La domanda posta da un lettore e la mia risposta [►
Etica cristiana e rapporto col mondo] hanno suscitato alcuni
interventi, che riportiamo qui di seguito. Qual è l'essenza dell'etica
cristiana? Quali rapporti deve avere il credente in Cristo con «mondo»? Quali
ruoli può rivestire il cristiano biblico nella società?
Una nota al margine. Per alcuni
contributi che mi arrivano, ho avuto l'impressione che il relativo lettore
abbia letto solo «l'invito alla lettura»
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articolo presente sul sito. Consiglio sempre, prima d'intervenire, di leggere
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1.
{Samuele Cascio} ▲
■
Contributo: Caro scrittore e lettore, credo che il nostro compito è di
mettere la lampada sopra il moggio e non sotto.
Per quanto riguarda forze di Polizia, io ho fatto 20 in Polizia e in reparti in
prima linea. Persino subito dopo il battesimo di Gesù, dei soldati
s’avvicinarono a lui chiedendo cosa potevano fare per ereditare la vita eterna,
Gesù non gli rispose: «Lasciate il vostro lavoro», ma «fate rispettare le leggi
con integrità non approfittandovi della vostra autorità».
Personalmente, quando m’arruolai non mi facevo troppe domande, ma m’arruolai
perché avevo bisogno di lavorare. Ma ogni cosa coopera al bene per coloro che
amano il Signore, infatti era un piano di Dio la mia entrata in Polizia;
attraverso la mia testimonianza molti delle forze dell’ordine adesso sono figli
di Dio e fratelli in Cristo. Inoltre non c’è il pericolo d’abusi d’autorità,
perché si fa il lavoro con il timore di Dio.
Adesso sono pastore d’una chiesa a Palermo e molti della malavita sono stati
salvati e stanno in chiesa. Per ora mi fermo qui. A risentirci. {28 aprile 2008}
▬
Risposta: Concordo con Samuele del «Cammino di fede» su quanto da
lui detto sulla presenza del cristiano nei corpi di polizia e apprezzo la sua
testimonianza. Sul piano biblico faccio notare che i soldati (allora erano anche
corpo di polizia) in Luca 3 non si rivolsero a Gesù, ma a Giovanni Battista (è
facile sbagliarsi); e non gli chiesero che cosa fare per ereditare la
vita eterna, ma — in connessione col battesimo di ravvedimento — gli
domandarono semplicemente: «[Maestro...] E noi che dobbiamo fare?» (vv.
10.12.14). Essi chiesero in che modo potessero vivere da soldati alfine da
piacere a Dio. {Nicola Martella}
2.
{Franco Tancredi} ▲
■
Contributo:
«Passa questo mondo, passa questo tempo, ma le mie parole non passeranno
mai!», così si potrebbero parafrasare le parole di Gesù. Il cristiano del terzo
millennio non deve e non può essere diverso dal cristiano di 2000 anni fa.
Il Signore ha detto: «Il mio regno non è di questo mondo». Se il suo
regno non è di questo mondo, quando noi diventiamo parte attiva del regno di
questo mondo, occupandoci della politica, dell’esercito, della polizia ecc., non
siamo parte del suo regno. Ci autoescludiamo! «Cercate prima il regno
dei cieli e il resto vi sarà dato in sovrappiù». Come possiamo cercare il
regno dei cieli se siamo affaccendati secondo il mondo?
Purtroppo c’inganniamo pensando che lo abbiamo già trovato, ma se fosse vero non
ci verrebbe il dubbio su cosa fare, perché chi è arrivato è costruttore di pace
e il suo unico desiderio e costruire la pace con tutto il cuore, con tutta
l’anima e con tutto se stesso.
Se ci vengono i dubbi sul da farsi vuol dire che siamo ancora noi a guidare noi
stessi pur pregando «sia fatta la tua
volontà». Pace a te. {28 aprile 2008}
▬
Risposta: Bisogna concordare che il cristiano di due
millenni fa e quello odierno si caratterizzi per la fedeltà alla Parola
di Dio nel mondo. D'altra parte, come ho mostrato nella risposta dell'articolo,
il cristiano è chiamato a essere luce e sale nel mondo e a portare in esso il
lievito del regno di Dio, ovunque egli si trovi e qualunque ruolo abbia nella
società civile. Non a caso nelle chiese del primo secolo erano rappresentate
pressoché tutte le categorie sociali, ad esempio, padroni e servi, ricchi e
poveri, nobili e plebei,
persone influenti e comuni, eccetera.
Dobbiamo stare attenti a non creare un pericoloso «dualismo» che faccia ritenere
i cristiani come una specie di «mistici» lontani dalla realtà. Non è questo che
Dio vuole dai suoi figli. Ripeto qui le parole dell'apostolo Paolo: «V’ho
scritto nella mia epistola di non mischiarvi con i fornicatori; non del tutto
però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i rapaci, e con gli
idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo; ma quel che v’ho scritto
è di
non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi
fratello, sia un fornicatore, o un avaro, o un idolatra, o un
oltraggiatore, o un ubriacone, o un rapace; con un tale non dovete neppur
mangiare» (1 Cor 5,9ss).
{Nicola Martella}
3. {Calogero Fanara} ▲
■
Contributo:
Pace, Nicola. Sai, a me risulta che la politica
è sempre stata decadente, sia all’epoca di Gesù che nella nostra. Quando penso
al modo in cui Roma dirigeva la sua politica, sono convinto che viviamo oggi in
tempi più clementi, almeno per quanto ci riguarda in Europa.
Non sono poi così convinto che il cristiano non
debba fare politica, perché credo che Dio ha dovunque figliuoli che lo servono,
anche in politica. So bene che non è cosa facile, e so anche quanto debba essere
difficile per loro di non lasciarsi sedurre dalla corruzione.
Sul fatto che la nostra vocazione principale
sia quella di diffondere il Vangelo, su questo, non c’è dubbio e meno male!
Anzi, facciamo così poco in confronto con tanti cristiani missionari in tanti
paesi del mondo...
Nel Vangelo, quando Gesù venne a parlare con i
centurioni romani, non mi risulta affatto che Egli abbia detto loro di lasciare
d’ora in poi l’esercito. E nemmeno mostrò diffidenza per la politica: «Date a
Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che appartiene a Dio».
Anzi, per quanto
riguarda il centurione di cui si parla in Atti, la Scrittura ce lo descrive con
elogio, e il suo operato era tanto apprezzato anche dai Giudei. Aveva perfino
fatto costruire una sinagoga! Non avrebbe potuto farlo se avesse lasciato
l’esercito con tutto il prestigio delle sue funzioni, no? {Belgio;
29 aprile 2008}
▬ Risposta: Concordo con gran parte con ciò che dici. Il tema del
cristiano in politica lo abbiamo già affrontato altrove. [►
Cristiani in politica?; ►
Politica e cristiani] Oltre a ciò, allora come oggi c'è anche il campo sociale, l'amministrazione
pubblica, gli apparati dello Stato a livello centrale e periferico, la pubblica
sicurezza, la difesa dello Stato e del territorio e così via. Hai giustamente
evidenziato che il rapporto di Gesù verso Cesare e verso le autorità non era di
contrasto, ma anzi di rispetto. I funzionari dell'impero, i soldati, i
centurioni, i procuratori e quant'altri che si convertivano all'Evangelo, non si
dimettevano dalle loro funzioni, ma continuavano a vivere in esse in novità di
vita e come testimoni di Cristo. Poi, dove c'è un conflitto fra inique richieste
e l'etica del nuovo patto, bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini; ma ciò
vale pressoché per qualunque lavoro si faccia.
4.
{Argentino Quintavalle} ▲
Il regno
dei cieli assomiglia a un concetto del giudaismo rabbinico chiamato tikun
ha-olam, che letteralmente significa «riparare il mondo». Quando uno entra
nel regno dei cieli, diventa collaboratore di Dio nel diffondere la redenzione
di Dio in un mondo danneggiato. Quella persona va a dare da mangiare
all’affamato; veste l’ignudo; visita quelli che sono in ospedale e in prigione;
prega per chi sta male e difende i diritti dell’orfano e della vedova. Una
persona che è entrata nel regno dei cieli diventa coinvolta nella vita d’altra
gente. Egli ricerca uno stile di vita caratterizzato dalla riparazione del
nostro mondo: dove c’è odio, egli semina amore; dove c’è il male, perdona; dove
c’è dubbio, porta la fede; dove c’è disperazione, speranza; dove c’è oscurità,
luce; e dove c’è tristezza, gioia.
Come i cristiani si rendono coinvolti nella vita della gente, Dio appoggia i
loro sforzi con la sua potenza redentiva. Molti cristiani possono testimoniare
d’aver visto Dio agire sia in maniera nascosta che in maniera eclatante —
entrambi i modi sono miracolosi. I discepoli di Gesù sono entrati in un rapporto
speciale con Dio. Con l’autorità dello Spirito Santo, essi si dedicano
altruisticamente al compito di dar da mangiare, vestire, ospitare, educare,
visitare, consolare, difendere, redimere e curare l’umanità ferita. Si confronti
Mt 9,35, dove Gesù viene descritto al lavoro per il suo regno, con Mt 10,1 dove
la responsabilità per il lavoro del regno viene data ai discepoli.
Psicologicamente parlando, questo può essere difficile da accettare, perché,
come Rabbi Tarfon ha una volta spiegato circa 1.900 anni fa, «Il giorno è breve,
il compito è grande, i lavoratori sono pigri, la ricompensa è generosa, e il
Padrone della casa ha urgenza». Egli ha continuato aggiungendo: «Non è tua
responsabilità completare il compito, ma non sei libero di rinunciare a esso»
(M. Avot 2,15,16). Per un cristiano, l’idea che i discepoli di Gesù hanno da
svolgere un compito in cui essi, nella loro vita, probabilmente vedranno solo
dei risultati limitati, non è allettante. Accettare il concetto che il compito
da svolgere assomiglia a gettare l’acqua fuori da una barca che ha una falla,
sfida sia psicologicamente che emotivamente. Come i cristiani continuano a
buttare fuori l’acqua, la barca prende sempre più acqua. Eppure questo è quello
che Dio ha incaricato di fare ai discepoli di Gesù — buttare fuori l’acqua!
Essere ubbidienti non richiede la comprensione dei pensieri di Dio.
Sui libri e dal pulpito, la predicazione e l’insegnamento testimoniano un
approccio teologico immaturo nella relazione dell’uomo con Dio e con il suo
simile. Di conseguenza, troppi cristiani non si muovono mai a disciplinare sé
stessi per iniziare a buttare fuori l’acqua. Piuttosto, essi si dedicano
tranquillamente a fare un po’ d’attraente attività di chiesa o semplicemente si
consumano con le speculazioni escatologiche sugli scenari della fine dei tempi e
con pensieri auto-gratificanti riguardo al grande e finale giudizio che deve
venire. Tuttavia, Gesù vuole che i suoi seguaci siano completamente dediti a
garantire il galleggiamento del vascello.
La domanda da porsi per poter sperimentare la potenza di Dio è: «Signore, che
cosa posso fare per Te?», la qual cosa viene poi tradotta in una vita di buone
opere.
La Bibbia indica che Dio è particolarmente attivo tra due gruppi di gente: ▪ 1.
Tra quelli che hanno fatto di Lui il proprio re; ▪ 2. Tra i poveri, i
prigionieri, gli infermi, e gli oppressi. Il principale obiettivo del primo
gruppo è quello d’imitare Dio; e imitare il nostro Padre celeste significa dare
la mano d’amicizia, d’assistenza, di redenzione e d’amore al secondo gruppo.
Questo significa lavorare per il regno dei cieli. A quelli che si dedicano al
programma redentivo di Dio e s’impegnano nella riparazione d’un mondo
danneggiato, Egli dà il suo Spirito Santo per avere pieni poteri d’espandere il
suo regno (cfr. Luca 4,18,19; Atti 2,38; 5,32).
5.
{Antonio Tuccillo} ▲
Caro Nicola, ti ringrazio per l’articolo «Etica cristiana e rapporto col mondo». Condivido ciò che hai scritto, e comunque è un argomento che veniva già discusso
dai giovani anni fa. È chiaro che un credente messo a confronto con la violenza,
si trova sempre in impaccio, ma in nessuna parte delle Scritture siamo invitati
a lasciare il lavoro che facciamo.
Gesù non lo chiese al centurione, né Pietro a Cornelio
(che lavoravano nel campo militare di Roma), ma giustamente hai citato le parole
di Giovanni Battista, l’importante è essere onesti nelle cose che facciamo.
Credo che debbano cambiare lavoro o mestiere, se si possono chiamare così,
coloro che, credendo in Gesù, non possono più fare cose contro la morale e
contro il Signore, cose che chiaramente nessun cristiano può più fare.
Vorrei dire qualcosa anche sul punto che il fratello ha posto nella domanda, il
nostro compito è evangelizzare, giustissimo; ma credo che anche in questo sia
importante il comportamento. Mi spiego meglio, a volte viene facile (parlo del
posto di lavoro) parlare della fede, o imbattersi in discussioni sulle
differenze tra cristiani e chi si dice tale, discussioni che personalmente trovo
nella maggior parte inutili e che quasi sempre eccitano gli animi e allontanano
il discorso dal vero bisogno che ogni essere umano ha, e che per risolvere il
suo grande problema (la schiavitù del peccato), ha bisogno di Gesù e dell’opera
che ha compiuto per ognuno di noi.
Ma nel momento che ci si dichiara cristiani, veniamo automaticamente monitorati
dai colleghi (ma questo vale anche per tutti quelli a cui testimoniamo); e il
nostro comportamento credo che prende valore come le nostre parole:, se facciamo
le cose in modo sbagliato per un comportamento superficiale, o per abitudine
adeguandoci al comportamento degli alti, ciò verrà subito notato, a danno della
nostra immagine di credente, ma soprattutto a danno dell’Evangelo che
annunciamo.
Condivido quindi che, se uno dichiara d’essere cristiano, deve comportarsi da
tale, non è facile questo lo so, ma il Signore Gesù ci ha promesso di camminare
al nostro fianco nel cammino che abbiamo intrapreso. Grazie ancora per
l’articolo che mi hai inviato, un saluto… {30 aprile 2008}
6.
{Santina Rallo} ▲
■
Contributo: Shalom Nicola, voglio intervenire sul tema inerente alla
politica e alle forze di Polizia.
Paolo insegnò: «Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori.
Perché non v’è autorità se non da Dio. Talché chi resiste all’autorità, si
oppone all’ordine di Dio... Rendete a tutti quel che dovete loro, il tributo a
chi il tributo, la gabella a chi la gabella, il timore a chi il timore, l’onore
a chi l’onore» (Rm 13,1s.7). Anche Pietro scrisse: «Siate
soggetti, per amore del Signore, a ogni
autorità creata dagli uomini, al, re come al
sovrano; ai governatori, come
mandati da Lui per punire i
malfattori e dar lode a quelli che fanno il bene. Poiché questa è la volontà di
Dio che, facendo il bene, turiate la bocca alla ignoranza degli uomini stolti;
come liberi, ma non usando già della libertà qual mando che copra la malizia, ma
come servi di Dio. Onorate tutti. Amate la fratellanza. Temete Dio.
rendete onore al re!» (1 Pt 2,13-17).
Questi versi ci fanno meditare che le leggi ci vogliono, per una vita tranquilla
e serena. Votare, essere sottoposti alle leggi, perché le leggi sono ordinate da
Dio; se non votiamo, non c’è governo, ognuno fa come vuole. Anche se la
giustizia è corrotta, noi facciamo la nostra parte. Non è obbligatorio votare
per chi non se la sente, ma ciò non comporta il fatto che non lo dobbiamo fare.
La politica? Lasciamola fare al mondo, il regno di Dio non è di questo mondo, a
noi spetta fare il dovere di cittadini. So che molti cosiddetti cristiani fanno
politica, ma un vero cristiano sta nella Parola. Cosa ha da fare la paglia col
frumento!
Continuo sul tema principale. Cornelio, un centurione romano, era un uomo
temente Dio. «Or v’era in Cesarea un uomo chiamato Cornelio
centurione della corte detta
l’Italica, il quale era pio,
temente Dio con tutta la sua casa, e faceva molte elemosine… Cornelio
centurione... del quale rende buona
testimonianza tutta la nazione de
Giudei... ed e stato divinamente
avvertito da un santo angelo» (Atti 10,1s.22). Come mai il Signore si
rivolse proprio a Lui? Non gli disse: «Togliti la divisa e lascia tutto».
Infatti vediamo ancora in Luca 3,14 che dei soldati interrogarono Giovanni
Battista dicendo: «“E noi, che dobbiamo fare?”. Ed egli a loro: “Non fate
estorsioni, né opprimete alcuno con false denuncie e contentatevi della vostra
paga”». Giovanni non disse: «Spogliatevi delle vostre divise», ma anzi li
approvò, esortandoli ad accontentarsi della paga. La legge ci vuole per l’ordine
pubblico; per l’ordine stradale, ci sono i codici stradali e bisogna
rispettarli; i governi ci vogliono per governare. Il Signore c’induce a pregare
per i governi, d’onorare i re sula terra; noi facciamo il nostro dovere da
cittadini, poi ognuno di noi ne avrà la lode da come ci comportiamo. Dio ti
benedica… {30 aprile 2008}
▬
Risposta: Santina ribadisce concetti già espressi; quando lei li
aveva spediti, non sapeva ancora che avevo già pubblicato quelli di altri già
simili ai suoi. In ogni modo esprime il concetto. Non fa male ribadire
continuamente le cose giuste. Il tema generale qui discusso è l’etica cristiana
nel mondo, quindi non specificamene solo la politica e le forze dell’ordine.
Un solo appunto sulla politica, di cui abbiamo già parlato altrove. Non si
capisce perché dobbiamo far fare la politica solo al mondo. Politica è l’arte di
amministrare la polis, la città, il paese. Se dobbiamo essere luce del
modo, sale della terra e portare il lievito del regno di Dio in tutte le istanze
della società, perché non pure nella politica? Dobbiamo necessariamente lasciare
amministrare la vita e il paese solo agli empi e ai faccendieri? Questa sarebbe
un’irresponsabilità pericolosa e che potrebbe aprire nuovamente le porte alle
dittature. Chiaramente Dio deve specificamente chiamare a un’opera a livello
politico. Terminiamo però qui questo tema che abbiamo già affrontato altrove.
Qui, come già detto, vogliamo parlare dell’etica generale dei cristiani.
7.
{Clara Cristalli, ps.} ▲
Mi sembra di capire dalle Sacre
Scritture (Efesini 2,1-2), che la persona nata di nuovo (= il cristiano) si
distingue per la propria natura che, per logica, si dovrebbe (vorrebbe)
rispecchiare con il proprio comportamento (Efesini 2,10), per libera decisione
presa nei confronti del Padre Eterno che ama. Questa diversità riguarda il
pensiero, vale a dire il «senno» di cui parla nella Bibbia (Colossesi 3,1-2). Se
questo «senno» (aspirazione) è diretto verso Dio, nel quale si ripone la propria
fiducia e il quale dirige la sua vita, il credente non può seguire la mentalità
mondana, perché semplicemente non gli interessa.
Normalmente col diventare cristiano la persona cambia,
perché riceve una nuova natura che rispecchia quella di Dio; per cui svilupperà
degli
interessi nuovi che fanno piacere al Padre celeste e di conseguenza anche a lui
stesso. In questo modo coltiva il proprio rapporto con Dio,
verso il quale non cerca altro che la concordia. Farà di tutto per mantenerla. Facendo, invece,
gli interessi che
non
corrispondono alle idee di Dio, il cristiano sperimenta
automaticamente un’insoddisfazione interiore, che lo rattrista e che, prima o
poi, lo riporta a cercare la volontà del Padre celeste, per ripristinare
l’armonia con Lui. Di conseguenza, ognuno si trova bene nel mondo per cui
sceglie di vivere, ma sia la Bibbia che la vita quotidiana dimostrano che le due
realtà rimangono inconciliabili; inoltre l’essere umano è portato a
scegliere
oggi
se seguire Gesù,
Luce del mondo (Giovanni
8,12), oppure il mondo. {1 maggio 2008}
8.
{Samuele Cascio} ▲
Caro Nicola, ho
risposto a quella riflessione semplicemente perché la Parola deve raggiungere
ogni persona.
La mia riflessione ha toccato un’area dove potevo rispondere in prima persona,
con la Parola di Dio e per esperienza personale. Ci sono diverse aree, dove
persone possono essere raggiunte solo da altri che hanno a che fare con quel
settore. Personalmente ho potuto predicare e dare parole di speranza per un
cambiamento migliore ad anime che avevo arrestato e nella cella (mentre era in
attesa di processo o condotto in prigione) dicevo a ognuno che la vita non era
solo quella che lui aveva sino a quel momento constatato, ma c’era una vita
migliore e quella vita lui la poteva toccare, realizzare, cambiare se avesse
creduto in Gesù come suo salvatore.
Alcuni lo hanno fatto e hanno visto, sin dal processo, i favori divini. Venendo
in chiesa hanno consolidato il loro patto con Gesù e adesso sono fratelli in
Cristo.
Quanti hanno avuto quest’esperienza? Purtroppo sempre una minoranza a confronto
di quanti hanno ricevuto l’invito; ma grazie a Dio per quella minoranza: abbiamo
permesso meno soldati di Satana per le strade, aiutandoli a divenire soldati di
Cristo.
Spero che questo mio contributo possa aiutare a salvare anime. Dio ti benedica.
{5 maggio 2008}
9.
{Vincenzo Russillo} ▲
Per quanto concerne l’etica cristiana, di cui si è
dibattuta sul sito «Fede controcorrente», mi sono venute in mente due
considerazioni che potrebbero essere motivo di discussione. Nella mia domanda
avevo fatto menzione delle forze di polizia e di conseguenza del ruolo
che potrebbe occupare un cristiano in tale ambito. Sicuramente dall’esperienza
del fratello Samuele Cascio si può evincere
che vi è nel suo lavoro un forte impegno da cristiano nel diffondere il Suo
messaggio. Tuttavia nel portare giustizia nel nostro mondo, un
poliziotto o un militare per uso coercitivo
deve fare uso della violenza e addirittura arrivare a uccidere, questo per me
rimane un dubbio che non riesco a risolvere, cioè
non vedo la conciliazione delle due cose,
ovvero l’uso della violenza nel cristiano può essere un mezzo per fare
giustizia? Un altro esempio tangibile potrebbe essere
l’autodifesa,
ma anche in questo caso nel fare uso delle proprio forze si può parlare d’una
rigorosa etica cristiana e sopratutto e conforme al messaggio di Cristo?
Inoltre per la politica, mi
è sembrato di capire che il pensiero di Nicola Martella sia favorevole
all’intervento d’un
cristiano nella politica, ma a mio modesto parere mi sembra un po’
un controsenso, guardando per esempio il
panorama italiano, dove la politica ormai è arrivata a livelli bassissimi; o
addirittura il governo di Bush, che si dichiarava seguace della Parola biblica,
ha esportato una strategia di guerra. Come possiamo immaginare un cristiano
confuso in questi ambienti? Sarebbe legittimo creare un partito
cristiano? È giusto intervenire nelle leggi di
carattere etico, come ad esempio l’aborto, vietarne l’uso o per gli omosessuali
che vengano riconosciuti loro alcuni diritti permettendo loro la libertà di fare
ciò che vogliono, secondo un libero arbitrio già prestabilito (non riconoscerli
come famiglia né accogliere la loro richiesta di diventare genitori, come ahimè
succede già in altri posti)? Il nostro compito, come ho già scritto
nella mia domanda dovrebbe essere cercare di
portare la Parola di Cristo a queste
persone nella speranza che la accolgano e che
raggiungano la salvezza. Vorrei sapere quindi che ne pensate d’un interventismo
in politica e su quali basi farlo, anche se ribadisco i nostri metodi non sono
di questo mondo. {15 maggio 2008}
10.
{Nicola Martella} ▲
Queste domande
sull’etica le abbiamo già affrontate e discusse sul sito.
■ Quanto alla
forza coercitiva delle forze di polizia e dei soldati, bisogna
distinguere fra uso legittimo e illegittimo. Molti di noi sono condizionati più
dall’umanesimo che dall’etica biblica. Soldati e guardie ci sono state anche
nell’AT. Non fu mai detto alcunché di male di loro, quando difendevano la loro
patria e mantenevano l’ordine sociale. Anzi, si vedano i Giudici d’Israele
nell’omonimo libro (cfr. Gdc 3,29ss; 15,15ss). Vi sono pure liste e narrazioni
di persone eroiche che difesero la loro patria contro i nemici (2 Sm 23; cfr.
vv. 18-21). Abbiamo già fatto notare che, quando i soldati andarono da Giovanni
Battista per sapere che cosa fare, egli non ingiunse loro di smettere di fare il
loro mestiere, ma diede direttive su come fare i soldati in corrispondenza alla
loro fede in Dio. Neppure Pietro chiese a Cornelio di smettere di fare il
centurione: Parimenti Paolo non ingiunse al carceriere di Filippi di smettere di
esercitare il suo mestiere, ma un credente lo avrebbe fatto diversamente.
■ Quanto alla
politica bisogna ricordare che questo termine significa «gestione della
polis» (quindi della res publica o «cosa pubblica») e che tale compito
non si riduce ai soli partiti, ma abbraccia una serie di espressioni della
società civile finalizzate al bene comune. Non si fa politica nei soli partiti,
ma in associazioni culturali e sociali, centri sociali, e così via. In tutto ciò
si può portare il punto di vista biblico e moralizzare la società. Infatti, non
possiamo essere contenti che la «nave» sociale affondi (si veda le guerre
mondiali), poiché trascina tutto e tutti, anche gli innocenti. Dobbiamo
predicare l’Evangelo (luce, fede, grazia) e moralizzare i costumi (sale, timor
di Dio, valori morali). Ciò non è una contraddizione. Il sito «Fede
controcorrente» ne vuole essere un esempio.
►
Società: Politica
11.
{} ▲
12.
{} ▲
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Etica_cristiana_parla_UnV.htm
29-04-2008; Aggiornamento: 28-05-2008
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