Il soggetto del divorzio e delle seconde nozze tocca sia il piano
dell’interpretazione biblica, sia quello pastorale, essendo un problema
ricorrente. Questo tema è stato già presente nel confronto delle idee a tu per
tu e nelle ricorrenti discussioni in merito su questo sito. Questo tema è
collegato all'articolo «Divorzio e nuove nozze».
Accade continuamente che credenti mi scrivono e ognuno di
loro mi narra la sua triste storia, la sua tribolazione vissuta come persone
abbandonata coniuge, l'attesa inutile del suo ritorno, sperimentare come egli si
viva in altri legami e, dopo tanti anni d'attesa, nutrire la speranza di
ricostruirsi una vita con un altro credente, con cui servire il Signore. Come
abbiamo visto nell'articolo, la domanda di tali lettori è spesso la seguente:
Che cosa afferma la Parola di Dio riguardo a nuove nozze, nel caso in cui uno ha
abbandonato l'altro coniuge, ha rifiutato ogni possibilità di riconciliazione,
ma per di più ha divorziato e vive oramai da tanti anni con un'altra persona?
Come abbiamo premesso nell'articolo, ribadisco che io
credo nell’indissolubilità del patto matrimoniale e che non bisogna mettere fine
a esso per arbitrio o per capriccio. Una cosa è trovarsi dinanzi a un caso
generale o normale (p.es. dissenso, contrasti fra coniugi), altra cosa è però
quando si tratta di un caso di fornicazione o addirittura di adulterio. Dopo
aver letto l'intero articolo, voi che rispondereste alla domanda di chi è
stato abbandonato?
►
Un servitore del Signore aspira a risposarsi {Nicola Martella} (A)
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I contributi sul
tema
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sottostante
1.
{Calogero Fanara} ▲
Pace, Nicola. Giustamente, abbiamo chiesto in
chiesa quali sono i temi per i quali desidererebbero che sia fatto un studio; e
indovina quale tema ha chiesto una persona... il divorzio. Grazie. {Belgio;
09-09-2008}
2.
{Daniele Mancuso} ▲
■ Contributo: Ciao Nicola, ho letto con interesse la tua rubrica su questo scottante
argomento, il divorzio e il conseguente nuovo matrimonio.
Vorrei dare un
contributo a questa discussione, affermando quanto segue. A mio parere,
se si legge la Bibbia con un minimo di buon senso, è chiaro che la persona
abbandonata o tradita dal coniuge in maniera irreversibile abbia il diritto
sacrosanto di risposarsi. A mio parere, si è creato un problema che, in realtà,
nemmeno si dovrebbe porre, perché le parole di Gesù sono piuttosto chiare al
riguardo. Non vedo quindi per quale motivo ci si debba arrovellare in
ragionamenti farraginosi, quando Gesù ha parlato in maniera semplice e diretta.
Queste sono le
argomentazioni bibliche, ma vorrei aggiungerne altre, meramente
logiche. Se Dio è Amore e Giustizia, perché dovrebbe condannare una persona
che, dopo essere stata maltrattata e ingiustamente tradita dal coniuge, ha
deciso di rifarsi una vita? Un Dio d’Amore metterebbe un simile fardello nelle
spalle d’un credente? Non credo proprio (anche perché Paolo, non a caso, ha
detto: «È meglio sposarsi che ardere...»; figuriamoci quindi una persona
che arde ma non può sposarsi come la vive!).
Eppure, incredibile, vado in giro nei forum evangelici... e cosa leggo?
Che la Parola di Dio sarebbe chiara: chi è stato maltratto, tradito e infine
abbandonato dal partner, non deve comunque risposarsi, perché l’altro, che
magari si è rifatto un’altra vita, è ancora in vita, e bisogna aspettare che
muoia. Devo dire che, nonostante io sia il primo a rispettare le opinioni
altrui, quando leggo certe cose mi vengono i capelli dritti, perché io
francamente le trovo inconcepibili. Purtroppo, dispiace dirlo, ma molte credenti
quando leggono le Scritture o ascoltano il proprio pastore, staccano
completamente il cervello: e questo secondo me è sbagliato, perché la ragione
(seppur oggi sia deificata dalla scienza) Dio ce l’ha data, e un motivo ci sarà!
E purtroppo, molte persone, seppur in buona fede, accettano in maniera passiva
tutto quello che gli viene detto dal pastore, o comunque leggono le Scritture
sotto le lenti della propria comunità.
Il punto è che, forse, bisognerebbe cambiare approccio alla Bibbia: la Parola di
Dio ci guida e illumina in molte cose, ma non può annoverare tutti i casi
possibili e immaginabili. E tu infatti, caro Nicola, hai fato benissimo a
fare l’esempio estremo della persona, che prima di convertirsi, si è sposato tre
volte: proprio perché la vita è imprevedibile, le possibilità sono miriadi e
miriadi, e un libro, seppur sacro, non può contenerle tutte. Invece molti
credenti prendono la Bibbia come un vero e proprio manuale d’istruzioni,
sperando di trovare una risposta bella e pronta (è da qui, secondo me, che nasce
la cosiddetta «versettologia»): e molte risposte ce ne saranno pure (tipo in
Proverbi), ma non tutte (cioè, ti dico, ho letto di gente che chiedeva cosa
dicesse la Bibbia riguardo alle modalità consentite durante i rapporti
sessuali!). E temo quindi che, proprio a causa di quest’atteggiamento, che
nascono poi tanti disastri, frutto di pregiudizi e interpretazioni errate,
rovinando così la vita di molte persone in buona fede (sopratutto quelle
deboli). È in questi casi che, secondo me, dovrebbe entrare in gioco il
discernimento, che lo Spirito Santo dona e che gli uomini dovrebbero usare.
Ma quest’accade? Mi pare che, purtroppo, in molti casi no.
TI saluto, e mi scuso per il post un po’ polemico. T’auguro un buon lavoro!
{08-09-2008}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Faccio solo qualche appunto utile all’approccio biblico a un
problema. Quando si cerca una soluzione biblica adatta ai membri del nuovo
patto, è utile procedere come segue.
■ È comandato (ingiunto, proibito) qualcosa di esplicito al riguardo? Si
noti che i brani descrittivi (narrazioni) non fanno testo al riguardo, ma solo
quelli ingiuntivi (dottrinali). Non bisogna trascurare il fatto che molte volte
i cristiani sbagliano perché non conoscono sufficientemente il consiglio di Dio
riguardo a una certa questione (Is 1,3; Os 4,6; Ef 1,17). Sebbene la Bibbia non
annoveri tutti i casi possibili e immaginabili, poiché molte questioni sono
«recenti», a guardare bene mi meraviglio sempre di nuovo della sua ricchezza e
della copiosità delle sue risposte. Perciò non bisogna biasimare coloro che per
ogni cosa cercano che cosa dica al riguardo la Parola di Dio, anche per le cose
che a noi possono apparire «bizzarre».
■ Come procedere se qualcosa non è comandata in modo esplicito? Il
principio generale al riguardo lo abbiamo descritto nell’articolo «
L’etica della libertà e della responsabilità». Una cosa non esplicitamente
comandata all’interno del nuovo patto, non è ingiuntiva per il cristiano. Detto
questo però, anche le cose lecite nascondono vari pericoli
per la persona stessa (p.es. inutilità, uso abnorme, dipendenza) e per gli altri
(coscienza del debole, edificazione degli altri, comunione). Tutto ciò è
affrontato dall’apostolo Paolo in Romani 14 e in altri brani (cfr. l’articolo su
menzionato). «Ogni cosa m’è l-caps">lecita,
ma non ogni cosa è utile. Ogni cosa
m’è lecita, ma io non mi lascerò dominare
da cosa alcuna» (1 Cor 6,12). «Ogni cosa è
lecita ma non ogni cosa è
utile; ogni cosa è lecita ma non
ogni cosa edifica» (1 Cor
10,23; v. 23 vantaggio proprio e altrui).
■ È vero che
si abusa del «Libro di Dio», quando si tratta la Bibbia come un «libro di
ricette» e, per trovarci qualcosa, abusa d’esso con indebita versettologia,
allegorie, spiritualizzazioni arbitrarie, falso sillogismo eccetera; ciò ha
conseguenze per la propria vita e quella altrui. È anche vero però che un abuso
della sacra Scrittura avviene quando si parla delle cose di Dio per
approssimazione e per sentito dire o addirittura si attribuisce al Signore
ciò che Egli non ha mai affermato nella sua Parola, ma proviene dalla «farina
del proprio sacco», dalle «proprie visioni, gonfiato di vanità dalla mente
della sua carne» (Col 2,18). Il discernimento, che lo Spirito Santo
dona ai credenti, proviene dallo studio personale della sacra Scrittura, quindi
dall’esegesi contestuale, oppure dall’istruzione in essa (cfr. Pr 2,1ss; 4,1s;
Fil 1,9s; Eb 5,12ss cibo sodo).
3.
{Ciro Lomaschio, ps.}
▲
■
Contributo:
Gent.le Martella, e cosa dovrebbe fare chi ha abbandonato il coniuge, perché
impossibilitato a proseguire il matrimonio per disperazione? (debiti continui,
richieste insistenti di viaggi e spese varie, inibizione a frequentare parenti e
amici non graditi, assenza di collaborazione nella conduzione della famiglia,
continui ricatti e pressioni psicologiche, ossessioni continue…). Sicuramente si
sbaglia in due e non solo chi ha abbandonato.
Ho una nuova famiglia di
fatto e sono tornato alla vita, ma vorrei anche entrare in chiesa senza sentirmi
sempre una pecora smarrita agli occhi dei fedeli, in quanto agli occhi di Dio
non credo di essere tale. Cordialmente. {08-09-2008}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Il caso di Andrea è certamente particolare. Dare una risposta
non è neppure facile, ma voglio tentare per quello che comprendo. Il problema
sta nella
concezione del matrimonio. Per la chiesa cattolica esso è un sacramento
amministrato da un clero che si ritiene dispensatore della grazia di Dio. Nella
Bibbia il matrimonio rientra nel diritto privato e non in quello statale e tanto
meno in quello ecclesiale. Il matrimonio per la Bibbia è un patto tra un uomo e
una donna, approvato dalle rispettive famiglie e celebrato in modo ufficiale,
secondo gli usi e i costumi vigenti; esso vale così dinanzi agli altri e a Dio.
Alcuni
elementi del matrimonio quale patto sono in senso reciproco la lealtà, la
fedeltà alla parola data, il sostegno, la collaborazione, la solidarietà, la
fedeltà coniugale, la sincerità, la trasparenza, il concorso al bene comune, la
mutua assistenza, eccetera. Sebbene chiunque può venire meno in qualche punto in
un momento particolare, la disattenzione continuata di tali aspetti mette
seriamente in pericolo la stabilità matrimoniale e, se esortazioni e ammonimenti
non sortiscono effetti benefici, prima o poi portano alla distruzione del
vincolo.
Se chiedessimo a un rabbino, se le cose descritte sopra da Andrea rientrerebbero
nella `ërewat dābār «nudità di una cosa / parola» in
Deuteronomio 24,1, tradotto in italiano con «qualcosa di vergognoso», la sua
risposta sarebbe probabilmente di sì, poiché tali cose infangano la dignità del
marito e lo portano a vergognarsi dinanzi agli altri. Nel giudaismo, se
l’ammonizione privata e quella pubblica non avessero sortito alcun cambiamento,
l’uomo avrebbe avuto allora la facoltà di scrivere un «libello di ripudio» e
avrebbe potuto mandare via la moglie. Nessun tribunale lo avrebbe condannato per
ciò. La sinagoga non l’avrebbe scomunicato, se poi si prendeva una nuova moglie.
Nella sua interpretazione di Deuteronomio 24, Gesù avrebbe fatto valere
tutto ciò che abbiamo detto finora? Probabilmente sì perché le espressioni
parentòs lògou porneías «a eccezione della parola di fornicazione» di Matteo
5,32 e
mè epì porneía «se non a causa di fornicazione» di Matteo 19,9 si
riferivano direttamente a quella
parola di fornicazione di Dt 24,1. Abbiamo visto che porneia, che
spesso si traduce con «fornicazione», intendeva genericamente «lussuria,
scostumatezza morale, atteggiamenti licenziosi», quindi anche smodatezza in
brama, piacere e godimento. Questi elementi caratterizzavano l’ex-moglie di
Andrea al punto da creare un indebitamento e da trascurare il bene familiare.
Quindi Andrea ha certamente la mia comprensione per il fallimento matrimoniale,
sebbene egli ammetta anche le sue colpe. Tutte queste riflessioni sono comunque
degne di maggiore approfondimento.
Quanto a un
famiglia, essa è «di fatto», quando si basa su un patto giuridicamente
valido. Il Signore Gesù disse alla Samaritana: «“Va’ a chiamar tuo marito e
vieni qua”. La donna gli rispose: “Non ho marito”. E Gesù: “Hai detto bene: <Non
ho marito>, perché hai avuto cinque mariti; e quello che hai ora, non è tuo
marito”» (Giovanni 4,16ss). Gesù distingueva benissimo fra un matrimonio e
una convivenza.
Quando al
rapporto con Dio, esso non ha bisogno di templi e basiliche, ma di fede in
Gesù Cristo, timor di Dio e ubbidienza alla sua Parola. Alla stessa Samaritana
Gesù disse: «Donna, credimi; l’ora viene che né su questo monte [= Garizim]
né a Gerusalemme adorerete il Padre. […] Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che
i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché tali sono gli
adoratori che il Padre richiede. Dio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna
che l’adorino in spirito e verità» (Giovanni 4,21-24). Chi cerca quindi Dio
con serietà non necessita di luoghi particolari né di persone particolari, ma
può leggere la Parola di Dio e pregare il Signore di cuore sia da solo che con
altri a casa propria o altrove. Così facevano i cristiani del primo secolo che
non conoscevano chiese né basiliche.
4.
{Ellero Balzani}
▲
■
Contributo:
Ciao, ti faccio presente che «indissolubile» vuol dire «che non si può
sciogliere» in nessun modo; perciò se credi «nell’indissolubilità del patto
matrimoniale», come hai scritto, nessun ragionamento è valido per ritenerlo
scioglibile. Perciò, per coerenza, io non credo «nell’indissolubilità del patto
matrimoniale», come del resto dovresti avere il coraggio di dire anche tu. Un
abbraccio fraterno. {09-09-2008}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Si può credere all’indissolubilità matrimoniale per principio
generale e credere allo stesso tempo che casi specifici rendano il patto
matrimoniale dissolubile? La risposta è assolutamente sì.
Questa era la convinzione di Gesù, quando disse: «Essi non sono più due, ma
una [sola] carne. Quello dunque che Dio ha aggiogato insieme, l’uomo non lo
separi» (Mt 19,6). Questo era il principio generale; poi fece seguire subito
l’eccezione: «Chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di
fornicazione [o lussuria], e ne sposa un’altra, commette adulterio» (v. 9;
cfr. 5,32).
Si può credere, quindi, al principio generale dell’indissolubilità del patto
matrimoniale, pur accettando le dovute eccezioni menzionate da Gesù stesso (Mt
5; 19) e dall’apostolo Paolo (1 Cor 7). L’uno non esclude l’altro. Ogni buona
legge ha un principio generale e le sue eccezioni particolari.
5.
{Patrizio Zucchetto}
▲
Nicola, grazie dell’articolo. L’ho letto per
intero e l’ho trovato esaustivo. Nel lavoro pastorale che svolgo mi trovo ad
affrontare problematiche del genere. Avere una base e una riflessione chiara
alla luce delle tue riflessioni è utile per essere capaci di pasturare il gregge
che Dio ci ha affidato. Saluti in Gesù. {09-09-2008}
6.
{Gianni Siena}
▲
Nota editoriale: Qui il lettore fa riferimento all’articolo «
Un servitore del Signore aspira a risposarsi», che è strettamente
connesso all’articolo «
Divorzio e nuove nozze».
■
Contributo: Caro Nicola, shalom a te! Ti
scrivo a proposito del fratello abbandonato dalla moglie. Credo che possa
risposarsi, data l’evidente situazione, ma deve rimettersi al giudizio (esame
della chiesa e degli anziani) per quel che concerne la prosecuzione del
ministero. Paolo dice che l’uomo candidato vescovo deve essere irreprensibile e
marito d’una sola moglie; se nessuno si scandalizza per la sua situazione di
divorziato (per colpa della moglie), se il servizio che rende alla chiesa è di
buon profitto per i fratelli... giudichino loro, alla luce del Vangelo e
dell’etica cristiana.
Credo di non dover aggiungere altro, ritengo che il
ministero sia una cosa seria. A me, che mi sono visto chiudere la porta d’esso
per molto meno (emendabili errori di gioventù che sono venuti meno con la
crescita cristiana) e che ho visto gente con tare ben più serie accedervi... la
cosa mi fa alquanto male e indignare. {16 gennaio 2009}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Il problema del ministero non si pone, visto che tale
servitore del Signore è «sciolto» dal suo precedente matrimonio, a causa della
scelta radicale della sua ex-moglie; quest'ultima convive con un altro uomo e
non intende tornare in nessun modo indietro. Il patto matrimoniale è rotto in
modo definitivo e l'uomo è in qualche modo un «vedovo morale» (ai tempi di Gesù
lo sarebbe diventato in breve anche di fatto). Quando egli contrarrà il nuovo
vincolo, sarà comunque «marito di una sola moglie». La sua missione ha compreso
la sua situazione e ha avvallato la sua scelta.
Sì, ci si può indignare a ragione, quando non si accetta il
mutamento di vita di qualcuno (2 Cor 5,17) e gli si impedisce di servire il
Signore con i carismi che possiede. L'imperdonabilità è un cattivo segno di
livello spirituale e morale. Recuperare qualcuno alla comunione e al servizio è
un grande imperativo (cfr. Gcm 5; Giovanni Marco).
7.
{Roberto Pecchioli}
▲
Carissimo Nicola, personalmente risponderei al fratello che, se per lui è troppo
difficile restare solo (e troppo rischioso) e davanti al Signore il suo cuore
non lo condanna, che si senta libero di risposarsi. Un fraterno saluto. {17
gennaio 2009 }
8.
{Gianni Siena}
▲
Caro Nicola,
shalom! Mi riferisco al delicato rapporto tra un’irreprensibile «immagine /
reputazione» pubblica e la santità del ministero cristiano. Io non sono affatto
indignato per il fratello che si risposa e vorrebbe continuare a servire
pubblicamente il Signore; l’onestà con cui riferisce la sua disavventura, lo
accomanda da sé: egli può sempre rimettersi al giudizio dei fratelli anziani e
maturi, «forse» può ancora continuare!
Sono invece indignato per casi a me noti: persone che hanno accesso al servizio
cristiano e chi potrebbe smascherarli, non lo fa. Persone ben consapevoli dei
propri limiti, palesati da comportamenti indegni che li squalificano; per
ottenere la visibilità davanti ai confratelli, hanno persino mortificato e
squalificato servi di Cristo, che hanno dimostrato tutta la loro dedizione al
Signore. Il pastore di quella chiesa sa perfettamente la situazione dei suoi
«collaboratori»... Dio giudicherà ognuno secondo le sue opere. Oltre a questo,
sempre in riferimento al prerequisito «marito d’una sola moglie», esso deve
essere solido prima ancora che l’interessato sia chiamato a servire Cristo,
servendo i fratelli in fede. Più d’un «servitore» dovrebbe analizzare il proprio
tere il mandato
ministeriale, se la relazione con la donna ha delle falle.
Quello che è successo all’anonimo fratello nel ministero, potrebbe succedere a
chiunque, non c’è nessuna obiezione a risposarsi se questo si desidera, ma il
personale stato civile (= successivo) può essere un intralcio a un efficace
lavoro per il Signore. Non tutti possono sopportare per una vita intera le
fatiche e i disagi del ministero: chi è chiamato da Dio a ciò, è stato dotato
anche di spalle molto «robuste». La Scrittura (= l’apostolo Pietro) raccomanda
di convivere con la donna, tenendo sempre presente la sua «delicatezza»: una
donna trascurata potrebbe tradire il marito e sfasciare un rapporto autentico
che, in condizioni meno severe, resisterebbe e dando felicità a entrambi. Non
tutti sono chiamati a reggere il doppio peso della fede e della missione. Non
credo di dover aggiungere altro. {18 gennaio 2009}
9.
{}
▲
10.
{}
▲
11.
{}
▲
12.
{}
▲
►
Divorzio e nuove nozze di credenti {Nicola Martella} (D)
Per l’ulteriore approfondimento si rimanda nella pagina «Etica» alla rubrica «
Matrimonio: Divorzio», dove ci sono numerosi scritti sul tema.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Divorzio_2nozze_parla_S&A.htm
09-09-2008; Aggiornamento: 22-03-2012
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