Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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È LECITO FARE IL DEEJAY E IL PREDICATORE?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo « È lecito fare il deejay e il predicatore?». Qui aggiungo come introduzione qualche altro aspetto, che potrebbe aiutare nella discussione.

     Solo chi si studia di essere irreprensibile (= al di sopra di ogni riprensione; cfr. 1 Tm 3,2.10; 5,7; 6,14; Tt 1,6s; Tt 2,8), potrà tagliare rettamente la «Parola della verità», senza essere confuso e avendo l’approvazione di Dio (2 Tm 2,15). E solo allora si potrà risplendere «come luminari nel mondo, tenendo alta la Parola della vita» (Fil 2,15).

     In caso contrario, si vivrà continuamente con la coscienza sporca e non avrà autorità biblica nel suo insegnamento e nella pratica della cura pastorale. Nel caso peggiore, però, dove non ci si ravvede, si tenderà a scusare, consciamente o inconsciamente, il peccato negli altri, per giustificare se stesso; similmente si «leggerà» la Parola di Dio col «l’occhio viziato» dal proprio peccato. «Se dunque l’occhio tuo è sano, tutto il tuo corpo sarà illuminato; ma se l’occhio tuo è viziato, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre» (Mt 6,22s).

     Allora, volenti o nolenti, sarà grande la tendenza a storcerne il significato, o almeno ad addomesticarlo, e a predicare un messaggio a propria immagine e somiglianza. Un indizio al riguardo è sentire continuamente, nelle preghiere e dal pulpito, preghiere e discorsi generalizzati, incentrati sul fatto che siamo «tutti» peccatori, che «tutti» necessitiamo di perdono e che Dio ci ami «tutti così come siamo». Grande è la tendenza anche a «spiritualizzare» il proprio stato di peccato e a presentare il tutto come un piano divino, in cui Dio ha una qualche meta misteriosa o ci vuole insegnare qualcosa. Ricordo quel credente e quella credente, che praticavano insieme fornicazione e si scusavano dicendo che leggevano la Bibbia insieme, che pregavano insieme, che Dio è amore e che, quando si ama, si è da Dio. E magari ti dicono pure che stanno parlando del Signore a qualcuno.

     Ricordo quel conduttore di chiesa che alla mia domanda intorno al suo sostegno finanziario, mi rispose candidamente che stava prendendo il sussidio di disoccupazione e s’arrangiava anche con un lavoro in nero. Che cosa poteva egli dire mai a coloro che nella sua comunità affermavano di «arrangiarsi» per vivere e chiedevano un suo consiglio biblico? Come è successo al conduttore della chiesa di Laodicea, avendo egli fatto il callo morale, ci si sente arrivato, soddisfatto e a posto in ogni cosa, mentre la diagnosi del Signore è questa: «…e non sai che tu sei infelice fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo» (Ap 3,17).

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Enzo D’Avanzo

2. Maurizio Ferrari

3. Michele Pace

4. Giovanni Samperi

5. Gianni Siena

6. Eliseo Paterniti

7. Mario Pinto

8. Adolfo Monnanni

9. Roberta Sbodio

10. Luca Sgro

11. Vari e medi

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Enzo D’Avanzo}

 

Caspita che storia! Questo Rocco pone una ragione umana, e umanamente lui potrebbe avere ragione: deve potare il pane a casa! Però il cristianesimo è una scelta ed è rinunziare a se stesso! Se si vuole servire Gesù, non si può servire anche il mondo. Non ci si nasconde dietro al fatto del lavoro con scuse: o si rinuncia al mondo o non si è cristiani; le due cose non esistono in contemporanea. Qui si pone la questione di fede, di una rinuncia per Cristo; e se non si rinuncia, non si può vedere la gloria di Dio. Dio stesso provvederebbe un lavoro vero e serio a Rocco, se questo rinunciasse di servire il mondo; è scritto nella Bibbia: «Il giusto, non l’ho mai visto abbandonato, né mai ho visto la sua famiglia andar chiedendo un pezzo di pane» [cfr. Sal 37,25, N.d.R.]. La ragione è quella, che, vedendo il Signore i nostri bisogni ed essendo mosso dalla sua bontà, viene in nostro soccorso con tutta la cura della sua Provvidenza. «Potrà succedere», riprende poi Isaia, «che una mamma si dimentichi di provvedere per i suoi figli... ma non si dimenticherà mai Iddio dei suoi servi» [cfr. Is 49,15s, N.d.R.]. Se Rocco smette di servire il mondo e chiede con fede, Dio lo farà sorgere; ci sono tanti esempi ancora che potrei citare. Ma se Rocco non ha fede e non rinuncia a se stesso, allora rinunci a predicare e ministrare la Parola e anche a cantare e a suonare in chiesa. La fonte mena o acqua dolce, oppure acqua amara; e non si può servire due padroni: o si serve il mondo nell’umanità o Dio nella fede. Sinceramente e personalmente, Rocco, potresti anche non fare il predicatore; che hai da dire circa le cose di Dio, se non hai da dimostrare nulla? {08-10-2012}

 

 

2. {Maurizio Ferrari}

 

Contributo: Non sono un pastore, ma un semplice credente. Quando ho perso il lavoro ed ero oberato dai debiti, facevo il falegname in nero di giorno e il buttafuori di notte. Quest’ultimo era un lavoro squallido e antipatico. Ma ho pagato i miei debiti e lo rifarei. Non farei mai nulla d’illegale, però. {08-10-2012}

 

Nicola Martella: Capisco le difficoltà, in cui ci si possa trovare per sventure nella vita o in cui ci si mette da sé per mancanza di cautela e di discernimento. Tuttavia, qui discutiamo il caso di un credente, che ha un qualche ministero pubblico nella chiesa locale. A chi predica la Parola, è prescritta questa qualità, che racchiude le altre: essere irreprensibile, ossia al di sopra di ogni riprensione. Chi fa il buttafuori di una (presumo) discoteca o lavora in nero, non si può considerare moralmente irreprensibile; quindi non dovrebbe avere nessun ministero nella chiesa locale. Ciò vale, in ogni modo, anche per qualsiasi credente e tanto più per chi ha un ministero pubblico.

 

 

3. {Michele Pace}

 

Contributo 1: L’apostolo Paolo, un giorno, ebbe modo di scrivere: posso fare ogni cosa, ma non tutte le cose mi sono vantaggiose! Regalate una nuova Bibbia con Nuovo Testamento incluso al pastore e al fratello DJ; presumo che la loro Bibbia manchi di qualche porzione. Ci sono pastori che, purché abbiano da mostrare una chiesa piena e delle decime nel cesto, adulterano l’Evangelo, compromettendosi con l’inferno! Una chiesa moderna sì, ma una chiesa compromessa NO! Alcuni leader di chiese hanno dato concessione ai loro membri di poter fare tatoo, ma solo con rappresentazioni cristiane; dicono di sì ai piercing, sì alla convivenza omosessuale!

     Nell’ultima «marcia per Gesù» di Milano, a cui hanno partecipato i nostri ragazzi, sfilavano con grande orgoglio dei trans, appartenenti a delle comunità evangeliche di Milano! {08-10-2012}

 

Contributo 2: Io in quanto pastore e custode del gregge di Dio metto al vaglio la condotta dei miei collaboratori e mia per primo; e se qualcuno non dovesse essere idoneo all’etica di uomo o donna di Dio, deve essere messo da parte, e il pastore o l’anziano deve istruire la persona. Gesù ha ordinato che i discepoli debbano imparare a ubbidire a tutte le cose! Rocco deve essere fermato e istruito, per il bene suo prima e della chiesa tutta! {08-10-2012}

 

Edoardo Piacentini: Io non parlerei di obbedienza in tutte le cose, perché nessuno è infallibile, parlerei di attitudini e requisiti idonei per svolgere un ministero alla gloria di Dio. È evidente che chi non ha una buona reputazione, deve rimettere ogni incarico nelle mani del pastore, anche se «i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento» (Romani 11,29). Quando Rocco troverà un altro lavoro, sarà il pastore della comunità, se ha un cuore di padre, a chiedere di nuovo la sua collaborazione. {08-10-2012}

 

 

4. {Giovanni Samperi}

 

Contributo: Risolvere il conflitto, lasciando il ministero? Ma poi la domanda diventa: è lecito fare il deejay e «...» il cristiano? La risposta dipende dal verbo, che uno mette dentro la parentesi, ossia se si vuol fare o se si vuol essere. verbo che si possa mettere nelle virgolette («...»; p.es. «vivere come») prima di «cristiano», vero?

 

Giovanni Samperi: Sì, infatti, ritengo che essere cristiani abbia delle implicazioni molto pesanti nella vita di coloro, che lo sperimentano; al contrario fingere di esserlo soltanto, tende a tacitare i problemi di coscienza, che lo Spirito evidenzia. {08-10-2012}

 

Antonio Nappo: Come mai coloro che si pongono come maestri e padri dicono: «Fate quello che diciamo, ma non quello che facciamo»? Le cosiddette guide hanno maggior colpa, anche se essa non può essere scaricabile, perché ognuno sarà giudicato per quello, che avrà fatto. Quindi s’impone una regola, che non può allontanarsi dai dettami e dai consigli, che Dio stesso dà nella sua Parola, la Bibbia. {08-10-2012}

 

Antonina Princi: Quando non si è propensi a lasciare le cose del mondo, vuol solo dire che c’è bisogno di conversione. Un cristiano non potrà mai stare in un posto, dove c’è confusione e immoralità; e nelle discoteche c’è questo. Allo stesso modo un cristiano non farà mai il tabaccaio, perché se si è per la vita, non si può vendere sigarette, che uccidono; se è vero che la responsabilità è di chi fuma, di fronte a Dio sei responsabile, se ciò, che vendi, fa male al prossimo. Chi ama il prossimo non venderà mai veleno. {09-10-2012}

 

Giovanni Samperi: Nel mondo del lavoro essere completamente onesti, penalizza. Sono pochi i mestieri, dove non servono compromessi. È veramente molto duro scegliere, quando si ha la responsabilità di una famiglia. {09-10-2012}

 

Antonio Nappo: Il rapporto con Dio, creatosi per mezzo di una vera conversione, ossia dopo il ravvedimento e aver abbandono del peccato, è necessario per una buona testimonianza in questo mondo cosiddetto cristiano. {09-10-2012}

 

Nicola Martella: Voglio ricordare che qui non trattiamo casi generali di etica biblica, valido per ogni credente, per appurare che cosa sia permesso di fare o meno in campo lavorativo a un cristiano biblico; questo ci porterebbe molto fuori del seminato. Ci occupiamo essenzialmente del caso specifico di un credente, che è impegnato nell’opera, sebbene faccia un mestiere equivoco come l'animatore in una sala da ballo. Chiaramente, visto che ci auspichiamo che ogni credente serva Dio nella chiesa locale con i carismi ricevuti, i principi evinti si possono poi anche generalizzare nell'applicazione.

 

 

5. {Gianni Siena}

 

Contributo: Io non obietto sul lavoro, che fa «Rocco»; la sua professione civile è però incompatibile con il ministero, che svolge in chiesa. Egli dovrebbe rendersi conto che la discoteca è un luogo non solo di svago, ma anche dove v’è peccato (= droga, sesso, sballo emotivo, risse dove scorre anche il sangue). Le cattive frequentazioni corrompono i buoni comportamenti. Ciò è assolutamente incompatibile con la santità di vita cristiana. E chi ha un ministero, deve essere irreprensibile. Anche fare il buttafuori è un mestiere, che dovrebbe indurre qualche riflessione etica: si può fare questo mestiere (duro) con buona coscienza, ma comporta anche l’esigenza di dover neutralizzare soggetti, che non intendono stare calmi; può un cristiano correre questa eventualità? Non mi piace «imporre» agli altri soluzioni e scelte etiche prefabbricate, ma con l’aiuto del Signore occorre allontanarsi da certi luoghi. {08-10-2012}

 

Antonio Capasso: Non cadiamo però nell’errore di avere una doppia etica, cioè, un etica per i responsabili e un etica per chi non ricopre un ruolo di responsabilità. Se la cosa è sbagliata, non si può dire a Rocco di non predicare e basta. Coerentemente si deve dire a Rocco che un cristiano non può svolgere questo lavoro, a prescindere o meno se predica o non predica. Se il suo lavoro è visto invece come cosa lecita, si può dire a Rocco che comunque il suo lavoro può essere un intoppo per le coscienze più deboli e, quindi, non può predicare. {09-10-2012}

 

Nicola Martella: Nell’etica cristiana bisogna argomentare qui col principio «dal minore al maggiore»: se un mestiere è ambiguo, non consigliabile o espressamente illecito per ogni cristiano, quanto più lo sarà per chi ha un ruolo pubblico nella chiesa e addirittura predica la Parola di Dio! Viceversa, con lo stesso principio si può argomentare così: se a ogni cristiano Dio chiede l’irreprensibilità (1 Cor 1,8; Ef 1,4; Fil 1,10; 1 Tm 5,7; 2 Pt 3,14), quanto più la chiederà a coloro, che servono con un ministero pubblico e specialmente con la predicazione della Parola (1 Tm 3,2.10; 6,14; Tt 1,6s; 2,8).

 

Antonio Capasso: D’accordissimo, ma come dicevo in precedenza, se è sbagliato fare una cosa, lo è a prescindere dal ruolo, che uno svolge, anche se svolgendo un ruolo, la cosa è ancor di più sbagliata. {09-10-2012}

 

Nicola Martella: Se si legge il libro del Levitico, ci si accorgerà che la «legge di purità», valida per tutti gli Israeliti, viene poi accentuata a mano a mano che si parli dei leviti, dei sacerdoti e del sommo sacerdote. Ad esempio se un Ebreo poteva contaminarsi (e poi purificarsi) per un morto, e poteva farlo anche un levita, un sacerdote poteva rendersi impuro soltanto per un membro stretto della sua famiglia, mentre un sommo sacerdote non poteva farlo per nessuno; anzi, in caso di un lutto improvviso nelle sue vicinanze, doveva richiudersi nel santuario per il tempo necessario.

     Chiaramente nel nuovo patto non abbiamo più un tale sistema sacerdotale e ministeriale. Siamo tutti sacerdoti del Signore, per offrire sacrifici spirituali. Tuttavia, in corrispondenza dei carismi e della chiamata ricevuti, ci sono ministeri pratici e ministeri nella Parola, ministeri di primo piano (o pubblici) e di secondo piano (senza esposizione diretta). Come ho mostrato sopra, ciò che viene richiesto a tutti i credenti, vale a maggior ragione per chi sta in vista nell’opera di Dio e svolge ministeri pubblici e di proclamazione. Se ci aspettiamo una vita morale esemplare da chi mette a posto la sala, tanto più ce l’aspettiamo da chi proclamerà la Parola in quella sala, oltre a svolgere cura pastorale e altri ministeri.

 

 

6. {Eliseo Paterniti}

 

Un fratello, a cui va ancora oggi la mia stima, quando era giovane (prima di convertirsi all’Evangelo), lavorava nei locali notturni, suonando, mentre le donne si spogliavano. Io ero un ragazzino di poco più di 10 anni. Una sera, vidi avvicinare questo giovane uomo con una vespa ed entrò in una comunità di Catania. Nell’ascoltare la Parola di Dio, diede quella sera il cuore a Dio. Da quella sera fu compunto nel cuore di peccato e subito comunicò alla fratellanza di allora il lavoro, che faceva. Chiese ai fratelli di pregare per lui, perché non voleva più lavorare nei locali notturni, però aveva firmato un contratto e, se lui lo annullava, doveva pagare una grossa penale. Preciso che lui sosteneva la moglie e i suoi figli solo con questo lavoro. Lui pregò intensamente il Signore che lo liberasse da questo lavoro in modo sopranaturale e che gli provvedesse qualsiasi lavoro, purché fosse una lavoro onorevole. Qualche giorno dopo, l’impresario convocò il nostro fratello, dicendogli che non poteva portare avanti più il lavoro concordato e gli fece la proposta di annullare consensualmente il contratto. Immaginate la gioia del nostro fratello. Dopo non molto tempo, lui fu assunto, in modo miracoloso, nelle ferrovie dello Stato e, dopo qualche hanno, Dio gli diede una comunità da curare nella provincia di Catania. Oggi, lui è in pensione da alcuni anni e serve Dio ancora di più nel suo ministero a tempo pieno.

     Se questo fratello Rocco avesse fede e sensibilità spirituale, dovrebbe chiedere a Dio di provvedergli un lavoro degno per un figlio di Dio e lasciare questo genere di lavoro. A questo punto mi sorge il dubbio, se in realtà questo lavoro lo fa perché in effetti gli piace.

     Nella mia adolescenza, ho ricevuto due proposte di lavoro per suonare con una impresa di spettacolo (quando sapevo suonare bene), ma mi sono rifiutato, declinando pure la garanzia di una presunta carriera nel mondo dello spettacolo, accontentandomi a fare, fino a oggi, lavori umili però dignitosi. Non sono pentito di aver rifiutato le due proposte. Dio ha provveduto per me fino adesso, e sono certo che Egli provvederà per me in futuro. {08-10-2012}

 

 

7. {Mario Pinto}

 

Contributo: Io penso che chi ama Dio, può fare anche questo mestiere, senza contaminarsi e senza incitare le persone, che vanno in discoteca a peccare, ma soltanto facendoli divertire con quattro salti. Dice la Parola che «tutto è puro per i puri»; chi teme Dio, per me può mettere musica per mestiere senza scandalizzare. Il mondo giace nel maligno, non esistono soldi puliti e sporchi, esistono solo uomini puliti e sporchi. {09-10-2012}

 

Antonio Capasso: Ricordo la testimonianza di un fratello molto anziano, convertitosi negli anni Quaranta del secolo scorso. Lui mi raccontava, che il suo lavoro consisteva nell’andare nelle feste patronali, per vendere lì alcuni alimenti. Chiese di fare il battesimo, ma il pastore gli disse che doveva cambiare lavoro, se voleva il battesimo, cosa che lui fece per poter accedere al battesimo. Personalmente penso che fosse un po’ esagerata ed estremista la richiesta del pastore. Oggi, però, il pericolo è che si cada in un altro estremismo, quello del tutto è lecito, tanto Dio guarda al cuore. Il primo capitolo di Daniele può essere un buon brano biblico per meditare sull’argomento. {09-10-2012}

 

Mario Pinto: La sopravvivenza di un uomo è superiore alla stessa legge di Dio. Vedi Luca 6,1-5: «Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: “Perché fate ciò che non è permesso di sabato?”. Gesù rispose: “Allora non avete mai letto ciò, che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?”. E diceva loro: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”». {09-10-2012}

 

Nicola Martella: Mario Pinto è un «senza chiesa» e si crede, nonostante ciò, un particolare eletto da Dio per un compito verso l’intera chiesa universale, come ha affermato altrove. Come al solito fa un’analisi di parte delle cose e usa arbitrariamente un brano biblico, togliendolo dal contesto, sebbene con questo tema non c’entri nulla, né con l’etica lavorativa. In Luca 6,1ss i farisei accusarono i discepoli di fare una cosa illecita di sabato, ma essa non era illecita, poiché la legge mosaica non lo proibiva. Quindi, in tale brano non si tratta di etica lavorativa.

     Inoltre, se «tutto è puro per i puri», perché non fare i prostituti e le prostitute? Non esistono soldi puliti e sporchi? Ecco che cosa afferma la Parola di Dio: «Non porterai nella casa dell’Eterno, del tuo Dio, il guadagno d’una prostituta né il prezzo della vendita d’un cane, per sciogliere qualsivoglia voto; poiché ambedue sono cose abominevoli per l’Eterno, che è il tuo Dio» (Dt 23,18).

     Il Dio, che ha proibito certi mestieri (p.es. prostitute Lv 19,29; Dt 23,17; usurai Es 22,25; Sal 15,5; Ez 18,8.13; esoteristi e maghi Dt 18,10ss), dovrebbe avvallarli in caso di necessità? La tesi, secondo cui la sopravvivenza di un uomo sarebbe superiore alla stessa legge di Dio, è semplicemente falsa.

 

 

8. {Adolfo Monnanni}

 

Contributo: Meglio cercare un’altra via d’uscita per un lavoro più adatto; [fare una cosa del genere] dovrebbe essere oltre all’ultima spiaggia. Fin dove possiamo spingerci nelle libertà lavorative? Meglio cambiare. {08-10-2012}

 

Salvatore Paone: Ma per la crisi, che viviamo, trovare un lavoro è utopia. Non cambiare la via vecchia per la nuova. Questo è un discorso umano. Ovvio. {09-10-2012}

 

Nicola Martella: Salvatore Paone, credo che intendevi esprimere qualcosa di positivo; ma come hai fatto, mi risulta un po’ ambiguo. Per questo formulo alcune domande.

     ● Dovremmo dare il ministero nelle chiese a chi, data la crisi, fa un lavoro, che non onora il Signore e l’espone a pericoli morali?

     ● Dovrebbe un credente di Napoli, che serve nella chiesa a qualche titolo (tutti dovremmo farlo nella Assemblee), vendere sigarette (per non dire altro) per strada?

     ● Qual è il limite fra lecito e illecito, perché si possa essere cristiani in buona coscienza e anche essere ammesso a un qualche servizio pubblico nella comunità?

     ● Fidiamo nella sovranità e nelle possibilità di Dio, quando abbandoniamo qualcosa di equivoco o di peccaminoso, per piacere al Signore?

 

Salvatore Paone: Mi sembra strano che Martella Nicola, conoscendomi bene, non abbia accolto con ironia la mia provocazione, ma si sia limitato a farmi una ramanzina. {09-10-2012}

 

Nicola Martella: Io non ho fatto «ramanzine», ma ti ho invitato semplicemente a spiegare meglio il tuo pensiero, che così espresso risulta ambiguo.

 

Salvatore Paone: Chiedo scusa, se ho fatto deviare dal tema centrale. Comunque secondo me un credente, che ha un ruolo nella sua comunità, in tal caso un ministero d’insegnamento, non può permettersi di fare lavori come quelli del «deejay», per amore della testimonianza, per la coscienza e un’etica sociale e sopratutto per i membri della comunità, di cui fa parte. Deve sforzarsi a trovare un altro impiego. Non sono un massimalista, ma non sono nemmeno per il troppo liberalismo. Bisogna salvaguardare la nostra testimonianza, prima di ogni cosa. Sappiamo che il deejay frequenta luoghi, dove avvengono la concupiscenza umana e le cose più abominevoli.

     La notte, quando è silenziosa, porta consiglio; ma molte volte porta alla gente solo rumore e confusione. {09-10-2012}

 

 

9. {Roberta Sbodio}

 

Contributo: Magari ci fosse un DJ cristiano, che riesce a influenzare con la musica grandi quantità di persone, sarebbe un sogno. {11-10-2012}

 

Nicola Martella: Di là da cosa sia un «DJ cristiano», la persona, di cui si parla nell’articolo, fa animazione in una comune sala da ballo, suonando anche uno strumento musicale in un trio. Lì non suona musica cristiana, ma quella profana. Poi, nella sala della sua comunità è parte del gruppo musicale e, quando è di turno, porta pure la Parola. È di questo che parliamo qui. Per avere il quadro completo, si legga dapprima l’articolo di base.

 

Roberta Sbodio: Non so, francamente mi piace la musica e non avrei problemi a suonare il qualche locale; quando sai chi sei e cosa vuoi, puoi cantare una canzone di Mina, di Whitney Houston, trasmettere belle emozioni e non vedo cosa ci sia di male. {11-10-2012}

 

Vincenzo Desiante: È più semplice che il Dj cristiano si faccia influenzare, piuttosto che influenzare gli altri. {11-10-2012}

 

Antonio Fausto Gaeta: Purtroppo, caro fratello, viviamo nel tempo descritto in 2 Timoteo 4,3 «Perché verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d’udire si accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie». {11-10-2012}

 

Elisabetta Scivoletto: Il Vangelo è una cosa seria, non penso che il Signore Gesù avrebbe fatto lo stesso, se fosse vissuto ai nostri tempi. {11-10-2012}

 

Nicola Martella: Quando i credenti si accomodano nel mondo, cadono le differenze fra fedele e infedele; allora non ci mancherà molto che il mondo si accomoderà nelle loro chiese, se i conduttori non veglieranno. Certe sale di culto si sono già trasformate in discoteche e sale da ballo «cristiane»; basta spiritualizzare le cose, che diventano accettabili. C’è chi predica la Parola, sebbene normalmente lavori in sale da ballo di questo mondo, come nel caso che stiamo discutendo. Nessuno si pone più il problema, neppure i conduttori.

     Dinanzi a tutto ciò, le parole di Giacomo suonano per loro come il retaggio di un tempo recondito: «O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Gcm 4,4).

     Gesù poneva la questione riguardo al sale, con cui i credenti dovrebbero salare il loro ambiente, quando diventa insipido: «Con che cosa lo si salerà?» (Mt 5,13); la sua conclusione è terribile. Il paradosso di vari cristiani d’oggi è che, invece di far risplendere la luce dell’Evangelo mediante la loro testimonianza, si fanno permeare dalle tenebre, fino al punto che essi stessi diventano tenebre (cfr. vv. 14ss). Peggio ancora è quando, come successe al conduttore della chiesa di Laodicea, si vive da mondani e si pretende di portare la Parola agli altri, pensando che tutto sia «normale», anzi progressista; poi ci si meraviglia della diagnosi di Cristo: «E non sai che tu sei infelice fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo... Abbi dunque zelo e ravvediti» (Ap 3,17.19).

 

Francesco Lucio Vigilante: Prudenza... in ogni nostra tasca vi sono carte di valore con il 666. I compromessi assurdi ci avvinghiano talvolta in modo difficile da discernere. Bisognerebbe che ogni credente si chieda in ogni azione, se sia utile al «Cielo» ciò, che ha intenzione di fare o sta facendo. I credenti fanno sempre ciò, che è utile per Gesù, e mai ciò che gli è lecito. Però, occorre essere gentili e pazienti e far capire al DJ le cose in modo completo, così da metterlo in condizioni di fare una buona scelta. Criticare duramente, alza un muro e intestardisce l’orgoglio. Dio comunque saprà far capire al giovane, se la sua scelta è stata saggia o no (figliol prodigo). {11-10-2012}

 

Nicola Martella: Francesco Lucio Vigilante, non capisco che cosa c’entrino qui presunte «carte di valore con il 666». Se tu hai letto l’articolo di base, allora saprai che «Rocco» è un nome fittizio per una persona reale, in una situazione reale. Quindi, stiamo analizzando un «caso» (di studio) stereotipato, di cui tale «Rocco» nulla sa; ciò non è giudicare, come tu affermi, ma è analizzare un «caso terzo» alla luce della Scrittura. Quindi, leggi l’articolo di base, leggi anche gli interventi degli altri lettori e poi intervieni nel merito.

     Apprezzo comunque il fatto che in ogni azione si debba chiedere, se essa sia «utile al “Cielo”», per fare «sempre ciò, che è utile per Gesù». D’altra parte, che Dio saprà far capire a «Rocco» la sua scelta poco saggia, non lo darei per scontato; a volte facciamo il callo su certe cose, e Dio non ci parla più.

 

Gianni De Pasquale: Non c’è alcun dubbio che da credenti ci sono lavori da non poter esercitare, poiché incompatibili con le virtù cristiane (crescita, maturazione), per compiacere al Signore. Essi sono lavori, dove la menzogna è un mezzo, la persuasione ingannevole è un obbligo, e la seduzione è l’arma vincente. {11-10-2012}

 

 

10. {Luca Sgro}

 

Contributo: M’inserisco forse fuor di tempo. Leggendo l’articolo ho fatto fatica a capire, se oggetto della tua critica è l’idea di fare il musicista di piano bar o qualcosa di simile (o il DJ, qualunque cosa questo voglia dire) o il luogo di lavoro «presunto» di questo ipotetico Rocco. Ho letto i commenti, e ho avuto la superficiale sensazione che molti di coloro, che prendono posizioni negative, abbiamo poca confidenza con lavori musicali, che dovrebbero essere oggetto della nostra discussione. Sarebbe interessante che nella discussione intervenisse qualcuno, che lo vive; far parlare di musicisti solo persone, che non lo sono, rischia di essere un po’ sterile. {12-10-2012}

 

Nicola Martella: Bene, Luca Sgro, per evitare una eventuale sterilità (perché una discussione dovrebbe esserlo con i tanti punti di vista?), vuoi fare tu tale analisi, se vivi o hai vissuto una tale esperienza? Per chi è coinvolto nella predicazione e nei ministeri pubblici della chiesa (o «servizi sacri»), quali lavori secolari (o «mestieri profani») si può permettere di esercitare e quali no?

     La storia, raccontata da chi conosce i fatti, è vera, quindi non si tratta di un «lavoro presunto», quello svolto da tale credente; solo il nome di «Rocco» è fittizio, per non esporre la reale persona alla «attenzione» degli atri.

 

Rosa Battista: «Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è utile. Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò dominare da nulla» (1 Corinzi 6,12). {11-10-2012}

 

  Nicola Martella: Grazie di averci ricordato tale verso. Visto che tu sei appassionata di musica e canto e svolgi un ministero corrispondente nella chiesa locale, tu faresti un lavoro di animatrice, cantante (profana), musicista e simili in una sala da ballo o in una discoteca per sostenerti? Hai avuto di tali proposte? Hai mai fatto una cosa del genere? Che consiglieresti a un fratello, che serve nella chiesa con la Parola, se stesse in tale dilemma?

 

Gianni De Pasquale: In breve: la «musica» da discoteca porta a uscire da sé e trasporta la persona in una forma di estasi o trance (non per tutti è chiaro). La sua dinamicità, comunque, non permette d’allietare, nobilitare o arricchire l’anima. «Quindi, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8). {12-10-2012}

 

Roberta Sbodio: Concordo con Luca, un lavoro «musicale» nell’ambito «secolare» non è così diverso da qualsiasi altro lavoro. Mi veniva in mente una domanda: è il luogo che determina chi siamo o è quello che viviamo dentro? Ovvero per estremizzare: se potessi passare 24 ore al giorno in chiesa sarei al riparo da pensieri non cristiani? Quando sono in un luogo di lavoro «standard» (ufficio, scuola, negozio), sono sicuro che chi è intorno a me non conduca una vita depravata con un potenziale rischio di contaminazione? Se vi descrivessi le serate di certe fiere di elettronica, dove troviamo dirigenti delle famose Siemens, Bosch, ecc. ecc., ci sarebbe da sconvolgersi. Eppure, se in chiesa dico di lavorare in quel settore, tutti diranno: «Grazie a Dio per un buon posto di lavoro», perché l’apparenza inganna, tanto è solo Dio conosce il cuore. {12-10-2012}

 

Gianni De Pasquale: Siamo in minoranza senza «tutela garantita». Daniele non volle contaminarsi, e Dio li diede la capacità, non solo di resistere all’ordine del re, ma lo fece riuscire oltre le sue aspettative. {12-10-2012}

 

Vincenzo Desiante: Il discorso di Luca e Roberta potrebbe anche essere condivisibile da un certo punto di vista. Quello, che secondo me rappresenta il problema fondamentale, sta nel fatto che il compito in chiesa e quel tipo di lavoro appaiono contrastanti. Io che ascolto un fratello predicare la Parola di Dio, che il giorno prima ha fatto di tutto per divertire un pubblico, sinceramente fa molto pensare. {12-10-2012}

 

Nicola Martella: Mi permetto di far notare che Luca Sgrò non ha affermato che un lavoro valga un altro. Alla prima domanda risponderei che è rilevante sia il luogo che il mio atteggiamento spirituale. Non posso lavorare in un sexy shop, fare lo spogliarellista o lavorare in un negozio di droga in Olanda, e affermare che l’importante è «quello che vivo dentro» e, anzi, nella mia prossima predicazione potrò parlare con molta più convinzione del peccato. Questa sarebbe cecità mentale e i frutti mostrerebbero l’albero. Non si può vivere da maiale e ritenersi di essere una pecora di Cristo. «Chiunque è nato da Dio non persiste nel commettere peccato, perché il seme divino rimane in lui, e non può persistere nel peccare perché è nato da Dio» (1 Gv 3,8ss; cfr. 1 Cor 5,11ss).

     La relativizzazione (un lavoro vale un altro; anche altrove c’è di moralmente peggio) e la mancanza di differenziazione (se un collega conduce una vita depravata sono a rischio) da parte di Roberta Sbodio mi fa pensare alquanto. Mi viene qualche dubbio sul discernimento reale. Vivere personalmente una «notte brava» o lavorare con un collega, che l’ha fatto, non mi sembra sia la stessa cosa; nel secondo caso, se volesse raccontarmi di ciò, gli direi che non m’interessa sapere che cosa abbia fatto o anzi potrei ammonirlo da parte del Signore. Siccome altrove succedono cose moralmente peggiori, posso scusare me stesso, che faccio l’animatore e il musicista in una sala da ballo, sebbene il giorno dopo io porterò il sermone nella comunità; anzi, mi consolo che Dio conosca i cuori. Questo è veramente un segno di grande discernimento spirituale!

     «Non v’ingannate: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi. Svegliatevi a vita di giustizia, e non peccate; perché alcuni non hanno conoscenza di Dio; lo dico a vostra vergogna» (1 Cor 15,33).

 

Luca Sgro: Cari amici e fratelli, temo di essere costretto a sfilarmi sommessamente da questa discussione, in cui sono stato tanto gentilmente invitato. Non ho capito proprio niente. La mia prima impressione è stata che si trattasse di una discussione su un «tipo», uno stereotipo, un personaggio ipotetico, che c’incoraggiasse a esprimere delle idee sull’idea di musicista e cristiano. Invece vedo che io, e forse Roberta Sbodio, siamo gli unici a non conoscere questo «Rocco», del quale invece tutti gli altri sembrano essere molto ben al corrente. Altrimenti non si spiegherebbe che cosa ha a che fare la droga, la prostituzione, l’estasi mistica con il mestiere del musicista. Detto fra noi, specificare che si tratti di un «musicista in un locale notturno» sfiora la tautologia: credo che oltre l’80% della musica si suoni tra sera e notte; prima delle 22 nella mia zona non ci sono locali, in cui si faccia musica dal vivo, per cui di regola ogni musicista qui diventa un musicista, che suona in un locale notturno. Non sono esperto di locali, in cui giri droga e prostituzione, ma dubito che la musica dal vivo sia una delle loro priorità. Invece in tutti i locali, in cui mi è capitato di suonare da assoluto dilettante, al contrario non vi è mai stata ombra di droga prostituzione o esperienze mistiche. Io purtroppo davvero non conosco questo «Rocco», per cui non posso capire cosa abbia a che fare un musicista con uno che «faccia di tutto per far divertire il pubblico». Un musicista suona, e fa di tutto per suonare meglio che può, con tecnica, stile, passione e originalità. Se il pubblico si diverte, bene. A volte non si diverte, e sono dolori. Ma in tutto questo io, che non conosco questo Rocco, non riesco a vederci un difetto, né un’incoerenza di vita cristiana. Fare il musicista non è far la lap-dance né distribuire pastiglie di acido alla gente. Dunque, ho capito che non sono la persona adatta a parlare di questo Rocco. Addirittura in un primo momento avrei pensato di spezzare una lancia in difesa del ministero di Rocco: visto che nessuno aveva accennato alla qualità e alla dedizione della sua predicazione, avevo inizialmente pensato di suggerire di giudicare un albero dai suoi frutti, e non dagli altri alberi che gli venivano piantati intorno. Ma evidentemente ero fuori strada. Io parlavo di un musicista, che è anche cristiano (o di un cristiano, che fa di mestiere il musicista, fate voi), mentre qui ho la sensazione che si stia parlando di qualcuno, che usa il mestiere di musicista come copertura per uno stile di vita dissoluto e non cristiano. Cosa che mi guardo ben bene dal difendere. Per cui, visto che non ho capito nulla, di dileguo in punta di piedi. {12-10-2012}

 

Nicola Martella: Nessuno ha mai detto che Rocco si droghi, si ubriachi, pratichi fornicazione o istighi alla prostituzione. Il punto è stato colto: sembra che per Luca Sgro (e Roberta Sbodio) il mestiere di animatore e musicista in una sala da ballo (balera o simile) sia per un cristiano qualsiasi e anche per chi è impegnato nella predicazione nella sua chiesa e fuori di essa, un lavoro come un altro, per il quale non ci sarebbe nulla da obiettare. Che cosa ne avrebbero pensato Gesù e i suoi apostoli, se ciò fosse accaduto ai loro tempi? Che cosa avrebbe consigliato Paolo a Timoteo e Tito in tale questione? Probabilmente diventa questa una cosa secondaria per lui (per loro).

     Una mia domanda, posta sopra, rimane senza risposta: Per chi è coinvolto nella predicazione e nei ministeri pubblici della chiesa (o «servizi sacri»), quali lavori secolari (o «mestieri profani») si può permettere di esercitare e quali no? Oppure nella chiesa di Luca Sgro (e Roberta Sbodio) tale domanda non si pone proprio?

 

 

11. {Vari e medi}

 

Gianni Siena: Fare il disc-jockey, in sé non comporterebbe nessuna prevenzione; anche in altri lavori c’è lo «spirito del mondo». Ma certi mestieri, a causa dell’ambiente, in cui si svolgono, comportano un dato tipo di contaminazione spirituale. «Rocco» rinunci al ministero ecclesiale dunque, per non turbare le anime, che vedono in ciò un «conflitto» con la professione di fede, visto che non può (o non vuole) rinunciare a questo lavoro, perché egli lo valuta conforme al suo talento e perché porta danaro utile al suo bisogno. Ho cercato di stare «leggero» con le argomentazioni! {08-10-2012}

 

Vincenzo Desiante: Al riguardo vorrei dire una cosa: più che di «Rocco» mi preoccupo degli anziani, che mancano di saggezza, permettendogli di svolgere il ministero della Parola. È possibile essere cosi leggeri da affidare un compito cosi delicato a chiunque desideri svolgerlo? È da tempo che in me sta maturando la sensazione che il Vangelo venga troppo sottovalutato nelle nostre Assemblee. Non si considera che tale compito è cosi importante che non è possibile mancare di saggezza nell’affidarlo a chiunque. {08-10-2012}

 

Vincenzo Russillo: È possibile frequentare tali posti senza cadere in tentazione? Ricordiamo che nella Bibbia c’è scritto: «Il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti» (Efesini 6,12). Il disc-jockey ha come compito quello di incitare la gente, quindi trovo che un credente sia facilmente esposto a molte tentazioni.

     Un’altra domanda, che bisognerebbe porsi è questa: «Posso chiedere le benedizioni di Dio per quello, che farò, durante la serata con un mio lavoro del genere?». Ricordiamo che c’è scritto: «Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio Padre per mezzo di lui» (Colossesi 3,17).

     Se Gesù tornasse, mentre Rocco si trova a svolgere le proprie mansioni di disc-jockey [o animatore in una sala da ballo, N.d.R.], egli si troverebbe in imbarazzo o lo accoglierebbe con gioia?

     Ogni cristiano deve esaminare se stesso e rispondere con sincerità a Dio, poiché prima di tutto dobbiamo ricercare la sua volontà. {13-10-2012}

 

 

12. {Vari e brevi}

 

Edoardo Piacentini: È vero che viviamo in tempi difficili e non è facile trovare un lavoro, per cui chi riesce a trovarne uno, se lo tiene ben stretto. Ma certi lavori non sono proprio adatti per chi ha consacrato la sua vita al servizio di Dio. Preghiamo il Signore affinché Rocco trovi un’altra occupazione. {08-10-2012}

 

Paola Chiarapini: E se qualche fratello potesse aiutarlo a trovare un altro lavoro? È difficile, oggi, andare avanti tra tanta corruzione, ma se siamo il corpo di Cristo, forse c’è qualcuno, che può aiutare chi è in difficoltà. Che il Signore guidi sempre i nostri passi. Sono concorde nel dire che in questo periodo, questa persona deve fare una scelta, affinché non viva diviso. {08-10-2012}

 

Stefano Carta: Credo che secondo la Parola di Dio quando si parla d’integrità dei credenti, e a maggior ragione dei suoi conduttori, ci si riferisca sopratutto all’integrità della testimonianza, la quale deve essere la stessa a casa, al lavoro, nella chiesa e nella propria coscienza. Un uomo che va al pulpito, dopo che la notte svolge un simile lavoro, diventa non credibile. Il paragone con Lot a Sodoma non regge. {11-10-2012}

 

Alaimo Calogero: No, no e no, non si possono servire due padroni. Quelli che fanno tutto ciò, è che non hanno abbandonato tutto; io non credo a tali persone. {08-10-2012}

 

Antonio Nappo: Il comportamento del credente deve essere conforme a quanto dichiara di essere. {11-10-2012}

 

Mestieri preclusi a chi predica? {Nicola Martella} (T/A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Deejay_predica_UnV.htm

11-10-2012; Aggiornamento: 28-07-2013

 

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