Qui di seguito vogliamo discutere insieme su questo tema che è efflusso
dell’articolo «
Il suo nome è donna».
Le donne gravide sono per me meravigliose e
suscitano sentimenti di mistero, rispetto e tenerezza perfino negli uomini più
duri, abituati in genere a vedere nel gentil sesso specialmente delle «femmine»
o degli oggetti di turbamento sessuale. Ho vissuto da vicino diverse gravidanze
di mia moglie e, oramai, anche le mie figlie sono state incinte. Nella mia
esperienza ho notato una trasformazione misteriosa e meravigliosa della
donna in tali periodi. Tranne che in casi particolari o patologici, ella ne
guadagna in qualità: diventa più tranquilla (anche i tratti si rilassano),
armoniosa, pacata, conciliante, particolarmente femminile; il suo presente è
sereno, lo sguardo al futuro la rende speranzosa e fiduciosa. In genere, i
problemi e i conflitti di sempre, le difficoltà e le circostanze avverse
vengono particolarmente filtrati, relativizzati e ammortizzati. (Certo in casi
patologici una gravidanza può anche amplificare i malesseri già esistenti.)
Ho notato che la gravidanza diventa per molte donne
anche un
toccasana. Alcune trovano in essa la conferma e l’adempimento
della loro femminilità. Per altre ciò coincide con un riscatto personale
e sociale e godono di essere, perciò, al centro delle attenzioni e delle premure
degli altri. La gravidanza porta in alcune anche una certa forma di
guarigione personale e psichica da egotismo, psicosi, complessi di
inferiorità, patologie da relazione, eccetera. L’occupazione con l’essere in
divenire e col «nido» per accoglierlo allontana da tante cose patogene e da
fonti di malessere.
In
genere, una donna esce da una gravidanza e da un parto in gran parte
trasformata, più forte e più capace di vivere. In genere, dopo il parto, le donne trovano
realizzazione e appagamento anche in tale creatura venuta alla luce. Eppure,
alcune donne, pur avendo avuto una felice gravidanza e una «dolce attesa», dopo
il parto vedono la loro vita sconvolta, cadono in depressione e tutti i
problemi del mondo sembrano essere i loro. Questo è ciò che risulta dal primo
contributo...
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
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I contributi sul tema
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sottostante
1.
{Salomè
Stisabi, ps.} ▲
Ho vissuto una gravidanza felice e voluta. Tutte le mie amiche mi
dicevano che, appena sarebbe nato il bimbo, mi sarei sentita speciale, piena di
gioia per quel che avevo fatto.
Devo però dire che la prima reazione alla vista
del bambino è stata disgusto: fino a quel momento non avevo percepito il bambino
come qualcosa di diverso dal mio corpo; ma quando ho visto che quella, che era
uscita da me, era una persona autonoma, sono rimasta sconvolta.
Nei mesi successivi sono andata incontro a una forte
depressione e non mi sono sentita veramente compresa da nessuno. Tutti,
infatti, s’aspettano che la donna si senta realizzata dalla nascita del figlio.
E anche per me così è stato: fin da piccola avevo sognato quel bambino. Ma
paradossalmente proprio per questo la mia esistenza mi sembrava senza scopo:
quello che dovevo fare nella vita l’avevo fatto, ora non avevo più orizzonti
davanti a me, avrei potuto benissimo morire.
Ormai ho superato da tempo la depressione post-parto,
ma da allora
mi sento vecchia, anche se ho trent’anni. Il futuro lo vedo nella
generazione di mio figlio e io mi sento già nel passato.
Si aggiunga a ciò che le aspettative sociali nei
confronti delle mamme sono enormi, ti schiacciano a tal punto che ti sembra di
non aver più la forza di sostenerle. Esse devono allattare al seno (altrimenti
non sono abbastanza mamme), ma tenersi in forma (perché devono pur curare il
loro aspetto), lavorare (altrimenti non si realizzano), ma tenere la casa
sterilizzata (altrimenti al bambino viene l’allergia), devono essere carine con
il marito e non fargli mancare mai la cena (altrimenti s’ingelosisce), uscire
con le amiche (altrimenti non sono al passo con i tempi). In ambito cristiano,
secondo me, è persino
peggio, perché all’elenco precedente bisogna aggiungere il partecipare
alle riunioni (altrimenti non sono spirituali), facendo tacere in qualche modo
magico il figlio (altrimenti sono delle mondane che viziano i figli), stare
sottomessa al marito (altrimenti sono ribelli), leggere regolarmente la Bibbia
(se no s’attireranno qualche punizione divina). Si può uscire da una gravidanza più forti e capaci di
vivere, ma una buona parte delle donne, che conosco, ne è uscita distrutta
nella salute e nell’autostima. Una volta avevo letto su una rivista che la maggior
parte delle donne italiane desidera tre figli, ma poi si ferma dopo il primo.
Invece, di raccontarci delle favole sulla bellezza della maternità,
sarebbe meglio interrogarci del perché d’un fallimento così clamoroso. {05-2007}
2.
{Nicola Martella}
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Capisco la depressione post-parto, visto che ogni donna — chi più chi
meno — la passa. L’intero metabolismo è sconvolto e deve normalizzarsi. Posso
capire, in parte, anche il sentimento di inutilità dopo il parto, se
tutto nella vita era concentrato specialmente su quella meta esistenziale; in
effetti, nella fauna ad esempio certi animali d’acqua, dopo aver deposto le uova
fecondate, muoiono a milioni. Ma non dev’essere così fra gli umani: anche dopo
aver smesso di essere mamma biologica, si può essere mamma morale per tutti i
figli del mondo. Capisco le pressioni sociali nei confronti delle
donne-mamme. Ciò dipende però anche da quanto ci si voglia far condizionare dai
cliché sociali. Quanto alle mamme e alle chiese, chi scrive ha una certa
esperienza riguardo alle pressioni ecclesiali. Nel primo secolo si trattava di «chiese
in casa» (cfr. Rm 16) e ambedue (chiesa e casa) coincidevano; la vita
spirituale era integrata in famiglia e viceversa. Non si andava in
chiesa, ma si era chiesa… in casa. La «casa» rappresentava la
partecipazione a tutte le espressioni della vita, compresa la maternità con
tutti gli annessi e connessi. Era normale che ci fossero mamme, che allattavano
e bambini di tutte le età, sia in casa, sia nella chiesa… in casa. In effetti, nella costruzione delle sale, si
pensa poco alle mamme, che allattano o che hanno bambini piccoli; poi però
magari si fa i moralisti, perché le mamme con neonati non vengano ai culti per
lunghi periodi. In Giappone ho visto sale di culto cha avevano stanze apposite
per mamme e bimbi, spesso sopraelevate rispetto alla sala. Un vetro spesso
permetteva alle mamme di assistere al culto e altoparlanti permettevano di
sentire tutto, mentre potevano allattare i neonati e mente i piccoli bambini
potevano giocare con vari giochi. Certe chiese avevano simili salette per età
diverse. Devo ammettere che non conosco nessuna donna «uscita
distrutta [da una gravidanza] nella salute e nell’autostima», sebbene ne
conosca tante e viaggi per tutta l’Italia. Certamente ci saranno casi
particolari (ad esempio quelli con minaccia d'aborto o con complicazioni varie). Certo faremmo bene a «interrogarci del perché d’un
fallimento così clamoroso» riguardo alla maternità nella società
italiana. Ciò nonostante conosco tanti casi di donne, che sono gioiose nella
loro gravidanza, e questa non è una favola. Ricordo le gravidanze delle
mie figlie e vorrei che tante donne fossero pervase un po’ dell’irraggiamento,
che esse emanavano. Mi ricordavano la loro madre.
3. {Pietro
Calenzo}
▲
Volevo aggiungere un piccolo contributo, anche se ovviamente non sono una madre.
Leggendo la Scrittura, è veramente armonioso ed edificante affascinarsi di come
il Signore creò il suo splendido macro e microcosmo. Il Signore Dio creò:
e tutto ciò era buono. Creò l’uomo, ed evidentemente anche ciò era buono. Poi
l’Eterno disse: «È bene che l’uomo non sia solo», e creò la donna.
Quando l’uomo si svegliò disse: «Finalmente...», a denotare che colei, che era
stata appena creata, completava in modo meraviglioso i desideri più intimi e
nobili del suo cuore, del suo spirito.
Poi, venne la
ribellione contro Dio, ma Dio malgrado tutto, pur punendo il peccato, assegnò
alla donna il compito nobilissimo della continuazione, in modo diretto,
della creazione umana. Nel Nuovo Testamento il Signore Gesù ci espose ancora più
pienamente il piano di Dio per la donna. Pur esistendo una complementarietà di
ruoli nel rapporto uomo-donna, nessuna religione di origine umana ha potuto ben
esprimere ciò, che Dio pretende, e giustamente, da ogni suo figlio. «Mariti
amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la chiesa e ha dato la
sua vita per essa» (Ef 5,25). Anche le donne più radicalmente glaciali,
indurite, quando notano e poi constatano che una nuova vita ha preso
forma nel loro grembo, riacquistano una nuova visione della vita, che si è
riprodotta in esse, in modo così divinamente speciale; e ciò rivela loro mille
piccole grandi meraviglie del creato, prima ignorate, che le condurrà persino ad
amare di più se stesse
Colui, che è stato con lei attore di questo miracolo della vita (ossia Dio), e
quel pargolo, che lei stringe fra le braccia. A Dio la gloria eterna.
{21-05-2013}
4. {Anna Maiore}
▲
Io credo che, per mettere al mondo un figlio, bisognerebbe essere consapevoli
di quello, a cui si va incontro, e se siamo in grado di fare quei sacrifici, che
servono per crescerlo. Non riesco a capire come si possa vedere un
piccolo essere, assistere a quel miracolo, che è la nascita, e provare «repulsione».
Probabilmente, quando non si riesce a superare quelle, che sono le cose normali
della vita, come ad esempio il cambiamento, che ne consegue, allora ci sono dei
problemi, che con l’amore e la dedizione, si superano. Quanti problemi ci
sono in questa vita, ma un cristiano è anche più consapevole dell’amore,
che deve trasmettere agli altri. Ho sempre pensato che l’amore di una mamma sia
quello, che più si avvicina all’amore di Dio, perché è un amore
«incondizionato»: Figlio mio ti amo, comunque tu sia!
Le aspettative sociali, cara Salomè, non sono
importanti, tu devi sapere cosa vuoi fare o essere per tuo figlio. I genitori
devono imparare, anche sbagliando, cosa possono fare per i propri figli in
conformità a questa
responsabilità, che si sono presi. Cosa importa, se gli altri pensano
che lo vizi? Con la sua nascita non hai finito lo scopo della vita, ma
inizia a realizzarsi uno degli scopi della tua vita, ossia quello di crescere
tuo figlio.
Scusa, forse parlo troppo dal mio punto di vista; in
ogni modo, faccio notare che io i miei tre figli me li sono dovuta crescere
da sola.
Cura la tua
depressione e vedi tuo figlio con l’amore, di cui ha bisogno, e vedrai
quanto sarà bello. {21-05-2013}
5. {Eugenia
Minacapelli}
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Sono una giovane mamma (ho 26 anni) e devo dire che, quando ho scoperto di
essere incinta, ero alquanto preoccupata dei cambiamenti, che stavano per
accadere, sia nel mio corpo che nel rapporto con mio marito. La gravidanza
comunque è stata un’avventura entusiasmante, complice il fatto che non
avevo praticamente alcun disturbo, quindi ho potuto mantenere diversi impegni,
prendendo semplicemente alcune accortezze. Il periodo post-parto, a ogni modo, è veramente
un momento di «prova» — dura più o meno 40 giorni, e questo «40» fa già
pensare alla prova, per chi legge le Scritture! I motivi sono senz’altro anche
fisici e ormonali; ma ci sentiamo sopraffatte dagli eventi, spaventate,
incomprese e improvvisamente «incapaci» di destreggiarci così bene come prima
tra le varie faccende quotidiane. In più, ci sentiamo in colpa, perché
pensiamo che non sia giusto essere tristi di fronte a un evento così bello come
la nascita. Devo ringraziare una mia sorella in Cristo che mi aveva avvisata
per tempo
di questi stati d’animo e che durante quel periodo mi rassicurava,
dicendo che era tutto «normale, fisiologico» e soprattutto «passeggero». Si
pensano cose strane, s’immaginano cose strane, ma passa. L’importante è
non stare troppo da sole e farsi aiutare da persone, che non ci
schiaccino psicologicamente; e si fa bene, senza sensi di colpa, a circondarsi,
almeno per quei giorni, di persone con cui siamo a nostro agio.
Non c’è nulla di sbagliato, se non si avverte
immediatamente un immenso amore verso il proprio figlio; l’attaccamento e
l’affetto sbocceranno man mano e matureranno giorno per giorno. Guardo
alla mia vita adesso e non rinuncerei mai all’esperienza della maternità.
Ho imparato ancora di più a
dipendere da Dio giorno per giorno, a ringraziarlo per ogni sorriso di
questo bimbo e per ogni volta che ho visto il suo sguardo tranquillo e
soddisfatto, mentre lo allattavo; era come se nulla potesse accadergli di male,
dal momento che lo tenevo stretto a me. Da questo capisco cosa voglia davvero
dire il versetto di Salmi 131,2: «In verità l’anima mia è calma e tranquilla.
Come un bimbo divezzato sul seno di sua madre, così è tranquilla in me
l’anima mia».
E ringrazio Dio per questo privilegio, che ci
dà, per questo dono, che è suo. {22-05-2013}
6. {}
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12. {Autori
vari}
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Maria Laudani:
Per me è stato un
tempo bellissimo, ricco di tanta gioia e di ringraziamento a Dio, per
avermi dato la gioia di essere mamma. {21-05-2013}
■
Anna Rita Lai: Sì, amen. Sì,
per grazia Dio, ho 4 figli, ognuno è stato il dono prezioso per me donna,
e oggi anche nonna. Ancora di più posso godere della gioia, che Dio ha
messo nel mio cuore. Grazie, fratello. {21-05-2013}
► Per l’approfondimento: Sul tema della procreazione cfr. in Nicola Martella,
Tenerezza e fedeltà, Sesso & Affini 2 (Punto°A°Croce, Roma 1998), tra altri, i seguenti articoli: ■ La riproduzione, pp. 284ss ■ La contraccezione, pp. 291ss ■ La pianificazione famigliare, pp. 309ss ■ La sterilità, pp. 317ss |
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Gravidanza_maternita_S&A.htm
26-05-2007; Aggiornamento: 22-05-2013
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