Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Escatologia 1

 

Etica

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

Questa opera contiene senz’altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:
■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?
■ I morti nell’aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?
■ I bimbi morti dove vanno?
■ Se nessuno sa il giorno e l’ora dell’avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?
■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?
■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?
■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?
■ Quando risusciteranno i credenti dell’AT?
■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?
■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?
■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?
■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?
■ I morti si riconoscono nell’aldilà?
■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?
■ Eccetera...

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ETICA PER TEMPI FACILI E DIFFICILI

 

 a cura di Nicola Martella

 

Il confronto sul tema «Aspetti dell’etica del nuovo patto (Lc 6,20-39)» ha alimentato la discussione. Quante volte bisogna dare l'altra guancia? Bisogna proprio rinunciare che ci venga fatta giustizia all'interno di uno Stato di diritto? E se si vive in tempi difficili e in situazioni pericolose per chi esercita la fede in Cristo? Diamo qui di seguito ai lettori l’occasione di continuare il confronto.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Francesco di Franco

2. Nicola Martella

3. D. Falbo e altri

4. D. Falbo e altri

5. Francesco di Franco

6. D. Falbo e altri

7. Sergiopaolo Falbo

8. Daniele Ascarelli

9. Nicola Martella

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Francesco di Franco}

 

Caro Nicola, cari fratelli, cari amici, prima di tutto un grazie a Nicola per il suo impegno nella gestione di questo sito, credo sia utile ed edificante. Grazie ancora per come ti sei impegnato nel formulare le tue tesi sull’argomento in questione.

     Mia moglie Livia è perfettamente d’accordo con te. Io invece, se posso, aggiungerei alla mia esposizione alcune cose.

     Credo che la Parola di Dio sia stupendamente grande anche per il fatto che essa è pratica per la vita del credente.... per insegnargli a vivere.

     Il regno di Dio è già iniziato nei nostri cuori ma un giorno il regno di Dio sarà stabilito anche in senso fisico. Il capo di questo regno, cioè il Re, è Gesù. Il regno è come una nazione e gli abitanti di tale nazione ne formano la sua società o comunità. In ogni comunità o società, per poter vivere bene, occorre che i suoi membri rispettino alcune regole. Infatti senza regole ci sarebbe solo anarchia. Nel regno di Gesù, non c’è posto per l’anarchia. Gesù infatti ci ha spiegato le regole che dobbiamo seguire per vivere nel suo regno. La sintesi delle regole da seguire è questa: amore e giustizia. Quindi ogni nostra azione, pensiero, desiderio, ecc. dovrebbe tendere verso queste due cose.

     Ora, quando qualcuno mi colpisce su una guancia, se io porgo l’altra guancia dimostro amore nei confronti di chi mi ha colpito; ma se egli mi colpisce nuovamente, allora io devo anche dimostrare giustizia (se non facessi così non dimostrerei neanche amore in primo luogo).

     Nella tua tesi, sostieni (se capisco bene) che in caso di persecuzione allora è meglio non reagire anche perché la reazione potrebbe portare al rischio della vita.

     Ma io dico: come credente, non devo avere paura di chi può togliermi la vita anche in caso di persecuzione. Il fatto di temere per la vita fisica non mi deve distogliere di fare tutto il possibile per la giustizia.

     «E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire e l’anima e il corpo nella geenna» (Mt 10,28).

     E ancora Paolo diceva: «Per me il vivere è Cristo e il morire guadagno» (Fil 1,21). Perché guadagno? Perché si va subito alla stupenda presenza di Dio.... Alleluia, amici.

     Ora smorzo un po’ i toni, ma ecco io credo che un cristiano in un certo senso (visto che siamo nel mezzo d’una guerra spirituale) sia come una specie di soldato di Cristo o meglio un cavaliere di Cristo.

     Riporto qua di seguito il preambolo della promessa d’un cavaliere (ce ne sono diverse, questa è forse una delle più conosciute):

                        Un Cavaliere è devoto al valore

                        il suo cuore conosce solo la virtù

                        la sua spada difende i bisognosi

                        la sua forza sostiene i deboli

                        le sue parole dicono solo verità

                        la sua ira s’abbatte sui malvagi.

 

Spada, forza, ecc. sono ovviamente da rendere in senso figurato. Ora non dico che ogni credente dovrebbe comportarsi così... Ma se Dio è con noi, di chi temeremo? {11-02-2008}

 

 

2. {Nicola Martella}

 

«Amore e giustizia» sono un buon connubio, al pari di «amore e verità». Se un cristiano porge l’altra guancia significa che rinuncia alla rappresaglia, volendo porre al male un limite e mirando a un bene superiore, o è impossibilitato di far valere il suo diritto. Quotidianamente leggiamo e sentiamo di casi in cui si è passati dalle parole ai fatti… e poi c’è scappato il morto; i motivi sono sempre futili. Gesù ha parlato qui dell’etica dei suoi seguaci, non dell’etica statale. La rinuncia a rinfocolare il fuoco, lo spegne. Poi l’ira appartiene al Signore.

     Noi viviamo in uno Stato di diritto; di ciò non possiamo che essere grati. La maggior parte della gente di questo mondo in tutta la storia e al presente non vive in tali situazioni, ma in condizioni in cui la vita vale poco e non sempre c’è uno Stato che ti protegge. Gesù stesso era continuamente in pericolo di vita. Stefano fu ucciso dai suoi compaesani (dov’era l’autorità statale?). Saulo da Tarso entrava di casa in casa per trarne fuori i discepoli del Nazareno e per ucciderli. I Giudei non seguaci del Nazareno perseguitavano la chiesa. Le autorità statali o si arrendevano dinanzi alle pressioni locali (così Pilato dinanzi ai capi giudei) o tolleravano i soprusi o, per ingraziarsi il Sinedrio, maltrattavano la chiesa e toglievano di mezzo persone chiave (p.es. Erode con Giacomo di Zebedeo; At 12,1s). Persone fanatiche e facinorose facevano un voto di astenersi dal mangiare e bere finché non avessero fatto fuori un capo cristiano. La Palestina era un paese occupato da una potenza straniera e questo era il clima in cui visse Gesù, gli apostoli e la prima chiesa. La vita non valeva molto, la si perdeva per molto poco e lo spettacolo delle crocifissioni e delle pubbliche lapidazioni non erano rare.

     Pietro e Giovanni diedero l’altra guancia, quando furono malmenati dal Sinedrio, ossia tennero un basso profilo quando alla reazione fisica, per evitare il peggio, ma un alto profilo spirituale quanto alla testimonianza (At 4). Non fecero uso del loro diritto di recarsi dal proconsole romano e di denunciare il sopruso, per non recare danno alla testimonianza. Anche perché ciò non sarebbe servito praticamente a niente, trattandosi di questioni religiose che i Romani delegavano al Sinedrio.

     Se non si tiene presente questo contesto, si disquisisce su comodi sofà di questioni drammatiche che accadono anche oggi, dove si viene perseguitati per le proprie convinzioni cristiane.

     L’affermazione «come credente, non devo avere paura di chi può togliermi la vita anche in caso di persecuzione» — potrebbe essere interpretata come frutto di una visione distorta della fede e della vita; ciò non si trova nella Bibbia, ma è frutto dello stoicismo e del misticismo. La visione ebraica recita però così: «Per chi è associato a tutti gli altri viventi c’è speranza; perché un cane vivo vale meglio d’un leone morto» (Ec 9,4). Se si analizza il contesto, si prenderà atto che la morte è pur sempre un trauma della vita e un «smontaggio» dell’essere (cfr. Ec 11,9); si dovrà aspettare la risurrezione per essere messi «in sesto» come essere completo, attivo e storicamente funzionante. Il resto è romanticismo religioso. Nessuna persona nell’AT o nel NT era contenta di morire (cfr. Ezechia in Is 38) o di essere martirizzata, neppure Gesù (Mt 26,39ss).

     Le parole di Gesù in Mt 10,28 non erano in contrasto con Ec 9; quest’ultimo brano parla della vita in genere, mentre Gesù intendeva la vita dinanzi alla persecuzione. Nel contesto Gesù parlò della cura di Dio verso i suoi testimoni e della sfida del Messia verso i suoi seguaci. Egli non intendeva suggerire un masochistico piacere di cercare di morire, ma — in tali situazioni estreme — ingiungeva a temere più Dio che gli uomini, tenendo presente che perdere la propria anima nella geenna di fuoco è peggio che perdere solo il corpo.

     Anche le parole di Paolo in Fil 1,21 non devono essere decontestualizzate e usate nel senso di un romanticismo della morte, dello stoicismo e di un masochistico misticheggiante. Poi quanto all’andare «subito alla stupenda presenza di Dio», quindi in cielo, bisogna frenarsi. Anche Paolo era un giudeo che pensava come l’Ecclesiaste. I morti in Cristo non vanno in Cielo, ma nel Paradiso, dove aspettano la risurrezione; i morti, essendo impuri, non possono comparire dinanzi al trono di Dio, che sta nel santuario celeste. Per l’approfondimento rimando nel mio libro «Escatologia 1» alle sezione «Lo stato intermedio» (pp. 182-212) e «Il cielo è diverso» (pp. 350-372). Paolo nel contesto di Fil 1,21 intendeva evidenziare la dinamica della fede radicata in Cristo, garante di vita e risurrezione, non intendeva esprimere una specie di masochismo cristianizzato o di spiritualismo gnosticheggiante. Essendo in prigione e non sapendo l’esito del processo, chiese preghiere per essere liberato (Fil 1,19), pur essendo pronto a glorificare Cristo nel suo corpo, «sia con la vita, sia con la morte» (v. 20). Rispetto alla mancanza di prospettiva dei pagani e degli increduli, il vecchio servo di Dio è legato a Cristo sia nella vita (per servirlo), sia nella morte (per essere presto con Lui; vv. 21ss). Egli terminò non in modo stoico, ma con questa convinzione: «E ho questa ferma fiducia che io rimarrò e dimorerò con tutti voi per il vostro progresso e per la gioia della vostra fede» (v. 25). Anche altrove Paolo espresse il desiderio non di voler morire ma di essere sopravvestito, arrivando vivente alla risurrezione: «Noi che stiamo in questa tenda, gemiamo, aggravati; e perciò desideriamo non già d’essere spogliati, ma d’essere sopravvestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita» (2 Cor 5,4; 1 Cor 15,51s; 1 Ts 4,15ss).

     Altra cosa è avere la libertà in Cristo di essere addirittura «offerto a mo’ di libazione sul sacrificio e sul servigio della vostra fede» (Fil 2,17). Anche quando egli, trovandosi in prigione e abbandonato quasi da tutti (vv. 10.16), presagiva che «il tempo della mia dipartenza» fosse giunto (temeva di essere condannato a morte?) e che stava «per esser offerto a mo’ di libazione» (2 Tm 4,6), non si rifugiò nello stoicismo o nello gnosticismo, ma mirava ai fatti del ministero e alla risurrezione (non certo al piacere di morire; vv. 7s). Intanto, pieno di vita e progetti, ingiungeva a Timoteo: «Studiati di venire subito da me… Prendi Marco e portalo con te… porta il mantello… e i libri, specialmente le pergamene» (vv. 9-13).

     Altrove parlò del «sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio» (Rm 12,1), che può essere ben più difficile di quello di martire, poiché porta a rinunciare al proprio diritto per amore dell’Evangelo.

 

Una nota al margine. Non è strano la prontezza con cui alcuni di noi sarebbero pronti a morire per principio, mentre hanno difficoltà a dare l’altra guancia dopo la seconda volta? È saggio pretendere che ci sia fatta giustizia, dove non c’è uno Stato di diritto, col rischio che ci venga tolta la stessa vita? Gesù non voleva martiri di sangue, ma testimoni vivi che portassero l’Evangelo fino alle estremità della terra. Dove i testimoni loro malgrado divennero vittime per la fede, ciò non era loro desiderio, ma avvenne nonostante le loro intenzioni.

 

 

3. {Domenico Falbo e altri}

 

Il mestiere del poliziotto

 

Caro Francesco di Franco, non andare in crisi, invece applicati allo studio delle Sacre Scritture, e troverai le risposte a tutti i tuoi problemi. Ecco sei un poliziotto, cerca di fare questo mestiere con onestà e con responsabilità, come ti consiglia Giovanni il Battista: «Anche alcuni soldati lo interrogarono: “E noi, che cosa dobbiamo fare?”. Rispose: “Non fate violenza a nessuno, non denunciate il falso, accontentatevi della vostra paga» (Luca 3,14).

     In Luca 7,1-10 (guarigione del servo d’un centurione) abbiamo un esempio in cui perfino i soldati romani venivano apprezzati per il buon comportamento dagli anziani dei Giudei. Qui vediamo che i capi giudei parlano bene a Gesù di questo centurione; e poi niente di meno vediamo che Gesù stesso loda la fede straordinaria di questo romano. Quindi anche Gesù accetta il mestiere di poliziotto e soldato, se ci sono le virtù.

     Un altro esempio si trova negli Atti degli Apostoli, dove un centurione romano viene battezzato, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo. Qui vediamo che lo Spirito Santo è sceso sul centurione e sui suoi famigliari, quindi si può essere cristiani e ricevere lo Spirito Santo e il battesimo anche facendo il soldato o il poliziotto (Atti 10,1-10.48).

     Abbiamo ancora, come un bell’esempio, un console romano si fa cristiano (Atti 13,4-12). {13-02-2008}

 

 

4. {Domenico Falbo e altri}

 

Le beatitudini con moderazione

 

Le beatitudini in Luca 6, 12-48, vanno capiti all’intero del Nuovo Testamento; infatti Gesù  stesso palesa diversi atteggiamenti all’intero dello stesso Evangelo di Luca.

     Mentre Gesù  dice che dobbiamo porgere l’altra guancia, vediamo che egli usa la forza contro i venditori presso il tempio (Lc 19,45-48). Ordina agli apostoli perfino di comprare delle spade (Lc 22,36). Ricordiamoci che Gesù ha detto che ha portato la spada e il fuoco (Lc 12,49-53; Mt,10,34-36). Poi in Atti vediamo morire i coniugi Anania e Saffira, per aver mentito allo Spirito Santo (At 5,1-11). E poi Saulo stesso è colpito di cecità, sulla via per Damasco, e lui a sua volta fa divenire cieco il mago Bar Gesù o Elima (At 13,10-11). Paolo poi castigherà altri peccatori, mettendoli in man di Satana, com'è scritto nelle sue lettere.

     Prendiamo un altro esempio, nelle beatitudini viene esaltata la povertà, ma Gesù e gli apostoli non mancavano di nulla, anzi vediamo che Gesù promette ai discepoli il centuplo di ciò che hanno lasciato per seguirlo (Lc 18,28-30). Questa è una conferma che non erano straccioni (Lc 22, 35). Gesù, ha perfino discepoli ricchi come Giuseppe d’Arimatea (Mt 27,57) e come Zaccheo (Lc 19,1-10).

     Per capire gli insegnamenti di Gesù occorre leggere e studiare davvero il Vecchio e il Nuovo Testamento, ma anche la Patristica, dove i primi cristiani iniziano ad avere problemi su come interpretare la legge divina e gli insegnamenti di Gesù. {13-02-2008}

 

 

5. {Francesco di Franco}

 

Circa il porgere l’altra guancia

 

A volte le parole, i pensieri verbalizzati possono essere fraintesi. Cerco di chiarire un punto… Il sottoscritto non ha prontezza di morire (so che è una esperienza che prima o poi tocca a tutti, anche se la mia speranza in fondo è quella che Cristo torni prima a prendere con sé la sua Chiesa e con essa anche me).

     Intanto ringrazio Nicola e gli altri fratelli per il tempo che hanno dedicato a questo argomento (spero e sono convinto che tale sforzo sia servito non solo per la mia edificazione ma per quella di tutti… dunque ancora grazie).

     Credo valga la pena un’ulteriore specificazione. Il punto è questo: dopo aver adempiuto al comandamento di Gesù di mostrare la seconda guancia (a fatica o senza fatica), alla terza «botta»... cominciano i problemi. Perché penso che a quel punto dobbiamo fare di tutto per affermare la giustizia anche se questo ci comporta dei rischi, anche se questo ci fa tremare dalla paura... Infatti, se non facessimo così, allora mi pare che il nostro comportamento potrebbe essere non corretto, quando cioè restassimo zitti e fermi senza far niente.

     Non credo proprio che il popolo di Dio debba rinunciare a combattere per un mondo migliore e più giusto. Il mondo ha bisogno del nostro contributo e non del nostro mettere la coda fra le gambe tremanti per la paura.

     Ecco una proposta su cosa fare quando veniamo colpiti sulla seconda guancia, dopo essere stati già colpiti sulla prima:

     ■ 1) Pregare Dio per il suo aiuto.

     ■ 2) Rivolgersi alle autorità per richiedere giustizia, di intervenire.

     ■ 3) Cercare di convincere con le parole e il ragionamento chi delinque, esortandolo a cambiare atteggiamento.

     ■ 4) Quando proprio non c’è altro da fare, allora anche una reazione fisica coercitiva ci può stare (qualora se ne abbia la possibilità ovviamente, senza fare il toro che cerca inutilmente di incornare il torero carnefice).

 

 

6. {Domenico Falbo e altri}

 

Siamo felici che con i nostri studi biblici possiamo contribuire a chiarire la confusione che regna nei cristiani. Grazie per la pubblicazione. Ecco volevamo completare la discussione sull’etica delle beatitudini.

 

Il prestito e il ladrocinio

     Francesco si è sconvolto per la frase in Luca 6,30: «Dà a chiunque ti chiede; e se qualcuno ti ruba ciò che t’appartiene, tu non richiederlo».

     Ora, sappiamo che nel Vecchio Testamento s’amputa la mano al ladro! Secondo la legge mosaica. Rubare è vietato dai Dieci Comandamenti. Anche Gesù li cita: «Conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire il falso, ama tuo padre e tua madre» (Luca 18,20). Quindi il ladro, se ruba, va punito con moderazione cristiana, non con la legge del taglione. Chi viene derubato deve regolarsi se è stato un bisognoso, un poveraccio, che l’ha fatto per bisogno, specialmente se si tratta di poco valore, bisogna perdonarlo. Ma se si tratta d’un delinquente, un pericolo sociale, va punito secondo giustizia cristiana.

Ora, per capire questo passo sconcertante in Luca circa il furto da condonare, occorre leggere la versione in Matteo 5,42: «A chi ti chiede, dà; se uno ti chiede un prestito, non volgergli le spalle». Quindi nell’Evangelo di Matteo non c’è il condono del furto, ma il prestito caritatevole al bisognoso.

 

Lo status quo

     Vediamo che Gesù non cambia lo stato delle cose, non elimina l’autorità religiosa, ma saranno gli eventi successivi a farlo. In Matteo 23,1-3 leggiamo: «Allora Gesù si rivolse alle folle e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono assisi gli scribi e i farisei. Fate e osservate ciò che vi dicono, ma non quello che fanno. Poiché dicono, ma non fanno”».

     Vediamo che Gesù non cambia la situazione politica, né elimina l’autorità politica, costituita dai romani occupanti. Infatti Gesù è chiarissimo in questo punto: «Date dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Matteo 22,21). Paolo, ordina perfino di pregare per le autorità politiche (1 Timoteo 2,1-2). Vi sono altri passi in Paolo che consigliano l’ubbidienza verso le autorità politiche. Consideriamo che al tempo di Gesù e Paolo, l’autorità politica erano gli occupanti romani. {14-02-2008}

 

 

7. {Sergiopaolo Falbo}

 

Il rubare in Luca come interpretarlo?

 

Vorrei tranquillizzarvi riguardo rubare in Luca 6, 30. Esaminando diverse Bibbie, ho trovato diversi vocaboli che sostituiscono il rubare, come prendere e togliere. La versione della CEI, riporta: «A chi ti prende del tuo». Il significato è simile al versetto di Luca 6,29: «A chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica». Potrebbe trattarsi di un delinquente armato o di un soldato romano, che usava la forza per depredare. Qui Gesù ci mette in guardia che è meglio dare anche la tunica al delinquente che ti prende il mantello, piuttosto che ribellarsi e venire ucciso; lo stesso dicasi del porgere l’altra guancia al posto d’un litigio, di botte sanguinose, ferimenti e morte.

     Gesù, vero e unico Maestro vuole che siamo pacifici, evitando il più possibile lotte, rivalità e contese, che possono portarci alla rovina e alla morte. Sulla terra gli eletti del Signore Gesù sono d’indole pacifica, ma i figli delle tenebre sono avidi e pieni di vizi, trovano gusto nel fare il male al prossimo e non amano la pace e il quieto stare, ma a loro basta poco per iniziare una lite! {14-02-2008}

 

 

8. {Daniele Ascarelli}

 

Viviamo in un mondo di ladri e assassini!

 

Francesco Di Franco ha Scritto: «Infatti, se non devo ridomandare ciò che mi è stato tolto; beh, allora aboliamo le questure e, visto che ci siamo, anche la polizia; visto che non devo ridomandare, perche fare denuncia; e se non c’è denuncia, anche la polizia non ha motivo d’intervenire. E allora aboliamo anche l’esercito… infatti perché difendersi. Aboliamo altresì anche gli avvocati… visto che do in prestito qualcosa che non mi viene restituita, non c’è motivo d’andare in tribunale».

 

Questo simpatico poliziotto vive su un altro pianeta e non conosce la Parola del Signore. In questo mondo regna Satana, la maggioranza degli uomini sono cattivi, criminali, attentatori, kamikaze, assassini, mafiosi, maghi, massoni, libertini, spudorati, pedofili, stupratori, indiffferenti, atei e satanisti.

     Io ho pochi amici sinceri, molti sono falsi. Gesù avvertiva gli apostoli che mandava in missione di essere umili come le colombe e cauti come i serpenti, perché li mandava in mezzo ai lupi. Perfino Gesù raccomanda ai sui apostoli di procurarsi le spade in quel momento delle tenebre.

     Il simpatico poliziotto Francesco crede che tutti si fanno cristiani e vivono come angeli; invece oggi sulla terra, ci sono tante religioni sette e culti, e purtroppo vediamo che giorno dopo giorno i cristiani perdono la fede e si fanno atei, o buddisti, o perfino satanisti. Ma poi i cristiani non sono angeli, quanti cristiani sono falsi e commettono illegalità, perfino dei mafiosi dichiarano di esser cattolici e praticanti!

     Quindi Gesù si rivolge agli eletti, di imitarlo ed essere umili, di amare i nemici, di porgere l’altra guancia. Ma sulla terra la maggioranza degli uomini è superba, egoista e cattiva, tanto che certe volte per una parola in più che mi scappa, quando con l’auto sto in coda sulla strada, per poco non vengo aggredito e malmenato. La gente è intollerante al massimo, tanto che quando sono fuori o al lavoro, bado bene come mi comporto e cosa dico, per evitare questioni e litigi.

     Almeno, a casa trovo la pace, specialmente nel giardino e nell’orto, dove da solo prego e lavoro e mi sento in compagnia del mio amatissimo Signore.

     Caro poliziotto, io ringrazio il Signore per la polizia e i carabinieri, non dico quante volte per merito loro mi sono salvato da ladri, scippatori, teppisti e imbroglioni. Una notte restai su una stradina buia con una ruota bucata, passavano dei ragazzacci ubriachi, forse uscivano dalla discoteca, si fermarono e cercavano di farmi paura, era una burla forse, ma ebbi paura, uno di loro tirò fuori un coltellino, uno cercava di spegnere la sigaretta sulle mie mani; terrorizzato di ricevere ed anche di fare del male, invocai il Signore, il quale mi salvò, infatti si avvicinò un’auto dei carabinieri, e i ragazzacci appena la videro da lontano fuggirono via; io rimasi, aggiustai la ruota e appena si avvicinarono i carabinieri, li ringraziai e raccontai tutto. Mi chiesero di fare una denuncia; ma io non la feci, perdonai quegli sciagurati, erano giovani ed ubriachi!

     Come si può stare senza polizia, perfino per pochi euro uccidono tabaccai, baristi e vecchiette? Caro poliziotto, dovresti sapere meglio di me del pericolo che tutti corriamo in questo mondo di ladri e assassini! {14-02-2008}

 

 

9. {Nicola Martella}

 

Sono grato per i lettori che sono intervenuti riguardo a questo tema di etica e che hanno cercato di chiarirlo. Su alcune cose si può essere certo d’accordo in tutto, sua altre meno, ma almeno il quadro generale si chiarisce.

     Gesù ingiunse ai suoi discepoli: «A chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica» (Lc 6,29). Come ho già ribadito altrove, il Maestro non disse queste parole nel comodo salotto letterario di un’odierna associazione non-violenta occidentale, ma le espresse all’interno della contingenza del suo tempo, quando la Palestina era in parte protettorato romano e in parte territorio di una provincia dell’impero.

     Come dimenticare le immagini di poliziotti e militari in tante parti del mondo, dove solo raramente arrivano giornalisti e telecamere? Le popolazioni sono alla loro mercé. Dove passano gli «squadroni della morte», lasciano scie di sangue, morte, mutilazioni e disperazioni. Sotto le dittature, nei paesi occupati da potenze straniere e nei paesi flagellati dalla guerra civile, poliziotti, militari e paramilitari abusano della loro forza, rubano, confiscano, torturano e uccidono.

     Giovanni Battista disse agli esattori di tasse, che lo interrogarono, perché toccati dal suo messaggio penitenziale: «Non riscotete nulla di più di quello che v’è ordinato». E ai soldati ingiunse: «Non fate estorsioni, né opprimete alcuno con false denunzie e contentatevi della vostra paga» (Lc 3,12ss). Ciò mostra che abitualmente non era così. I pubblicani, che raccoglievano le imposte per conto dei Romani, si arricchivano sfruttavano la gente; i soldati abusavano della loro autorità e della loro forza per estorcere beni, per ricattare la gente con false denunce e per «arrotondare» il salario con «espedienti» ladroneschi. La vita poteva valere poco in un tempo in cui la pena di morte era comminata già per delitti di opinione, specialmente se non si era cittadini romani. Come mostrano le vicende di Gesù e di Paolo, era facile trovare falsi testimoni prezzolati.

     Ritornando al principio, insegnato da Gesù, secondo cui la vita vale più del nutrimento e il corpo vale più il vestiario (Mt 6,25; Lc 12,22s), è comprensibile il suo consiglio dato ai suoi discepoli perché sopravvivessero in una contingenza sfavorevole alla vita e al diritto: «A chi ti toglie il mantello, non rifiutare la tunica» (Lc 6,29).

     Ho letto ultimamente di Matthew Henry, un predicatore inglese del 17° secolo. Egli fu depredato da malfattori. Dopo aver raccontato il triste episodio nel suo diario, aggiunse: «Sono riconoscente a Dio per diversi motivi: perché non sono stato derubato prima, perché mi hanno preso la borsa ma non la vita, perché quello che mia hanno preso, anche se era tutto ciò che possedevo, non era granché, e soprattutto di essere il derubato ma non il rapinatore».

     Penso che chi si è trovato in tali situazioni, vedrà le cose in modo molto differente, comprenderà al meglio Lc 6,29 e il suo contesto e sarà grato per avere scampato la salute e la vita. Si noti che tale predicatore — lungi dall’essere stoico o masochista — non ringraziò Dio per essere stato rapinato (né riproverò Dio perché era accaduto), ma trovò in tutto ciò motivi per essere comunque grato a Dio.

     Nella scala dei valori, la vita e la salute valgono più delle cose; quest’ultime si possono ancora recuperare o riottenere; se si perde la salute, il danno spesso rimane per sempre; se si perde la vita, ciò è irrimediabile.

     Riguardo all’Evangelo poi, parafrasando Ec 9,4, mi sentirei di dire in genere: «Un testimone vivo val meglio d’un eroe morto». Questo era l'atteggiamento dei credenti nei confronti di Paolo che spesse volte gli consigliarono di abbandonare il campo locale, diventato minato, per continuare a essere da vivo un testimone efficace (At 9,28ss; 17,10.14). E fu anche ciò che Paolo fece di propria iniziativa (At 20,1) o su consiglio delle autorità politiche (At 16,39s). Un generale che non sa ritirarsi in tempo, perderà tutte le battaglie.

 

 

10. {}

 

 

11. {}

 

 

12. {}

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Etica_tempi_difficili_Esc.htm

13-02-2008; Aggiornamento: 15-02-2008

 

▲ Vai a inizio pagina ▲

Proprietà letteraria riservata

© Punto°A°Croce