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I contributi sul tema
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1.
{Anna Rita Carini} ▲
Perché Dio
sconvolge la vita dei suoi figli?
Un marito credente, due figli sani che amano il Signore, impegni vari al
servizio del Signore, quest’anno Dio mi aveva donato anche un lavoro tanto
desiderato. Mi sentivo veramente felice, completa, appagata, gratificata, stavo
a posto, non volevo niente di più.
Eppure, pochi giorni fa, un test di gravidanza mi ha
informato che Dio mi vuole «regalare» un altro figlio, che io non avevo chiesto,
non volevo e ancora non riesco ad accettare.
Perché proprio a me? Perché rimpastare di nuovo la mia
vita con la paura?....
Perché faccio fatica a ricevere un dono di Dio?
Perché Satana prende il sopravvento sui miei pensieri e
gioca a tamburello con il mio stato d’animo?
Signore, riprendi Tu in mano la mia vita e i miei
pensieri così che «siano gradite le parole della mia bocca e la meditazione
del mio cuore in Tua presenza, o Signore mia Rocca e mio Salvatore» (Sal
19,14). Aiutami, Signore. (02-2006; A.R.M.)
2.
{Alessandra Angelomè} ▲
È importante vedere l’intero orizzonte
Accorgersi di essere incinta è qualcosa di meraviglioso. Per me lo è stato ogni
volta (ho 4 figlie). La gravidanza è una benedizione del Signore, e io l’ho
vissuta sempre così.
A volte subentrano delle paure, delle preoccupazioni
per il bambino o per il parto, ma il pensiero che una vita sta crescendo dentro
di me, mi ha fatto sempre affrontare tutto con fede e tranquillità.
Certo se pensiamo che dobbiamo ricominciare con le
notti in bianco, con i pannolini, con i disagi che un bambino appena nato
comporta, ci crolla tutto il mondo addosso… Dobbiamo però pensare che sarà per
un periodo che passerà e che ciò sarà ricompensato dai primi sorrisi, dalla
prima parolina — «mamma» — dai primi passi, dalle prime conquiste, dai primi
bacetti che ci darà.
Tutto questo ripagherà ogni cosa, e ne ringrazieremo il
Signore. (16-02-2006)
3.
{Patrizia Amadio} ▲
Cronaca di una gravidanza
Mi chiamo Patrizia, ho 36 anni, sono infermiera e lavoro presso l’ospedale S.
Camillo. Voglio farvi partecipi di ciò che sto provando in questo momento.
Dopo un anno di matrimonio io e mio marito abbiamo
sentito entrambi il desiderio di avere un bambino e quindi abbiamo incominciato
sia a pregare che a provare. Il flusso mestruale a giugno del 2005 non arrivò,
quindi il tempo era maturo per comprare un test in farmacia. Il test confermò
che ero incinta e, quindi, avvisai mio marito, che per motivi di studio si
trovava in Germania (i primi di giugno per il nostro anniversario di matrimonio
ero andata a stare qualche giorno da lui, poi sono ritornata al lavoro). Mi
recai da un ginecologo, il quale con l’ecografia accertò il battito del
cuoricino di una creatura. Era confermato, mi sentito ancora perplessa, perché
desideravo ciò, ma forse mi aspettavo non so quali forti sentimenti doveva
recarmi questa nuova situazione; e invece non sentivo niente, ero uguale a
prima. Non mi sentivo madre, ma ancora la «fidanzatina» di mio marito e che il
mio mondo era di prendermi cura di lui.
Un momento di paura però c’è stato, per noi genitori in
erba, a luglio ho avuto improvvise perdite di sangue: non sapevamo che fare,
abbiamo avvisato il ginecologo, che mi ha prescritto delle punture di ormoni, e
tutto si è ristabilito. È ritornata la tranquillità, ma anche il non avere stati
euforici di elevata allegrezza: tutto mi sembrava normale. La pancia cominciava
a gonfiarsi; non mi sentivo brutta, perché sono sempre stata cicciotella, ma era
piacevole che stavolta non ero io a crescere.
Al quarto mese, una nuova «angoscia». Poiché ho
continuato a lavorare fino al settimo mese, le mie colleghe incominciavano a
toccarmi la pancia e a chiedermi: «Ma non senti niente?». Li mi sono sentita in
imbarazzo, io non sentivo niente, anzi pensavo: «Che stupida che sono: non sento
niente», «Ma che infermiera sono», «Che madre snaturata sono, se non sento la
creatura che porto». Uno stato di prostrazione mi colse, ma lo affrontai,
pregando al mio creatore Gesù Cristo di darmi intendimento e saggezza.
Finalmente al quinto mese sentii un colpo, un
movimento: ma pensate che fosse una gioia? No! Ebbe l’effetto contrario, mi
spaventai, era passato un po’ di tempo e mi ero messa l’anima in pace, che il
Signore me lo avrebbe fatto sentire al momento opportuno, quindi non ci pensavo
più; mi chiesi allora: «Ma che cosa sta succedendo qui, cosa ho nella pancia?».
Visto che mi ero spaventata e in qualche modo l’aveva percepito anche la
creatura, essa si fermò di nuovo, ma io invece realizzai che era il bambino e
volevo tanto risentirlo. Passò una settimana e finalmente lo sentivo, lo
accettavo ed ero felicissima che esisteva. Allora incominciai ad avere il
desiderio che anche mio marito lo sentisse, ma ogni volta che gli facevo mettere
la mano sulla pancia, lui mi diceva che non sentiva niente, ed io ero molto
dispiaciuta. Infine, non l’assillai più, anche perché sentivo che lui si stava
innervosendo, quindi aspettai un altro mese.
Di fatti al sesto mese, anche mio marito incominciò a
sentirlo e non mi sentivo più sola nell’affrontare il ruolo di genitore, perché
mio marito percepiva ora la vita e che sarebbe diventato a tutti gli effetti
padre. Certo mi trovo alle prese con la mia prima esperienza ed aspetto una
creatura umana. Non abbiamo voluto sapere il sesso: io il mio motivo lo conosco,
non voglio nasconderlo; forse mi prenderete per sciocca, ma avevo paura di
affezionarmi troppo al nascituro, per paura che morisse: e quindi finché non è
fuori della pancia, penso sempre che possa succedere qualcosa.
Oggi 23 febbraio ho avuto delle perdite e non so che
cosa significhi, ma contrazioni dell’utero non ci sono, quindi forse per
incoscienza o per fede sono tranquilla che devo attendere la «mia ora», per
correre in ospedale. Ho chiamato l’ostetrica del mio corso per il parto e mi ha
chiarito che è la perdita del tappo dell’utero e che devo stare tranquilla ed
aspettare le contrazioni. Quindi la mia fede in Dio, che di donne ne ha fatte
partorire tante, non mi ha deluso.
So che devo affrontare il dolore e lo sto attendendo,
ma credo anche che con la venuta del bimbo l’angoscia sparirà, per far spazio
all’allegrezza per la nuova creatura.
Postscriptum della redazione: Patrizia, ha partorito infine un bel maschietto di
nome Allen Renato.
4.
{Anna Rita Carini} ▲
Nota redazionale: Essere rimasta incinta costituì per Anna Rita una
grande prova. Quel figlio era un dono che ella non voleva avere. A causa del suo
stato particolare di salute, temeva il peggio. Ci fu una grande lotta, prima che
ella si affidasse al Signore e confidasse che Egli non fa nulla a caso e non ci
mette addosso pesi, per i quali non ci dà anche la forza e la capacità di
portarli. Ora, la gravidanza è arrivata al termine e «Samuele» ha visto la luce
ed è un dato di fatto, irreversibile e presente. Come considera, ora, Anna Rita
il tutto col cosiddetto «senno del poi»? Ecco le sue parole...
Coraggio! Dio ha cura di noi
È proprio vero noi esseri umani non riusciamo a vedere quello che ci succede a
un palmo dal nostro naso, figuriamoci se riusciamo a capire gli interventi di
Dio nella nostra vita.
Nove mesi fa un test di gravidanza mi informava
dell’arrivo del terzo figlio. La notizia, per me fu un trauma, ma che dico, una
vera mazzata, era una cosa che non volevo assolutamente che mi capitasse.
Qualcuno ha detto che il tempo è un gran dottore — io
aggiungo — se Dio si prende cura di noi.
Dio con me lo ha fatto. Ha placato la mia disperazione,
mi ha tolto le paure, mi ha donato un figlio bellissimo, sano che sta riempiendo
di gioia la mia vita e quella di mio marito insieme agli altri due figli. Le
tante lacrime versate si sono trasformate in sorrisi.
Veramente posso testimoniare, perché ho toccato con
mano, quanto il Signore si sia preso cura di me ogni momento. Per un problema di
circolazione, i medici mi dicevano che il rischio di trombosi per me era molto
alto, ma il Signore ha steso la sua mano su di me, mi ha rimesso in piedi
prestissimo, le mie vene hanno funzionato regolarmente ed eccomi qui raggiante
per questa nuova maternità e felice perché posso dire che Dio ha mantenuto le
sue promesse.
Questo pensiero vuole ringraziare a gran voce il
Signore Dio per quello che ha fatto per me e vuole incoraggiare chi in questo
momento dovesse provare quei sentimenti che ho passato io: coraggio! Dio ci ama
veramente, se noi ci affidiamo a Lui, che è fedele, ci curerà come dei figlioli
e presto le lacrime e la disperazione cederanno il posto alle risate, alla
gioia, alla gratitudine. (11-2006; A.R.M.)
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