Nell’articolo «Discepoli
nel Nuovo Testamento» abbiamo visto che il termine greco per
«discepolo» è abbastanza generico, significando discepolo, studente,
allievo e seguace, quindi chi aderisce all’insegnamento di un maestro. Il
termine greco indica, quindi, l’iniziato a una via, colui che ha intrapreso un
cammino. Abbiamo anche visto che l’esito di tale cammino non è scontato,
visto che il seguace può ritirarsi durante il percorso. Il termine «discepolo»
ha uno spettro di significati molto esteso e va da chi è stato appena
iniziato ai primi elementi di una dottrina (simpatizzante) a chi ha già un lungo
cammino dietro di sé. Si può addirittura essere discepolo segreto di
qualcuno, quindi un simpatizzante occulto. Tutto dipende dal contesto. Abbiamo
anche visto che da Atti 22 in poi e per tutte le del NT il termine «discepolo»
non fu mai più usato; questo è da tenere assolutamente presente. Ciò
accadde forse perché il termine era considerato troppo generico e, perciò,
ambiguo.
Per capire in modo adeguato questo tema, si fa bene a tener presente la
qualità dei discepoli. Visto che si parlò di «gran folla dei discepoli»
(Lc 6,17) e di «moltitudine dei discepoli» (Lc 19,37; cfr. At 6,2),
sebbene poi Gesù si ritrovò alla fine soltanto con gli Undici, bisogna intendere
adeguatamente il vasto fenomeno dei discepoli di Gesù. Al riguardo può aiutare
l’illustrazione della pietra, che cade nello stagno: essa crea un’onda
circolare (quindi cerchi) che, a mano a mano si allontana dal centro, perde
d’intensità e crea cerchi sempre più grandi e indistinti. La qualità dei
discepoli dipendeva dalla vicinanza a Gesù: tre particolari (Pietro,
Giacomo e Giovanni; Mt 17,1; Mc 5,37; 14,33), i Dodici (compreso il futuro
traditore; Mt 10,2), le donne che accompagnavano Gesù (Mt 27,55s; Lc 23,49.55),
i Settanta (Lc 10,1.17), gli stretti aderenti (p.es. Maria, Marta e Lazzaro; Gv
11,1s), i fruitori di beni e grazie (miracolati, sfamati, liberati, ecc.), i
discepoli nascosti e si simpatizzanti (p.es. Giuseppe di Arimatea, Gv 19,38;
cfr. Nicodemo), le folle degli affascinati dalla persona di Gesù e dei
meravigliati entusiastici (Mt 7,28s), e così via. Chi non tiene presente tutto
ciò, arriverà a conclusioni affrettate, e ciò impedirà la giusta comprensione
dei testi biblici.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Pietro
Calenzo}
▲
1. Grazie,
Nicola, della condivisione di questo specifico argomento, che mi riprometto
quanto prima di commentare. Constatato anche che sulla non perfetta
comprensione del termine «discepolo», si generano spesso convinzioni
dottrinali o teologiche, che non sempre trovano riscontro in una retta
esegesi scritturale. Un abbraccio in Gesù Messia. {19-10-2010}
2. Concordo
con l’analisi molto esauriente ed esegeticamente molto illuminante. Il tema,
proposto dal fratello Martella, è di eminente rilevanza, poiché una esatta
comprensione o attribuzione scritturale del termine discepolo, ci dona di
conoscere non solamente in maniera più
approfondita chi fosse un discepolo di Gesù nel panorama del Nuovo
Testamento, ma anche chi non lo fosse. Ciò potrebbe apparire di banale
attribuzione, ma non sempre è stato così. Pensiamo anche che eminenti studiosi
delle Scritture come Henry Mattews o il grande Giovanni Calvino mal
interpretarono, in alcuni specifici pericopi bibliche, chi fossero i veri
seguaci di Gesù.
Ciò premesso, da una
analisi del Nuovo Patto si delinea chiaramente che non tutti coloro che le
Scritture presentano come discepoli, erano seguaci di Gesù; anche Giovanni il
Battista e i
Farisei avevano i loro discepoli. A volte, molti cari credenti o
commentatori danno per pacifico che tutti i discepoli di Giovanni
aderirono immediatamente al nuovo messaggio dell’Evangelo, ma nella realtà
storica e biblica non fu così. Nell’anno sessanta circa, la Parola di Dio
c’informa che i dodici discepoli di Efeso (Atti 19,1ss), che da molti
vengono definiti come «cristiani», in realtà non lo erano, poiché non
conoscevano nemmeno che esistesse la persona dello Spirito Santo. E lo stesso
giudizio del cristianesimo del primo Apollo lascia qualche oggettiva
perplessità, poiché pur annunciando, le cose relative a Gesù (Atti 18,24), aveva
conoscenza solo del battesimo di Giovanni. Evidentemente non era un discepolo
compiuto, tant’è che Prisca e Aquila lo dovettero prendere con loro, per
esporgli più appieno le vie del Signore (v. 26).
Tornando agli Evangeli,
non tutti quelli che seguivano Gesù, erano effettivamente suoi discepoli;
infatti, benché fossero designati come tali (Giov 6,61-66), molti immediatamente
dopo si scandalizzarono e abbandonarono Gesù. Gli stessi discepoli, denominati
poi
apostoli, durante il loro ammaestramento da parte del Signore Gesù, non
furono immuni da invidie, ira, da fraintendimenti, da ignoranza della visione
completa del piano redentivo del Signore Gesù. È sintomatico il fatto che, prima
della Pentecoste, Gesù parlando a Pietro gli annuncia: «Quando sarai
convertito, conferma i tuoi fratelli», a specificare che Pietro come gli
altri pochi discepoli, che erano rimasti con Gesù, non si dovevano perfezionare,
pentire, ravvedersi, ma «convertire».
L’autentico cammino
con Gesù degli apostoli e dei veri discepoli di Gesù superstiti, si ebbe solo
effettivamente dalla resurrezione di Gesù e dalla Pentecoste in poi. Gesù stesso
anteriormente aveva detto ai suoi seguaci: «Se perseverate nella mia parola,
siete veramente miei discepoli e conoscerete la verità, la verità vi farà liberi»
(Giov 8,31).
Per una analisi
dettagliata della terminologia greca scritturale relativa all’uso del termine
discepolo, del verbo discepolare e di tutti i significati paralleli rimando alla
perfetta analisi del fratello Martella sul tema presente, da lui pubblicato.
Prezioso e consigliato anche il contributo del fratello Martella sul tema «I
discepoli di Giovanni Battista in Atti 18-19».
Benedizioni nel Signore Gesù Messia. {21-10-2010}
2. {Guerino De
Masi}
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Analisi esauriente,
e scevra da luoghi comuni, che porta alla riflessione e all’attento esame dei
termini usati o strausati, soltanto perché vengono «caricati» di significati,
che non sempre sono attinenti alla Parola. Questo, ricavo dalle riflessioni
e analisi che ci proponi.
Ciononostante, non trovo in questo caso uno
specifico riferimento di Matteo 28 in senso positivo: «Fate miei
discepoli!».
«Quanto agli undici discepoli, essi andarono in
Galilea sul monte che Gesù aveva loro designato. E, vedutolo, l’adorarono;
alcuni però dubitarono. E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere
mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli
tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed
ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente» (vv.
16-20). Il mandato comporta: ▪
Andare; ▪
Fare suoi discepoli tutti i popoli; ▪
Battezzare; ▪ Insegnare.
In questo contesto, mi pare di cogliere che
«discepoli» equivale a rigenerati, nati di nuovo, cristiani, fratelli,
credenti in Gesù, che «iniziano» un cammino nuovo, essendo dapprima battezzati e
poi ammaestrati.
Pertanto non è forse che si fa maggior
confusione tra «discepolo e discepolare»?
Grazie del prossimo tuo chiarimento.
{20-10-2010}
3. {Nicola
Martella}
▲
Non ho trattato
Matteo 28,18ss per il semplice motivo che in tale
brano il termine greco mathētēs
«discepolo» non esiste; come già indicato nell’articolo, ricorre qui
invece il verbo mathēteuō «essere discepolo, ammaestrare,
istruire». Ecco una traduzione letterale
del brano: «E Gesù si avvicino e parlò loro, dicendo: «M’è stato dato ogni
potere in cielo e sulla terra. Andando dunque,
ammaestrate tutti i popoli,
battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando
loro d’osservare tutto ciò, che v’ho comandato! Ed ecco, io sono con voi tutti i
giorni, fino al compimento dell’era”» (vv. 18ss).
Nell’Evangelo di Matteo
tale verbo ricorre
soltanto qui ancora:
■
1. «Ogni scriba ammaestrato per
il regno dei cieli» (Mt 13,52).
■
2. «Ma, di sera, venne un uomo ricco di Arimatea, chiamato Giuseppe, il quale
anch’egli stesso era ammaestrato
riguardo a Gesù», nel senso che «anch’egli personalmente seguiva
l’ammaestramento di Gesù» (Mt 27,57). Che questi non fosse stato fin
lì un seguace attivo nella sequela di Gesù, ma un simpatizzante in segreto,
fu detto esplicitamente da Giovanni: «Giuseppe d’Arimatea… era discepolo
[mathētēs] di Gesù, ma occulto per timore dei Giudei» (Gv 19,38).
Alla luce di Matteo 13,52; 27,57 è più logico tradurre tale verbo anche in 28,19
con «ammaestrare». L’ammaestramento delle genti doveva contenere due aspetti:
▪ 1. L’iniziazione alla sequela mediante il battesimo; ▪ 2. L’insegnamento
riguarda all’osservanza dei comandamenti di Gesù.
4. {Mario Di
Franco}
▲
Nell’ambito
naturale, per discepolo s’intende chi apprende un mestiere o un’arte e si
lascia istruire da un maestro. Sul piano spirituale, i discepoli sono
coloro, che rispondono all’amore di Cristo facendogli dono della propria vita,
offrendogliela in sacrificio vivente, consacrandola a Lui. Nonostante sia
volontà di Dio che tutti i credenti divengano discepoli del Signore, non tutti
lo sono; c’è chi si limita a credere nel sacrificio perfetto di Gesù e ne
acquista i benefici senza, però, donargli in cambio la propria vita, senza
consacrazione.
L’idea del discepolato è presente sin dall’Antico Testamento. Il profeta
Elia ebbe come discepolo Eliseo, che lo amava come un padre, ma ammaestrò
anche numerosi discepoli dei profeti, che da lui avevano imparato ad
ascoltare la voce del Signore e che ricevettero da Dio la rivelazione, che il
loro maestro sarebbe stato rapito in cielo. «I discepoli dei profeti che
erano a Bethel andarono quindi a trovare Eliseo e gli dissero: “Sai che l’Eterno
quest’oggi porterà via il tuo signore al di sopra di te?”. Quegli rispose: “Sì,
lo so; tacete!”» (2 Re 2,3).
Mosè istruì
Giosuè, successore designato a guidare il popolo d’Israele sulla base delle
istruzioni divine, ma questi non seguì il suo esempio e non si preoccupò di
preparare qualcuno a succedergli, cosicché alla sua morte, al tempo dei giudici,
non ci fu alcun re in Israele. Giosuè era stato un grande condottiero, ma non si
era preoccupato del futuro del suo popolo.
I discepoli garantiscono la continuità nell’opera del Signore e non
preoccuparsene la pregiudica. Spetta a noi preparare una nuova generazione per
il regno di Dio, istruire persone che s’ispirino ai suoi valori e lo servano con
fedeltà e obbedienza.
Sempre nell’A.T. Anche Giovanni Battista aveva i suoi discepoli. Quando
fu colto dall’atroce dubbio se Gesù fosse veramente il Messia, visto che si
trovava in carcere, nonostante la promessa che il Messia avrebbe liberato i
prigionieri, gliene inviò due come messaggeri per chiedergli: «“Sei tu colui
che deve venire, oppure dobbiamo aspettarne un altro?”. E Gesù, rispondendo,
disse loro: “Andate e riferite a Giovanni le cose che udite e vedete: i ciechi
riacquistano la vista e gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati e i sordi
odono; i morti risuscitano e l’evangelo è annunziato ai poveri”» (Matteo
11,1-5). Evidentemente Giovanni Battista non era esente dalla mentalità del
mondo, che non coglie gli aspetti spirituali delle cose, ma solo quelli
materiali.
In Matteo 10,1-4 c’è l’elenco completo dei dodici discepoli di Gesù. Gesù
li mandò a due a due a guarire e a liberare le persone dai demoni. Con loro
c’era anche Giuda, che stava con Gesù fisicamente, ma non col cuore, se giunse a
tradirlo.
A Giuda rassomigliano quei credenti che fisicamente si trovano in chiesa,
ma col cuore sono altrove, non pensano al Signore, sono lontani da Lui, anche
quando c’è l’adorazione e si percepisce la sua dolce presenza. La conoscenza
della Parola non serve a nulla se non cambia la vita, se non viene messa in
pratica e se non si ama il Signore con tutto il cuore. Chi viene a conoscenza
della volontà di Dio, si trova a dover scegliere se applicarla alla propria vita
o ignorarla. Il comportamento di Giuda deve suscitare in noi un forte timor di
Dio e costituire un monito a non scadere nella religiosità, fatta di apparenze e
formalità.
Oltre ai dodici, Gesù curò anche un gruppo di settanta discepoli. Li
inviava a due a due nei luoghi, in cui aveva in programma di recarsi, per
preparare le persone al suo arrivo. Dovunque andavano, essi manifestavano il
soprannaturale con segni, prodigi e miracoli e quando Egli arrivava era accolto
dalle moltitudini. «Dopo queste cose, il Signore ne designò altri settanta e
li mandò a due a due davanti a sé, in ogni città e luogo dove egli stava per
recarsi» (Luca 10,1).
Il metodo usato da Gesù per formare i suoi discepoli era particolarmente
efficace, ma qual era la sua strategia? Dallo studio della Scrittura si
coglie che Gesù ministrò almeno diciassette volte alle moltitudini, addestrò
anche i settanta e curò i cinquecento in Galilea, ma spese la maggior parte del
suo tempo con i dodici. Nella Bibbia si trovano quarantasei citazioni di
cura particolare che Egli praticò a uno o a due o a tre dei dodici discepoli.
Spendeva tempo personalmente con ciascuno di loro o con piccoli gruppi, oltre
che con tutti insieme, cosicché, quando disse: «Fate discepoli», sapevano bene
cosa dovevano fare e come farlo, soprattutto sapevano che ogni discepolo
necessita di una cura personale. Il suo metodo, che deve essere il nostro
modello, ci fa capire che chi guida una cellula chiusa, non può limitarsi agli
incontri di gruppo, in cui s’impartiscono insegnamenti ed esortazioni; infatti,
quando si devono discutere situazioni strettamente personali o si deve fare
un’opera di correzione, è bene agire in separata sede.
Gesù corresse più volte Pietro, che aveva la manìa di primeggiare e
nutriva gelosia nei confronti di Giovanni, il discepolo prediletto. Era solo con
lui, quando lo riabilitò e gli diede fiducia. Egli parlò personalmente con
Giuda e con
Giovanni, al quale rivelò cose particolari.
Alla sua
trasfigurazione ebbero il privilegio di assistere solo Pietro, Giacomo e
Giovanni, quelli che gli erano più vicini e che poi furono i più perseguitati,
perché considerati i più pericolosi. {20-10-2010}
5. {Nicola
Martella}
▲
Ringrazio
quest’ultimo lettore per le sue riflessioni, che mi danno occasione per
interagire in alcuni punti.
Abbiamo visto che la qualità dei discepoli dipende dalla vicinanza
rispetto a Gesù. Alcuni divengono veri seguaci, tanto da poterli chiamare
«fratelli» in Cristo; altri sono soltanto «aderenti» a idee cristiane, se non
addirittura a concezioni umanistiche cristianizzate. Basta fare un giro in
internet per constatare tutto lo spettro variegato dei «discepoli» o cosiddetti
«cristiani».
L’articolo si è occupato soltanto del fenomeno dei discepoli nel NT, per non
mettere troppa carne a cuocere. Ho preferito prescindere dal fenomeno nell’AT,
anche perché tale termine ricorre lì soltanto in 14 versi (contro i 257 del NT).
Praticamente dal tempo di Amos e Isaia (8° sec. a.C.) tale termine non fu più
usato nei libri profetici. Chiaramente si può citare il rapporto fra Mosè e
Giosuè o fra Elia ed Eliseo, ma né Giosuè né Eliseo furono chiamati
esplicitamente come «discepoli». Si noti che i cosiddetti «discepoli dei
profeti» furono distinti da Eliseo (2 Re 2,3.5) ed ebbero verso quest’ultimo
lo stesso atteggiamento reverenziale come verso Elia (v. 15; 2 Re 4,1 «tuo
servo»; v. 38; 6,1ss; 9,1).
Ecco le
altre ricorrenze nell’AT. In 1 Cronache 1,25 si mostra soltanto la
contrapposizione fra i ruoli. In Isaia 8,16 Dio parlò dei «miei discepoli»,
destinatari dei suoi decreti storici. In Isaia 50,4 si evidenziò l’ascolto
attivo: «Egli risveglia, ogni mattina risveglia il mio orecchio, perché o
ascolti, come fanno i discepoli»; questa è un’illustrazione presa
dall’ambito profano: ogni apprendista è attento alle parole del suo istitutore.
In Isaia 54,13 Dio parla de suo futuro popolo, quando «tutti i tuoi figli
saranno discepoli dell’Eterno»; a quel tempo erano tutti ribelli. L’ultimo
riferimento lo troviamo in Amos 7,14ss, dove egli evidenziò di non aver
frequentato una scuola profetica, ma di aver ricevuto una chiamata da Dio.
Quindi, un’analisi dell’AT in merito al termine discepolo, incide soltanto
marginalmente alla comprensione del fenomeno del discepolato nel NT.
Un appunto su
Giovanni Battista: i suoi dubbi non erano dettati dalla materialista
«mentalità del mondo», ma dal fatto che i profeti preannunciavano per lo più un
Messia-Re trionfante; la sua via d’umiliazione fu appena adombrata (p.es. Is
53), ma solo la predicazione ai suoi stretti seguaci e la passione di Gesù
avvalorarono tale mistero, cosa che neppure i suoi discepoli capirono fino alla
fine (Mt 16,22; Lc 24,21). [Per l’approfondimento si vedano in Nicola Martella
(a cura di), Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), i seguenti articoli: «Le
grandi linee dell’escatologia dell’AT», pp. 122-128; «Divario fra
predizioni e adempimenti messianici?», pp. 129-132.]
Il confronto fra una certa tipologia di credenti incolori e Giuda mi
sembra fuori luogo, poiché mentre i primi non sono né carne e né pesce, Giuda
tradì Gesù; questi è immagine invece degli apostati, che girano le spalle alla
grazia, che hanno appetito, per altri interessi.
6. {}
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8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {}
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12. {}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Discepoli_NT_Avv.htm
21-10-2010; Aggiornamento: |