► Abbiamo già discusso e dibattuto molte volte su questo tema. Ora separazione e divorzio si
ripropongono. Nei primi due contributi riporto due opinioni del tutto opposte e
contrastanti riguardo all'articolo «Separazione
e divorzio dalla prospettiva dei figli». Le lascio senza commento, affinché i lettori stessi si possano esprimere al
riguardo; aggiungerò solo un catalogo di domande.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul
tema
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sottostante
1.
{Domenico Falbo} ▲
È una vera vergogna che un pastore evangelico
si separi dalla moglie. Doveva pregare e chiedere aiuto al Signore. Un pastore
non è solo a capo della sua propria famiglia, ma anche di tutta la sua
congregazione e deve dare il buono esempio.
Troppa leggerezza, noi non la perdoniamo.
Possiamo soffrire per tante cose, ma mai arriveremmo alla separazione, neanche
di fronte al tradimento. «L’uomo non separi quello che Dio ha unito».
Gesù chiese ai discepoli di seguirlo con la propria croce; sì dobbiamo
sopportare la croce e le prove, se davvero vogliamo essere pastori del Signore!
{13-03-2008}
2.
{Susi Casta, ps.} ▲
Non sono assolutamente d’accordo sulla visione del divorzio corrente in Italia,
condivisa da cattolici e alcune denominazioni non cattoliche, secondo cui
bisogna fare di tutto per non divorziare, e sacrificare al matrimonio qualsiasi
cosa.
Come ha scritto un fratello al riguardo: «Il matrimonio
è stato creato per l’uomo e non l’uomo per il matrimonio». Se le cose non vanno
in una coppia, evangelica o meno che sia, è molto meglio riconoscerlo, prenderne
atto e agire di conseguenza, invece di continuare a fingere e a fare finta di
nulla. Pregare va benissimo, ma non implica che la risposta di Dio sarà
automaticamente un miracolo che salvi il matrimonio a qualunque costo. Dio ha
molto più a cuore la felicità dell’individuo che la sopravvivenza d’un istituto
come il matrimonio. Non c’è scritto da nessuna parte nella Bibbia che bisogna
fare di tutto e di più per salvare un matrimonio, a scapito delle persone che
vivono infelicemente una situazione coniugale, qualsiasi ne sia il motivo.
Quando ero piccola, avevo 11 anni, ricordo d’aver detto
più volte a mia madre: «Perché non divorzi?». Come mai le facevo questa domanda?
Perché vedevo la sua infelicità, e la sua infelicità si trasferiva
automaticamente su di me, perché vedevo le liti quotidiane con mio padre, i
soprusi, i giochi di potere di lui e di vittimismo di lei. Tutte queste cose
hanno pesato molto su di me e garantisco che sono molto più negative di
qualsiasi divorzio, che almeno farebbe cessare queste sofferenze infinite.
Inoltre, mi permetto di ricordare anche che
nessuno dovrebbe giudicare le
persone che divorziano, neanche i figli, che spesso, come è stato sottolineato,
non possono neanche minimamente comprendere cosa avviene.
Il divorzio (e lo dico per esperienza diretta) non è
affatto una passeggiata, una cosa divertente o un passatempo, soprattutto in
Italia, e soprattutto per le donne. Vorrei ricordare anche che in Italia, a
causa della distorta mentalità al riguardo, si preferisce
uccidere piuttosto che divorziare.
Ogni giorno nella cronaca nera leggiamo tanti casi: «Uccide moglie e figli: non
accettava la separazione»; «Avvelena il marito, stanca dei maltrattamenti», e
cose del genere.
Allora, basta, per favore, con questa mentalità
ipocrita, farisea e perbenista, smettiamola di considerare il divorzio un
dramma. È molto maggiore il dramma, che si vede ovunque e molto più spesso,
delle coppie costrette a continuare un’assurda e patetica finzione, per paura,
per abitudine o per religiosità malintesa e piccolo-borghese. Tutta la questione
è posta male. Smettiamola di torturare persone che già stanno vivendo un momento
difficile, smettiamola di condannarle. Gesù stesso non condannò la donna che
aveva avuto tanti mariti, né fece drammi o tragedie nel parlare con lei, non la
offese o la trattò come una donna di malaffare, come una fallita o come una
perduta in eterno. Il divorzio non
è il peccato imperdonabile, non è neanche un peccato. {17-03-2008}
3. {Nicola Martella} ▲
Qui di seguito mi limito solo a formulare un catalogo di domande specialmente
sui due contributi posti all'inizio.
Un divorzio è
sempre evitabile o, al contrario, inevitabile? È sempre una «vera vergogna» che
un (pastore) evangelico si separi dalla moglie? E se è lei a farlo? E se
nell’altro, nonostante preghiera, richiesta d’aiuto al Signore e perdono
multiplo, non c’è nessun cambiamento e ravvedimento, ma reiterazione di atti
immorali (p.es. adulterio, violenza)? L’affermazione «L’uomo non separi
quello che Dio ha unito» vale anche in caso di adulterio continuato?
Bisogna fare di tutto per non divorziare? Bisogna sacrificare alla conservazione
del matrimonio qualsiasi cosa, ad esempio anche la dignità di persona? La frase:
«Il matrimonio è stato creato per l’uomo e non l’uomo per il matrimonio», non è
in fondo una frase fatta e in contrasto con vari brani biblici? La felicità
dell’individuo è il bene supremo, a cui si può sacrificare un matrimonio? Se Dio
non aveva previsto il divorzio, perché poi lo ha regolamentato nella legge
mosaica (Dt 24,1ss) e perché Gesù parlò dell’eccezione in Mt 5,32? Si può
assurgere la propria esperienza, riguardo sia ai propri genitori e sia al
proprio matrimonio, a elemento oggettivo con cui misurare tale delicata e
complessa problematica? È proprio vero che i figli spesso non possono
minimamente comprendere cosa avviene tra i loro genitori, quando si separano, e
non dovrebbero giudicarli? I titoli drammatici nei giornali sono un motivo per
giudicare con indulgenza il divorzio fra cristiani che ritengono di amare Dio e
la sua Parola? È proprio vero che il divorzio non sia un dramma? Si tratta
sempre di una mentalità ipocrita, farisea e perbenista quando si ritiene di
dover rifiutare il divorzio per sé e di doverlo sconsigliare agli altri? Fanno
bene le coppie fallite a continuare un’assurda e patetica finzione nel loro
matrimonio, per paura, per abitudine o per religiosità malintesa e
piccolo-borghese? Ritenere che il divorzio non sia sempre la medicina giusta a
un matrimonio malato, significa veramente torturare e condannare le persone? Che
Gesù non condannò la Samaritana (più volte sposata e al momento convivente) e
che parlò con lei, significa che approvasse il divorzio e la convivenza? Se il
divorzio non è per nulla un peccato, come si afferma, significa che non lo sia
un nuovo matrimonio, se la parte che si risposa non è la vittima dell’abuso del
suo ex-coniuge, ma il carnefice o il fedifrago continuato? Allora a che serve
un’eccezione, se non c’è una regola (Mt 5,32; 19,9)? Se per Gesù la regola era
che sposare chi era andato via o era mandato via da un matrimonio senza
giusta causa rappresentava un «adulterio», non vale per tali persone ciò che
Gesù disse all'adultera: «Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più»
(Gv 8,11)?
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Credente divorziato e penitente {Nicola Martella} (D)
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Divorzio 1: Atto estremo per uscire da un labirinto? {Nicola Martella} (T)
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Divorzio 2: Interrogativi e tesi a confronto {Nicola Martella} (T)
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Divorzio e matrimonio con un non credente {Nicola Martella} (D)
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Divorzio e nuove nozze {Nicola Martella} (A)
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Divorzio e nuove nozze in Luca 16,18 {Argentino Quintavalle} (A)
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Divorzio e seconde nozze {Nicola Martella} (D)
►
Il divorzio: come lo vivono i figli? {Nicola Martella} (T)
►
Motivi biblicamente legittimi per il divorzio {Bartolomeo Ciociola - Nicola Martella} (T/A)
►
Separazione e divorzio dalla prospettiva dei figli {Nicola Martella} (A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Divorzio_tesi_confronto_GeR.htm
17-03-2008; Aggiornamento: 09-09-2008
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