Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Il sabato, l’anno sabbatico e il giubileo.

 

Ecco le parti principali:
■ Il patto, l'etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SOGNI E INSONNIA DI UN IMPRENDITORE CRISTIANO

 

 a cura di Nicola Martella

 

Eravamo partiti dall'articolo «Valore e autostima di un disoccupato». Poi sono arrivate lettere di analisi della situazione del disoccupato, ma anche di incoraggiamento e di consigli. Tali parole faranno certamente bene a chi, trovandosi in tale situazione, le leggerà. [► Dramma di essere disoccupato] Mi ha fatto piacere vedere la lettera di un piccolo imprenditore che, rispondendo alla questione della disoccupazione, di fatto dà la testimonianza di un imprenditore che vuol essere un fedele seguace del Signore Gesù Cristo (si veda il primo contributo).

     Ho conosciuto piccoli imprenditori che, per essere fedeli alla Parola di Dio, hanno passato difficili momenti esistenziali. Alcuni, non riuscendo a coniugare l’ubbidienza alla Parola con le pressanti richieste del fisco e delle banche e con l’etica ricorrente (fatturo in nero perché la pressione fiscale è troppa — le tasse sono alte a causa del sommerso), hanno deciso di chiudere la ditta e di trovarsi un lavoro sotto terzi. Altri ancora hanno cercato di trovare una linea di condotta etica conforme alla Parola di Dio, di discuterla con altri imprenditori cristiani, per venire a capo di una matassa che è alquanto ingarbugliata qui in Italia.

     L’associazione «APICE» si propone di aiutare i cristiani che si trovano nel mondo del lavoro come imprenditori a vario titolo; sono utili le loro conferenze, le loro pubblicazioni e la loro «Manna del lunedì».

     Apriamo questa nuova discussione per dare spazio ai lettori imprenditori che come cristiani fedeli alla Scrittura vogliono coniugare insieme rigore morale e impresa.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Guerino De Masi

2. Daniele Salini

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Guerino De Masi}

 

Mi sono interessato alla questione «Valore e autostima di un disoccupato». Ho letto perciò i vari argomenti, con la risposta esauriente di Nicola e i vari interventi e testimonianza.

     Quello che posso condividere, pur non essendo mai stato «disoccupato» (grazie Signore), è la preoccupazione e l’ansia che si ha quando manca il lavoro! Fino all’età di quarant’anni ho lavorato alle dipendenze. Per grazia del Signore, ho sempre fatto lavori che mi hanno soddisfatto e nei quali mi sentivo remunerato adeguatamente, ma soprattutto lavori che mi piacevano. Ogni nuovo posto d’occupazione era motivo di miglioramento sia finanziario che di qualità del lavoro.

     Nel 1990 ho iniziato un’attività in proprio e le preoccupazioni sono cominciate dal momento che ho avuto dei dipendenti, ai quali dovevo assicurare lavoro e stipendio. Anche in questi ultimi periodi, vuoi per un calo di tipo «fisiologico stagionale», vuoi per i sempre più pesanti impegni fiscali, la carenza di liquidità è comunque motivo di tensione e preoccupazione.

     «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», è una preghiera che sembrava superata per me che per tanti anni ho lavorato in aziende che mi davano sì lavoro, ma che a fine mese il anche mio stipendio era garantito. Non mi ponevo dunque il problema del pane quotidiano. Evidentemente sbagliavo e di grosso anche.

     Ma l’ho capito solo in questi ultimi anni, quando mi sono trovato a gridare al Signore per poter assicurare lo stipendio ai miei dipendenti (pochi anni fa erano sette le famiglie che dipendevano dall’andamento della mia piccola azienda).

     Mi svegliavo di notte con l’angoscia di come fare ad affrontare i miei impegni malgrado che il lavoro non mancasse. Quante volte mi sono riletto le parole dell’apostolo Paolo: «Il Signore è vicino, non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna...». E ogni volta riscoprivo la pace del Signore che sorpassa ogni intelligenza!

     Ho maturato la convinzione che se non è il Signore che edifica... la nostra, la mia, fatica è vana.

     «Signore, dammi il pane quotidiano» vuol dire: «Signore dammi il lavoro, la capacità di farlo, la salute e la forza fisica per svolgerlo, e poi veglia Tu perché il cliente paghi regolarmente per guadagnare quei soldi necessari per i dipendenti, i fornitori, il fisco e per mia moglie e me».

     Ogni sera, e specialmente a ogni scadenza mensile, ho motivo di ringraziare Dio per aver provveduto perché l’azienda funzioni, onorando ogni impegno finanziario.

     Non ho mai pensato all’arricchirmi. Credo che quei tempi in cui si mettevano tanti soldi da parte siano finiti. È finito anche, o non è mai esistito, il tempo del guadagno subito e senza impegno. Gli specchietti per allodole del business facile e immediato non mi hanno mai convinto. Il lavoro, e il lavoro onesto che non scende a compromessi discutibili, non ti permette oggi d’arricchirti.

     Sto forse uscendo dal seminato...!? Le proposte all’interlocutore laureato e disoccupato d’espatriare mi sembrano proposte illusorie e ingannevoli.

     Mi piacerebbe sapere qual è il tasso di disoccupazione in Canada e negli USA oggi. Credo che alla base della riflessione sta quanto Nicola ha scritto nella sua prima risposta, e ciò è valido in qualsiasi paese. Le indicazioni a non limitarsi a cercare un lavoro da laureato, mi pare siano oggettivamente da prendere in seria considerazione. Conosco diversi extra-comunitari laureati che lavorano in cantieri edili, nelle portinerie, o al volante d’un furgoncino.

     Perché, un italiano non lo potrebbe fare altrettanto? Credo che sia una mentalità da superare. Conosco un «geometra» del nostro sud, che pensava di stare a guardare i muratori nei cantieri lombardi dove, da sempre, i geometri bergamaschi e bresciani sono invece in prima persona impegnati al lavoro con cazzuola in mano.

     Il lavoro è certamente un mezzo per la propria realizzazione ma non dimentichiamo che se il Signore non è presente nella nostra vita, questa realizzazione verrà sempre frustrata per mancanza, oggi del lavoro, domani dal posto giusto e poi... e poi...

     La flessibilità di cui si parla tanto, dovrebbe essere innanzitutto nella nostra disponibilità a fare un qualsiasi altro lavoro onesto che ci consente d’onorare i nostri impegni con la famiglia e la società in cui viviamo. {03-03-2008}

 

 

2. {Daniele Salini}

 

Nota redazionale: Daniele Salini, oltre a essere un imprenditore di Piacenza (Sada), è il presidente di Apice (Associazione Professionisti Imprenditori Cristiani Evangelici). Ora diamo voce a lui. Dello stesso autore si veda anche l'articolo «Cosa può insegnare perdere il lavoro a 40 anni?».

 

Carissimo Nicola, il problema che sollevi è il punto cruciale su cui «Apice» sta lavorando dalla sua nascita nel 2003 scoprendo uno scenario che s’arricchisce ogni giorno ma che diventa anche una sfida sempre più complessa da definire e affrontare.

     Noi d’Apice abbiamo compreso da subito che la sfida che ci veniva dal mondo degli affari poteva essere affrontata solo nella completezza dei tre mandati biblici che Dio conferisce all’uomo:

     ■ 1) culturale (Genesi 2,19-20)

     ■ 2) relazionale (Genesi 1,26-28)

     ■ 3) di discepolato (Matteo 28,18-20).

 

Mi piacerebbe approfondire quanto appena affermato ma ripeterei solo cose che sono già presenti sul sito d’Apice citato.

     Una cosa mi sento d’affermare con forza perché sperimentata più volte e da tanto tempo: ogni scorciatoia che privilegiasse uno solo dei mandati pone le basi per risposte di tipo immediato ma semplicistiche e quindi con un potenziale d’insuccesso nel medio-lungo periodo prevedibile e scontato.

     Pertanto ogni prospettiva che si discute e s’analizza deve tenere conto dei tre aspetti e bisogna prendersi il tempo necessario per una loro elaborazione che sia il più completa possibile.

     Questo è anche il motivo per cui sembra che alle volte noi d’Apice stiamo andando lenti nelle proposte che ci vengono sollecitate ma dobbiamo onestamente ammettere che spesso non abbiamo soluzioni a breve per i quesiti che ci vengono posti, o almeno non vogliamo perseguire strade facili ma dall’esito incerto e insoddisfacente.

     Se ad esempio il problema è economico, bisogna fare lo sforzo d’elaborare un modello economico che sia culturale, relazionale e di discepolato. Occorre vedere in modo integrato il lato intellettuale, le questioni degli stili di vita e il lato spirituale.

     Lo stesso si deve dire se il problema è di tipo etico o altro.

     L’esperienza di questi anni mi porta a dire che l’approccio evangelico tipico a queste tematiche è sempre limitato a un solo mandato: quello evangelistico con forti connotati spirituali.

     Manca sempre la riflessione culturale (a chi non piace il termine lo sostituisca con i più biblici conoscenza oppure saggezza) e quasi sempre la definizione d’uno stile di vita corrispondente che chiarisca alla luce della Scrittura valori, principi e azioni conseguenti.

     Bisogna anche riconoscere, con molta umiltà, che questi sono problemi che richiedono soluzioni non solo di tipo personale e intimistico ma coinvolgono la vita in tutti i suoi aspetti più complessi per cui, forse, non sempre il mondo evangelico ha tutta la preparazione necessaria.

     Un esempio concreto di corretto approccio penso si possa trovare nel libro «Amministrare le finanze con buon senso e secondo principi biblici», recentemente pubblicato da Casa della Bibbia e Apice; ma qui il discorso si fa lungo e mi fa ritornare al principio, quando dicevo del percorso che sta sviluppando Apice a cui per forza di cose devo rimandare. {03-03-2008}

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Imprenditore_cristiano_Sh.htm

03-03-2008: Aggiornamento:

 

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