Qui di seguito discutiamo l’articolo «Il
ministero musicale nella chiesa neotestamentaria» di Leigh Pennington.
Nell’introduzione ho mostrato che alcuni evidenziano in proposito la
continuità fra AT e NT, altri mettono l’enfasi sulla discontinuità
fra antico e nuovo patto. La tesi di base di Leigh Pennington è la seguente:
ciò che è stato già adombrato nella liturgia templare dell’antico patto, trova la sua
piena luce .
Certamente
esistono tante domande, a cui si vorrebbe dare una risposta, ad esempio
le seguenti: Perché tra le «funzioni ministeriali» non sono elencati i
carismi lirici e musicali? Perché nel NT non si parla mai di «cantori»
e di un «capo dei musici», come nell'AT? (in 56 versi). Avremmo voluto
leggere anche nel NT che «i cantori, con i loro strumenti musicali,
dirigevano i canti di lode» (2 Cr 23,13; cfr. 1 Cr 15,16.22.27), ma mai si
accenna a ciò nelle chiese e nelle direttive, che gli apostoli hanno date loro.
Nel NT sembra che ci sia una «democratizzazione» della lode innologica: «Quando
vi radunate, avendo ciascun di voi un salmo...» (1 Cor 14,26; cfr. v.
15). «Siate ripieni dello Spirito, parlandovi con salmi e inni e canzoni
spirituali, cantando e salmeggiando con il cuore vostro al Signore» (Ef
5,18s). «La parola di Cristo dimori tra voi riccamente; con ogni sapienza
ammaestratevi e ammonitevi gli uni gli altri; con salmi, inni e cantici
spirituali cantate a Dio nei vostri cuori in grazia» (Col 3,16).
Chiaramente, cantare in mezzo all'assemblea era possibile già al tempo dell'AT
(Eb 2,12; Sal 22,22). Ogni credente con l’animo lieto può salmeggiare (Gcm
5,13). Eppure certi
interrogativi restano. Visto che «salmeggiare» significa cantare
accompagnandosi con uno strumento (a corda), chi suonava nelle chiese (perlopiù
in casa) al tempo del NT? Chi componeva gli inni, a cui Paolo accenna nelle sue
epistole? Possibile che si sia passato dalla sinagoga alla chiesa, senza
portarsi dietro alcunché di cultura musicale? Nelle epistole del NT gli
scrittori affrontarono i problemi dottrinali e morali presenti nelle chiese e
non tanto l'organizzazione della vita devozionale del singolo e di gruppo.
Eppure, come abbiamo visto sopra, le occasioni non mancarono; essi però si
limitarono a enunciare che cosa fare, invece di descrivere anche come farlo. Che sia
lecito avere un gruppo di servizio dedito alla musica nella chiesa locale,
per me è fuori discussione (cfr. Fil 4,8), sebbene rimanga la questione se tale
gruppo è al servizio della comunità, per edificarla, o se la domina
e la rende solo spettatrice di uno spettacolo di professionisti (1 Cor 6,12;
10,23). Infatti, in certe comunità, nessuno può citare inni, figuriamoci
poi a salmeggiare nell'assemblea, contravvenendo alle direttive apostoliche.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1.
{Rosa Battista}
▲
■
Contributo: Come musicista e insegnante
di scuola biblica proprio di una disciplina sulla musica nella Bibbia da molti
anni, mi rendo conto sempre di più di quanta conoscenza superficiale
esiste a proposito in ambito evangelico. Io credo che basterebbe considerare la
musica nell’ultimo libro della Bibbia per capire l’importanza che essa
riveste per Dio da sempre e nell’eternità. Come mai noi vogliamo sminuirla?
Dio ha cominciato la creazione con «le stelle di Dio che cantavano» [N.d.R.: Gb
38,7], conclude la Rivelazione col canto e la musica nel cielo... mi sembra
chiaro, no?!
In cielo
non ci si servirà più dei carismi, in cielo non si predicherà, in cielo non
evangelizzeremo, ecc. In cielo, una delle attività privilegiate sarà
cantare le lodi al Signore. Allora, prepariamoci per il cielo e cantiamo al
Signore col cuore. {05-07-2011}
▬
Risposta (Nicola
Martella): In quello di Rosa vedo un intervento a prescindere da ciò, che è
scritto nell’articolo di riferimento; è come se si fosse finalmente tolta dei
sassolini dalle scarpe, ma non si comprende nei confronti di chi. Non si può
certo dire che Leigh Pennigton abbia una conoscenza superficiale
della musica sacra. Non so a chi siano rivolti i suoi interrogativi, se sono
retorici o se sono rivolti all’autore dell’articolo. Non sono neppure sicuro
che lei abbia letto l’intero articolo sul sito. Le suggerisco di leggerlo, poi
d’intervenire nel merito riguardo alle cose che Leigh Pennigton ha scritto. Può
essere molto proficuo anche per altri.
▬
Replica 1 (Rosa Battista): Sono
interrogativi retorici, ovviamente!
▬
Risposta 2
(Nicola Martella): Bene, visto che Rosa Battista è riguardo alla musica «musicista
e insegnante», è la persona ideale per dare una valutazione
dell’articolo di Leigh Pennigton e per interloquire con lui. Che cosa
manca ancora? Quali aspetti evidenzierebbe lei? Com’era gestita nella pratica la
musica nelle chiese al tempo del NT? Aspetto, quindi, con una melodia nel cuore,
sperando nel suo arrangiamento e non in un suo «arrangiati!».
▬
Replica 2 (Rosa Battista): Lo scopo per cui
Dio ci ha fatti fratelli e sorelle è per vivere questa relazione,
incoraggiandoci a vicenda. Quello che Leigh ha scritto è solo un articolo,
e in un articolo non si può dire tutto, quindi se c’è qualcosa che manca è
dovuto a questo. Inoltre, il desiderio di Leigh è di piacere a Dio e
questo è evidente in tutto quello che ha scritto. Non mi piace dare
valutazioni e giudizi solo per il gusto di farlo. Ogni cosa che facciamo
deve partire dal desiderio di onorare Dio, amare i fratelli e costruire
per la sua gloria. Che Dio benedica Leigh nel suo ministero!
Appena posso,
preparo uno scritto... un arrangiamento, come lo hai definito... per
rispondere ai tuoi interrogativi sull’argomento musica, perché in queste
settimane sono molto impegnata con dei lavori musicali per il corpo di Cristo,
che hanno delle scadenze. {05-07-2011}
▬
Risposta 2
(Nicola Martella): Condivido lo spirito devozionale del contributo di
Rosa e il suo proposito di scrivere ancora qualcosa, sebbene avrei preferito che
interloquisse subito su ciò, che ha già scritto Leigh Pennigton. Lei afferma:
«Non mi piace dare valutazioni e giudizi solo per il gusto di farlo»;
tuttavia il suo contributo d’ingresso è ricco di tali ingredienti, che hanno
lasciato un retrogusto indefinito. È vero che «quello che Leigh ha scritto è
solo un articolo», ma almeno questo c'è; e se «in un articolo non si può
dire tutto», che cosa manca di grazia? In ogni modo, mi fa piacere Rosa che mi
ha promesso un intervento sulla musica. Spero che tale «arrangiamento»
non finisca ad infinitum, come certe partiture; nel Millennio forse non
servirà più! ☺
2. {Antonio
Capasso 1}
▲
■
Contributo: Interessante articolo. Solo
alcune perplessità, caro Nicola. Nell’articolo si parla di ministero
musicale, di dono musicale. Personalmente non trovo nella Bibbia (NT), che ci
sia una chiamata al ministero musicale né un dono del canto o
della musica. Il canto è una prerogativa di tutti i credenti. Quindi, non ci
sono dei credenti, che hanno il «dono» del canto, ma solo persone che, avendo
delle capacità innate sul piano canoro e musicale, le mettono al servizio
dell’opera di Dio nella chiesa e per la chiesa. {06-07-2011}
▬
Risposta 1 (Nicola Martella): Le
questioni, evidenziate da Antonio Capasso, sono reali, e anch’io me le sono
poste. Essendo l’articolo di Leigh Pennigton, sarà lui a rispondere.
Intanto, faccio notare quanto segue. Qualcuno deve pur scrivere inni e
canti, sia quanto a testo, sia quanto a musica, li deve aggiornare, arrangiare
secondo il bisogno, ecc. Non tutti sanno cantare, perciò qualcuno deve
insegnarlo
loro. Non tutti sanno suonare, ma solo alcuni hanno talento e passione al
riguardo. Nell’AT certo c’erano i Leviti, che si dedicavano a tale
ministero. Nel NT non vengono menzionati ministeri particolari per gli autori
d’inni, i musicisti e i dirigenti. Tuttavia, non possiamo immaginarci che non ci
fossero talenti al riguardo. Visto che Paolo citò alcune parti
d’inni cristiani, qualcuno deve pur averli scritti.
Nel libro delle Cronache è scritto in ebraico che i cantori levitici «profetavano»
(= proclamavano) inni, accompagnandosi con strumenti. [►
Questioni sui profeti del NT (2.3. La trattazione del tema: Che significa nabî’?).
Cfr. Nicola Martella,
Radici 1-2 (Punto°A°Croce, Roma 1994), p. 92.] Non è sbagliato
vedere anche nel nuovo patto nell’attività dei cantautori un’attività
«profetica» (= proclamatrice). Anche in tale ambito ci sono quindi «profeti»
(= proclamatori) legittimi e «falsi profeti», come da un’analisi dei testi si
può evincere.
Efesini 4 riporta le «funzioni ministeriali» di base per l’edificazione e
l’equipaggiamento della chiesa, ma non il modo come impiegarli. Ad
esempio, si può insegnare sia dal pulpito, sia in un gruppo, sia
scrivendo libri e articoli; al riguardo non troveremo nel NT il carisma dello
scrittore di libri cristiani. Similmente si può «profetare» (=
proclamare in modo ispirato ed estemporaneo sulla base della Scrittura) sia a
voce, sia per iscritto, sia mediante l’ispirazione innologica, sia (oggigiorno)
mediante registrazione. Io personalmente assimilerei il ministero del cantautore
appunto a quello del ministero «profetico» (= proclamatorio).
Inoltre, anche i talenti naturali o le capacità acquisite
possono essere messi al servizio di Dio. Ad esempio, chi ha imparato a gestire
una ramo lavorativo, sarà più capace d’essere come conduttore «irreprensibile,
come economo di Dio» (Tt 1,7). A dire il vero, nella gestione della chiesa
sono previsti solo due ministeri: il conduttore (episcopo o presbitero) e
il servitore (diacono). Ognuno di loro può avere una serie di carismi spirituali
e talenti naturali differenti, che generano un profilo ministeriale
specifico. Se si prescinde dalla «funzione ministeriale» del missionario
fondatore (apostolo), tutte le altre sono riconducibili al ministero dei
conduttori e dei servitori. Lo stesso vale per «funzione ministeriale» del «proclamatore
ispirato ed estemporaneo» (profeta); come detto, in tale funzione
ministeriale io ci vedrei anche chi scrive testi lirici e musica. Voglio
ricordare che il compito di chi proclama in modo ispirato (profetizza), è quello
di parlare agli uomini, usando «un linguaggio di edificazione, di esortazione
e di consolazione» (1 Cor 14,3). Una sana innologia può proprio fare questo.
Qui io non sto pensando ai cantautori professionali e «menestrelli» vari,
che pretendono funzioni iper-ecclesiali, si affibbiano nomi singolari (p.es.
«D.J. cristiano», «worship leader») e vivono facendo concerti in giro, ma a chi
conduce il «gruppo di servizio della musica» nella propria comunità.
▬
Osservazioni (Leigh Pennington): Caro
Antonio, colgo la tua domanda come opportunità di ringraziarti per il tuo
interessamento all’argomento così poco studiato e così tanto discusso.
Naturalmente apprezzo anche i commenti già fatti dal caro fratello Nicola, che
aiutano molto a inquadrare l’argomento nel giusto verso.
Parlare di «ministero» oggi suona come una campana non tanto piacevole
(soprattutto perché nella tua e la mia cultura i «ministri» sono quasi sempre
indegni di un tale titolo). Ma nella Parola di Dio un «ministro» di Dio,
sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, è un titolo voluto e creato per un
ruolo ben specifico da parte di Dio. E mentre è vero che i cantanti e
musicisti d’Israele ebbero la loro «chiamata» come parte dell’appartenenza
alla tribù di Levi per le cose del tabernacolo e del tempio, è altrettanto vero
che pure il credente del Nuovo Testamento ha una «chiamata» da parte di Dio a
essergli santo e a «ministrare» per Lui in modo consimile a come fecero
nel popolo d’Israele: col sacrificio, col servizio e col canto. Ricordiamo anche
che usare il termine «dono» non significa limitare il suo uso alle liste di
doni, che si trovano in Romani 12, 1 Corinzi 12 ed Efesini 4. Giacomo
c’insegna che «ogni donazione buona e ogni dono buono vengono dall’alto»
(Giacomo 1,27); e qui non si tratta di doni, che si possono inquadrare fra
quelli elencati nei precedenti passi — ma anche se potessimo, magari dicendo che
il «ministero» (Romani 12,7) sia un termine generale per tanti vari doni non
specificati — ciò non cambierebbe la tendenza nella chiesa oggi di
«compartimentalizzare» ogni cosa a sé.
E per questo c’è chi cerca sempre di conoscere i propri doni e di classificarli,
non si sa mai a che fine. Ma Pietro è molto più pratico: «Come buoni
amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono
che ha ricevuto, lo faccia valere al servizio degli altri» (1 Pietro
4,10). Amen! Gli «amministratori» sono i «ministri», che usano i doni. La «svariata
grazia di Dio» si mostra nei doni, che comprendono anche la cura della sua
musica.
Sono completamente conscio delle difficoltà inerenti in questo discorso; ma non
sono arrivato nel campo della musica all’ultimo minuto, visto che dietro le mie
spalle ho più di 50 anni di esperienza come cantante, musicista,
direttore di cori, membro in varie bande di jazz, musica pop e classica, sono
stato per più di 35 anni un predicatore della Parola di Dio e sono stato per più
di 15 anni un missionario in Italia, dove ho avuto comunione con tante chiese
evangeliche. Ho detto questo, non per elevare me stesso, per carità, sono un
peccatore, indegno e colpevole davanti a un Dio tre volte santo, e se devo
vantare, mi glorio nel Signore Gesù Cristo. Ma volevo almeno che tu avessi un
miglior quadro di chi ti sta parlando e del fatto che apprezzo sempre
commenti, eventuali correzioni e suggerimenti, purché vengono da persone
ugualmente esperte del campo e che hanno l’obbiettivo di onorare e innalzare
solo Lui.
Sono molto grato a Dio e a te per tutto quello che vorrai dire in merito e
rimango in attesa di una tua replica. {06-07-2011}
3.
{Antonio
Capasso
2}
▲
■
Contributo: Quello che non condivido è che
oggi ci sono di quelli che pensano di essere chiamati a un «ministero» del canto
(p.es. Corrado Salmè), inteso come fare concerti ed esibizioni canore
varie (p.es. festival del canto cristiano).
In alcune chiese ci sono persone che, durante il culto, stanno davanti a
cantare e pensano che loro hanno un ministero del canto. E, quindi,
l’assemblea (e alle volte anche il pastore) deve stare a quello che a loro
sembra meglio; tant’è che la bella pratica di chiamare i canti da parte
dell’assemblea non c’è più. Spesso il canto non è il canto dell’assemblea, ma il
canto del gruppo, che dirige. Quindi, non è la chiesa che canta, ma
il gruppo musicale con la chiesa, che cerca di aggregarsi (anche questo è un
tradimento della Riforma).
Saper cantare per me non è un dono spirituale, se no dovremmo credere che
anche Pavarotti aveva dei doni spirituali. Saper cantare è un talento
naturale, come saper scrivere poesie e testi, così come saper scrivere libri.
Quando qualcuno viene chiamato da Dio, le proprie capacità vengono messe al
servizio
di Dio. Paolo mise la sua cultura al servizio del ministero, così come
anche Apollo mise la sua oratoria al servizio del ministero; così chi sa
scrivere inni e cantare, mette questo al servizio del ministero. Né la cultura
di Paolo né l’oratoria di Apollo, né il saper cantare, erano e sono doni
spirituali. {06-07-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Certo, ci sono
i professionisti della musica, «menestrelli», cosiddetti D.J. cristiani e
«worship leader» e varie altre etichette varie, che hanno consacrato la loro
vita a continui spettacoli, concerti, festival e discoteche cristianizzate.
È vero che in alcune chiese locali c’è un gruppo musicale, i cui membri si
sentono degli
Asaf e dei Jedutun comunitari, che catalizzano la scena dell’adorazione su
di sé, relegando, dove più e dove meno, il resto dei credenti a degli
spettatori, che possono solo cantare a bacchetta, mentre si sentono solo coloro
che cantano davanti con i microfoni.
È però anche vero che in una chiesa locale ci può essere un «gruppo di
servizio della musica», che arrangia inni e canti, magari li scrive pure,
crea un innario di comunità, si esercita a studiare, cantare e suonare
correttamente inni e canti e poi li insegna alla chiesa. Tale gruppo non deve
per forza rubare la scena, ma serve il Signore e la chiesa, la quale rimane
protagonista nella libertà dello Spirito.
▬
Replica
(Antonio Capasso): Condivido appieno l'ultimo paragrafo!
{07-07-2011}
4. {Ciro Cerrato
1}
▲
■
Contributo: Senza contese ovviamente, ma
parlare di chiamata al ministero musicale nel Nuovo Testamento, porta
inevitabilmente a una proiezione delle proprie idee nella Scrittura. Dovremmo
essere onesti e dire che questo tipo di «chiamata» non è mai trattata nel
nuovo patto da nessuno degli apostoli e qui dovremmo fermarci! Diventa un
campo minato ogni volta che un insegnamento non è stato mai trattato da
scrittori del nuovo patto, anche quando si parla di argomenti, dove si potrebbe
lasciare una certa liberta cristiana, che ha come unico fine quello di
piacere al Signore (Rom 14). Credo si possa parlare d’impegno in un settore
(che ovviamente richiede una cura, una propria consacrazione e oggi più che mai
un’attenta teologia, al fine di onorare Cristo, onorando la sua Parola). È
davvero giusto usare il termine «ministero» in senso largo di servizio?
Con gli estremismi attuali credo proprio di no. Dico questo al fine di riportare
al giusto ruolo l’adorazione, il salmeggiare, il «profetare», che ha poco a che
fare con il commercio attuale della musica! {07-07-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Lasciando a
Leigh Pennington una risposta esaustiva al prossimo punto, mi limito a
un’analisi terminologica. I termini ripetuti in questo contributo, sono
«chiamata», «impegno» e «ministero». Mi sembra che il problema di base
sia in questo e negli altri lettori proprio il termine «ministero». La domanda
di base è la seguente: «È davvero giusto usare il termine “ministero” in
senso largo di servizio?».
È probabile che al termine «ministero» si associ qualcosa di sacrale o lo
si limiti ad alcune «funzioni ministeriali» soltanto. Questo è un retaggio della
religione dominante e del cripto-clericalismo presente in alcune denominazioni,
che riveste alcuni uffici ecclesiali con una particolare aurea quasi
trascendentale. In certi ambienti si dà al ministero del conduttore monocratico
una funzione quasi di mediatore e di rivelatore della divina volontà. Per questo
si caratterizza come «ministero» solo «uffici» particolari.
Se si fa un’analisi terminologica, ci si accorge che tale domanda sarebbe da
ribaltare del tutto così: «È davvero giusto usare il termine servizio
solo nel senso di un “ministero” particolare?». La risposta è: no! Perché
diciamo questo? Perché in pratica il termine «ministero» nel greco del NT
non esiste per nulla, né tanto meno il tanto incensato «ministro» (p.es.
di culto). Gli unici termini, che troviamo, sono diakonía «servizio» e
diákonos «servo, servitore». Essi si applicano per qualunque servizio
sia da parte di missionari (nella missione), sia da parte di conduttori e
diaconi (nella chiesa), sia da parte di ogni credente nel corpo di Cristo e
nell’opera del Signore. Stando così le cose, qualunque opera del credente
alla gloria di Dio all’interno e all’esterno della chiesa è un «servizio»,
quindi un «ministero» per il Signore.
Nutriamo un concetto di servizio troppo con l’etichetta «ministeriale», nel
senso di un ministero ufficiale e consacrato di poche persone e per pochi
ambiti. Paolo affermò che chi ha il carisma di servizio, si dedichi al
servizio (Rm 12,7); qui il termine indica il servizio pratico, diverso dalla
«proclamazione ispirata» (profezia), dall’insegnamento, dall’esortazione, dal
donare, dal presiedere e dall’esercizio della misericordia (vv. 6ss). Perciò, in
tale «servizio» rientra tutto ciò, che va oltre gli altri aspetti ministeriali
qui descritti; ad esempio, altrove Paolo parlò di assistenze. Perché non far
rientrare in tale «servizio» anche quello della musica? (comporre, suonare,
arrangiare, insegnare a cantare, ecc.).
Pietro divise tutti i ministeri in due parti: ▪
1. Chi annunzia la Parola;
▪ 2. Chi esercita un servizio (1
Pt 4,11). Egli non specifica quali tipi di servizi si tratta, ma aggiunge che
bisogna farlo «come con la forza che Dio fornisce».
Quindi nel campo del Signore c’è tanto posto per servire in antichi e nuovi
compiti. Le funzioni ministeriali di base (missionari fondatori, proclamatori
ispirati ed estemporanei, araldi dell’Evangelo, curatori d’anime e insegnanti)
servono di per sé «per l’equipaggiamento dei santi riguardo all’opera del
servizio, per la costruzione del corpo di Cristo» (Ef 4,11s).
5. {Leigh
Pennington}
▲
Cari Antonio e
Ciro, grazie tante per i vostri interventi e per le parole di esortazione. Trovo
in entrambe le risposte un nesso riguardo a due aspetti: ▪ 1. Il problema con la
parola «ministero»; ▪ 2. Il problema con il concetto di una «chiamata»
al ministero musicale. Cercherò d’indirizzare qualche parola di aiuto e di
spiegare meglio le cose.
Il primo punto è «ministro» e «ministero». Il loro uso nella
Bibbia, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, aveva sempre l’idea di un
servizio
e un servitore. Ai Leviti, a cui era stata assegnata la
responsabilità del canto, tutto quello che facevano, era un «ministero» sotto la
direzione dei loro capi, sotto il re Davide, e «chiamati» da Dio dalla tribù di
Levi in perpetuità (almeno doveva essere così).
Quando Gesù è morto e ha compiuto i doveri della Legge e, perciò, ha portato a
conclusione il vecchio patto, Egli ha istituito un nuovo patto. In esso
tutti quelli, che entrano per la fede in Lui, diventano «sacerdoti» in un
nuovo ordine di sacerdozio regale (1 Pietro 2,9). Stando così le cose,
noi completiamo le cose adombrate dell’antico nel nuovo patto; tra le nostre
responsabilità e «vocazioni» ci sono quelle di offrire a Dio dei sacrifici
(Romani 12,1; Ebrei 13,15, ecc.) e siamo anche «chiamati» (anzi ordinati) a
cantare per Lui e gli uni dinanzi agli altri. In questa attività di cantare
(Efesini 5,18-20; Colossesi 3,16-18) siamo «chiamati» da Dio stesso a farlo con
lo scopo di ammaestrare, ammonire ed edificare gli uni gli
altri con salmi, inni e canzoni spirituali, sotto la direzione (e perciò la
potenza) dello Spirito.
Certo, non c’è una «chiamata» intesa come opera apparentemente soprannaturale.
Ma lo stesso «corpo di Cristo» è una realtà soprannaturale e dipende dai
doni e dai potenziamenti soprannaturali nella vita di ogni singolo credente e
per l’intero corpo. È strano come siamo così esigenti per un unico versetto, pur
di dare conforto a un argomento, quando c’è un intero Nuovo Testamento ripieno
di esempi di gente, che ha predicato, evangelizzato, cantato (Paolo e Sila a
Filippi; Atti 16), il tutto con la stessa potenza dello Spirito Santo e con
l’autorizzazione da Dio.
Forse sarebbe più appropriato dire che cantare e il servizio del canto nella
chiesa locale è affrontato come segue.
■ 1. Il canto è tristemente relegato a un ruolo di spettacolo, fatto da
persone, che raccomandano se stesse e sono sostenute da forze estranee alla
stessa chiesa locale; esse agiscono senza una guida, un richiamo oppure un aiuto
da parte dei responsabili, se non quello di approvare tutto come «proveniente da
Dio».
■ ▪ 2 Oppure il canto è tristemente relegato a un ruolo di stasi,
intendendo che si fa quello che si faceva 40 anni fa, sempre allo stesso modo e
con la stessa pratica, senza che ci sia vita o convinzione biblica, che lo porti
avanti.
Mi è capitato di vedere tutte e due queste realtà in Italia (e maggiormente in
America), un po’ ovunque, e sono rimasto molto triste riguardo all’educazione
biblica quanto alla musica e a chi se ne sta occupando. Si è sempre pronti a
intervenire sulla
teoria (o sulle convinzioni), ma si è poco disposti a cercare di
rimediare al problema, prima che diventi una vera e propria tragedia. Cari
fratelli, non sono né giudice né un esperto, ma sono pienamente convinto dalle
Scritture che, se non torniamo non solo a parlare con parole bibliche, ma anche
a fare cose bibliche, perderemo questa generazione, e non solo
musicalmente.
Che tutti siano concordi che ciò, che presento, non sia l’assoluto. Il fatto
importante è che abbiamo un gran bisogno di tornare a riflettere su
quello, che si chiama «musica» nelle nostre chiese, e di metterla davanti allo
specchio della Parola, per vedere se tutto questo piaccia veramente a Dio.
{07-07-2011}
6. {Ciro Cerrato
2}
▲
■
Contributo: Nel commento precedente, ho
ritenuto opportuno sottolineare il pericolo che ognuno di noi può
incontrare nel momento in cui affronta un argomento, che non è insegnato
chiaramente nella Scrittura. Il pericolo in questione era quello di
proiettare le nostre idee o convinzioni sulla Scrittura, con il triste
risultato di farle dire quello, che non dice. Mi accorgo quanto tutto questo sia
vero (se mai ci fosse il caso) proprio nell’affrontare questo argomento!
Problema con la parola «ministero»? Non credo! Se intendiamo il
«ministero» semplicemente come un servizio, allora tutti siamo chiamati a
servire, uomini, donne, adolescenti, ecc. E questo coinvolge tutti, sia chi fa
parte di un governo di chiesa, sia chi è chiamato a svolgere mansioni
pratiche di ogni genere (comprese le pulizie nella comunità); ma è di questo
che stiamo parlando?
Se è cosi, da parte mia è inutile continuare, perche credo che chi è coinvolto
nel
«ministrare» la musica, renda un servizio importante, con maggiore
responsabilità sì, ma come tutti gli altri (anche se ovviamente, essendo
maggiormente un mezzo di comunicazione prima verso Dio e poi verso gli altri,
come dicevamo sopra, richiede oggi più che mai un vaglio scritturale, e per
questo condivido pienamente quanto detto da Martella e approvato da Antonio
Capasso).
Se, invece, per «ministero della musica» intendiamo quel tipo di servizio che
solo
alcuni sono chiamati da Dio a svolgere (come i Leviti nel vecchio
patto), possiamo affermare con molta tranquillità che questo tipo di chiamata
è sconosciuta al nuovo patto. Concordo pienamente con quanto detto da Leigh
Pennigton: «Quando Gesù è morto e ha compiuto i doveri della Legge e, perciò, ha
portato a conclusione il vecchio patto, Egli ha istituito un nuovo patto.
In esso tutti quelli, che entrano per la fede in Lui, diventano «sacerdoti»
in un nuovo ordine di sacerdozio regale (1 Pietro 2,9)». Questo, però,
si riferisce a tutti, e non si parla di una chiamata specifica, particolare
rivolta solo ad alcuni, ma ripeto a tutti.
Sicuramente, quando si legge di Paolo e Sila, è chiaro che la motivazione
del loro canto non era a fini evangelistici, ma avevano come unico scopo quello
di glorificare Dio e chiedere il suo sostegno, il suo aiuto; infatti, la
Scrittura dichiara che cantavano, pregando: «Verso la mezzanotte, Paolo e
Sila, pregando, cantavano inni di lode a Dio» [At 16,25]. Il fatto che i
carcerati ascoltavano, fu la conseguenza delle loro preghiere e dei loro canti,
non la motivazione, per cui questi lo fecero.
Non credo che i testi citati (Romani 12,1; Ebrei 13,15; Efesini 5,18-20;
Colossesi 3,16-18) siano pertinenti alla questione posta, perche essi sono un
invito, una chiamata rivolta a tutti, e gli autori sicuramente non avevano in
mente un «ministero particolare della lode»; questa è proiezione
ideologica sulle Scritture. Dio ci benedica in ogni tempo! {07-07-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Tralascio le
questioni affrontate da Leigh Pennigton, a cui darà lui chiarimento, se
necessario. Riguardo alla relazione fra «ministero» e «servizio» ho
risposto già sopra, mostrando che il primo termine non esiste nel NT greco, ma
diakonía e diákonos significano rispettivamente semplicemente
«servizio» e «servo, servitore».
L’insistenza sul «tutti» da parte del lettore nasce probabilmente dalla
necessità di combattere i «menestrelli» e cantautori professionisti, che
monopolizzano la scena musicale mediante i loro spettacoli e concerti. Se
applicassimo con coerenza tale principio ai due «uffici ecclesiali» del
NT, dovremmo concludere che tutti possono diventare conduttori (episcopi,
presbiteri) o servitori (diaconi); che ciò non sia così, è mostrato dalle
prerogative richieste in 1 Timoteo 3 e Tito 1. Non solo, ma anche in 1 Corinzi
12, riguardo ai carismi e alle risultanti «funzioni ministeriali», è
chiaramente scritto che vi è «diversità di carismi» (v. 4), «diversità di
servizi» (v. 5), «varietà di operazioni» (v. 6) e la «manifestazione
dello Spirito per l’utile comune» (v. 7), operando e distribuendo «quell’uno
e medesimo Spirito… i suoi carismi a ciascuno in particolare come Egli vuole»
(v. 11). Ognuno può servire solo con i carismi spirituali e i talenti naturali o
acquisiti, che possiede.
Ciò significa che sebbene tutti possono cantare canti e inni, non tutti sono
in grado
di scrivere testi e melodie, di arrangiarne di esistenti, di leggere e scrivere
note, di suonare strumenti, di eliminare inni e canti equivoci, di insegnare
alla chiesa locale come cantare correttamente un inno, ecc.
Abbiamo visto che nell’AT si parla di «profetare», ossia di proclamare in
modo ispirato gli inni. Abbiamo anche visto che l’attività prevalente di un
«profeta», ossia di un proclamatore ispirato, è di parlare «agli uomini un
linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione» (1 Cor 14,3).
Ora, sebbene sia scritto che teoricamente «tutti, uno ad uno, potete
profetare; affinché tutti imparino e tutti siano consolati» (v. 31), nella
pratica Paolo chiese retoricamente: «Sono forse tutti profeti?» (1 Cor
12,29). La risposta è chiaramente: no!
Tutto ciò significa che, sebbene siamo chiamati a combattere gli abusi e
le proiezioni indebite nella Scrittura, non pensiamo che il contrario di ciò sia
per forza la verità, ma può semplicemente essere un altro abuso. A volte, chi
combatte un pericolo (qui ministero musicale quale privilegio di una lite),
estremizza i suoi argomenti, andando oltre il lecito (ministero musicale
privilegio di tutti), ma ciò non renderà giustizia alla verità. Ciò significa
che, sebbene tutti possano cantare inni e cantici (chi più e chi meno), non
tutti possono poi servire Dio con la musica, poiché non tutti sanno comporre
testi innologici e melodie, sanno suonare strumenti, e così via. Quindi, se gli
uni abusano della Scrittura, proiettando in essa aggiunte, altri fanno un
simile errore, togliendo da essa anche ciò, che vi è di legittimo (Fil
4,8), e vedendo in ogni cosa una contaminazione (cfr. Tt 1,15). Quindi, uscendo
dalla logica del contrappasso (reagire a un abuso con un altro abuso), facciamo
bene a ricercare la verità di per sé mediante l’esegesi contestuale, il
buon senso e la moderazione.
7. {Ciro Cerrato
3}
▲
■
Contributo: Ovviamente farò un intervento
solo per chiarire alcune cose. Non appartengo sicuramente a quel gruppo di
persone che ritiene «il ministero del conduttore monocratico una funzione quasi
di mediatore e di rivelatore della divina volontà».
■ 1. Infatti, credo che la «divina volontà» la possiamo trovare tranquillamente
nella
Scrittura.
■ 2. Credendo che ancora oggi la chiesa sia pneumo-carismatica, credo che Dio
possa usarsi di chiunque per darci ulteriori direttive per la sua
volontà, attraverso una profezia, una parola di rivelazione, ecc. (non nuove
dottrine ovviamente, ma solo indicazioni), anche attraverso un credente che non
copre nessuna carica, visto che i doni sono per tutti (anche se non tutti hanno
gli stesi doni; 1 Cor 12).
■ 3. Infine, per quanto riguarda il governo della chiesa, sono a favore della
collegialità
pur non escludendo in certi casi il governo monocratico (Ap 2,1,13; 3,1,2;
ecc.).
È vero che in certi ambienti per «ministro» e «ministero» s’intende solo «uffici
particolari», e questo non è corretto; ma, quando ho fatto la differenza tra
«ministero (servizio) in senso largo e stretto», era riferito a una chiamata
esplicita e particolare da parte di Dio, come nel vecchio patto, solo per
alcuni, che dovevano curare la musica (cosa che non trovo nel nuovo patto).
È stata posta una domanda: «È davvero giusto usare il termine servizio
solo nel senso di un “ministero» particolare”?». La risposta è: no, se se ne fa
una questione terminologica. Infatti, questo già lo avevo sottolineato nel
commento precedente, dove avevo dichiarato: Se intendiamo il «ministero»
semplicemente come un servizio, allora tutti siamo chiamati a servire, uomini,
donne, adolescenti, ecc. E questo coinvolge tutti, sia chi fa parte di un
governo di chiesa, sia chi è chiamato a svolgere mansioni pratiche di ogni
genere (comprese le pulizie nella comunità). Se è cosi, da parte mia è inutile
continuare, perche credo che chi è coinvolto nel «ministrare» la musica, renda
un servizio importante, con maggiore responsabilità, sì, ma come tutti gli altri
(anche se ovviamente, essendo maggiormente un mezzo di comunicazione prima verso
Dio e poi verso gli altri, come dicevamo sopra, richiede oggi più che mai un
vaglio scritturale.
La risposta a questa domanda è sì (come già ho detto in precedenza). Se, invece,
per «ministero della musica» intendiamo quel tipo di servizio che solo
alcuni sono chiamati da Dio a svolgere (come i Leviti nel vecchio patto),
possiamo affermare con molta tranquillità che questo tipo di chiamata è
sconosciuta al nuovo patto. Inutile commentare ciò, che è stato detto sul
tutti da me precisato; credo che si sia capita una cosa per un altra, perche
il mio «tutti» era rivolto alle Scritture citate da Leigh Pennington, non al
fatto che tutti possiamo avere gli stessi doni (questo lo sanno anche i bambini
nella scuola domenicale). Ho semplicemente detto che le Scritture citate da lui
sono valide per tutti i credenti, infatti ho detto: Non credo che i testi citati
(Romani 12,1; Ebrei 13,15; Efesini 5,18-20; Colossesi 3,16-18) siano pertinenti
alla questione posta, perche essi sono un invito, una chiamata rivolta a tutti,
e gli autori sicuramente non avevano in mente un «ministero particolare della
lode». {08-07-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Visto che il
lettore ribadisce nuovamente concetti già espressi, a cui è già stata
data ampia risposta, non c’è bisogno di ritornarci su da parte mia. Per altro,
non trovo una risposta alle mie asserzioni, ma solo un’ulteriore riferimento ai
brani citati da Leigh Pennington. In ogni modo, possiamo considerare il pensiero
del lettore su questo tema come oramai acclarato, come pure le risposte a esso.
Tralasciamo di affrontare qui la questione che la «chiesa sia
pneumo-carismatica» (che accumulo di paroloni comprensibili solo a pochi!),
ossia che sia guidata dallo Spirito e possegga dei carismi. Tralasciamo pure di
approfondire le «ulteriori direttive» divine, specialmente quando diverse
persone e gruppi, appellandosi allo stesso Pneuma rivelatore, arrivano a
decisioni del tutto diverse sulla stessa questione, se non addirittura
contrastanti tra loro (chi decide allora chi si sbaglia o addirittura mente?).
Tutto ciò ci porterebbe qui solo fuori tema.
8. {Edoardo
Piacentini}
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Nota redazionale: Il seguente contributo è stato aggiunto dall’autore nella discussione
dell’articolo «Dio
abita nelle lodi da avanspettacolo?», essendo però il carattere di tale scritto troppo generico rispetto al
tema trattato, lo abbiamo opportunamente adattato, mettendo anche dei titoli intermedi, e messo qui.
■
Contributo:
Legittimità di canti e strumenti
La musica e il canto, che Dio ama ricevere dal suo popolo radunato, sono
parte integrante del culto cristiano. Ecco alcuni brani di riferimento: ● «Cantate
a lui, cantate lodi a lui, meditate su tutte le sue meraviglie» (1 Cr
16,9). ● «Lodatelo col suono
della tromba, lodatelo con l’arpa e con la cetra. Lodatelo col tamburello e con
la danza, lodatelo con strumenti a corda e a fiato. Lodatelo con cembali
risonanti, lodatelo con cembali squillanti. Ogni cosa che respira lodi l’Eterno.
Alleluia» (Sal 150,3-6). ● «Che conviene dunque fare, fratelli? Quando vi
riunite, avendo ciascuno di voi, chi un salmo, chi un insegnamento, chi
parole in altra lingua, chi una rivelazione, chi un’interpretazione, si faccia
ogni cosa per l’edificazione» (1 Cor 14,26). ● «…parlandovi gli
uni gli altri con salmi inni e cantici spirituali, cantando e lodando
col vostro cuore il Signore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio e
Padre nel nome del Signor nostro Gesù Cristo» (Ef 5,19s). ● «La parola di
Cristo abiti in voi copiosamente, in ogni sapienza, istruendovi ed esortandovi
gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, cantando con
grazia nei vostri cuori al Signore» (Col 3,16).
La musica e il canto vanno visti come strumenti per esprimere la
preghiera, l’insegnamento, la benedizione, la comunione, ecc. Il canto della
comunità, subito dopo l’insegnamento, è la migliore parte di un servizio
religioso, la maniera più efficace di predicare l’Evangelo. È benedetta quella
comunità, che canta insieme a un pulpito che insegna!
Nella Bibbia leggiamo di molte persone, che cantano. Mosè cantava e
guidava il popolo nel canto. Miriam cantava. Debora e Barak cantavano. Davide
cantava e, anzi, scrisse i Salmi, affinché fossero cantati. Gesù e i dodici
apostoli cantavano. Paolo e Sila cantavano. Gli angeli cantano. Tutti i salvati
canteranno in cielo.
Poco e troppo
canto
In alcune comunità si canta poco, magari perché il predicatore è prolisso
e prende quasi tutto il tempo a disposizione per il sermone, oppure perché si
alternano alla predicazione più oratori e, in tale contesto, si considera il
canto poco importante o poco spirituale. Tali comunità sono, di solito,
spente nello Spirito; e la migliore maniera, per far ringiovanire queste chiese,
sarebbe riportarle in vita proprio con il canto.
In altre comunità, al contrario, avviene che si utilizza quasi tutto il tempo
dell’incontro a cantare, tant’è che sono costrette a eliminare persino le
testimonianze. Anche questo è sbagliato, perché il culto cristiano, secondo le
Scritture, deve dare la centralità alla predicazione della Parola di Dio.
Canti moderni e
innari classici
Bisogna costatare, altresì, che i canti più recenti, mentre hanno uno
stile musicale più attento ai gusti dei giovani credenti, spesso sono carenti
nel testo. Se facessimo un esame attento del testo di tali canzoni, ci
accorgeremmo che sovente essi contengono svarioni teologici
insostenibili e persino eresie. Si potrebbero fare tanti esempi, ma
prendiamo un solo cantico d’evangelizzazione, che ascoltiamo frequentemente: il
canto n. 53 intitolato «Fuoco, il santo fuoco», tratto dall’innario «Cantate
all’Eterno», a cura del gruppo evangelistico «Cristo è la Risposta». La canzone
dice a un certo punto: «Fuoco, il santo fuoco, brucerà i nostri peccati».
Nulla è più errato, perché solo «il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci
purifica da ogni peccato» (1 Gv 1,7).
Così come è un controsenso per noi credenti, per fare un altro esempio, cantare:
«Il tempio di Dio voglio essere anch’io», perché noi credenti siamo di
già il tempio di Dio e non dobbiamo desiderare di diventarlo. Paolo dice infatti
ai Corinzi: «Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di
Dio abita in voi?» (1 Cor 3,16). E afferma anche: «E non sapete voi che
il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da
Dio, e che non appartenete a voi stessi?» (1 Cor 6,19).
[N.d.R.: Per l’approfondimento si veda l’articolo
«Inni
che evito di cantare» e il
tema di discussione corrispondente.]
D’altra parte, però, bisogna ammettere che i nostri
innari tradizionali, seppure amati e più coerenti nel testo con la Parola di
Dio, sono espressi con liriche in un italiano oggi antiquato e incomprensibile.
Liceità degli
strumenti musicali
Per quanto riguarda l’uso degli strumenti musicali, non c’è un solo passo
biblico e nessun motivo fondato sulle Sacre Scritture per dichiarare il loro uso
una cosa illecita. È vero che sia nel libro degli Atti che nelle epistole non
c’è nessun accenno a un uso di strumenti musicali durante le riunioni dei
santi antichi, tuttavia è anche vero che in cielo
vengono usati degli strumenti musicali nella lode, che viene rivolta a Dio e
all’Agnello, che sta alla sua destra. Giovanni vide le quattro creature viventi
e i ventiquattro anziani, che erano attorno al trono di Dio, con una cetra
ciascuno (Ap 5,8). Egli in cielo vide anche «come un mare di vetro e di
fuoco e quelli che avevano ottenuta vittoria sulla bestia e sulla sua immagine e
sul numero del suo nome, i quali stavano in piè sul mare di vetro avendo
delle arpe di Dio. E cantavano il cantico di Mosè, servitore di Dio,
e il cantico dell’Agnello, dicendo: “Grandi e meravigliose sono le tue opere, o
Signore Iddio onnipotente; giuste e veraci sono le tue vie, o Re delle nazioni.
Chi non temerà, o Signore, e chi non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo
sei santo; e tutte le nazioni verranno e adoreranno nel tuo cospetto, poiché i
tuoi giudizi sono stati manifestati”» (Ap 15,2ss). Se dunque in cielo,
dove c’è il trono di Dio e quello dell’Agnello, è permesso l’uso di strumenti
musicali, non c’è alcun motivo perché non dovrebbe essere permesso sulla
terra nell’assemblea dei santi, in mezzo ai quali dimora sia il Padre che il
Figliuolo. Dio ci benedica. {12-06-2012}
▬
Osservazioni
(Santina Rallo): Fratello Piacentini, approvo a ciò che hai scritto! Dio ti
Benedica. Shalom. {12-06-2012}
▬ Risposta (Nicola Martella): Apprezzo l’intervento di Edoardo
Piacentini per l’equilibrio e i contenuti. Esso rispecchia abbastanza l’articolo di Leigh Pennington,
sebbene io presuma che egli non lo conoscesse prima.
9. {Nicola
Martella}
▲
Mi è sembrato opportuno riportare anche qui una
questione, che ho affrontato altrove, e approfondirla. In alcune chiese il culto
diventa uno spettacolo prodotto da pochi, a cui gli altri assistono
soltanto. In altre comunità l’intera sala diventa un palco, su cui ognuno
pratica le sue performance (danze, frenesie, moine, urla, strepiti,
battimani, ecc.) sotto la guida di particolari «menestrelli», come fossero
sciamani. In altre chiese ancora ci si alza militarmente a ogni canto
(sono stato in chiese, dove ci si alza tutti per pregare, ma si canta seduti).
In altre comunità ancora il volume della musica è così alto e piena di
frastuono, che non si sentono le parole cantate e le orecchie rimbombano e
fanno male. Infine, ci sono chiese, in cui sono banditi gli strumenti
musicali e si insegna che gli inni debbano essere cantati con il solo
ausilio della voce.
Molti salmi della Bibbia contengono informazioni per il «capo dei musici»
o «maestro del coro», in cui viene riportata
la melodia (Sal 9,1; 22,1; 45,1; 56,1; 57,1; 58,1; 59,1; 60,1…) e vengono
ricordati gli strumenti da usare (strumenti a
corda Sal 4,1; 6,1; 54,1; 55,1; 61,1;
strumenti a fiato 5,1). Nel Salmo 150,3ss vengono ricordati i seguenti
strumenti:
tromba, salterio, cetra, timpano, strumenti a corda, flauto e cembali.
Il termine ebraico mizmor, che sta a capo di tanti salmi, intende un
canto accompagnato da strumenti musicali. Il corrispondente termine greco,
psalmos, intende lo stesso; esso proviene dal verbo psallō, che
significa «pizzicare le corde, arpeggiare, suonare uno strumento a corda». Tale
verbo ricorre anche nel NT come elemento del culto, ad esempio in 1 Corinzi
14,15: psallō tō pneumati, psallō dè kaì tō noï «salmeggerò mediante lo
spirito, ma salmeggerò anche mediante l’intelligenza» (cfr. Gcm 5,13). Il
sostantivo ricorre in 1 Corinzi 14, 26: hékastos hymōn psalmòn échei…
«[Quando vi radunate] ognuno di voi abbia un salmo…» (cfr. Col 3,16).
Sostantivo e verbo si trovano ambedue nello stesso verso: «Siate ripieni
dello Spirito, parlandovi con salmi [psalmòi] e inni e canzoni
spirituali, cantando e
salmeggiando [psállontes] col cuor vostro al Signore»
(Ef 5,19s).
Quindi, non è vera la
tesi di alcuni, secondo cui Dio non prenderebbe le lodi dagli
strumenti musicali. Visto che Dio permette gli
strumenti musicali nel culto celeste (Ap 14,2s; 15,2s), non si capisce
perché dovrebbe proibirli nel culto terrestre! Sarebbe, poi, singolare pregare:
«Sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo» (Mt
6,10), e negare l’uso di strumenti musicali nel culto della chiesa!
La menzione dei termini
«salmo» e «salmeggiare» mostra che l’uso degli strumenti musicali non era
escluso nella chiesa, tanto più che le prime chiese si svilupparono dalle
sinagoghe.
Il problema odierno è sia
il posto che si dà agli strumenti musicali e alla musica in genere, sia la
spettacolarizzazione della musica, che è diventata una cosa a sé, slegata
dalla centralità della Parola predicata. Da ancella della Parola e
strumento di edificazione reciproca, la musica si mette in primo piano, pretende
di essere essa stessa viatico principale della Parola e diventa faccenda di
pochi specialisti, che fanno spettacolo.
10. {}
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11. {Vari
e medi}
▲
■
Maurizio Sabidussi: La
musica cristiana non ha rivali... Questa musica è utile per entrare nei
cortili della Lode... perché ci prepara all’adorazione, da provarsi.
Personalmente, non avendo musicisti e coristi, ho fatto un nuovo innario,
dove ho messo tante cose diverse, e posso dire che in ogni riunione abbiamo
sperimentato la presenza di Dio. Certamente c’è una musica di
adorazione e una musica di
lode, e una adatta a introdurre la preghiera... ma, se non si prova,
non si può sapere. {04-07-2011}
■ Salvatore Paone: Bella
realtà o triste realtà? In effetti è così: fuori si cerca di apparire con
una buona testimonianza e in casa, avvolte, ci lasciamo un tantino
andare; responsabili un po’ sono i problemi famigliari ed economici, i figli, la
suocera, ecc., ecc. In ogni modo tale comportamento non è conforme a
quello, che insegna la Scrittura; dobbiamo spogliarci completamente dall'abito
vecchio, senza indugio. Ritornando al discorso iniziale, penso che il frutto
dello Spirito dovremmo prima realizzarlo in casa nostra e poi fuori; e
dovremmo essere coerenti prima con coloro, che vivono con noi, e poi
fuori. {06-07-2011}
■
Ivano Acunto:
Carissimi Leigh (che hai scritto l’articolo) e Nicola (che l’hai redatto e
curato), ho letto abbastanza attentamente l’articolo per avere delle utili
direttive in quanto personalmente impegnato nella musica in chiesa. Avendo a
cuore di cantare e lodare Dio come Lui vuole, accoglierò sempre con gioia
vostri suggerimenti e aggiornamenti in merito. Farebbe piacere leggere la
storia di musicisti cristiani. Riguardo alle domande finali rispondo di
sì alle prime due e, riguardo alla terza, credo che desidero studiare più
approfonditamente e continuamente la Scrittura per trarne più profitto e
conoscenza e m’impegnerò in questo. Grazie comunque e spero sia sempre aperta la
conversazione sul tema. {06-07-2011}
12. {Vari
e brevi}
▲
■
Missionari Di Gesù: Forte,
ma veramente forte. Nicola, grazie. Non me lo aspettavo. Dio ti benedica
fratello. {akunakamawee@~; 04-07-2011}
▬
Risposta (Nicola
Martella): Bisogna ringraziare specialmente Leigh Pennington, che ha messo a
disposizione tale articolo.
■
Ivano Acunto: Carissimi,
ribadisco che sono interessato all’argomento per comprendere bene come onorare
il nostro Signore con la musica, capire cioè come Egli desideri che cantiamo le
sue lodi, con che tipo di parole e musica. Grazie. {07-07-2011}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Ministero_musica_NT_Sh.htm
06-07-2011; Aggiornamento: 15-06-2012 |