Il confronto sul
tema «Aspetti
dell’etica del nuovo patto (Lc 6,20-39)» ha alimentato la
discussione. Quante volte bisogna dare l'altra guancia? Bisogna proprio
rinunciare che ci venga fatta giustizia all'interno di uno Stato di diritto? E
se si vive in tempi difficili e in situazioni pericolose per chi esercita la
fede in Cristo? Diamo qui di seguito ai lettori l’occasione di continuare il
confronto.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul
tema
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sottostante
1.
{Francesco di Franco} ▲
Caro Nicola, cari
fratelli, cari amici, prima di tutto un grazie a Nicola per il suo impegno nella
gestione di questo sito, credo sia utile ed edificante. Grazie ancora per come
ti sei impegnato nel formulare le tue tesi sull’argomento in questione.
Mia moglie Livia è perfettamente d’accordo con te. Io invece, se posso,
aggiungerei alla mia esposizione alcune cose.
Credo che la Parola di Dio sia stupendamente grande anche per il fatto che essa
è pratica per la vita del credente.... per insegnargli a vivere.
Il regno di Dio è già iniziato nei nostri cuori
ma
un giorno il regno di Dio sarà stabilito anche in senso fisico. Il capo di
questo regno, cioè il Re, è Gesù. Il regno è come una nazione e gli abitanti di
tale nazione ne formano la sua società o comunità. In ogni comunità o società,
per poter vivere bene, occorre che i suoi membri rispettino alcune regole.
Infatti senza regole ci sarebbe solo anarchia. Nel regno di Gesù, non c’è posto
per l’anarchia. Gesù infatti ci ha spiegato le regole che dobbiamo seguire per
vivere nel suo regno. La sintesi delle regole da seguire è questa:
amore e
giustizia. Quindi ogni nostra
azione, pensiero, desiderio, ecc. dovrebbe tendere verso queste due cose.
Ora, quando qualcuno mi colpisce su una guancia, se io porgo l’altra guancia
dimostro
amore nei confronti di chi mi ha
colpito; ma se egli mi colpisce nuovamente, allora io devo anche dimostrare
giustizia (se non facessi così non dimostrerei neanche amore in primo luogo).
Nella tua tesi, sostieni (se capisco bene) che in caso di persecuzione allora è
meglio non reagire anche perché la reazione potrebbe portare al rischio della
vita.
Ma io dico: come credente, non devo avere paura di chi può togliermi la vita
anche in caso di persecuzione. Il fatto di temere per la vita fisica non mi deve
distogliere di fare tutto il possibile per la giustizia.
«E non temete coloro che uccidono il corpo, ma
non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire e
l’anima e il corpo nella geenna» (Mt 10,28).
E ancora Paolo diceva: «Per me il vivere è Cristo e il morire guadagno»
(Fil 1,21). Perché guadagno? Perché si va subito alla stupenda presenza di
Dio.... Alleluia, amici.
Ora smorzo un po’ i toni, ma ecco io credo che un cristiano in un certo senso
(visto che siamo nel mezzo d’una guerra spirituale) sia come una specie di
soldato di Cristo o meglio un cavaliere di Cristo.
Riporto qua di seguito il preambolo della promessa d’un cavaliere (ce ne sono
diverse, questa è forse una delle più conosciute):
Un Cavaliere è devoto al valore
il suo cuore conosce solo la virtù
la sua spada difende i bisognosi
la sua forza sostiene i deboli
le sue parole dicono solo verità
la sua ira s’abbatte sui malvagi.
Spada, forza, ecc.
sono ovviamente da rendere in senso figurato. Ora non dico che ogni credente
dovrebbe comportarsi così... Ma se Dio è con noi, di chi temeremo? {11-02-2008}
2.
{Nicola Martella} ▲
«Amore e giustizia»
sono un buon connubio, al pari di «amore e verità». Se un cristiano porge
l’altra guancia significa che rinuncia alla rappresaglia, volendo porre
al male un limite e mirando a un bene superiore, o è impossibilitato di far
valere il suo diritto. Quotidianamente leggiamo e sentiamo di casi in cui si è
passati dalle parole ai fatti… e poi c’è scappato il morto; i motivi sono sempre
futili. Gesù ha parlato qui dell’etica dei suoi seguaci, non dell’etica statale.
La rinuncia a rinfocolare il fuoco, lo spegne. Poi l’ira appartiene al Signore.
Noi viviamo in uno Stato di diritto; di ciò non possiamo che essere grati. La
maggior parte della gente di questo mondo in tutta la storia e al presente non
vive in tali situazioni, ma in condizioni in cui la vita vale poco e non
sempre c’è uno Stato che ti protegge. Gesù stesso era continuamente in pericolo
di vita. Stefano fu ucciso dai suoi compaesani (dov’era l’autorità statale?).
Saulo da Tarso entrava di casa in casa per trarne fuori i discepoli del Nazareno
e per ucciderli. I Giudei non seguaci del Nazareno perseguitavano la chiesa. Le
autorità statali o si arrendevano dinanzi alle pressioni locali (così Pilato
dinanzi ai capi giudei) o tolleravano i soprusi o, per ingraziarsi il Sinedrio,
maltrattavano la chiesa e toglievano di mezzo persone chiave (p.es. Erode con
Giacomo di Zebedeo; At 12,1s). Persone fanatiche e facinorose facevano un voto
di astenersi dal mangiare e bere finché non avessero fatto fuori un capo
cristiano. La Palestina era un paese occupato da una potenza straniera e questo
era il clima in cui visse Gesù, gli apostoli e la prima chiesa. La vita non
valeva molto, la si perdeva per molto poco e lo spettacolo delle crocifissioni e
delle pubbliche lapidazioni non erano rare.
Pietro e Giovanni diedero l’altra guancia, quando furono malmenati dal
Sinedrio, ossia tennero un basso profilo quando alla reazione fisica, per
evitare il peggio, ma un alto profilo spirituale quanto alla testimonianza (At
4). Non fecero uso del loro diritto di recarsi dal proconsole romano e di
denunciare il sopruso, per non recare danno alla testimonianza. Anche perché ciò
non sarebbe servito praticamente a niente, trattandosi di questioni religiose
che i Romani delegavano al Sinedrio.
Se non si tiene presente questo contesto, si disquisisce su comodi sofà
di questioni drammatiche che accadono anche oggi, dove si viene perseguitati per
le proprie convinzioni cristiane.
L’affermazione «come credente, non devo avere paura di chi può togliermi
la vita anche in caso di persecuzione» — potrebbe essere interpretata come
frutto di una visione distorta della fede e della vita; ciò non si trova nella
Bibbia, ma è frutto dello stoicismo e del misticismo. La visione ebraica recita
però così: «Per chi è associato a tutti gli altri viventi c’è speranza;
perché
un cane vivo vale meglio d’un leone morto»
(Ec 9,4). Se si analizza il contesto, si prenderà atto che la morte è pur sempre
un trauma della vita e un «smontaggio» dell’essere (cfr. Ec 11,9); si dovrà
aspettare la risurrezione per essere messi «in sesto» come essere completo,
attivo e storicamente funzionante. Il resto è romanticismo religioso. Nessuna
persona nell’AT o nel NT era contenta di morire (cfr. Ezechia in Is 38) o di
essere martirizzata, neppure Gesù (Mt 26,39ss).
Le parole di Gesù in Mt 10,28 non erano in contrasto con Ec 9;
quest’ultimo brano parla della vita in genere, mentre Gesù intendeva la vita
dinanzi alla persecuzione. Nel contesto Gesù parlò della cura di Dio verso i
suoi testimoni e della sfida del Messia verso i suoi seguaci. Egli non intendeva
suggerire un masochistico piacere di cercare di morire, ma — in tali situazioni
estreme — ingiungeva a temere più Dio che gli uomini, tenendo presente che
perdere la propria anima nella geenna di fuoco è peggio che perdere solo il
corpo.
Anche le parole di Paolo in Fil 1,21 non devono essere decontestualizzate
e usate nel senso di un romanticismo della morte, dello stoicismo e di un
masochistico misticheggiante. Poi quanto all’andare «subito alla stupenda
presenza di Dio», quindi in cielo, bisogna frenarsi. Anche Paolo era un giudeo
che pensava come l’Ecclesiaste. I morti in Cristo non vanno in Cielo, ma nel
Paradiso, dove aspettano la risurrezione; i morti, essendo impuri, non possono
comparire dinanzi al trono di Dio, che sta nel santuario celeste. Per
l’approfondimento rimando nel mio libro «Escatologia
1» alle sezione «Lo stato intermedio» (pp. 182-212) e «Il cielo è
diverso» (pp. 350-372). Paolo nel contesto di Fil 1,21 intendeva
evidenziare la dinamica della fede radicata in Cristo, garante di vita e
risurrezione, non intendeva esprimere una specie di masochismo cristianizzato o
di spiritualismo gnosticheggiante. Essendo in prigione e non sapendo l’esito del
processo, chiese preghiere per essere liberato (Fil 1,19), pur essendo pronto a
glorificare Cristo nel suo corpo, «sia con la vita, sia con la morte» (v.
20). Rispetto alla mancanza di prospettiva dei pagani e degli increduli, il
vecchio servo di Dio è legato a Cristo sia nella vita (per servirlo), sia nella
morte (per essere presto con Lui; vv. 21ss). Egli terminò non in modo stoico, ma
con questa convinzione: «E ho questa ferma fiducia che io rimarrò e dimorerò
con tutti voi per il vostro progresso e per la gioia della vostra fede» (v.
25). Anche altrove Paolo espresse il desiderio non di voler morire ma di essere
sopravvestito, arrivando vivente alla risurrezione: «Noi che stiamo in questa
tenda, gemiamo, aggravati; e perciò desideriamo non già d’essere spogliati, ma
d’essere sopravvestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita»
(2 Cor 5,4; 1 Cor 15,51s; 1 Ts 4,15ss).
Altra cosa è avere la libertà in Cristo di essere addirittura «offerto
a mo’ di libazione sul sacrificio e sul servigio della vostra fede» (Fil
2,17). Anche quando egli, trovandosi in prigione e abbandonato quasi da tutti
(vv. 10.16), presagiva che «il tempo della mia dipartenza»
fosse giunto (temeva di essere condannato a morte?) e che stava «per
esser offerto a mo’ di libazione» (2 Tm 4,6), non si rifugiò nello stoicismo
o nello gnosticismo, ma mirava ai fatti del ministero e alla risurrezione (non
certo al piacere di morire; vv. 7s). Intanto, pieno di vita e progetti,
ingiungeva a Timoteo: «Studiati di venire subito da me… Prendi Marco e
portalo con te… porta il mantello… e i libri, specialmente le pergamene»
(vv. 9-13).
Altrove parlò del «sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio» (Rm
12,1), che può essere ben più difficile di quello di martire, poiché porta a
rinunciare al proprio diritto per amore dell’Evangelo.
Una nota al
margine. Non è strano la prontezza con cui alcuni di noi sarebbero pronti a
morire
per principio, mentre hanno difficoltà a dare l’altra guancia dopo la
seconda volta? È saggio pretendere che ci sia fatta giustizia, dove
non c’è uno Stato di diritto, col rischio che ci venga tolta la stessa vita?
Gesù non voleva martiri di sangue, ma testimoni vivi che portassero l’Evangelo
fino alle estremità della terra. Dove i testimoni loro malgrado divennero
vittime per la fede, ciò non era loro desiderio, ma avvenne nonostante le loro
intenzioni.
3. {Domenico Falbo e altri} ▲
Il mestiere del
poliziotto
Caro Francesco di Franco, non andare
in crisi, invece applicati allo studio delle Sacre Scritture, e troverai le
risposte a tutti i tuoi problemi. Ecco sei un poliziotto, cerca di fare questo
mestiere con onestà e con responsabilità, come ti consiglia Giovanni il
Battista: «Anche alcuni soldati lo interrogarono: “E noi, che cosa
dobbiamo fare?”. Rispose: “Non fate violenza a nessuno, non denunciate il falso,
accontentatevi della vostra paga» (Luca 3,14).
In Luca
7,1-10 (guarigione del servo d’un centurione)
abbiamo un esempio in cui perfino i soldati romani venivano apprezzati per il
buon comportamento dagli anziani dei Giudei. Qui vediamo che i capi giudei
parlano bene a Gesù di questo centurione; e poi niente di meno vediamo che Gesù
stesso loda la fede straordinaria di questo romano. Quindi anche Gesù accetta il
mestiere di poliziotto e soldato, se ci sono le virtù.
Un altro
esempio si trova negli Atti degli Apostoli, dove un centurione romano
viene battezzato, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo. Qui vediamo che lo
Spirito Santo è sceso sul centurione e sui suoi famigliari, quindi si può essere
cristiani e ricevere lo Spirito Santo e il battesimo anche facendo il soldato o
il poliziotto (Atti 10,1-10.48).
Abbiamo
ancora, come un bell’esempio, un console romano si fa cristiano (Atti
13,4-12). {13-02-2008}
4. {Domenico Falbo e altri} ▲
Le beatitudini con moderazione
Le beatitudini in Luca 6, 12-48, vanno capiti
all’intero del Nuovo Testamento; infatti Gesù stesso palesa diversi
atteggiamenti all’intero dello stesso Evangelo di Luca.
Mentre Gesù
dice che dobbiamo porgere l’altra guancia, vediamo che egli usa la forza contro
i venditori presso il tempio (Lc 19,45-48). Ordina agli apostoli
perfino di comprare delle spade (Lc 22,36). Ricordiamoci che Gesù ha detto che
ha portato la spada e il fuoco (Lc 12,49-53; Mt,10,34-36). Poi in Atti vediamo
morire i coniugi Anania e Saffira, per
aver mentito allo Spirito Santo (At 5,1-11). E poi Saulo
stesso è colpito di cecità, sulla via per Damasco, e lui a sua volta fa divenire
cieco il mago Bar Gesù o Elima (At
13,10-11).
Paolo
poi castigherà altri peccatori, mettendoli in man di Satana,
com'è scritto nelle sue lettere.
Prendiamo un altro
esempio, nelle beatitudini viene esaltata la povertà,
ma Gesù e gli
apostoli
non mancavano di
nulla, anzi vediamo che Gesù promette ai discepoli il
centuplo
di ciò che hanno lasciato per seguirlo (Lc 18,28-30). Questa è una conferma che
non erano straccioni (Lc 22, 35). Gesù, ha perfino
discepoli ricchi
come
Giuseppe d’Arimatea
(Mt 27,57) e come
Zaccheo
(Lc 19,1-10).
Per capire gli
insegnamenti di Gesù occorre leggere e studiare davvero il Vecchio e il Nuovo
Testamento, ma anche la Patristica, dove i primi cristiani iniziano ad avere
problemi su come interpretare la legge divina e gli insegnamenti di Gesù.
{13-02-2008}
5. {Francesco di Franco} ▲
Circa il porgere l’altra guancia
A volte le parole, i pensieri
verbalizzati possono essere fraintesi. Cerco di chiarire un punto… Il
sottoscritto non ha prontezza di
morire (so che è una esperienza che prima o poi tocca a tutti, anche se la mia
speranza in fondo è quella che Cristo torni prima a prendere con sé la sua
Chiesa e con essa anche me).
Intanto
ringrazio Nicola e gli altri fratelli per il tempo che hanno dedicato a questo
argomento (spero e sono convinto che tale sforzo sia servito non solo per la mia
edificazione ma per quella di tutti… dunque ancora
grazie).
Credo
valga la pena un’ulteriore specificazione. Il punto è questo: dopo aver
adempiuto al comandamento di Gesù di mostrare la seconda guancia (a fatica o
senza fatica), alla terza «botta»...
cominciano i problemi. Perché penso che a quel punto dobbiamo fare di tutto per
affermare la giustizia anche se
questo ci comporta dei rischi, anche se questo ci fa tremare dalla paura...
Infatti, se non facessimo così, allora mi pare che il nostro comportamento
potrebbe essere non corretto, quando cioè restassimo zitti e fermi senza far
niente.
Non credo proprio che il popolo di
Dio debba rinunciare a combattere per un mondo migliore e più giusto. Il mondo
ha bisogno del nostro contributo e non del nostro mettere la coda fra le gambe tremanti per la
paura.
Ecco una
proposta su cosa fare quando veniamo colpiti sulla seconda guancia, dopo
essere stati già colpiti sulla prima:
■ 1)
Pregare Dio per il suo aiuto.
■ 2)
Rivolgersi alle autorità per richiedere giustizia, di intervenire.
■ 3)
Cercare di convincere con le parole e il ragionamento chi delinque, esortandolo
a cambiare atteggiamento.
■ 4)
Quando proprio non c’è altro da fare, allora anche una reazione fisica
coercitiva ci può stare (qualora se ne abbia la possibilità ovviamente, senza
fare il toro che cerca inutilmente di incornare il torero carnefice).
6. {Domenico Falbo e altri} ▲
Siamo felici che
con i nostri studi biblici possiamo contribuire a chiarire la confusione che
regna nei cristiani. Grazie per la pubblicazione. Ecco volevamo completare la
discussione sull’etica delle beatitudini.
Il prestito e il
ladrocinio
Francesco si è sconvolto per la
frase in Luca 6,30: «Dà a chiunque ti chiede; e se qualcuno ti ruba ciò che
t’appartiene, tu non richiederlo».
Ora,
sappiamo che nel Vecchio Testamento s’amputa la mano al ladro! Secondo la legge
mosaica. Rubare è vietato dai Dieci Comandamenti. Anche Gesù li cita: «Conosci
i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire il
falso, ama tuo padre e tua madre» (Luca 18,20). Quindi il ladro, se ruba, va
punito con moderazione cristiana, non con la legge del taglione. Chi viene
derubato deve regolarsi se è stato un bisognoso, un poveraccio, che l’ha fatto
per bisogno, specialmente se si tratta di poco valore, bisogna perdonarlo. Ma se
si tratta d’un delinquente, un pericolo sociale, va punito secondo giustizia
cristiana.
Ora, per capire questo passo
sconcertante in Luca circa il furto da condonare, occorre leggere la versione in
Matteo 5,42: «A chi ti chiede, dà; se uno ti chiede un prestito, non
volgergli le spalle». Quindi nell’Evangelo di Matteo non c’è il condono del
furto, ma il prestito caritatevole al bisognoso.
Lo status quo
Vediamo
che Gesù non cambia lo stato delle cose, non elimina l’autorità religiosa, ma
saranno gli eventi successivi a farlo. In Matteo 23,1-3 leggiamo: «Allora
Gesù si rivolse alle folle e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè
si sono assisi gli scribi e i farisei. Fate e osservate ciò che vi dicono, ma
non quello che fanno. Poiché dicono, ma non fanno”».
Vediamo
che Gesù non cambia la situazione politica, né elimina l’autorità politica,
costituita dai romani occupanti. Infatti Gesù è chiarissimo in questo punto: «Date
dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Matteo
22,21). Paolo, ordina perfino di pregare per le autorità politiche (1 Timoteo
2,1-2). Vi sono altri passi in Paolo che consigliano l’ubbidienza verso le
autorità politiche. Consideriamo che al tempo di Gesù e Paolo, l’autorità
politica erano gli occupanti romani. {14-02-2008}
7. {Sergiopaolo Falbo} ▲
Il rubare in Luca come interpretarlo?
Vorrei tranquillizzarvi riguardo rubare in Luca 6, 30.
Esaminando diverse Bibbie, ho trovato diversi vocaboli che sostituiscono il
rubare, come prendere e togliere. La versione della CEI, riporta: «A chi ti
prende del tuo». Il significato è simile al versetto di Luca 6,29: «A chi
ti leva il mantello, non rifiutare la tunica». Potrebbe trattarsi di un
delinquente armato o di un soldato romano, che usava la forza per depredare. Qui
Gesù ci mette in guardia che è meglio dare anche la tunica al delinquente che ti
prende il mantello, piuttosto che ribellarsi e venire ucciso; lo stesso dicasi
del porgere l’altra guancia al posto d’un litigio, di botte sanguinose,
ferimenti e morte.
Gesù, vero e unico Maestro
vuole che siamo pacifici, evitando il più possibile lotte, rivalità e contese,
che possono portarci alla rovina e alla morte. Sulla terra gli eletti del
Signore Gesù sono d’indole pacifica, ma i figli delle tenebre sono avidi e pieni
di vizi, trovano gusto nel fare il male al prossimo e non amano la pace e il
quieto stare, ma a loro basta poco per iniziare una lite!
{14-02-2008}
8. {Daniele Ascarelli} ▲
Viviamo in un mondo di ladri e assassini!
Francesco Di Franco ha Scritto: «Infatti, se non devo
ridomandare ciò che mi è stato tolto; beh, allora aboliamo le questure e, visto
che ci siamo, anche la polizia; visto che non devo ridomandare, perche fare
denuncia; e se non c’è denuncia, anche la polizia non ha motivo d’intervenire. E
allora aboliamo anche l’esercito… infatti perché difendersi. Aboliamo altresì
anche gli avvocati… visto che do in prestito qualcosa che non mi viene
restituita, non c’è motivo d’andare in tribunale».
Questo simpatico poliziotto vive su un altro pianeta
e non conosce la Parola del Signore. In questo mondo regna Satana, la
maggioranza degli uomini sono cattivi, criminali, attentatori, kamikaze,
assassini, mafiosi, maghi, massoni, libertini, spudorati, pedofili, stupratori,
indiffferenti, atei e satanisti.
Io ho pochi amici sinceri,
molti sono falsi. Gesù avvertiva gli apostoli che mandava in missione di essere
umili come le colombe e cauti come i serpenti, perché li mandava in mezzo ai
lupi. Perfino Gesù raccomanda ai sui apostoli di procurarsi le spade in quel
momento delle tenebre.
Il simpatico poliziotto
Francesco crede che tutti si fanno cristiani e vivono come angeli; invece oggi
sulla terra, ci sono tante religioni sette e culti, e purtroppo vediamo che
giorno dopo giorno i cristiani perdono la fede e si fanno atei, o buddisti, o
perfino satanisti. Ma poi i cristiani non sono angeli, quanti cristiani sono
falsi e commettono illegalità, perfino dei mafiosi dichiarano di esser cattolici
e praticanti!
Quindi Gesù si rivolge agli
eletti, di imitarlo ed essere umili, di amare i nemici, di porgere l’altra
guancia. Ma sulla terra la maggioranza degli uomini è superba, egoista e
cattiva, tanto che certe volte per una parola in più che mi scappa, quando con
l’auto sto in coda sulla strada, per poco non vengo aggredito e malmenato. La
gente è intollerante al massimo, tanto che quando sono fuori o al lavoro, bado
bene come mi comporto e cosa dico, per evitare questioni e litigi.
Almeno, a casa trovo la
pace, specialmente nel giardino e nell’orto, dove da solo prego e lavoro e mi
sento in compagnia del mio amatissimo Signore.
Caro poliziotto, io
ringrazio il Signore per la polizia e i carabinieri, non dico quante volte per
merito loro mi sono salvato da ladri, scippatori, teppisti e imbroglioni. Una
notte restai su una stradina buia con una ruota bucata, passavano dei ragazzacci
ubriachi, forse uscivano dalla discoteca, si fermarono e cercavano di farmi
paura, era una burla forse, ma ebbi paura, uno di loro tirò fuori un coltellino,
uno cercava di spegnere la sigaretta sulle mie mani; terrorizzato di ricevere ed
anche di fare del male, invocai il Signore, il quale mi salvò, infatti si
avvicinò un’auto dei carabinieri, e i ragazzacci appena la videro da lontano
fuggirono via; io rimasi, aggiustai la ruota e appena si avvicinarono i
carabinieri, li ringraziai e raccontai tutto. Mi chiesero di fare una denuncia;
ma io non la feci, perdonai quegli sciagurati, erano giovani ed ubriachi!
Come si può stare senza
polizia, perfino per pochi euro uccidono tabaccai, baristi e vecchiette? Caro
poliziotto, dovresti sapere meglio di me del pericolo che tutti corriamo in
questo mondo di ladri e assassini! {14-02-2008}
9. {Nicola Martella} ▲
Sono grato per i
lettori che sono intervenuti riguardo a questo tema di etica e che hanno cercato
di chiarirlo. Su alcune cose si può essere certo d’accordo in tutto, sua altre
meno, ma almeno il quadro generale si chiarisce.
Gesù ingiunse ai suoi
discepoli: «A chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica» (Lc
6,29). Come ho già ribadito altrove, il Maestro non disse queste parole nel
comodo salotto letterario di un’odierna associazione non-violenta occidentale,
ma le espresse all’interno della contingenza del suo tempo, quando la Palestina
era in parte protettorato romano e in parte territorio di una provincia
dell’impero.
Come dimenticare le immagini
di poliziotti e militari in tante parti del mondo, dove solo raramente arrivano
giornalisti e telecamere? Le popolazioni sono alla loro mercé. Dove passano gli
«squadroni della morte», lasciano scie di sangue, morte, mutilazioni e
disperazioni. Sotto le dittature, nei paesi occupati da potenze straniere e nei
paesi flagellati dalla guerra civile, poliziotti, militari e paramilitari
abusano della loro forza, rubano, confiscano, torturano e uccidono.
Giovanni Battista disse agli
esattori di tasse, che lo interrogarono, perché toccati dal suo messaggio
penitenziale: «Non riscotete nulla di più di quello che v’è ordinato».
E ai soldati ingiunse: «Non fate estorsioni, né opprimete alcuno con false
denunzie e contentatevi della vostra paga» (Lc 3,12ss). Ciò mostra che
abitualmente non era così. I pubblicani, che raccoglievano le imposte per conto
dei Romani, si arricchivano sfruttavano la gente; i soldati abusavano della loro
autorità e della loro forza per estorcere beni, per ricattare la gente con false
denunce e per «arrotondare» il salario con «espedienti» ladroneschi. La vita
poteva valere poco in un tempo in cui la pena di morte era comminata già per
delitti di opinione, specialmente se non si era cittadini romani. Come mostrano
le vicende di Gesù e di Paolo, era facile trovare falsi testimoni prezzolati.
Ritornando al principio, insegnato da Gesù, secondo cui la vita vale più del
nutrimento e il corpo vale più il vestiario (Mt 6,25; Lc 12,22s), è
comprensibile il suo consiglio dato ai suoi discepoli perché sopravvivessero in
una contingenza sfavorevole alla vita e al diritto: «A
chi ti toglie il mantello, non rifiutare la tunica» (Lc 6,29).
Ho letto ultimamente di
Matthew Henry, un predicatore inglese del 17° secolo. Egli fu depredato da
malfattori. Dopo aver raccontato il triste episodio nel suo diario, aggiunse:
«Sono riconoscente a Dio per diversi motivi: perché non sono stato derubato
prima, perché mi hanno preso la borsa ma non la vita, perché quello che mia
hanno preso, anche se era tutto ciò che possedevo, non era granché, e
soprattutto di essere il derubato ma non il rapinatore».
Penso che chi si è trovato in
tali situazioni, vedrà le cose in modo molto differente, comprenderà al meglio
Lc 6,29 e il suo contesto e sarà grato per avere scampato la salute e la vita.
Si noti che tale predicatore — lungi dall’essere stoico o masochista — non
ringraziò Dio per essere stato rapinato (né riproverò Dio perché era accaduto),
ma trovò in tutto ciò motivi per essere comunque grato a Dio.
Nella scala dei valori, la
vita e la salute valgono più delle cose; quest’ultime si possono ancora
recuperare o riottenere; se si perde la salute, il danno spesso rimane per
sempre; se si perde la vita, ciò è irrimediabile.
Riguardo all’Evangelo poi, parafrasando Ec 9,4,
mi sentirei di dire in genere: «Un testimone vivo val meglio d’un eroe morto».
Questo era l'atteggiamento dei credenti nei confronti di Paolo che spesse volte
gli consigliarono di abbandonare il campo locale, diventato minato, per
continuare a essere da vivo un testimone efficace (At 9,28ss; 17,10.14). E fu
anche ciò che Paolo fece di propria iniziativa (At 20,1) o su consiglio delle
autorità politiche (At 16,39s). Un generale che non sa ritirarsi in tempo,
perderà tutte le battaglie.
10. {} ▲
11. {} ▲
12. {} ▲
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Etica_tempi_difficili_Esc.htm
13-02-2008; Aggiornamento: 15-02-2008
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