Qui di seguito
discutiamo l’articolo «La
domenica e dintorni». Per me ognuno può radunarsi quando e dove
vuole, visto che nel NT non c’è al riguardo nessun comandamento specifico, ma
libertà (Rm 14,5s).
Perché possiamo
riconoscere «la buona, gradita e perfetta
volontà» di Dio (Rm 12,2), ci vogliono due condizioni: ▪
1. Dio deve averla chiaramente manifestata; ▪ 2. Bisogna aver vissuto il
rinnovamento della mente; infatti «una persona psichica [gr. psychikós
ánthrōpos] non riceve le cose dello Spirito di Dio» (1 Cor 2,14).
Ora non basta che Dio abbia
rivelato qualcosa nella Scrittura, perché la pratichiamo, ma essa deve essere
valida nel nuovo patto, visto che l’antico patto (la legge mosaica) è
interamente abolito (Rm 8,2; Eb 8,13; Gal 5,18); alle cose adombrate dalla legge
mosaica ha fatto seguito la piena luce (Col 2,16s; Eb 10,1; cfr. Gv 1,17).
Inoltre, all’interno della «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2),
perché tale cosa abbia una base legittima per essere praticata, dev’essere
chiaramente comandata. Altrimenti, ognuno vorrà aggiungere un «precetto»
particolare a lui caro (cfr. Mc 7,3s), creando col tempo convenzioni e
tradizioni, che diventano prigioni devozionali e dottrinali (Mt 6,5; Mc
12,38ss), che addirittura mettono fuori uso la Parola di Dio (Mt 15,6) e
trasgrediscono i chiari comandamenti di Dio (Mt 15,3).
Riguardo a ciò, che si
ritiene essere volontà di Dio, non basta trarre dai brani biblici delle
deduzioni, a proprio arbitrio e secondo premesse ideologiche, ma bisogna che ci
sia un chiaro comandamento. Lo stesso vale per un «giorno sacro» nel
nuovo patto (sabato, domenica): non bastano le analogie, gli accostamenti e le
deduzioni, ma ci vuole un chiaro comandamento e un incontrovertibile
insegnamento, senza se e senza ma.
Ecco allora la sfida ai
lettori:
Potreste citarmi un preciso brano, in cui Dio, Gesù o gli apostoli
abbiano esplicitamente comandato un «giorno sacro» nel NT? Solo questo,
per favore.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1. {Edoardo
Piacentini}
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■
Contributo:
Sono d’accordo in linea di massima, anche se l’apostolo Paolo, a proposito delle
collette che si facevano per i santi, esorta i Corinzi con queste parole:
«Ogni primo giorno della settimana, ciascuno metta da parte per conto suo ciò
che può in base alle sue entrate, affinché non si facciano più collette quando
verrò» (1 Corinzi 16,2). Il motivo per cui l’apostolo indica il giorno della
risurrezione di Cristo per la colletta, è che proprio questo giorno sacro
ai cristiani venne solennizzato dai cristiani fin dalle origini del
cristianesimo.
Anche in Atti 20,7 leggiamo che, mentre era a Troas, l’apostolo Paolo «il
primo giorno della settimana, essendosi i discepoli radunati per rompere il pane...»,
parlò fino alla mezzanotte; e il giovane Eutico si addormentò e cadde dal terzo
piano e fu raccolto morto, ma l’apostolo lo risuscitò nel nome di Gesù. Anche in
questo brano si lascia intendere che in Troas i credenti si adunavano proprio la
domenica per offrire il culto al Signore, con la celebrazione della Cena del
Signore e la predicazione della Parola di Dio.
Anche in Apocalisse 1,10 si parla del «giorno del Signore», tenendo conto
però della precisazione fatta del fratello Martella, ma nella Didaché
(scritta nel principio del 2° sec.) si parla della «domenica del Signore» quale
giorno sacro ai Cristiani, nel quale essi si radunavano per offrire il culto al
Signore.
C’è da precisare, però, che la domenica dei cristiani non è equivalente al
sabato degli Ebrei, nel quale non si poteva svolgere alcuna attività
lavorativa. Infatti, mentre il sabato ricordava agli Ebrei che Elohim si è
riposato al settimo giorno, la domenica ricorda ai cristiani che Gesù è risorto
e che vive oggi alla destra del Padre, per cui lo lodiamo e lo glorifichiamo con
tutto il nostro cuore. {12-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Vedo che non tieni presente che il «primo giorno della settimana» cominciava
sabato dopo il tramonto.
■ Il contesto di 1 Corinzi 16,2 non parla di una
colletta durante un culto, ma di mettere da parte a casa propria la somma
decisa in cuor proprio, per poi consegnarla direttamente a Paolo o ai suoi
emissari, quando sarebbero arrivati. Per gli antichi il «primo giorno della
settimana» iniziava sabato dopo il tramonto. La menzione di tale dì non aveva
qui a che fare con la risurrezione o con un «giorno sacro» (sconosciuto nel NT),
ma col fatto pratico che sabato sera, prima d’iniziare la mattina dopo il
nuovo ciclo, si potevano fare i conti delle somme guadagnate e di quelle spese,
per poi decidere quanto mettere da parte.
■ Su Atti 20,7 e gli eventi in Troas vedo che hai ignorato del tutto
quanto ho scritto in merito. Ma hai letto l’intero articolo, prima di scrivere?
Anche qui si trattava di sabato sera
all’interno di un’agape fraterna. Paolo parlò fino a mezzanotte, poi ci fu una
interruzione forzata; dopo ciò, Paolo prese un boccone da solo (gli altri
avevano già mangiato evidentemente, mentre lui parlava, visto che Paolo mangiò
da solo), poi proseguì nei suoi discorsi fino all’alba, quando partì. Quello non
era un incontro normale di tale assemblea, ma particolare; qui «rompere il pane»
era la normale locuzione per «mangiare insieme» (noi diremmo «prendere un
boccone») e derivava dal fatto che, prima di mangiare, si spezzava il pane
facendone la benedizione. Non c’è nulla che indichi la Cena del Signore,
visto che Paolo dopo mezzanotte salì nella sala di sopra e ruppe il pane da
solo, come recita il testo greco.
■ La Didaché è menzionata già dai cosiddetti «padri della chiesa», ma i
manoscritti in nostro possesso sono del tardo Medioevo e ancora oltre, quindi
non c’è alcuna garanzia che rispecchi il 2° secolo. La menzione di un clero e di
altri elementi tipicamente cattolici mostrano che si tratta di un testo
rimaneggiato nei secoli. Nel Vaticano c’era un settore dedicato apposta alla
falsificazione di documenti (come la «Donazione di Costantino»). Quindi, non
darei molto credito alla Didaché.
■ Nel NT non c’è alcuna ingiunzione di un «giorno sacro». Altrimenti
Paolo non avrebbe scritto che l’uno (il Giudeo) osservava il «giorno», mentre un
altro (il Gentile) osservava tutti i giorni (Rm 14,5s). Qui ci vuole un po’ di
onestà intellettuale. Se Dio voleva istituire un giorno da osservare, lo avrebbe
specificamente comandato.
■ L’introduzione di un «giorno cristiano» da osservare, avrebbe innescato
furenti discussioni nelle chiese al tempo degli apostoli (come per la
circoncisione!); ma di questo non troviamo neppure una virgola. Al concilio
di Gerusalemme (At 15) ai credenti delle nazioni non fu imposta la legge
mosaica (quindi, il sabato) né un’altra legge (quindi, la domenica).
■ Le testimonianze di scrittori pagani del tempo primo secolo affermano
che i cristiani si radunavano ogni giorno
dopo il tramonto, ossia dopo la giornata lavorativa.
■ La verità scritturale non viene dal
fatto che si assemblino versi insieme, tolti dal contesto (letterario, storico,
culturale) e interpretati come si vuole, come ci si aspetta o a conferma di ciò
che si pratica.
2. {Gianluca
Sinarcia}
▲
■
Contributo:
Alla luce dell’esposizione data, mi chiedo: i credenti, che per fede in Cristo
hanno ricevuto la salvezza, ma poi nello stesso contempo vivono o hanno vissuto,
caricandosi di una
prassi non esatta, dovranno dare conto a Dio in qualche modo? Oppure
la grazia salvifica giustifica anche le credenze sbagliate, come ad esempio chi
si carica del peso della decima e, poi, dopo anni, scopre che era per
Israele e a sostegno dei Leviti? E a coloro che hanno, diciamo in buona fede,
insegnato prassi non corrette, verrà loro imputato qualcosa? Scusa se
vado un po’ fuori dal contesto, ma è comunque inerente all’argomento. Grazie!
{13-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Le dottrine nella Scrittura non sono tutte uguali né tutto ciò, che è
scritto nella Bibbia è ingiuntivo per i cristiani, specialmente per
quelli della nazioni (cfr. At 15,28s). Riguardo ai comandi di Dio, si
tenga presente quanto segue:
■ Ci sono cose esplicitamente comandate in tutta la Scrittura (p.es.
unicità del Dio vivente versus politeismo; comandamenti contro omicidio,
fornicazione, magia, ecc.; salvezza per grazia mediante la fede; ecc.).
■ Ci sono cose comandate nell’antico patto, ma non più ingiunte nel nuovo
patto (p.es. legge cerimoniale, giorni da osservare, decime, luoghi specifici
d’adorazione, sacerdozio specifico, ossia levitico, ecc.).
■ Ci sono cose principali e secondarie sia nell’AT che nel NT, a cui
seguivano sanzioni differenti. Ad esempio, nel nuovo patto c’è l’anatema
(maledizione) solo per chi predica un altro Cristo e un altro evangelo e per chi
non ama il Signore Gesù, non per altre cose. Viene dato in man di Satana
chi pratica alcune cose specifiche (1 Cor 5,5 particolare fornicazione; 1 Tm
1,20 bestemmia), non per qualsiasi cosa sbagliata.
■ Ci sono cose non comandate direttamente da Dio e che risiedono nella
tradizione. Alcune di queste cose non sono sbagliate, ma formano una parte della
cultura religiosa. In Israele Dio non ha mai comandato la festa dei Purim
e la festa delle Luci (o della dedicazione del tempio), ma non le ha
neppure proibite. Poi c’erano tradizioni, che erano contrarie alla dottrina
biblica, ad esempio i culti degli alti luoghi, feste in onore di «patroni» come
Baali, Astarte, la «regina del cielo», ecc.
■ Anche nelle convenzioni attuali delle variegate chiese ci sono tante
cose, che non sono direttamente comandate nel NT, ma che sono sorte lentamente
nelle tradizioni delle denominazioni e delle singola chiese. In ciò
rientrano, ad esempio, cose come le seguenti: sabato o domenica come
giorno comandato del Signore, la Cena del Signore comandata per ogni culto
domenicale, il modo di disporre le sale di culto (al tempo del NT erano «chiese
in casa»), la liturgia praticata nelle riunioni, il tipo di conduzione di
chiesa, eccetera. Il problema sorge laddove si pretende
che tale propria prassi corrisponda al modello apostolico e sia l’unico lecito,
e per questo si critica chi ha una prassi differente.
■ Si tenga presente che le cose importanti per Dio riguardo alla chiesa
sono dichiarate esplicitamente, chiaramente e spesso ripetutamente. Ad esempio,
è mai comandato esplicitamente, chiaramente e frequentemente nel NT un «giorno
sacro» esplicito da osservare? Lo stesso
vale per le decime, la frequenza della Cena del Signore, il pastorato
femminile, il pastorato monarchico, ecc.
■ È scorretto affermare che le tradizioni ce le avevano solo gli scribi e
i farisei d’allora e solo alcune denominazioni d’oggi (come il cattolicesimo,
l’ortodossia, il protestantesimo, ecc.). Ogni gruppo, che nasce, col tempo forma
dei «contenitori» culturali e religiosi, in cui inserire la propria fede.
Quando poi si «biblicizza» tali forme e le si trasmette come
«scritturali» (magari adducendo qualche versetto tirato per i capelli), si
formano nuove tradizioni, che diventano scontate per tale chiesa, gruppo
di chiese o denominazione. Allora può succedere che, quando tale convenzione è
abbastanza forte, chi la mette in dubbio, viene avversato e stigmatizzato come
nemico della Scrittura e di Dio.
■ Quanto alle responsabilità, questo ci porterebbe molto lontano. Il
pesce puzza sempre dalla testa. È scritto che ognuno dovrà rendere conto delle
proprie azioni. Le lettere di Gesù ai sette conduttori di chiesa (Ap 2-3)
mostrano che Egli ritiene particolarmente responsabili le guide delle chiese
locali e li chiamerà a risponderne, in un modo o nell’altro.
■
Nunzio
Nicastro: Non solo le guide sono responsabili, ma anche i
credenti, che partecipano alle cose sbagliate. {16-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Non metto in dubbio la responsabilità dei singoli credenti. Tuttavia,
intendi tu ciò che leggi? (At 8,30). La mia intera frase recita così: «Le
lettere di Gesù ai sette conduttori di chiesa (Ap 2-3) mostrano che Egli
ritiene particolarmente responsabili le guide delle chiese locali e li
chiamerà a risponderne, in un modo o nell’altro». Ognuna di tali lettere
fu indirizzata dal Signore all’«ánghelos dell’assemblea di...».
Il termine greco ánghelos intendeva allora «inviato, rappresentante,
delegato, ecc.». Se il Signore ha indirizzato a tali conduttori le sue lettere,
un motivo c’era.
Che poi tutti i credenti abbiano delle responsabilità, di cui devono
rendere personalmente conto, è vero. Me ciò non contraddice quanto detto
riguardo ad Apocalisse 2-3, vero?
3. {Adriano
Bartolomeo}
▲
■
Contributo:
«Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il
pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e
prolungò il discorso fino a mezzanotte» (At 20,7). {12-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Non so che cosa volevi dire di specifico con tale verso. Dove trovi in esso un
comando? In ogni modo, ho già risposto nell’articolo e altrove a ciò. Si
trattava di sabato sera: allora, dopo il tramonto, cominciava il nuovo
giorno (da noi da mezzanotte in poi). Come vedi, non basta leggere e citare
brani della Bibbia, ma bisogna
contestualizzarli, se si vuole capire ciò, che c’è veramente scritto (At
8,30s). Il rischio è di leggere la Scrittura con le lenti della convenzione
odierna; ciò può appagare, ma solo la verità rende liberi (Gv 8,32).
4. {Edoardo
Piacentini}
▲
■
Contributo:
Io ho presente che il giorno della settimana iniziava il sabato sera, ma ritengo
dai versi biblici citati che i cristiani preferivano radunarsi insieme
per offrire il culto al Signore nel giorno della sua resurrezione, senza
sentirsi più obbligati a osservare il sabato degli Ebrei, che ricordava che
nella creazione Elohim si riposò il settimo giorno. D’altra parte, quando Paolo
parla della colletta dei cristiani, nomina proprio il primo giorno della
settimana; e, senza polemizzare, a me sembra proprio una interpretazione
molto personale e soggettiva, tendente a volere a tutti i costi far dire
alla Bibbia quello, che si pensa, quando affermi che il comando dell’apostolo
era quello di donare non durante il culto, ma mentre ogni credente faceva
i conti di ciò, che aveva guadagnato durante la settimana, conti che
presumibilmente facevano proprio la domenica. Pensare, poi, che Paolo predicava,
mentre i credenti di Troas
mangiavano; e magari, mentre Paolo mangiava a sua volta un boccone, essi stavano
pregando o cantando inni a Dio, a me sembra proprio una barzelletta.
Comunque, se hai certezze assolute, e pensi dentro di te di avere le risposte
esatte a ogni dubbio, non capisco perché chiedi il nostro intervento, che è
sempre gradito, quando è approvato il tuo ragionamento al 100%; mentre c’è un
tentativo di ridicolizzare il nostro ragionamento, quando si discosta un
po’ dal tuo punto di vista. Comunque, il mio pensiero è chiaro, non coincide con
il tuo; ma questo non deve impedire né di amarci né di continuare a dialogare in
futuro. {14-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Questo è un luogo di confronto; per questo ti ho invitato a partecipare alla
discussione. La tua opinione la rispetto, ma non la condivido.
Potresti indicarmi dove ho cercato di ridicolizzare
il tuo ragionamento? Al contrario, leggo qui i tuoi apprezzamenti poco
lusinghieri, quando parli a mio riguardo di «una interpretazione molto
personale e soggettiva, tendente a volere a tutti i costi far dire alla
Bibbia quello, che si pensa» e di «barzelletta». Chi ha capacità di
argomentare razionalmente ed esegeticamente, non usa tale linguaggio.
Il pericolo nell’interpretazione dei brani biblici è di leggerli con le lenti
della convenzione religiosa attuale, prescindendo dal contesto letterario,
storico, culturale e religioso del tempo del NT. Aspetto ancora un preciso
brano, in cui Dio, Gesù o gli apostoli abbiano esplicitamente comandato
un giorno sacro nel NT. Potresti indicarmelo, per favore?
Che Paolo abbia preso un boccone da solo, dopo il parapiglia per la
caduta di Eutico, risulta chiaramente dal testo greco, che riproduco qui
letteralmente: «E dopo essere risalito e aver spezzato il pane e aver
mangiato e aver lungamente parlato fino all’alba, in tal modo partì» (At
20,11). Si noti che l’unico soggetto è lui stesso; «spezzare il pane e
mangiare» era l’atto (tipico del giudaismo) di pregare (o benedire) e poi
mangiare.
Nel nuovo patto non c’è un «giorno sacro» da osservare, né un
comandamento esplicito in merito, ma i Giudei possono seguire l’osservanza del
«giorno», mentre i Gentili possono trattate tutti i giorni uguali (Rm 14,5s),
così com’era nelle relative culture. Gli incontri nelle assemblee avvengono per
comune accordo e sfruttando le leggi favorevoli del proprio Paese. Tempi sacri e
luoghi sacri sono cose dell’antico patto (Gv 4,23s). Nel nuovo patto si
può esprimere insieme il culto al Signore in ogni tempo (Ef 6,18) e in
ogni luogo (1 Cor 1,2; 1 Tm 2,8).
5. {Nicola
Martella}
▲
■
Contributo:
Aspetto ancora un
preciso brano, in cui Dio, Gesù o gli apostoli abbiano esplicitamente
comandato un giorno sacro nel NT. Chi potrebbe indicarmelo? Solo questo, per
favore.
■
Edoardo Piacentini: I brani
sono quei due che sono stati più volte citati e che sono stati, a mio avviso,
travisati
dall’interpretazione martelliana. Domenica vuol dire giorno del Signore,
e così i primi cristiani incominciarono a chiamare il primo giorno della
settimana, per ricordare che in quel giorno risuscitò il Signore. Io, invece, mi
domando: I Dieci Comandamenti dell’Antico Testamento, visti, chiaramente,
alla luce del Nuovo Testamento, e quindi, apportando quelle correzioni
necessarie che il testo biblico neotestamentario suggerisce, sono ancora validi,
o si possono del tutto disattendere? Se sono ancora validi, siamo tenuti a
santificare il giorno del Signore, partecipando appunto al culto di
adorazione al Signore, ma evitando gli estremismi, che i farisei commettevano
nell’osservare il sabato. {16-02-2015}
▬
Nicola Martella:
■ È ingeneroso, per non dire altro, affermare che il proprio interlocutore
avrebbe travisato i brani; respingo al mittente una tale accusa
unitamente alle altre già lette sopra. Questo è l’argomento debole di chi non sa
argomentare sufficientemente in modo esegetico contestuale.
■ Riguardo alla legge mosaica vogliamo salvare qualcosa? Non è di questo
avviso l’autore della lettera agli Ebrei: «Dicendo: “Un nuovo patto”, Egli ha
dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è
vicino a sparire» (Eb 8,13). Quindi, tale argomento tratto dalla validità
del Decalogo, è fallace. Si vuole far passare nel nuovo regime la costituzione
(Decalogo) del vecchio regime, che comandava di santificare il sabato, ma si
pretende di apportare delle «correzioni necessarie»; con tale logica,
ognuno vorrà apportare altre correzioni!
La nuova ingiunzione non è un «patto aggiustato (o corretto)», ma ha sostituito
quello vecchio (unitamente alla legge mosaica) in tutto e per tutto: «Egli
ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e
l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce» (Col 2,14).
Nel nuovo patto non vale più la legge mosaica (il cui cuore è il Decalogo), ma
la «legge di Cristo» (il cui cuore è la «predicazione sul monte»; 1 Cor
9,21; Gal 6,2), detta anche così: «la legge dello Spirito della vita in
Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte»
(Rm 8,2); quest’ultima è la legge mosaica, Decalogo compreso. [►Il
Decalogo]
■ Ti ho posto una domanda, ma non ho ottenuto risposta finora. Te la ripeto
nuovamente: Potresti citarmi un preciso brano, in cui Dio, Gesù o gli
apostoli abbiano esplicitamente comandato un giorno sacro nel NT? Solo
questo, per favore.
Potrebbe Dio aver reclamato un «giorno sacro» nel nuovo patto, senza
comandarlo? Sarebbe singolare e sorprendete per un legislatore.
■
Edoardo Piacentini: Dopo
aver appreso che non siamo più tenuti a ubbidire ai Dieci Comandamenti (?),
rispondo alla domanda. È evidente che Dio non ha reclamato un «giorno
sacro» nel nuovo patto, perché tutti i giorni sono sacri, tant’è che i
credenti sono chiamati a servire Dio tutti i giorni della loro vita, così come
sono chiamati a stare in comunione con Lui sempre, non soltanto in qualche
giorno speciale. Ciò non toglie che la domenica sia il giorno, che i
cristiani di ogni tempo hanno scelto per celebrare il culto cristiano, che è
generalmente riconosciuto come la
principale manifestazione della comunità locale. Attraverso questa
manifestazione, infatti, i credenti riuniti nel nome di Gesù glorificano Dio
e gioiscono della sua presenza. È il nome stesso di Gesù (Emmanuele = Dio
con noi) che è esaltato quale Signore e Salvatore, ed è talmente reale la sua
presenza, da essere percettibile persino ai non credenti. In Matteo 18,20,
infatti, leggiamo: «Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io
sono in mezzo a loro»; e in 1 Corinzi 14,24-25: «Ma se tutti profetizzano
ed entra un non credente, egli è convinto da tutti, è giudicato da tutti. In
questo modo i segreti del suo cuore vengono palesati e così, gettandosi con la
faccia a terra, adorerà Dio, dichiarando che Dio è veramente fra voi». Il
culto cristiano, pertanto, è incentrato su Dio e deve mirare
all’edificazione dei fedeli e all’evangelizzazione dei non credenti. La
celebrazione del culto costituisce un momento così centrale nella vita
della comunità locale da non poter essere vissuto con leggerezza, ed è per
questo motivo che la domenica è per tanti credenti un giorno non lavorativo e la
Scrittura dedica ampio spazio all’ordine del culto, affinché «ogni cosa sia
fatta con decoro e con ordine» (1 Corinzi 14,40). {16-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Ecco finalmente una parola di verità: «È evidente che Dio non ha reclamato
un “giorno sacro” nel nuovo patto»! Quindi, ciò, che non è comandato da Dio,
non è ingiuntivo per i cristiani fedeli alla Scrittura. Essi si attengono
solo a ciò, che «sta scritto», senza andare oltre a ciò (1 Cor 4,6),
senza aggiungere o togliere (Ap 22,18s). Il rigore interpretativo, che
noi chiediamo agli altri, discutendo con loro di altre questioni, lo dobbiamo
usare noi stessi allo stesso modo, specialmente per le nostre convenzioni,
quando le sacralizziamo e biblicizziamo. È sempre la verità a renderci liberi.
■ L’altra verità è che i cristiani, però non di ogni tempo e non in ogni luogo,
in tempi post-apostolici hanno cominciato a celebrare un culto
particolare il primo giorno della settimana. A ciò c’erano due premesse:
1. Il cristianesimo fu dichiarato dall’imperatore romano Costantino religione
di Stato. 2. Per differenziare il cristianesimo (oramai a stragrande
maggioranza gentile) dal giudaismo, il primo giorno della settimana fu
dichiarato «giorno del Signore», approvato da concili e imposto alle chiese
dal cosiddetto imperatore cristiano.
■ Leggendo il resto delle affermazioni, resto sorpreso; ciò vale pure per la
citazione di brani, che non c’entrano nulla con la domenica (Mt 18,20; 1 Cor
14,24s). Per celebrare il culto cosiddetto cristiano ci vuole per forza la
domenica, per essere la principale manifestazione dell’assemblea locale e
perché Gesù sia esaltato quale Signore e Salvatore? I credenti di Gerusalemme
avrebbero sbagliato a farlo
tutti i giorni, se volevano? (At 2,46; cfr. At 17,11 Giudei). Visto che le
comunità del primo secolo erano «chiese (= raduni) in casa» (At 12,12; Rm 16,5;
1 Cor 16,19; Colosse aveva almeno di «chiese in casa: Col 4,15; Flm 1,2),
avrebbero sbagliato a celebrare il Signore un altro giorno? I credenti
del primo secolo erano spesso angariati e perseguitati (At
8,1; 11,19; 13,50; 2 Ts 1,4); pensi che avessero veramente il pensiero di
un «giorno sacro» e non quello di radunarsi in sicurezza dove e quando
potevano? Se in un’assemblea i credenti si accordano a celebrare un culto
particolare, ad esempio di mercoledì sera, sarebbe esso meno solenne e il
Signore meno presente?
■ Un’altra questione, che resta, è la seguente: è sbagliato radunarsi di
domenica? A ciò ho risposto già nell’articolo. Romani 14,5s lascia libertà. Noi
stessi ci raduniamo di domenica, ma non perché ci sia un comandamento del
Signore o perché esso sia un presunto «giorno sacro» o addirittura il «giorno
del Signore», ma semplicemente per opportunità e motivi logistici: la legge
italiana prescrive la domenica come giorno di riposo, e per noi è una chance
per trovarci insieme nel numero più alto possibile. Con le stesse motivazioni,
se fossimo in Israele, ci raduneremmo di sabato; in un paese
mussulmano non avremmo problemi a radunarci nel giorno di riposo
settimanale: il venerdì. Ciò eviterebbe anche di dare scandalo su una cosa, che
è secondaria, visto che il NT non prescrive alcun «giorno sacro».
6.
{}
▲
7. {}
▲
8. {}
▲
9. {}
▲
10. {}
▲
11. {Vari
e medi}
▲
■
Giovanni Saeli: Tutto ben
esposto, fratello Nicola, desideravo porti una domanda in merito. Esodo 20,8-9
recita: «Lavorerai sei giorni e in essi farai ogni tuo lavoro, ma il settimo
giorno è sabato, sacro all’Eterno». Non essendo documentato, desideravo
sapere qualcosa riguardo al termine, che dovrebbe essere shabbat «cessazione»;
è corretto? Oppure in questo passo il sabato è un giorno? E, se cosi,
qual era il calendario in uso in quei tempi? {12-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Esodo 20,10 recita letteralmente: «...il settimo giorno è šabbāt a Jahwè, il
tuo Dio», intendendo «cessazione [delle attività lavorative] in onore
dell’Eterno». Questa era una legge statale d’Israele, non ingiuntiva nel
nuovo patto (Rm 14,5s: l’uno è il Giudeo, l’altro è il Gentile).
Parlare qui del
calendario liturgico d’Israele, ci porterebbe troppo lontano. C’erano i
vari šabbāt
(settimanali, mensili o noviluni, quelli che cadevano durante altre feste,
settenari e cinquantenari); poi c’erano le feste comandate. Per
l’approfondimento si veda in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamentoo
(Punto°A°Croce, Roma 2002), i seguenti articoli: «Anno sabbatico [šenat šabbātôn]»; «Giubileo [jôbel - deror]»;
«Sabato [šabbāt]»; «Feste principali dell’AT»; «Feste supplementari d’Israele».
■
Nunzio
Nicastro: Ecco qualcosa da leggere riguardando a questo tema:
prima parte;
seconda parte. [N.d.R.: Bruno Aresca, «Il primo giorno della settimana» (Il
Cristiano, luglio 2013 e agosto 2013)]
▬
Nicola Martella: Qui vogliamo ragionare
insieme tra di noi, non leggerci gli scritti di persone, che qui non possono
interloquire. In articoli simili si fa una ricostruzione
ideologica, romantica e anacronistica della domenica come «giorno sacro», perché
in tale giorno è risuscitato il Signore; ma nella chiesa di Gerusalemme si stava
insieme tutti i giorni, non solo di sabato, né solo di «domenica»,
termine accreditato in epoca post-apostolica. Poi si mettono insieme un paio di
brani, quelli già sopra menzionati, senza badare al contesto storico,
letterario, culturale e religioso (p.es. il nuovo giorno comincia al tramonto
del giorno precedente; le testimonianze degli scrittori del 1° sec., secondo cui
i cristiani si radunavano ogni sera dopo il tramonto, ossia dopo la giornata
lavorativa); e così si accredita la convenzione odierna. Quando, però, chiedo
dove sia la discussione in merito nel NT, che l’introduzione della
domenica avrebbe veementemente provocato da parte dei cristiani giudei e gentili
(i primi osservavano il sabato, i secondi non erano abituati a osservare giorni,
Rm 14,5s; in At 15 non c’è traccia di una tale questione), in tali articoli non
trovo traccia. Quando chiedo dove sia lo specifico comandamento nel NT in
merito, tali autori non danno risposta (cfr. al contrario Rm 14,5s). A tali
autori interessa solo accreditare la convenzione attuale della domenica.
Magari, prova
tu a rispondere alla mia domanda, che ho posto sopra.
12. {Vari
e brevi}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Domenica_Avv.htm
17-02-2015; Aggiornamento:
18-02-2015 |