Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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■ Gli aspetti generali
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DIFFICOLTÀ DI MARITO E PADRE? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Il seguente tema di discussione si riallaccia all'epistolario intercorso fra Nicola Martella e un suo interlocutore. [► Marito e padre: un mestiere difficile] Nell'ultima tornata c'è un catalogo di domande su cui i lettori possono riflettere per formulare i loro eventuali contributi.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. A. Palmieri-Multari

2. Vincenzo Russillo

3. Andrea Ferrari

4. Gianni Siena

5. Andrea Babini

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Angela Palmieri-Multari}

 

Carissimo Nicola, ho letto con molta attenzione la problematica del marito e padre e ne sono rimasta letteralmente sconvolta. Ho creduto di rivivere un periodo della mia vita che mi ha segnato nell’animo. Io però, a differenza di questo tuo interlocutore, sono una madre credente in una famiglia di non credenti (soltanto una delle due figlie la più piccola all’età di 17 anni s’era convertita e battezzata — ma continuava a essere insubordinata).

     Il dialogo con il tuo interlocutore l’ho apprezzato moltissimo, carissimo Nicola, perché sono pienamente d’accordo con quanto tu suggerisci.

     Il giusto rapporto tra moglie e marito è estremamente importante e fondamentale per dare sicurezza ai figli, e la figura del padre rappresenta l’autorità non solo nella famiglia ma anche nella società. Ovunque i nostri figli andranno, incontreranno qualcuno che sarà sopra di loro e, se non avranno imparato in casa oltre che nella scuola che l’autorità va rispettata, non riusciranno a essere delle persone disciplinate e avranno dei comportamenti riprovevoli, a meno che non lo faccia il Signore attraverso la conversione.

     Io sono una madre mai ascoltata dal proprio marito per quanto riguarda l’educazione delle nostre due figlie e, di conseguenza, non sono riuscita a essere tollerante e amabile con loro come lui avrebbe voluto, perché nella nostra casa regnava il caos più totale!

     Abbiamo vissuto per molti anni tra liti e incomprensioni, e questo perché i famosi «paletti» che bisognava piantare (ed io cercavo di farlo con tutte le mie forze, visto che lui non lo faceva) venivano contestati prima da lui e poi figuriamoci... anche da loro!

     In passato le mie figlie hanno avuto tanti problemi e hanno ancora difficoltà a prendere le loro responsabilità per divenire adulte.

     Quando è troppo tardi, è molto più difficile raddrizzare una piantina che è cresciuta storta. Solo Dio lo sa fare, e ora, come anche prima, non faccio altro che raccomandarmi a Lui!

     Forse solo ora mio marito si rende conto dei gravissimi errori fatti in passato, ma il suo orgoglio non gli permette di chiedere scusa né a me né a loro.

     Io che sarei dovuta essere la sua compagna di vita, venivo da lui accusata davanti a loro d’essere troppo dura, insensibile, spietata...

     Ma credo che i genitori non debbano avere un atteggiamento troppo amichevole nei confronti dei propri figli, quando questi si comportano in modo sconveniente.

     È importante imporre delle regole fondamentali per il buon andamento della famiglia, regole che devono essere rispettate. Non bisogna mai giustificare i loro comportamenti riprovevoli. S’intende che a una richiesta di perdono, bisogna perdonarli. Anche Dio fa così con noi.

     È compito del padre e della madre (pure se questa moglie non è la madre naturale del ragazzo) disciplinare i propri figli, per il loro bene. I genitori rappresentano Dio, vanno quindi rispettati e addirittura «onorati».

     Non lasciamo nulla d’intentato, fintantoché sono con noi nella nostra casa! Dopo saranno loro a formare delle famiglie sane, perché l’avranno appreso dai loro genitori.

     È molto bello constatare come Franco abbia potuto riprendere il suo ruolo (quello che Dio gli ha dato), riunendo la propria famiglia e dichiarando il suo amore per Clara, nonché la sua determinazione a non permettere a nessuno e tanto meno ad Alberto di mancarle di rispetto. Gli faccio i miei migliori auguri, perché anche secondo me in un momento così particolare questo era la cosa migliore da fare per poter dimostrare a entrambi il suo amore.

     Che il Signore possa continuare a benedire la sua famiglia che guarirà di certo una volta che ognuno avrà ripreso il suo ruolo. {10-06-2008}

 

 

2. {Vincenzo Russillo}

 

Leggendo la storia del fratello Franco, mi sono venute in mente le discussioni abbastanza accese che ho avuto con i miei genitori. Non meno di qualche anno fa, finite le scuole superiori, avevo deciso d’andar via di casa e andare a vivere da solo, continuando i miei studi. Ed ecco che si scatenò il putiferio, mia madre di fronte alla mia ostinatezza mi voleva buttar fuori di casa, mentre mio padre decise d’assecondarmi. Per fortuna, ho seguito il consiglio di mia madre e mi sono sottomesso con rispettosa ubbidienza a ciò che era la soluzione migliore per me. A volte i figli diventano il motivo di discordia tra i genitori, ma credo sia il risultato d’una serie di fattori.

     Per esempio nel mio caso la causa principale ero proprio io con una ribellione insensata, ma è bastata una scintilla per far scattare un putiferio. Come raggiungere allora questa sacrosanta armonia familiare? Espongo il mio punto di vista da figlio. Principalmente alla base della ricetta ci vuole una salda unione coniugale, spesso si sente i propri genitori litigare anche per una banalità; da qui nascono accese discussione che portano al disaggio e alla disarmonia. Ma Dio ha dato rimedio a tutto e aprendo il cuore alle sue parole, saremmo più sereni infatti come c’è scritto nella Bibbia: «Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo» (Galati 5,22). Le risse non fanno altro che adombrare gli animi: «Perché, come chi agita la panna ne fa uscire il burro, chi sbatte il naso ne fa uscire il sangue, così chi spreme l’ira ne fa uscire contese» (Proverbi 30,33).

     Ma quando c’è il frutto dello Spirito, allora parole dolci e sensate sono pronunciate: «La risposta dolce calma il furore, ma la parola dura eccita l’ira» (Proverbi 15,1). Chi è lento all’ira, riesce a calmare le contese: «Chi è lento all’ira piega un principe, e la lingua dolce spezza le ossa» (Proverbi 25,15). Affrontare i problemi con calma e serenità è una base solida su cui proseguire.

     Mi sembra doveroso che nei problemi intervenga sempre il capofamiglia, perché deve ricoprire il ruolo che Dio stesso gli ha affidato: «Ora vi lodo perché vi ricordate di me in ogni cosa, e conservate le mie istruzioni come ve le ho trasmesse. Ma voglio che sappiate che il capo d’ogni uomo è Cristo, che il capo della donna è l’uomo, e che il capo di Cristo è Dio» (1 Corinzi 11,2,3).

     Non ricoprire i propri compiti fa sì che si lasci la propria famiglia in balia dell’«anarchia», ed è per questo motivo che si dovrebbe abbandonare quel atteggiamento noncurante che caratterizza molti mariti, i quali scaricano le propria colpe sulle mogli. L’uomo si prenda le sue responsabilità. Anche Adamo cercò di scaricare le sue colpe su Eva (Genesi 3,8-12), cercando d’accusarla; ma questo non lo giustificò, perché toccava a lui vigilare. Il male che facciamo a nostra moglie, lo facciamo a noi stessi (Efesini 5,28-33). Andando nella fattispecie del problema, affrontare i problemi adolescenziali non è certo semplice; a volte si sente il bisogno d’autonomia o molte volte ci s’isola perché non accettati dagli altri, e questi aspetti possono avere ripercussioni in famiglia. Io credo che alla base di tutto vi è una corretta educazione, ma esercitando questo dovere non in maniera troppo permissiva né troppo autoritaria, ma nel modo giusto. Un figlio deve avere una risposta decisa, ma deve avere altrettanto spiegazioni, cercando di spiegare il perché delle cose; è evidente che solo capendo il motivo della correzione avrà il modo di correggersi . Ma solo con la concordanza tra i genitori si potrà arrivare a una giusta educazione, facendo discernere il bene dal male.

     Quindi è importantissimo il dialogo con i propri figli, bisogna rispondere con autorevolezza e gentilezza: «Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni» (1 Pietro 3,15). Un corretto dialogo può arricchire i propri figli come ebbe a dire Salomone: «Quand’ero ancora bambino presso mio padre, tenero e unico presso mia madre, egli m’insegnava dicendomi: “Il tuo cuore conservi le mie parole; osserva i miei comandamenti e vivrai; acquista saggezza, acquista intelligenza; non dimenticare le parole della mia bocca e non te ne sviare; non abbandonare la saggezza, ed essa ti custodirà; amala, ed essa ti proteggerà; il principio della saggezza è: Acquista la saggezza; sì, a costo di quanto possiedi, acquista l’intelligenza; esaltala, ed essa t’innalzerà; essa ti coprirà di gloria quando l’avrai abbracciata; essa ti metterà sul capo una corona di grazia, ti farà dono d’un magnifico diadema”» (Proverbi 4,3-9).

     Cerchiamo di trasmettere gioia e pace attorno a noi, se diamo l’esempio tutto sarà più facile: «Sii d’esempio ai credenti, nel parlare, nel comportamento, nell’amore, nella fede, nella purezza» (1 Timoteo 4,12), e ognuno abbia il suo ruolo. {11-06-2008}

 

 

3. {Andrea Ferrari}

 

Caro Fratello Martella, considerando l’argomento della tua riflessione, ti scrivo per invitarti (se ritieni buono e giusto farlo) a indicare ai tuoi lettori il sito della « Comunione dei Padri Evangelici». Incoraggio inoltre la lettura d’alcuni nostri libri come «Un marito completo», «Pascere il cuore del fanciullo» e altri della collana sulla famiglia cristiana, di cui si parla su tale sito. La grazia ti sia moltiplicata… {Andrea Ferrari lavora inoltre per la casa editrice Alfa & Omega; 10-06-2008}

 

 

4. {Gianni Siena}

 

Io ho impostato così la mia vita: massima collaborazione con mia moglie e ho sempre preteso da mio figlio rispetto per la madre, poiché io l’ho scelta e lui deriva da entrambi. Ogni sgarbo fatto alla madre, lo considero una cosa che riguarda prima di tutto me e lui, il «cucciolo» di casa (ha 25 anni), sa quanto saprei sanzionarlo se occorresse!

     Non so dare consigli a chi non ha questo tipo di rapporto con i figli, ho sempre detto al mio che, fintantoché resta in casa, il «capo» famiglia sono io. Questo non esclude che lui possa avere una sua vita e una sua indipendenza, essendo maggiorenne, ma in casa è ancora il «terzo» nella gerarchia (se si può chiamare così). Siamo tutti e tre cristiani e frequentiamo la stessa chiesa, siamo una famiglia felice e ci aiutiamo tantissimo; ma questo avviene in un contesto dove i ruoli tradizionali (padre, madre e figli) sono ben chiari e nessuno si sogna di discuterli. Questa impostazione della famiglia m’ha riversato addosso critiche spesso ingiuste, ma che non hanno scalfito la nostra serenità.

     Consiglierei al fratello di recuperare velocemente la sua prerogativa di capofamiglia; se questo comporta allontanare il figlio da casa, ebbene, lo faccia... ma non credo che sarà necessario! I ragazzi d’oggi sono fragili e abituati molto bene: non durerebbero a lungo lontano dai genitori, specie se non hanno un lavoro o i mezzi per vivere per conto proprio.

     Anni fa, mio figlio appena adolescente, era subornato da qualcuna per ribellarsi a me; secondo costei io gli imponevo una disciplina rigida in materia sessuale. Non era vero, non ero affatto repressivo, anzi, aiutai mio figlio a gestire bene la sua sessualità (cosa che mio padre non fece con me); gli dissi con grande serietà che delle eventuali responsabilità di tutti i suoi gesti se ne sarebbe preso tutte le conseguenze. Ed egli non doveva sperare da parte nostra in chissà quale aiuto: gli spiegai la necessità di diventare maturo e indipendente, in vista d’una sua vita autonoma. Mio figlio affronta le stesse difficoltà dei suoi coetanei e sono testimone dei suoi sforzi, a volte frustranti, di cercarsi un lavoro. L’ha trovato e ne è felice, è solo un contratto di formazione lavoro ma, in attesa di meglio, s’accontenta. Passerà ancora qualche anno, durando così le cose, prima che si sposi o decida d’andarsene, ma sa che in casa nostra lui non sarà mai quello che decide: anche le decisioni che riguardano la sua vita deve parteciparle a noi. Fintantoché sta con noi, siamo una stessa famiglia, egli ha le sue idee e i suoi gusti, ha i suoi orari e nessuno gli dice cosa deve fare ma sul «resto» nulla è cambiato.

     La mancanza di opportunità esterne trasforma i ragazzi in «concorrenti» verso il padre per il «dominio» del territorio familiare. Questo non deve succedere, mio figlio sa che, al bisogno, può contare su di noi; e glielo abbiamo dimostrato tangibilmente, ma questo non deve farlo scadere —ripeto: pur con la consapevolezza della sua ormai adulta età — rispetto al suo ruolo nella famiglia.

     Esempi come quelli evidenziati dalle lettere di questo padre cristiano sono all’ordine del giorno; nel mondo i figli hanno ormai superato la decenza e sfruttano i genitori in modo ignobile, quando non li mettono in discussione o li prevaricano.

     Qua mi fermo per carità di patria; il rimedio consiste, a qualche prezzo, di riprendersi tutta l’autorità paterna ed esercitarla, senza eccedere, ma in modo fermo e mirato: potrebbe anche avvenire che il «rampollo» debba essere allontanato. Sono certo che non durerebbe a lungo; ricordiamoci della storia del figlio spendaccione che, dopo aver gustato la dura legge della jungla urbana, in «una lontana città», tornò a casa per rifugiarsi sotto le ali paterne. La storia del figliol prodigo è stata scritta per il nostro insegnamento, applichiamola pure alla lettera guardando al bene futuro.

     Il Signore benedica questo fratello e suo figlio, al primo dico di tenere duro ed esigere che Clara sia rispettata dal secondo: è la sua moglie. La mia consorte dice che io sono la sua vita, un figlio prima o poi se ne va per formarsi la sua famiglia. Non si dispiaccia per la condizione di suo figlio, forse, venendo meno gli «agganci» familiari, egli potrebbe darsi una scossa e guadagnare una certa autostima; per i nostri rampolli occorrerà un po’ più di tempo, ma se sono rose fioriranno. {11-06-2008}

 

 

5. {Andrea Babini}

 

Nota editoriale: Egli ha letto il mio invito alla lettura sul gruppo cattolico in internet «Noi siamo chiesa», a cui lo invio. Non sono sicuro che egli abbia letto tutto l’articolo sul sito. Ecco a lui la parola; giudichino gli altri lettori.

 

Contributo: Non per puro spirito di polemica, ma — a me che sono sia marito che padre — sembra che tu usi troppo la Bibbia e le belle frasi per avere realmente anche solo la più lontana idea di cosa voglia dire essere sia l’uno che l’altro. Così come dare giudizi su questo e quello, facendo affidamento solo su qualche testo e senza avere mai dialogato con quelli ai quali affibbi le tue sentenze, mi lascia un poco perplesso. Comunque liberissimo di fare ciò che vuoi. A me i maestri (specie se «maestrini») non sono mai piaciuti, ma se ti diverti tanto... {12-06-2008}

 

Risposta: Allora, Andrea, tu che avresti risposto in concreto, se tu fossi stato al mio posto? Come sai che non ho «la più lontana idea di cosa voglia dire essere sia l’uno che l’altro» (padre e marito)? Per tua informazione sono sposato da 30 anni e sono padre (e nonno) e di consulenza (anche matrimoniale) ne so qualcosa. Che ne sai tu se io non abbia «mai dialogato» con i miei interlocutori, come tu sospetti? Con il mio interlocutore, con cui discuto in tale corrispondenza, sono amico e confidente da moltissimi anni. E tu, che mi critichi di usare «troppo la Bibbia», mia unica autorità spirituale, quale autorità hai nella tua vita su cui basare il discernimento fra bene e male, giustizia e iniquità? Il tuo discernimento o la tua bravura? I saggi d’Israele scrivevano: «Confidati nel Signore con tutto il cuore e non t’appoggiare sul tuo discernimento» (Proverbi 3,5).

     Prima di giudicare qualcuno, conoscilo. Prima di mettergli etichette (maestri, maestrini), informati chi è. Io ho effettivamente insegnato teologia per più di due decenni e ho praticato cura pastorale e altro. Ma tu chi sei e che competenza hai per esprimerti così? Se non sei stato mosso da un «puro spirito di polemica», dove stanno le tue proposte concrete? {Nicola Martella}

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Marito_padre_parla_EnB.htm

10-06-2008; Aggiornamento: 11-05-2013

 

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