Nell'articolo «<Decime
e offerte volontarie» abbiamo constatato che per «decima» molti intendono
impropriamente le «offerte», che essi danno per l'opera del Signore. Abbiamo
anche visto che per certi cristiani è scontato che, poiché
la decima è stata comandata nell’antico patto, noi gente del nuovo patto saremmo
obbligati a ubbidire a tale comandamento come pure agli agli altri comandamenti
dell’AT.
Un lettore ricordava le due
correnti di pensiero a proposito della decima. Secondo il principio della
«restituzione», anche ai nostri giorni bisognerebbe dare a Dio il 10% delle
proprie entrate. Sul fronte opposto si sostiene, invece, che il sistema della
decima era legato allo Stato teocratico d'Israele; qui ogni cittadino doveva
contribuire con tale specie di «tassa» sul reddito
al mantenimento del proprio Paese e della religione di Stato. Altri ancora
relativizzano il tutto in senso idealistico, affermando che ogni cosa appartiene
al Signore e, perciò, tutto dev'essere per Lui disponibile; lì per lì
quest'ultima concezione sembra la più «spirituale», in effetti crea però molti
problemi nei casi concreti e le domande: dove ha comandato Dio di volere tutto?
come può Dio voler tutto, se ama la liberalità e un «donatore allegro»?
È chiaro che l'opera di Dio necessita di risorse per
espandersi. In ogni modo, ciò non deve accadere facendo leva sulle decime, che
sono un istituto tipico di uno Stato teocratico, in cui la vita civile e
religiosa è amministrata da una sola legge. La chiesa non è una teocrazia né
tanto meno uno Stato teocratico, ma è una corporazione etico-spirituale che
esprime l'ubbidienza al grande mandato e la comunione di fede e di pratica. Alcuni lettori hanno criticato la prassi del cattolicesimo
riguardo all'«otto per mille», ai contributi statali e alle offerte dei fedeli.
Non bisogna nemmeno dimenticare alcune denominazioni evangeliche, che aderiscono
a tale «tassa sulla religione», invece di battersi per abolirla. Come non
accennare pure agli scandali finanziari dei tele-predicatori che si sono
arricchiti con la offerte dei credenti? Comunque in questo luogo vogliamo
discutere specialmente se al popolo del nuovo patto sono imposte le
«decime», descritte dalla legge, o se se nel NT si fa appello solo a «offerte
volontarie».
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Claudio Zappalà} ▲
■
Contributo 1: Nel XXI secolo ancora esiste il problema della «decima»?
Credevo che i cristiani, che si definiscono «nati di nuovo», avessero risolto il
problema. Credevo che l’indicazione di Paolo in Galati 2,20 «...vivere nella
fede del Figliuolo di Dio», risultava abbastanza esplicita per dipanare il
dilemma di quanto dobbiamo dare / restituire a Colui che alimenta la nostra
vita, dopo averla sottratta dalla perdizione eterna. Dio non è né un venditore e
né un compratore; chiedergli sconti, significa non aver capito che noi
raccoglieremo in proporzione a quello che abbiamo seminato per l’Opera di Dio.
{3 novembre 2008}
▬
Osservazioni 1: È nobile ciò che dice il lettore. Che cosa
risponderebbe però a quel conduttore che ha appena predicato in una chiesa che
chi non dà proprio il dieci percento del proprio stipendio alla propria chiesa
locale, specialmente per il sostegno del /i conduttore /i, sta derubando Dio? Ho
ascoltato con le mie orecchie una tale arringa. Che direbbe alle diverse
categorie di credenti che hanno lasciato tale sala — gli uni con animo
colpevole, gli altri spaventati di poter essere sotto maledizione, gli altri
ancora irritati e così via — se avessero chiesto proprio a lui che cosa insegna
precisamente il NT su tale tema? {Nicola Martella}
■
Contributo 2: Vorrei approfondire
la questione partendo da un altro punto di vista, quello che è scritto in 1
Pietro 4,10: «Come buoni [kalos] amministratori [oikonomos] della svariata
[poikilos] grazia [charis] di Dio ciascuno, secondo il carisma [charisma] che ha
ricevuto, lo metta a servizio degli altri».
Sono quattro i termini che hanno attirato la mia
attenzione:
kalos,
oikonomos e poikilos / charis,
che indicano il progetto e il ruolo che Dio ci ha affidato nella gestione del
«suo infinito patrimonio». In altre parole il Creatore del cielo e della terra
ci mette a disposizione le sue infinite ricchezze e ci chiede di gestirle, e noi
di cosa stiamo parlando? A, dimenticavo... dell’opportunità o no di mettere al
servizio di Dio quello che già gli appartiene. Questo è solo uno spunto di riflessione che parla della
del nostro ruolo nel Regno di Dio e del Suo progetto per noi, ma poi ognuno
faccia quello che vuole: dia 0/5/10/20/30/50/80/90. Nel linguaggio di Dio «dare
a Lui» significa «ricevere da Lui» («quello che uno ha seminato quello
raccoglierà...», «più felice cosa è dare...»). Alla prossima.
{Claudio Zappalà; 5 novembre 2008}
▬
Osservazioni 2: Chiaramente ci sarebbe da discutere
sull'uso 1 Pt 4,10 fatto dal lettore, traendolo dal suo contesto più ampio
e isolandolo come argomento riguardo alla decima, ma una tale analisi
contestuale approfondita ci porterebbe qui lontano. Lascio ai lettori questo
onere e onore. {Nicola Martella}
2.
{Cristina Amato} ▲
Pace, fratello
Nicola, sono una cristiana evangelica da molto tempo. All’inizio della mia
conversione mi hanno insegnato che, se non davi la decima e trasgredivi a questo
«comandamento», la maledizione spirituale cadesse automaticamente sopra di te,
in quanto ciò t’avrebbe portato a non avere più la benedizione di Dio sopra di
te. A lungo andare del tempo, ho scoperto che tutto ciò è una vera bugia e molti
ministri, che cercano di seminare ciò nel cuore d’un credente, stanno a loro
insaputa insegnando cose sbagliate. Dio dice nella sua Parola che tutto è suo,
le ricchezze, la gloria, l’oro, l’argento, tutto appartiene a Lui. Dio non ha
bisogno dei nostri soldi e Dio non si
arrabbia se non diamo la decima, come alcuni invece fanno capire; ma la
Bibbia ci spiega che questo è una tua scelta di vita che devi fare col cuore, è
come una promessa che fai a Dio... che ti comporta automaticamente prosperità,
più dai e più ricevi! Puntualizzo ancora una volta: non è un
comandamento e, se non la dai per una scelta di vita che fai, non t’accade
nulla; se decidi di darla, è una scelta che si fa col cuore e che comporta una
ricompensa. Pace.
{3 novembre 2008}
3. {Miraldi Daniela} ▲
Salve, Nicola, è da tempo che sono arrivata alle tue conclusioni sul tema delle
decime. Tralascio le offerte volontarie perché giustamente volontarie e quindi
senza un minimo e un massimo. Ammetto che ho avuto e ho avuto tuttora problemi
con la mia chiesa in quanto a sottomissione perché, non praticando la decima di
fatto, divento una ribelle, se i miei leader ci credono, la insegnano e la
richiedono. Ma una cosa ho imparato in tanti anni: prima di tutto devo ubbidire
a Dio e nessuno mi può porre sotto schiavitù, dopo che Dio mi ha reso libera. Forse la persona da cui hai preso spunto per parlare
della convalida che il NT deve dare ad alcune leggi del VT, sono io o forse no;
comunque sull’agenda alla data d’oggi avevo scritto di contattarti per sentire
definitivamente il tuo parere su tale argomento, ritenendoti una persona
preparata, anche se a volte un pochino poco aperta (mi riferisco alla danza
cristiana o alle lingue spirituali — che Dio mi ha dato — ma questi sono altri
temi). In tal caso, la tua poca apertura avrebbe giocato a favore del
mantenimento dell’abitudine della decima e non contro, quindi sentire il tuo
parere diventava per me una sorta di prova del nove. Prova di cosa? Di ciò che sento che il Signore mi dice
da vari anni e cioè che la decima può essere un parametro per accantonare fondi
per l’opera del Signore, principalmente per l’evangelizzazione (attività come
cinema, teatro, open-air), sostegno a cristiani a tempo pieno (della propria
comunità e non), opere pie (come missioni per adozioni a distanza o mantenimento
case-famiglie per prostitute e orfani). Sicuramente ho provato sempre un certo
fastidio per la destinazione delle decime e offerte per mutui, affitti e utenze
per le sale di culto, visto che il tempio di Dio siamo noi e sarebbe sufficiente
incontrarsi nelle case o in tende come fa la missione «Cristo è la risposta». Di
recente ho letto un libro d’un pastore di un’altra città che, difendendo la tesi
della decima, insegna che i luoghi di culto dovrebbero essere mantenuti soltanto
con le offerte, sulla base del testo di Nehemia, che invita a ricostruire il
tempio con le donazioni. Immagino quanto ogni credente della sua chiesa sia
chiamato a dare, se dona la decima, poi le offerte per l’affitto e le utenze e
poi altro per varie opere della comunità e non. A volte penso che vedere Atti
capitolo 2, dove tutti vendevano tutto e lo mettevano ai piedi degli apostoli, è
meraviglioso, ma che uso ne facevano? Lo ridistribuivano a tutti secondo il
bisogno di ciascuno. Ma è questo che fanno le chiese oggi? Sia che raccolgano
decime, sia che raccolgano offerte?
Mi è pervenuto un testo in inglese (che non ho ancora
tradotto) d’un pastore americano, che è stato molto giudicato per questo libro e
ne hanno proibito la distribuzione la maggior parte delle chiese nel mondo (in
Italia non è stato tradotto e pubblicato da alcuna casa editrice). Non ho mai
trovato un pastore o anziano disposto a leggerlo, studiarlo di fatto, con una
sola eccezione: un missionario americano che opera in provincia di Roma e che ha
una scuola biblica, promotore della decima a tutti i costi (e molto di più),
che, a fine lettura, mi ha detto che effettivamente era stato molto toccato
dallo studio preciso e veritiero di tutti i brani del VT e NT concludendo con la
seguente dichiarazione: questo libro è per credenti maturi (quindi le verità in
esso contenute!!), ma non possiamo aspettarci che i credenti, lasciati liberi di
donare (il libro s’intitola tradotto «I figlioli sono liberi»), poi diano
davvero a Dio e alla Sua opera. Gli risposi che avevo sentito il Signore parlare
al mio cuore così: «Ok, la decima non va più data, ma che ti costa considerarla
come parametro? Comunque, non t’approfittare a non dare nulla!». Egli apprezzò
questa mia posizione, mi chiese di poter tenere una copia del testo e affermò
che avrebbe continuato a chiedere la decima alla sua comunità. Varrebbe la pena leggerlo. T’assicuro che non è banale:
è ricco (forse completo) di riferimenti biblici con analisi etimologica delle
parole e vari approfondimenti. Un caro saluto nel Signore Gesù. {3 novembre
2008}
4. {Dario Favaretto} ▲
Caro fratello, sono
molto contento che tu abbia parlato di questo argomento molto ostico,
soprattutto nelle chiese pentecostali di molte associazioni. M’associo al tuo
pensiero, poiché ritengo che biblicamente nel Nuovo Testamento non è più il caso
di pagare la decima; questo pensiero in una chiesa pentecostale su citata mi è
costato il ministero d’anziano e successivamente l’abbandono di quella chiesa.
Si dichiarava che chi non pagava la decima, non aveva il diritto di servire in
chiesa, neanche pulire i gabinetti. Questo per me è soffocare e strangolare ciò
che Dio ha dato in totale libertà e gratuità. L’essere membro di serie A o di
serie B, mi fa ritornare alla salvezza per opere. Così si fanno morire le chiese
e non si da spazio alla bontà di Dio. Come si può pretendere la decima da chi
non può sbarcare il lunario nemmeno con lo stipendio che guadagna con tanta
fatica? Se uno è oberato di debiti, come si può pretendere che paghi la decima e
lasci la famiglia senza mangiare? Questo è l’amore di Dio che ci viene
proclamato dall’apostolo Paolo, da tutti gli apostoli e da Gesù stesso? Sarebbe
il caso che tu pubblicassi questo articolo sulla rivista «Oltre», farebbe del
bene a molti; ma forse nuocerebbe a te! Un grande abbraccio dal tuo fratello in
Cristo... {3 novembre 2008}
5. {Emilio Spedicato} ▲
■
Contributo:
Caro Martella, ancora non ho il tempo di
leggere la lettera, tuttavia va detto che oltre ai 10 (o 9?) comandamenti ce ne
sarebbero oltre 600 altri, divisi fra divieti ed obblighi. Certo è bene aiutare
a vivere i sacerdoti — quando al loro ministero dedichino diciamo almeno un 10%
del loro tempo, cosa che ormai dubito profondamente sia vera — e le iniziative
diciamo caritatevoli, se ancora esistono... ma quando un Cottolengo o un don
Gnocchi per gli anziani abbandonati? Ma già esiste un 8 per mille e quando in
dieci anni in un paese come Taurisano, dove la popolazione scende, la frequenza
alle messe scende, che senso ha costruire tre nuove chiese? Saluti {3 novembre
2008}
▬
Risposta: Si fa sempre male a non leggere prima l’intero articolo,
signor professore, amico della matematica e della misteriosofia. Infatti, poi si
polarizza la questione su cose che l’autore non ha affrontato. Ecco qualche nota
teologica in risposta.
■ Il Decalogo (= Dieci parole) erano la Costituzione d’Israele, quindi la Legge
di base della teocrazia. È evidente che da tale Carta magna derivassero poi le
altre leggi (etiche, civili, penali, religiose). Così è in tutte le moderne
legislazioni.
■ Nell’articolo non interessava l’aspetto confessionale, tanto meno quello
tipicamente cattolico. La chiesa romana riceve in effetti la maggior parte della
fetta del famoso «otto per mille», sia da quelli dichiaratamente cattolici, sia
da coloro che non hanno espresso preferenze; ciò è ingiusto e assurdo in una
democrazia. Io personalmente, essendo per «libera chiesa in libero stato» e per
uno «stato libero dalle lobby religiose», sarei per l’abolizione di tale tassa.
Tutte le organizzazioni religiose dovrebbero auto-finanziarsi per esistere, così
come facciamo noi, tra altri, come «Chiesa dei Fratelli». Bisognerebbe abolire
ogni tipo di concordato e di privilegi e ogni confessione religiosa dovrebbe
avere di per sé la libertà d’espressione, soggetta alle leggi ordinarie
d’associazione.
■ Quanto alle chiese cattoliche (gli edifici) che si costruiscono a spese dello
stato, è anch’esso un controsenso. Se ogni parrocchia fosse autonoma (così erano
le chiese al tempo del NT), allora i membri attivi porterebbero al riguardo
onori e oneri. Così facciamo noi nelle nostre chiese libere.
■ Il tema qui è comunque ben altro. Ossia se la legge che regolava le decime
nell’antico patto sia ingiuntiva per la gente del nuovo patto. L’analisi
teologica mostra che non lo è. Nel nuovo patto vige il principio della libertà e
della responsabilità personale, sapendo che «chi semina scarsamente mieterà
altresì scarsamente; e chi semina liberalmente mieterà altresì liberalmente. Dia
ciascuno secondo che ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza
perché Dio ama un donatore allegro. E Dio è potente da far abbondare su di voi
ogni grazia, affinché, avendo sempre in ogni cosa tutto quel che vi è
necessario, abbondiate in ogni opera buona» (2 Cor 9,6ss). E altresì: «Colui
che viene ammaestrato nella Parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi
l’ammaestra. Non v’ingannate; non si può beffarsi di Dio; poiché quello che
l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà. Perché chi semina per la propria
carne, mieterà dalla carne corruzione; ma chi semina per lo Spirito, mieterà
dallo Spirito vita eterna» (Gal 6,7s). {Nicola Martella}
6. {Vincenzo Russillo} ▲
Sulla tematica
della decima, ho sentito alcune diatribe tra fratelli. Non entro in merito alle
liti, ma bisogna partire dall’unica verità che nostro Signore ci ha forniti. Qui
non si tratta di fornire un giudizio, tra conservatori o meno, come ha fatto
Daniela nel suo intervento. Nicola trattando varie tematiche, ha seguito un
«metro di giudizio» esclusivamente biblico (vedi danza cristiana citata nella
risposta precedente). Il vero problema è fissare dei paletti che risolvano ogni
tipo di disputa nelle chiese, in cui le «false dottrine» creano esclusivamente
zizzanie. Molto spesso i sostenitori della decima, portano a loro favore delle
motivazioni che commercializzano la fede. La decima la ritroviamo molte
volte nel VT. Viene comandato a Abramo dall’Altissimo, il pagamento della
decima. Infatti a dimostrazione di questo viene citato Gen 28,20-22. Come
parallelo al pagamento del tributo al re-sacerdote Melchisedec, viene citato Lc
16,11: «Se dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi
v’affiderà quelle vere?». Anche Malachia 3,10 spesso viene citato a prova
della decima: «Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché ci sia
cibo nella mia casa; poi mettetemi alla prova in questo, dice il Signore degli
eserciti; vedrete se io non v’aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su
di voi tanta benedizione che non vi sia più dove riporla». In poche parole a
Dio deve essere dato prima e non una misera offerta delle rimanenze.
Ma quello che un cristiano veramente obbediente alla Parola di Cristo, dovrebbe
chiedersi è giusto pagarla? Assolutamente no, non siamo più sotto la legge
mosaica, ma sotto la grazie del nostro Messia Gesù: «Infatti il peccato non
avrà più potere su di voi; perché non
siete sotto la legge ma sotto la grazia» (Romani 6,14). Gesù non
menzionò mai la decima da pagare. Inoltre questo compito dovrebbe spettare ai
Leviti, come comandato da Dio a Mosè (vedi Nu 18,25-31); oggi, poiché non
esistono i sacerdoti leviti, chi dovrebbe riscuoterla? Nessuno, perché la Legge
con il nuovo patto è stata abolita. Quindi oggi facciamo bene a separare come ha
detto Nicola, le offerte dalla decima. Questo è stato detto in 2 Corinzi 9,7:
«Dia ciascuno come ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per
forza, perché Dio ama un donatore gioioso». Niente è imposto ma come dice
sempre nella lettera ai Corinzi: «Ogni primo giorno della settimana ciascuno
di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità
concessagli, affinché, quando verrò, non ci siano più collette da fare».
{04-11-2008}
7. {Nicola Martella} ▲
Faccio notare che
Dio non comandò mai ad Abramo di dare la decima. È solo descritto che
Abramo diede a Melkisedeq la decima d’ogni cosa (Gn 14,20; Eb 7,2), ossia solo
del bottino (Eb 7,4). Quanto a Giacobbe, fu lui a fare un solenne impegno
condizionato verso Dio, ossia di dargli la decima a certe condizioni (Gn
28,20ss). Certamente bisognerebbe spiegare a sufficienza come fece a dare una
decima a Dio, visto che non c’era un santuario e un sacerdozio; probabilmente
intendeva dargli offerte sacrificali.
Bisogna con onestà ammettere che fino alla Legge mosaica non esisteva una norma,
in cui Dio ingiungesse a Israele di dargli le decime, poiché non esisteva ancora
uno
Stato teocratico: «Ogni decima della terra, sia delle raccolte del suolo
sia dei frutti degli alberi, appartiene all’Eterno; è cosa consacrata
all’Eterno… E ogni decima dell’armento o del gregge, il decimo capo di tutto ciò
che passa sotto la verga del pastore, sarà consacrata all’Eterno» (Lv
27,30.32). Fino al Sinai non c’era neppure un santuario e un
sacerdozio levitico consacrato e riconosciuto: «E ai figli di Levi io do
come possesso tutte le decime in Israele in contraccambio del servizio che
fanno, il servizio della tenda di convegno» (Nu 18,21.24.26.28). In Mal 3,16
si parla della «casa del tesoro, perché ci sia cibo nella mia casa», si
parlò quindi del tesoro del tempio e dei sacrifici, che erano il cibo per i
sacerdoti.
Proprio questi due ultimi capisaldi (santuario e sacerdozio) cessarono con
l’avvento del sommo Sacerdote del nuovo patto, con l’istituzione di
quest’ultimo e fattivamente con la distruzione del tempio (70 d.C.). Nel
Concilio di Gerusalemme ai cristiani gentili non fu imposta una decima (At 15).
Per onestà bisogna ammettere che in 2 Cor 16,2 Paolo non ingiunse una
sedicente prassi di portare offerte nei luoghi di riunione e di passare canestri
e borse, ma dava istruzioni riguardo a una colletta straordinaria a favore dei
credenti della Giudea, che erano afflitti a quel tempo da carestia. Ciò è
evidente se si traduce correttamente tale brano: «Ogni primo [giorno] di
settimana ciascuno di voi metta da parte presso di sé e accumuli secondo che abbia
prosperità, affinché non avvengano [più]
raccolte, quando verrò». [►
Perché nelle chiese durante il culto si passa una borsa per le offerte?]
Anche a quel tempo i credenti esprimevano la beneficienza, facendosi
carico dei miseri (Rm 15,25ss; Eb 13,16). I credenti sostenendo personalmente i
fratelli nell’opera del Signore, sia con l’ospitalità dei predicatori itineranti
(Tt 3,13s; 3 Gv 1,5ss), sia con offerte che permettessero loro di praticare la
loro missione (Rm 15,24.28; Fil 4,15-18), sia mettendo a disposizione i propri
beni (Rm 16,23; Eb 13,1s; 1 Cor 9,11.14, 1 Pt 4,9).
8. {Peter De Mola} ▲
■
Contributo: Caro Nicola, ho letto il tuo scritto con un misto di
interesse e di perplessità. Non mi meraviglio delle tante e giuste leggi che il
VT ha nel suo corpus, ma mi domando come mai oggi la Chiesa spesso evadi le
tassi, tralasciamo lo squallore dei Patti Lateranensi, o peggio utilizzi le
offerte volontarie per coprire i danni provocati dai suoi pastori ai danni di
giovani pecorelle traviate, come mostra il caso USA o Australia. Ti saluto e che
il Signore ti doni la Pace. {4 novembre 2008}
▬
Osservazioni: È evidente che il mio articolo aveva un
interesse puramente esegetico e si riferiva al confronto fra antico e nuovo
patto. Le questioni a cui il lettore fa riferimento, però, sono puramente
confessionali e cioè riferite alla chiesa di Roma. Per «chiesa» il cattolicesimo
intende, oltre che allo Stato del Vaticano, un’organizzazione economica,
religiosa e politica diramata a livello mondiale mediante nunziature e prelati
che fungono da ambasciatori di tale micro-Stato. Per «chiesa» io intendo quella
espressa, come al tempo del NT, da tante chiese locali (spesso chiese in casa)
autonome sul piano amministrativo, d’indirizzo e decisionale, senza una
struttura piramidale e legate una all’altra solo dalla comune fede in Cristo e
dalla comunione fraterna.
Il quadro fatto dal lettore di una chiesa-apparato, che non solo macina soldi,
ma usa le offerte dei fedeli per coprire le malefatte dei cattivi «pastori»
verso le «pecorelle», è deprecabile e lontano dalla concezione biblica.
{Nicola Martella}
9. {Gianni Siena} ▲
■
Contributo:
La più bella spiegazione sulla libera necessità
d’offrire la decima l’ho udita dal compianto fratello Paolo Arcangeli, pastore
della chiesa ADI di Genova. Egli commentò così Genesi 14,20, dove Abramo offrì
liberalmente / liberamente a Melchisedec la decima del bottino ricuperato dai re
mesopotamici: «Erano sotto la Grazia (430 anni prima della legge; Galati 3,17) e
Dio fece di questa espressione della generosità d’Abramo — normale ai suoi tempi
— una legge in Israele». Questa «legge» ha ancora valore per ogni cristiano nel
dare... ma liberamente, senza obbligo, e se uno lo avverte dentro, insieme alle
offerte, ugualmente date con spensierata generosità. Dal Vecchio Testamento
possiamo «copiare» ogni buona cosa che è stata scritta per il nostro esempio, ma
di buon animo e senza le norme a cui era obbligato (non sempre secondo Scrittura
e con forzature legaliste da parte dei «maestri») l’Israele dei tempi di Gesù.
Io sono per la libertà: con o senza la decima, sarei pronto a fare ogni cosa
utile al benessere degli altri ma nessuno (eccetto lo Spirito Santo e la
coscienza) mi venga a dire «quanto devo dare». Mi risulta, infatti, che in
qualche denominazione v’è l’uso di chiedere al battezzando, se intende
impegnarsi nel dare la decima. Il «libertarismo» è stato (ben prima di me)
recepito dalle Assemblee di Dio in Italia, le quali non hanno mai fatto della
«decima» una norma da raccomandare come volontà espressa di Dio. {4 novembre
2008}
▬
Osservazioni: Non si può trarre da Gn 14,20 l’assunto che
la decima fosse «normale» ai tempi d’Abramo. Infatti, in tutta la Genesi
essa ricorre solo in
Gn 28,20ss. Anche nella legge mosaica la decima non
compare prima di Lv 27,30.
Inoltre bisogna mettersi d’accordo sui termini. Se la decima è una legge
in vigore, allora solo ubbidendovi in modo preciso, si è giusti al riguardo,
altrimenti si diviene trasgressori. Se qualcosa si basa sulla libertà e sulla
liberalità del singolo, allora non è legge. Che le motivazioni di una legge non
più in vigore, a causa di una nuova legislazione, possano essere considerate
come esempio per la nuova economia, è altra cosa. Anche l’opera di Dio nel nuovo
patto necessita di sostegno. È però illegale imporre al popolo del nuovo patto
una legge (quella del vecchio patto), che non è più in vigore. Nel NT si parla
di «offerte volontarie»; usiamo perciò correttamente questo termine e non
scorrettamente quello della «decima», che crea solo equivoci,
strumentalizzazioni e manipolazioni. Così ci guadagna la verità, quella che
rende liberi. {Nicola Martella}
10. {Emilio Spedicato} ▲
Questo è un approfondimento del contributo «5.».
■
Contributo:
Caro Martella, le leggi — 9 i comandamenti in una versione di Giuseppe
Flavio prodotta in Italiano inizio ottocento, la vidi alla libreria Mediolanum
circa venti anni fa ma costava un milione.... e il mio collega Gualerni, tre
lauree, 4 dottorati, sacerdote, mi confermò che erano 9 e che il decimo fu
un’aggiunta, ovvero «non desiderare la donna d’altri» per maggiore
chiarimento... Bello modificare un testo supposto sacro per maggiore
chiarimento! — e tali comandamenti hanno indubbiamente ampia vastità
d’interpretazione: — vedasi a Qumram, dove anche andare al cesso al sabato era
da taluni considerata violazione dell’obbligo del riposo, e s’era deciso quanti
passi si potevano fare al massimo!!! — vedasi l’episodio d’Anania e moglie,
fulminati perché si erano tenuti parte della decima o perché erano stati
insinceri? A quando la sedia elettrica per gli evasori dell’IRPEF e di....
L’unico comandamento è amare Dio, se stesso e il prossimo, il resto sono
corollari dipendenti da condizioni al contorno; l’unico corollario certo è
sviluppare i propri talenti... per i Sufi studiare e viaggiare. Saluti. {5
novembre 2008}
▬
Risposta:
Caro Emilio, mi verrebbe da usare un motto a me caro, mutuato dal
tedesco: «Ciabattino rimani alle tue suole». Certamente lo potrai usare anche tu
per me riguardo alla matematica. È facile capire male le cose, di cui non si è
competente, per poi ripetere falsità o mezze verità.
Quello che il tuo collega prete pluri-laureato avrà detto circa il Decalogo,
è certamente un’altra cosa. I comandamenti nel testo ebraico (sono 10!) sono
divisi in modo diverso, da come lo ha fatto la chiesa di Roma. Quest’ultima nel
suo catechismo ha tolto il comandamento riguardo all’idolatria e per far tornare
i conti ha sdoppiato il comandamento che riguarda le risorse del prossimo (beni
e donna). Riguardo a Es 20 e a Dt 5 (Decalogo) nel testo premasoretico, nel
Pentateuco Samaritano, nei testi di Qumran, nella Settanta, nei testi
masoretici, nei midrashim (commentari) e in tutti gli altri testi (Mishna,
talmud) non troverai che questa realtà.
A Qumran furono nascosti i rotoli della biblioteca di Gerusalemme in prossimità della sua
distruzione. Lì erano presenti, oltre ai Testi Sacri, anche la letteratura del
vario giudaismo. Inoltre è probabile che tu scambi i testi degli Esseni
rinvenuti a Qumran (sono antecedenti e concomitanti col tempo del NT) con il
Talmud (è medioevale) e altri testi (p.es. Kizzur Schuchan Aruch). Queste sono
norme giudaiche (specialmente dei rabbini farisei) che non hanno direttamente a
che vedere con l’AT e per nulla col NT, dove si parla al riguardo di «favole
giudaiche» (Tt 1,14). Gesù stesso ha contrastato le tradizioni degli scribi e
dei Farisei; così ha fatto l’apostolo Paolo verso le tradizioni di Giudei e
giudaizzanti. Spero che ci siamo capiti. Per l’approfondimento rimando
all’articolo «Il
Decalogo».
L’episodio di Anania e Saffira non ha nulla a che fare con la decima. Ma se tu leggessi
bene il testo, prenderesti atto del capo d’imputazione: «Pietro disse:
“Anania, perché ha Satana così riempito il cuore tuo da farti
mentire allo Spirito Santo e ritener parte del prezzo del
podere? Se questo restava invenduto, non restava tuo? E una volta venduto, non
ne era il prezzo in tuo potere? Perché ti sei messa in cuore questa cosa? Tu
non hai mentito agli uomini ma a Dio”…
Pietro a lei: “Perché vi siete accordati a
tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno
seppellito il tuo marito sono all’uscio e ti porteranno via”» (At 5,3s.9).
Se poi leggi il contesto, nessuno mise loro le mani addosso, ma si trattò di un
diretto giudizio di Dio; egli è libero di fare ciò che vuole verso i
bugiardi e non saremo noi a impedire il suo proponimento. Maggiore giudizio
attende però chi rifiuta suo Figlio, Cristo Gesù, come Signore e Salvatore (Gv
3,36), e non lo ama: «Se qualcuno non ama il Signore, sia anatema. Maràn-atà»
(1 Cor 16,22); anatema significa «maledetto, destinato al giudizio»; «Maràn-atà»
significa «Signore [Gesù] vieni!», ossia a regnare. Questo vale per te, per me e
per tutti, senza sconti per nessuno: «Chi crede nel Figlio ha vita eterna; ma
chi rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta sopra
lui» (Gv 3,36; cfr. v. 16). Come recita il proverbio: «Uomo avvisato, è
mezzo salvato»!
Inoltre alla Bibbia è estraneo un comandamento di «amare se stesso», ma
la Scrittura ingiunge di amare Dio sopra ogni cosa e con ogni parte di sé (Mt
22,37) e il prossimo come un altro se stesso (v. 39). Poi ciò che affermano i
mistici islamici (Sufi), in questo luogo non c’entra nulla.
Termino con un altro motto a me caro: «Chi ha un martello in mano, vede tutto
come chiodi». È evidente la tua ostilità verso il cristianesimo (magari
confuso col cattolicesimo romano) per motivi legati alla tua passione per
l’esoterismo e affini [►
Emilio Spedicato, matematico e misteriosofo];
così non manchi occasione per seminare dubbi verso la verità biblica con
argomenti contorti e non sufficientemente verificati (falsi, semi veri). Ciò che
si esige però da uno studioso è dapprima l’onestà intellettuale e poi la
competenza in ciò che afferma. L’ideologo, non cercando veramente la verità,
spesso batte il sacco per colpire il gatto. Si fa sempre bene a giocare a carte
scoperte. {Nicola Martella}
11. {Gaetano Nunnari} ▲
Caro mio, ti
racconto un episodio successo realmente. Quando io e mia moglie eravamo alla
ricerca della verità riguardo all’ambiente carismatico, capitò che uno dei loro
falsi profeti, proveniente dall’Argentina, venne in visita nella congregazione
carismaticista estrema che frequentavamo.
Prima di recarci a tale riunione, pregammo Dio affinché ci desse un segno per
capire se quest’uomo fosse da Dio o meno. Il Signore rispose alla nostra
preghiera. Questo tale in cerca di fama e denaro (oltre che di anime da
ingannare) raccontò un episodio per dimostrare che Dio benedice tutti coloro che
davano la decima «per l’opera». Tieniti forte perché la bestemmia proferita è
davvero grande.
Ecco il racconto: C’era una donna che si convertì e cominciò a frequentare una
congregazione carismatica. Questa donna dopo aver appreso che un cristiano deve
dare la decima, cominciò a fare la sua parte. Il pastore di tale comunità notò
che questa donna versava ogni volta sempre più denaro. Così un giorno
incuriosito chiese a costei come mai dava sempre così tanto denaro, e che lavoro
facesse. La donna rispose che da quando pagava la decima, Dio era stato fedele
verso di lei, benedicendola economicamente. Infatti da quando cominciò a pagare
la decima, i suoi guadagni aumentarono. Quest’uomo si rallegrò per tale notizie
e chiese alla donna che lavoro facesse. Lei rispose: «La prostituta!».
Il falso profeta argentino giustificò che, se non c’è la conoscenza della legge,
non ci può essere la conoscenza del peccato; e vista la sua «ingenuità», Dio la
benedì comunque! Naturalmente a fine riunione facemmo presente la bestemmia
proferita da tale individuo. Il pastore della chiesa cercò di coprirlo, dicendo
che sicuramente era stato tradotto male. Mia moglie però, che è di lingua madre
spagnola, e io che mi arrangio capimmo proprio bene... Qualsiasi persona sana di
mente si renderà conto da sola fin dove si può arrivare. {6 novembre 2008}
Nota editoriale: Purtroppo negli ambienti carismaticisti non si brilla
per conoscenza biblica. Tale profeta argentino, tale pastore della comunità
della prostituta e tale pastore della passata comunità di Gaetano non
conoscevano probabilmente Deuteronomio 23,18: «Non porterai nella casa
dell’Eterno, del tuo Dio, il salario
d’una meretrice né il prezzo della vendita d’un cane, per sciogliere
qualsivoglia voto; poiché ambedue sono
cose abominevoli per l’Eterno, ch’è il tuo Dio».
12. {Clara Cristalli, ps.} ▲
■
Contributo:
Ciao Nicola, ultimamente mi capita
spesso d’incontrare l’argomento della decima. Siccome avrei nel cuore d’aiutare
una sorella, che economicamente si trova a dover lavorare e studiare, per vivere
qui (non ha nemmeno il frigo!); lei frequenta la mia chiesa. Ora non so
esattamente se Dio vedrebbe bene, se io dividessi la mia decima, dandone parte
in chiesa, in missione, ma anche a questa sorella per un certo periodo di tempo.
Non sono sicura su questo argomento. Grazie per la tua risposta. {8 novembre
2008}
▬
Risposta:
La decima e le offerte volontarie sono state proprio il tema della
settimana corrente. Spero che tu
li abbia letti. Nel NT non c’era la convenzione di far passare le offerte
volontarie per forza da una cassa della chiesa, ma i credenti decidevano da sé a
chi darle e quanto dare (2 Cor 9,7), sia agli operai del Signore (Fil 4,15s),
sia per l’ospitalità di fratelli a casa loro (Rm 16,23; 3 Gv 1,5ss), sia in
beneficienza per i bisogni di credenti svantaggiati (2 Cor 9,13), sia per
progetti particolari. Già nell’AT le offerte per il Signore servivano per
sostenere sia il culto del Signore, sia gli svantaggiati nel paese.
Sei
quindi libera di gestire quanto tu hai in cuore di dare al Signore, come vuoi...
certamente con saggezza (libertà, liberalità e responsabilità). Aiutare i
fratelli nel Signore è importante per i figli di Dio: «Così
dunque, secondo che ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti; ma
specialmente a quelli della famiglia dei
credenti» (Gal 6,10).
{Nicola Martella}
►
Decime e offerte volontarie? Parliamone 2 {Nicola Martella} (T)
►
Decime e approssimazioni storiche e teologiche {Gianni Siena - Nicola Martella} (T/A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Decime_offerte_parla_Sh.htm
03-11-2008; Aggiornamento: 21-11-2008 |