttezza e del rigore
dottrinale, non sia una cosa facile. Complimenti!
4.
{Paola Buja} ▲
Sto seguendo il dibattito in oggetto e come credente, forse poco «evangelica» ma
credente (lascio a Dio la mia etichetta), vorrei esprimere qualche opinione.
Innanzitutto la mia simpatia e il mio apprezzamento per
il coraggio dimostrato da Irene nel raccontare la sua storia e nell’avviare poi
un dibattito che va oltre la sua esperienza personale.
È coraggiosa Irene perché da osservatrice, quale voglio
definirmi in merito alla discussione su «Fede controcorrente», ho avuto
l’impressione che si sia esposta come un osso che si trovi in un canile. Non in
tutti i casi, intendiamoci. Vi sono state delle credenti che hanno poco
disquisito ma piuttosto dimostrato amore e assenza di giudizio,
come dovrebbero esprimere tutti i cristiani degni di questo nome, raccontando le
proprie esperienze familiari con sincerità e comprensione.
In altri casi sono state espresse considerazioni
discutibili. E sempre da parte di uomini maschilisti e ridicolmente arroccati
dietro posizioni dottrinali e molto poco dettate da sincero amore. Mi chiedo se
Gesù avesse parlato su questa terra con Irene, se avrebbe giudicato importante
disquisire se come donna possa prendere la Santa Cena durante le mestruazioni
(da qualche parte sul sito ho letto anche questo!) o se l’obbedienza al Padre
debba essere osservata prima dall’uomo o dalla donna!
Cari signori, si fa un gran evangelizzare ma in fondo
sono queste le cose che allontanano i «simpatizzanti» dal frequentare le vostre
chiese vuote! Spesso dietro la retorica dei buoni sentimenti sono nascosti
pregiudizi, frustrazioni personali e familiari che mai si ammetterebbero!
Più amore, meno giudizi, meno estremismi pericolosi...
Nella risposta di Matteo Ricciotti io non leggo amore ma tanta, penosa,
ignoranza. Nel sito di Aymon De Tigliettem leggo invece (e mi sono
fermata alla prima pagina!) uno sfondone grosso come una casa. Egli sostiene,
infatti, quanto segue: «La donna non fu creata ma estratta dall’uomo Adamo. In
effetti essa fu “clonata”». Avvalora la sua balzana deduzione con il versetto:
«Poi l’Eterno DIO con la costola che aveva tolta all’uomo ne formò una donna e
la condusse all’uomo» (Gen
2,22). Vorrei replicare a Aymon De Tigliettem che le sue
deduzioni si sono arrestate troppo presto, perché utilizzando lo stesso registro
cognitivo dovrebbero continuare in questo modo:
■ La donna non fu creata ma estratta dall’uomo Adamo.
■ Quindi la donna fu «clonata».
■ Ne consegue che Dio praticò la clonazione umana.
■ Conclusione: la clonazione umana è perfettamente
lecita in quanto addirittura praticata da Dio!
Vedete dove si può arrivare con dei sillogismi un po’ disinvolti? Torno a dire
che l’ignoranza è una mala pianta, e se unita alla malafede diviene pericolosa e
anche mortifera.
Cara Irene, in conclusione voglio salutarti con
l’esortazione di Virgilio a Dante turbato dalla visione degli ignavi nel Canto
III dell’Inferno della Divina Commedia:
«Non ti curar di loro ma guarda e passa».
Con simpatia...
5.
{Nicola
Martella} ▲
Nota redazionale: L’analisi logica di Paola su Gn 2,22 e sulle asserzioni
di Aymon sono interessanti, sebbene non rientrino in questo tema specifico. Per
l’approfondimento rimando all’esegesi del brano in: Nicola Martella,
Esegesi delle origini
(Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 164-169. Si veda anche la
discussione di questa tesi particolare «Il fianco o il DNA? (Gn 2,21-22)» in:
Nicola Martella,
Temi delle origini
(Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 262-264 (cfr.
Le Origini
1-2).
Un’altra cosa che vorrei puntualizzare è che si possa a
ragione presentare le debolezze del pensiero altrui (ciò può essere
d’arricchimento), bisogna comunque stare attenti che facendo delle obiezioni non
si vada in uno degli altri possibili estremismi, ad esempio l’aggressività,
l’arroganza, la denigrazione, la mancanza di rispetto. ▪ Quando si caratterizza
le affermazioni di qualcuno con degli apprezzamenti, si farebbe bene a dire — in
modo logico e teologico (quindi con la sacra Scrittura alla mano) — in che cosa
l’altro sbaglia, presentando il suo pensiero. Non si presta un grande servizio a
«buttare il bimbo con tutta l’acqua sporca». ▪ Magari un tema può non
interessare a noi — come quello di
Argentino Quintavalle— ma ciò non significa che non abbia il
diritto di essere scritto e dibattuto, visto che è un tema presente nella
Bibbia. ▪ Anche l’apostolo Paolo ha citato dei filosofi e poeti, ma poi ha
argomentato biblicamente nel dare dei consigli. Sforziamoci quindi a farlo anche
noi… di là dal nostro modo d’intendere le cose. La verità è stata biblicamente
rivelata, ma non tutti hanno la stessa luce su di essa. Al riguardo rimando
all’articolo «La
ragione delle cose». ▪ Ancora un’annotazione. Nella parabola
del «buon Samaritano», raccontata da Gesù, furono proprio gli altri personaggi a
pensare come Virgilio. Irene, invece, intervenendo più volte, ha mostrato molta
sensibilità verso i suoi interlocutori. Ne è nato un proficuo scambio di idee,
che arricchisce tutti e aiuta a cercare risposte che onorano la Parola di Dio e
che fanno del bene a chi le medita. L'incuranza invece uccide ogni confronto ed
è essa
effettivamente l'anticamera della superbia o dell'ignoranza.
6.
{Guido Rubino. ps.} ▲
Salve a tutti, sono marito da soli due anni e vorrei ringraziare la cara
credente delusa, perché è stata sincera.
Nelle nostre chiese troppo, troppo spesso si tocca il
fariseismo e, come dice quella credente, gli uomini (i mariti) non hanno il
«carisma», l’intelligenza e, sfortunatamente, l’amore per saper essere dei
«leader» in famiglia. Approvo totalmente anche la risposta di quella credente
che afferma che, prima che la donna sia sottomessa al marito, bisogna che ci
sottomettiamo l’uno all’altro.
Ora dirò qualcosa di «eretico». Penso che, di tanto
in tanto, sia opportuno contestare apertamente (e cioè direttamente a tu per tu)
i nostri cari fratelli spirituali che predicano, ossia tutte le volte che siamo
sicuri che le loro parole non combaciano con quelle del nostro Signor Gesù.
7.
{Irene} ▲
Caro fratello, visto che naturalmente nel dibattito si continua a far
riferimento alle mie mail, mi sento in dovere di inviare un’altra replica. Spero
di essere rimasta nelle regole di fair-play e di aver argomentato abbastanza
riguardo ad alcune obbiezioni ai siti linkati.
Mi sento in dovere di ringraziare tutti coloro che hanno risposto. Questo
dibattito è stato davvero utile. L’altro giorno ho avuto modo di parlare di
nuovo a mio marito e questa volta mi ha ascoltata, ammettendo alla fine che in
diverse occasioni non ha minimamente preso in considerazione quello che gli
avevo detto, mentre i fatti hanno poi dimostrato che avevo delle buone ragioni. Non so dire esattamente cosa lo abbia spinto questa
volta ad ascoltare per davvero quello che avevo da dirgli, ma suppongo che tutti
i consigli e le opinioni che ho letto (sia quelli su cui concordo, sia quelli su
cui non concordo) mi abbiano aiutato a definire meglio le mie «rimostranze» e a
presentargliele in un modo migliore («oggettivare» la situazione, per dirla con
le parole della sorella G.G. e poi intervenire con maggior chiarezza).
Certo, immagino che la strada sia ancora lunga, perché
promettere che la prossima volta sarà differente, è molto più facile che
realizzarlo. Però ammettere che esiste un problema, cosa che finora aveva sempre
ostinatamente negato, è già il primo passo per risolverlo.
Per quanto riguarda quello che mi ha scritto il
fratello Matteo Ricciotti, vorrei solo considerare che non tutte le donne si
devono per forza comportare come quelle che ha conosciuto lui. È vero (io stessa
l’ho scritto) che sono periodicamente depressa e che ho preso farmaci (a dire il
vero, mi posso rimproverare di averne presi
meno di quelli prescritti dal
medico, non di più, come le credenti a cui lui faceva riferimento), ma non è
sempre facile stabile se la depressione sia causa o conseguenza della crisi
matrimoniale. Mi ha colpito molto anche la distinzione che la sorella
Ghita fa riguardo ai diversi modi di sottomettersi e credo che cercherò di
tenerli presenti, perché mi sembra una tessera importante del puzzle.
Devo ammettere che quello che ha scritto il fratello
Aymon mi ha incuriosito e così ho navigato un po’ sul suo sito. Sinceramente,
penso che ci siano diversi errori nel modo di dimostrare le cose. Farò solo
alcuni esempi per cercare di essere più breve possibile.
Al punto 3 del suo scritto [ndr. «Differenze
fra Uomo e Donna»] non si riesce a capire dall’esposizione cosa intenda per
«clonare» scritto così fra virgolette. Il termine, con il significato che gli ho
sempre sentito attribuire finora, è assurdo usato qui: due cloni hanno lo stesso
DNA, quindi devono essere dello stesso sesso. Mi sembra persino un autogol in un
sito teso a dimostrare la preminenza dell’uomo sulla donna, visto che due cloni
sono identici.
Il punto 12 dovrebbe dimostrare che Adamo è vissuto
molto tempo senza Eva. Tuttavia l’argomentazione non tiene in considerazione che
in Genesi 1,26-31 viene detto che Dio creò l’uomo (specificando: maschio e
femmina) il sesto giorno. Quindi, non si capisce come possa affermare che Adamo
sia vissuto molto tempo senza Eva, a meno di non interpretare «giorno» con «era
geologica», come fanno i Testimoni di Geova.
Anche nel resto del sito in questione ci sono
affermazioni che mi lasciano un po’ perplessa. Ne cito solo una: tra le ragioni
per cui, secondo un articolo di Scott Jonas, le donne non dovrebbero praticare
sport vi è quella che durante le competizioni fanno smorfie e questo le rende
poco femminili. Ora, io non sono solita girare con uno specchio in mano in cui
osservare costantemente le mie espressioni, ma mi sento di affermare
tranquillamente che ho fatto molte, ma molte più smorfie durante il parto che in
un qualsiasi allenamento (e sì che ho anche praticato degli sport parecchio
«duri»), ho sudato di più, urlato di più e soprattutto «combattuto» di più.
Allora anche il parto mi ha reso meno femminile?!
Questi articoli, insieme a quello citato dalla sorella
Michela Piccolo, mi hanno fatto venire il dubbio che certi credenti maschi
abbiano una visione un po’ troppo utopistica della condizione femminile nel
passato. Innanzitutto, mi sembra che bisognerebbe sfatare un
mito: quello che vuole le donne del passato tutte casalinghe. Infatti, erano
casalinghe le donne appartenenti al ceto medio-alto, mentre le altre (la
stragrande maggioranza della popolazione femminile) erano contadine, domestiche
e operaie (sottopagate) per necessità di sopravvivenza. Con orari di lavoro che
potevano raggiungere le 12 ore al giorno, non avevano tempo di dedicarsi ai
figli. Perciò li affidavano o a qualche vecchia di casa o alle figlie maggiori
(parliamo comunque di bambinette di sette-otto anni) o li abbandonavano negli
orfanotrofi (dove il 90% di loro non raggiungeva il primo anno di età) o
semplicemente li lasciavano incustoditi (infatti, esistono diversi incartamenti
giudiziari dimostranti che il tal bambino era morto di annegamento in un canale,
il tal altro per essersi ustionato vicino al focolare, ecc., mentre la madre era
nei campi a lavorare). I lavori domestici si limitavano a bollire una volta alla
settimana la polenta e a lavare uno o due volte all’anno le lenzuola e i
pochissimi vestiti.
Si criticano giustamente le femministe per le campagne
a favore dell’aborto (non si risolvono i problemi uccidendo un bimbo innocente),
ma ci si dimentica che le battaglie anche femministe per i congedi di maternità
hanno aiutato a evitare oggi i numerosi aborti, che una volta erano provocati
dall’eccessivo carico di lavoro, a cui erano sottoposte le donne povere in
gravidanza.
Si scrivono articoli (parzialmente condivisibili,
intendiamoci) sull’odierna mancanza di decenza nel vestirsi, ma si tende a
dimenticare che sotto le gonnellone tanto rimpiante da alcuni fratelli, le donne
nella maggioranza dei casi non indossavano nulla, ma proprio nulla. In alcune
epoche, non si fasciavano nemmeno durante le loro ricorrenze con il risultato
che sporcavano i pavimenti. Secondo voi cosa è più pudico: usare gonne lunghe
fino ai piedi, ma lasciando la scia delle proprie sporcizie oppure indossare una
gonna al ginocchio, ma coprire la propria intimità adeguatamente? Personalmente,
non ho dubbi.
Voglio specificare che non scrivo queste cose per
disgustare o scandalizzare, ma solo per proporre qualche riflessione. A volte,
infatti, ho l’impressione che in alcune prediche si tenda a prendere a
riferimento un passato vagheggiato come ideale con poca profondità storica.
8.
{Argentino Quintavalle} ▲
Mi rivolgo con queste parole a
Paola Buja.
Cara Paola, leggo nel tuo articolo sulla «questione» di Irene,
quanto segue: «Mi chiedo se Gesù avesse parlalo su questa terra con Irene, se
avrebbe giudicato importante disquisire se come donna possa prendere la Santa
Cena durante le mestruazioni (da qualche parte su sito ho letto anche questo!)». Come già detto da Nicola Martella, essendo un argomento
che si trova nella Bibbia non bisogna meravigliarsi che se ne parli o che ci si
interroghi su di esso. Dopotutto, se fossimo nati in Israele 2000 anni fa,
piuttosto che nell’Italia di oggi, tutti noi, uomini e donne, avremmo dovuto
convivere con le stesse problematiche che ho trattato nell’articolo. Ma per
evitare di essere male interpretato ti espongo i due motivi che mi hanno spinto
a scriverlo:
■ 1) Il problema e realmente sorto all’interno di una
chiesa. ■ 2) Negli ultimi anni molte donne ebree si sono
convertite al cristianesimo, cioè hanno creduto che Gesù è il Cristo o Messia.
Quelle di loro che provengono da un ambiente religioso ortodosso, hanno problemi
di coscienza proprio riguardo a questo fatto.
A scanso di equivoci, alla fine dell’articolo ho lasciato capire qual è la mia
opinione. Se non l’ho espressa in maniera diretta è solo perché un sito web può
essere letto da chiunque, anche da quelle sorelle ebree che possono avere tali
problemi di coscienza, e chi scrive non ha il diritto di ferire la coscienza di
nessuno, tanto meno della minoranza. Quello che per noi cristiani occidentali
può essere insignificante, può rivestire grande importanza per quei fratelli e
quelle sorelle che provengono da un’altra cultura (e viceversa).
Spero con questo di essere stato chiarificatore. Colgo
l’occasione per dedicare un articolo a tutti coloro che sono intervenuti sulla
«questione» di Irene. Il titolo è: «I
genitori di Gesù»).
Mi rendo conto che la seduzione del nemico è molto forte, sia nelle singole
famiglie che nelle chiese. Giuseppe e Maria, i genitori di Gesù, hanno molto da
insegnarci sui rapporti tra marito e moglie, tra genitori e figli e tra famiglia
e Dio.
►
Una moglie cristiana delusa 1 |
2 |
4
{Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Moglie_delusa3_Ori.htm
2006; Aggiornamento: 11-05-2013
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