Il seguente tema di discussione si riallaccia all'epistolario intercorso fra
Nicola Martella e un suo interlocutore. [►
Marito e padre: un mestiere difficile] Nell'ultima tornata c'è un catalogo di domande su cui i lettori possono
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1.
{Angela Palmieri-Multari} ▲
Carissimo Nicola, ho letto con molta attenzione la problematica del marito e
padre e ne sono rimasta letteralmente sconvolta. Ho creduto di rivivere un
periodo della mia vita che mi ha segnato nell’animo. Io però, a differenza di
questo tuo interlocutore, sono una madre credente in una famiglia di non
credenti (soltanto una delle due figlie la più piccola all’età di 17 anni s’era
convertita e battezzata — ma continuava a essere insubordinata).
Il dialogo con il tuo interlocutore l’ho apprezzato moltissimo, carissimo
Nicola, perché sono pienamente d’accordo con quanto tu suggerisci.
Il giusto rapporto tra moglie e marito è estremamente importante e fondamentale
per dare sicurezza ai figli, e la figura del padre rappresenta l’autorità non
solo nella famiglia ma anche nella società. Ovunque i nostri figli andranno,
incontreranno qualcuno che sarà sopra di loro e, se non avranno imparato in casa
oltre che nella scuola che l’autorità va rispettata, non riusciranno a essere
delle persone disciplinate e avranno dei comportamenti riprovevoli, a meno che
non lo faccia il Signore attraverso la conversione.
Io sono una madre mai ascoltata dal proprio marito per quanto riguarda
l’educazione delle nostre due figlie e, di conseguenza, non sono riuscita a
essere tollerante e amabile con loro come lui avrebbe voluto, perché nella
nostra casa regnava il caos più totale!
Abbiamo vissuto per molti anni tra liti e incomprensioni, e questo perché i
famosi «paletti» che bisognava piantare (ed io cercavo di farlo con tutte le mie
forze, visto che lui non lo faceva) venivano contestati prima da lui e poi
figuriamoci... anche da loro!
In passato le mie figlie hanno avuto tanti problemi e hanno ancora difficoltà a
prendere le loro responsabilità per divenire adulte.
Quando è troppo tardi, è molto più difficile raddrizzare una piantina che è
cresciuta storta. Solo Dio lo sa fare, e ora, come anche prima, non faccio altro
che raccomandarmi a Lui!
Forse solo ora mio marito si rende conto dei gravissimi errori fatti in passato,
ma il suo orgoglio non gli permette di chiedere scusa né a me né a loro.
Io che sarei dovuta essere la sua compagna di vita, venivo da lui accusata
davanti a loro d’essere troppo dura, insensibile, spietata...
Ma credo che i genitori non debbano avere un atteggiamento troppo amichevole nei
confronti dei propri figli, quando questi si comportano in modo sconveniente.
È importante imporre delle regole fondamentali per il buon andamento della
famiglia, regole che devono essere rispettate. Non bisogna mai giustificare i
loro comportamenti riprovevoli. S’intende che a una richiesta di perdono,
bisogna perdonarli. Anche Dio fa così con noi.
È compito del padre e della madre (pure se questa moglie non è la madre naturale
del ragazzo) disciplinare i propri figli, per il loro bene. I genitori
rappresentano Dio, vanno quindi rispettati e addirittura «onorati».
Non lasciamo nulla d’intentato, fintantoché sono con noi nella nostra casa! Dopo
saranno loro a formare delle famiglie sane, perché l’avranno appreso dai loro
genitori.
È molto bello constatare come Franco abbia potuto riprendere il suo ruolo
(quello che Dio gli ha dato), riunendo la propria famiglia e dichiarando il suo
amore per Clara, nonché la sua determinazione a non permettere a nessuno e tanto
meno ad Alberto di mancarle di rispetto. Gli faccio i miei migliori auguri,
perché anche secondo me in un momento così particolare questo era la cosa
migliore da fare per poter dimostrare a entrambi il suo amore.
Che il Signore possa continuare a benedire la sua famiglia che guarirà di certo
una volta che ognuno avrà ripreso il suo ruolo. {10-06-2008}
2.
{Vincenzo Russillo} ▲
Leggendo la storia del fratello Franco, mi sono venute in mente le discussioni
abbastanza accese che ho avuto con i miei genitori. Non meno di qualche anno fa,
finite le scuole superiori, avevo deciso d’andar via di casa e andare a vivere
da solo, continuando i miei studi. Ed ecco che si scatenò il putiferio, mia
madre di fronte alla mia ostinatezza mi voleva buttar fuori di casa, mentre mio
padre decise d’assecondarmi. Per fortuna, ho seguito il consiglio di mia madre e
mi sono sottomesso con rispettosa ubbidienza a ciò che era la soluzione migliore
per me. A volte i figli diventano il motivo di discordia tra i genitori, ma
credo sia il risultato d’una serie di fattori.
Per esempio nel mio caso la causa principale ero proprio io con una ribellione
insensata, ma è bastata una scintilla per far scattare un putiferio. Come
raggiungere allora questa sacrosanta armonia familiare? Espongo il mio punto
di vista da figlio. Principalmente alla base della ricetta ci vuole una salda
unione coniugale, spesso si sente i propri genitori litigare anche per una
banalità; da qui nascono accese discussione che portano al disaggio e alla
disarmonia. Ma Dio ha dato rimedio a tutto e aprendo il cuore alle sue parole,
saremmo più sereni infatti come c’è scritto nella Bibbia: «Il frutto dello
Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
mansuetudine, autocontrollo» (Galati 5,22). Le risse non fanno altro che
adombrare gli animi: «Perché, come chi agita la panna ne fa uscire il burro,
chi sbatte il naso ne fa uscire il sangue, così chi spreme l’ira ne fa
uscire contese» (Proverbi 30,33).
Ma quando c’è il frutto dello Spirito, allora parole dolci e sensate sono
pronunciate: «La
risposta dolce calma il furore, ma la parola dura eccita l’ira»
(Proverbi 15,1). Chi è lento all’ira, riesce a calmare le contese: «Chi è
lento all’ira piega un principe, e la lingua dolce spezza le ossa»
(Proverbi 25,15). Affrontare i problemi con calma e serenità è una base
solida su cui proseguire.
Mi sembra doveroso che nei problemi intervenga sempre il capofamiglia, perché
deve ricoprire il ruolo che Dio stesso gli ha affidato:
«Ora vi lodo perché vi ricordate di me in ogni cosa, e conservate le
mie istruzioni come ve le ho trasmesse. Ma voglio che sappiate che il capo
d’ogni uomo è Cristo, che il capo della donna è l’uomo, e che il capo di
Cristo è Dio»
(1 Corinzi 11,2,3).
Non ricoprire i propri compiti fa sì che si lasci la propria famiglia in balia
dell’«anarchia», ed è per questo motivo che si dovrebbe abbandonare quel
atteggiamento noncurante che caratterizza molti mariti, i quali scaricano le
propria colpe sulle mogli. L’uomo si prenda le sue responsabilità. Anche Adamo
cercò di scaricare le sue colpe su Eva (Genesi 3,8-12), cercando d’accusarla; ma
questo non lo giustificò, perché toccava a lui vigilare.
Il male che facciamo a nostra moglie, lo facciamo a noi stessi (Efesini
5,28-33). Andando nella fattispecie del problema, affrontare i problemi
adolescenziali non è certo semplice; a volte si sente il bisogno d’autonomia o
molte volte ci s’isola perché non accettati dagli altri, e questi aspetti
possono avere ripercussioni in famiglia. Io credo che alla base di tutto vi è
una corretta educazione, ma esercitando questo dovere non in maniera troppo
permissiva né troppo autoritaria, ma nel modo giusto. Un figlio deve avere una
risposta decisa, ma deve avere altrettanto spiegazioni, cercando di spiegare il
perché delle cose; è evidente che solo capendo il motivo della correzione avrà
il modo di correggersi . Ma solo con la concordanza tra i genitori si potrà
arrivare a una giusta educazione, facendo discernere il bene dal male.
Quindi è importantissimo il dialogo con i propri figli, bisogna rispondere con
autorevolezza e gentilezza: «Siate sempre pronti a render conto della
speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni» (1 Pietro
3,15). Un corretto dialogo può arricchire i propri figli come ebbe a dire
Salomone: «Quand’ero ancora bambino presso mio padre, tenero e unico presso
mia madre, egli m’insegnava dicendomi: “Il tuo cuore conservi le mie parole;
osserva i miei comandamenti e vivrai; acquista saggezza, acquista intelligenza;
non dimenticare le parole della mia bocca e non te ne sviare; non abbandonare la
saggezza, ed essa ti custodirà; amala, ed essa ti proteggerà; il principio della
saggezza è: Acquista la saggezza; sì, a costo di quanto possiedi, acquista
l’intelligenza; esaltala, ed essa t’innalzerà; essa ti coprirà di gloria quando
l’avrai abbracciata; essa ti metterà sul capo una corona di grazia, ti farà dono
d’un magnifico diadema”» (Proverbi 4,3-9).
Cerchiamo di trasmettere gioia e pace attorno a noi, se diamo l’esempio tutto
sarà più facile: «Sii d’esempio ai credenti, nel parlare, nel comportamento,
nell’amore, nella fede, nella purezza» (1 Timoteo 4,12), e ognuno abbia il
suo ruolo. {11-06-2008}
3. {Andrea Ferrari} ▲
Caro Fratello Martella, considerando l’argomento della tua riflessione, ti
scrivo per invitarti (se ritieni buono e giusto farlo) a indicare ai tuoi
lettori il sito della «
Comunione dei Padri Evangelici». Incoraggio inoltre la lettura d’alcuni nostri
libri come «Un marito completo», «Pascere il cuore del fanciullo» e altri della
collana sulla famiglia cristiana, di cui si parla su tale sito. La grazia ti sia
moltiplicata… {Andrea Ferrari lavora inoltre per la casa editrice Alfa & Omega;
10-06-2008}
4. {Gianni Siena} ▲
Io ho impostato così la mia vita: massima collaborazione con mia moglie e ho
sempre preteso da mio figlio rispetto per la madre, poiché io l’ho scelta e lui
deriva da entrambi. Ogni sgarbo fatto alla madre, lo considero una cosa che
riguarda prima di tutto me e lui, il «cucciolo» di casa (ha 25 anni), sa quanto
saprei sanzionarlo se occorresse!
Non so dare consigli a chi non ha questo tipo di rapporto con i figli, ho sempre
detto al mio che, fintantoché resta in casa, il «capo» famiglia sono io. Questo
non esclude che lui possa avere una sua vita e una sua indipendenza, essendo
maggiorenne, ma in casa è ancora il «terzo» nella gerarchia (se si può chiamare
così). Siamo tutti e tre cristiani e frequentiamo la stessa chiesa, siamo una
famiglia felice e ci aiutiamo tantissimo; ma questo avviene in un contesto dove
i ruoli tradizionali (padre, madre e figli) sono ben chiari e nessuno si sogna
di discuterli. Questa impostazione della famiglia m’ha riversato addosso
critiche spesso ingiuste, ma che non hanno scalfito la nostra serenità.
Consiglierei al fratello di recuperare velocemente la sua prerogativa di
capofamiglia; se questo comporta allontanare il figlio da casa, ebbene, lo
faccia... ma non credo che sarà necessario! I ragazzi d’oggi sono fragili e
abituati molto bene: non durerebbero a lungo lontano dai genitori, specie se non
hanno un lavoro o i mezzi per vivere per conto proprio.
Anni fa, mio figlio appena adolescente, era subornato da qualcuna per ribellarsi
a me; secondo costei io gli imponevo una disciplina rigida in materia sessuale.
Non era vero, non ero affatto repressivo, anzi, aiutai mio figlio a gestire bene
la sua sessualità (cosa che mio padre non fece con me); gli dissi con grande
serietà che delle eventuali responsabilità di tutti i suoi gesti se ne sarebbe
preso tutte le conseguenze. Ed egli non doveva sperare da parte nostra in chissà
quale aiuto: gli spiegai la necessità di diventare maturo e indipendente, in
vista d’una sua vita autonoma. Mio figlio affronta le stesse difficoltà dei suoi
coetanei e sono testimone dei suoi sforzi, a volte frustranti, di cercarsi un
lavoro. L’ha trovato e ne è felice, è solo un contratto di formazione lavoro ma,
in attesa di meglio, s’accontenta. Passerà ancora qualche anno, durando così le
cose, prima che si sposi o decida d’andarsene, ma sa che in casa nostra lui non
sarà mai quello che decide: anche le decisioni che riguardano la sua vita deve
parteciparle a noi. Fintantoché sta con noi, siamo una stessa famiglia, egli ha
le sue idee e i suoi gusti, ha i suoi orari e nessuno gli dice cosa deve fare ma
sul «resto» nulla è cambiato.
La mancanza di opportunità esterne trasforma i ragazzi in «concorrenti» verso il
padre per il «dominio» del territorio familiare. Questo non deve succedere, mio
figlio sa che, al bisogno, può contare su di noi; e glielo abbiamo dimostrato
tangibilmente, ma questo non deve farlo scadere —ripeto: pur con la
consapevolezza della sua ormai adulta età — rispetto al suo ruolo nella
famiglia.
Esempi come quelli evidenziati dalle lettere di questo padre cristiano sono
all’ordine del giorno; nel mondo i figli hanno ormai superato la decenza e
sfruttano i genitori in modo ignobile, quando non li mettono in discussione o li
prevaricano.
Qua mi fermo per carità di patria; il rimedio consiste, a qualche prezzo, di
riprendersi tutta l’autorità paterna ed esercitarla, senza eccedere, ma in modo
fermo e mirato: potrebbe anche avvenire che il «rampollo» debba essere
allontanato. Sono certo che non durerebbe a lungo; ricordiamoci della storia del
figlio spendaccione che, dopo aver gustato la dura legge della jungla urbana, in
«una lontana città», tornò a casa per rifugiarsi sotto le ali paterne. La storia
del figliol prodigo è stata scritta per il nostro insegnamento, applichiamola
pure alla lettera guardando al bene futuro.
Il Signore benedica questo fratello e suo figlio, al primo dico di tenere duro
ed esigere che Clara sia rispettata dal secondo: è la sua moglie. La mia
consorte dice che io sono la sua vita, un figlio prima o poi se ne va per
formarsi la sua famiglia. Non si dispiaccia per la condizione di suo figlio,
forse, venendo meno gli «agganci» familiari, egli potrebbe darsi una scossa e
guadagnare una certa autostima; per i nostri rampolli occorrerà un po’ più di
tempo, ma se sono rose fioriranno. {11-06-2008}
5. {Andrea Babini} ▲
Nota editoriale: Egli ha letto il mio invito alla lettura sul gruppo
cattolico in internet «Noi siamo chiesa», a cui lo invio. Non sono sicuro che
egli abbia letto tutto l’articolo sul sito. Ecco a lui la parola; giudichino gli
altri lettori.
■
Contributo: Non per puro spirito di polemica, ma — a me che sono sia
marito che padre — sembra che tu usi troppo la Bibbia e le belle frasi per avere
realmente anche solo la più lontana idea di cosa voglia dire essere sia l’uno
che l’altro. Così come dare giudizi su questo e quello, facendo affidamento solo
su qualche testo e senza avere mai dialogato con quelli ai quali affibbi le tue
sentenze, mi lascia un poco perplesso. Comunque liberissimo di fare ciò che
vuoi. A me i maestri (specie se «maestrini») non sono mai piaciuti, ma se ti
diverti tanto... {12-06-2008}
▬
Risposta:
Allora, Andrea, tu che avresti risposto in concreto, se tu fossi stato al
mio posto? Come sai che non ho «la più lontana idea di cosa voglia dire essere
sia l’uno che l’altro» (padre e marito)? Per tua informazione sono sposato da 30
anni e sono padre (e nonno) e di consulenza (anche matrimoniale) ne so qualcosa.
Che ne sai tu se io non abbia «mai dialogato» con i miei interlocutori, come tu
sospetti? Con il mio interlocutore, con cui discuto in tale corrispondenza, sono
amico e confidente da moltissimi anni. E tu, che mi critichi di usare «troppo la
Bibbia», mia unica autorità spirituale, quale autorità hai nella tua vita su cui
basare il discernimento fra bene e male, giustizia e iniquità? Il tuo
discernimento o la tua bravura? I saggi d’Israele scrivevano: «Confidati
nel Signore con tutto il cuore e non t’appoggiare sul tuo discernimento»
(Proverbi 3,5).
Prima di giudicare qualcuno, conoscilo. Prima di mettergli etichette (maestri,
maestrini), informati chi è. Io ho effettivamente insegnato teologia per più di
due decenni e ho praticato cura pastorale e altro. Ma tu chi sei e che
competenza hai per esprimerti così? Se non sei stato mosso da un
«puro spirito di polemica», dove stanno le tue proposte concrete?
{Nicola Martella}
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11. {} ▲
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Marito_padre_parla_EnB.htm
10-06-2008; Aggiornamento: 11-05-2013
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