Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Oltre alle parti introduttive (Bibbia, AT) e al Giochimpara finale, il libro contiene due parti distinte dell’AT: l’Epoca nazionale e l’Epoca Assira.

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca nazionale («Libri storici e profetici I»: dalla conquista all’esilio):
■ I Libri Storici in generale
■ L’epoca Premonarchica
■ Giosuè
■ Giudici
■ Rut
■ L’epoca Monarchica
■ Samuele
■ Re
■ Cronache
■ I Libri Profetici in generale.

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca assira («Libri storici e profetici II»):
■ L’epoca assira in generale
■ Abdia
■ Gioele
■ Giona
■ Osea
■ Amos
■ Isaia
■ Michea
■ Nahum.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DECIME E OFFERTE VOLONTARIE? PARLIAMONE 2

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito proseguiamo la discussione cominciata col tema «Decime e offerte volontarie? Parliamone 1», il quale si basa sull'articolo «Decime e offerte volontarie». Nelle chiese c'è chi comanda la decima alla propria comunità, specialmente per sostenersi a pieno tempo, oppure lo fanno predicatori di fuori in cerca di fondi. Altri insegnano che la decima come «tassa fissa» ha senso solo in uno Stato teocratico. Altri ancora mettono ogni cosa su un piano idealistico, secondo cui ogni cosa appartiene al Signore e, perciò, debba essere resa disponibile per il suo servizio; quest'ultima concezione, pur sembrando la più «spirituale», crea in effetti molte incertezze nei casi concreti e fa sorgere la seguente domanda: Come può Dio aver comandato di voler tutto, se ama la liberalità e un «donatore allegro»?

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Claudio Zappalà

2. Nicola Martella

3. Giampaolo Natale

4. Nicola Martella

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9.

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Claudio Zappalà}

 

Nota editoriale: Si veda già il primo contributo della prima parte «prima parte» della discussione, di cui questo contributo è un approfondimento.

 

Senza andare troppo lontano il capitolo 1 Pietro 4,1-4 parla della nuova dimensione di vita del credente: «Poiché dunque Cristo ha sofferto per noi nella carne, armatevi anche voi del medesimo pensiero, perché chi ha sofferto nella carne ha smesso di peccare, 2per vivere il tempo che resta nella carne non più nelle passioni degli uomini, ma secondo la volontà di Dio. 3Basta a noi infatti il tempo della vita che abbiamo trascorso a soddisfare le cose desiderate dai gentili, quando camminavamo. 4Per questo trovano strano che voi non corriate con loro agli stessi eccessi di dissolutezza e parlano male di voi».

 

Con una nuova Vita in Cristo c’è un cambiamento di rotta rispetto al passato.

 

     ■ 1. La prima riflessione è che vivere in un certo modo (v. 3 «…quando camminavamo nelle dissolutezze, nelle passioni, nelle ubriachezze, nelle gozzoviglie, nelle baldorie e nelle abominevoli idolatrie») comporta un assorbimento totale di tutto quello che abbiamo, dal punto di vista fisico, psicologico e anche economico.

 

     ■ 2. Dal momento della conversione c’è una rottura con il passato: «Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione e vi oltraggiano» (v. 4; CEI).

 

     ■ 3. Inizia una nuova dimensione di vita, con nuovi pensieri, nuovi rapporti con il prossimo e con tutto ciò che ci circonda.

            ● V. 7: «La fine di tutte le cose è vicina; siate dunque moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera».

            ● V. 8: «Soprattutto, abbiate amore intenso gli uni per gli altri, perché l'amore copre una gran quantità di peccati».

            ● V. 9: «Siate ospitali gli uni verso gli altri senza mormorare».

 

     ■ 4. Da servi del peccato diventiamo (tutti) amministratori dell’infinita grazia di Dio: «Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il carisma che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri» (v. 10).

 

Conclusione

     ■ Caro Nicola, a questo punto mi sembra avvilente, riduttivo fuori luogo… parlare di «decima sì, decima no». Credo che Dio ci ha chiamati a vivere su un livello, dimensione, funzione (tutti, dico tutti,… a secondo del dono che Lui ci ha dato…) particolare dove certi passaggi dovrebbero essere superati abbondantemente.

     ■ Il nostro vero problema non è tanto quanto dobbiamo «dare» a Colui che ci ha dato tutto… il suo unigenito Figliuolo, ma in quale posizione / condizione ci dobbiamo porre nei confronti della sua Opera e del suo Regno.

     ■ Cosa insegno nella mia comunità a riguardo della decima? Il cento per cento! Ma non critico o biasimo nessuno che la pensi e faccia diversamente. D’altra parte il dare a Dio… è un privilegio e grande opportunità. Chi lo comprende e lo fa, ne riceve i benefici… in proporzione a quello che gli permettiamo di fare.

     ■ Tutte le cose sono intimamente connesse tra loro, non a caso la salvezza, che Gesù Cristo ci ha provveduto sulla croce e con la sua resurrezione, riguarda… lo spirito, l’anima e il corpo. Scindere, fare dei distinguo, mettere dei ma, se, prima, dopo ecc. è molto limitativo a quello che è il nostro ministero sacerdotale in Cristo Gesù.

     Un abbraccio. {7 novembre 2008}

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Quello di Claudio Zappalà è un discorso molto bello e avvincente, pieno di ideali e slanci spirituali. Eppure esso, sinceramente, non convince del tutto sul tema della decima e delle offerte volontarie; e ciò soprattutto perché il brano da lui usato come base non parla di questo tema specifico, ma di altro. Inoltre il discorso ideale non esclude la riflessione sulle cose concrete. Inoltre bisogna rispondere a quei conduttori che la decima la impongono come condizione per fare parte della loro comunità. Perciò l’idealismo, sebbene nobile, lascia spazio all’arbitrio dei furbi e degli approfittatori; perciò non convince e questo per diversi motivi.

     ■ Nell’AT Israele era il popolo del possesso, il tesoro particolare dell’Eterno (Es 19,5), un regno di sacerdoti e una nazione santa (Es 19,6), la sua proprietà particolare (Mal 3,17), il popolo eletto (Is 43,20), chiamato a santità (Lv 11,44s) e a essere consacrato interamente al proprio Dio Dt 7,6), differenziandosi così dai popoli pagani circostanti (Dt 14,2; 26,19). Tale alta chiamata non era in contrasto con la richiesta di Dio di una decima al suo popolo del patto e dell’apprezzamento delle eventuali offerte volontarie (Lv 27).

     ■ Al popolo del nuovo patto, pur essendo le richieste simili, non viene richiesta una decima, non essendo la chiesa un popolo teocratico all’interno di confini nazionali, retto da una legge religiosa che è altresì anche legge di Stato. Nel Concilio di Gerusalemme non fu ingiunta, sebbene fosse il luogo e il momento ideale per farlo. Si fa appello però ai credenti di farsi carico dell’opera di Dio e dei suoi operai. Lo stesso apostolo paolo, pur evidenziando che apparteniamo del tutto al Signore, non costrinse i credenti al voto di povertà, ma si appellò al senso di generosità e di responsabilità dei credenti.

     ■ Un atteggiamento idealistico è ammirevole, ma lascia spazio all’arbitrio soggettivo delle persone deboli o di quelle arroganti e approfittatrici. Sebbene apparteniamo del tutto al Signore, Egli non ci ha chiesto di portargli a fine mese l’intera busta paga, detraendone il minimo per (soprav)vivere. La nostra appartenenza totale al Signore non è in contrasto con la libertà di donare a proprio arbitrio da «donatore allegro» (2 Cor 9,7) e in modo responsabile (1 Cor 9,11; 2 Cor 9,5s; Gal 6,6ss).

     ■ Il discorso idealistico del lettore, mi ha fatto sorgere un dubbio riguardo al suo quadro economico e al suo stile di vita. Egli avrà fatto il voto di povertà. Tutto ciò che guadagna, detratto il minimo indispensabile per vivere o sopravvivere, lo devolve in parte alla chiesa, in parte alla missione e in parte in beneficienza ai poveri. Ha rinunciato ad avere perciò a una casa di proprietà, a una macchina, a un computer, a fare vacanze e a quant’altro. Dalla logica delle sue parole, questa dovrebbe essere, più o meno, la situazione della sua vita.

     Dico questo da missionario che con sua moglie e sua famiglia ha vissuto (e vive) con poche risorse per servire il Signore in Italia e che ha fatto insieme con la sua famiglia grandi sacrifici per portare avanti l’opera, rinunciando a molte cose lecite che non sto qui a elencare. Chiaramente abbiamo visto la guida paterna e la benedizione di Dio. Le scelte però sono personali (nel bene e nel male) e non mi sentirei di trarre dalla mia vita una lezione morale per lo stile di vita di altri cristiani.

     ■ Il lettore dovrebbe rispondere anche a quei pastori che rinfacciano ai loro membri che stanno derubando Dio (basandosi su Mal 3,8) e li minacciano che saranno presto colpiti di maledizione (basandosi su Mal 3,9)… come se avessimo ancora un santuario centralizzato e un apparato sacrificale e una casta sacerdotale da sostenere (Mal 3,10). L’uso strumentale di questi versi denota spesso la richiesta di più soldi per il proprio sostegno finanziario. Non a caso tale logica è usata spesso da quegli evangelisti di massa che, cominciando da nulla, hanno accumulato ingenti ricchezze e agi per sé e la propria famiglia. Non di rado essi seguono la «teologia della prosperità».

     ■ Il brano di 1 Pt 4,1-4 non parla dell’amministrazione di soldi, ma del mutamento di mente riguardo all’etica, del nuovo stile di vita di credenti e del rapporto verso i fratelli. Si parla sì di «economi», ma non in senso finanziario, ma della «variegata grazia» (gr. charis), che si manifesta nelle «manifestazioni di grazia» (o carismi, gr. charismata), di cui bisogna essere responsabili a favore dell’intera compagine della chiesa. Anche in Tt 1,7 si parla dell’episcopo come «irreprensibile, come economo di Dio», il contesto non parla di amministrazione di denari (neppure di quelli della chiesa locale!) ma della vita in genere e del suo ministero. Anche in 1 Tm 1,4 ricorre l’espressione «economia di Dio, che è in fede», che denotava nel contesto la responsabilità dell’amministrazione responsabile della sana dottrina in contrasto con favole e genealogie, che provenivano dal giudaismo.

 

 

3. {Giampaolo Natale}

 

Avrei una domanda che mi lascia dei dubbi. L’istituto della decima era vincolante durante il primo secolo (ma prima del nuovo patto)?

     In altri termini, gli Ebrei del primo secolo dovevano per forza portare la decima al tempio? Tale istituto decadde in Israele con il 586 a.C. (cattività babilonese)? Oppure decadde con la distruzione del tempio nel 70 d.C.?

     A me sembra che sia più giusto dire che la vera teocrazia ci fu soltanto fino alla deportazione a Babilonia, quindi l’istituto della decima era coercitivo solo fino a tale data. E giusto? Grazie sempre per l’aiuto. {5 dicembre 2008}

 

 

4. {Nicola Martella}

 

Sulla decima abbiamo già discusso. La teocrazia vera e propria si è avuta solo dalla conquista al tramonto di Giuda. [► Teocrazia] Anche durante tale periodo non fu applicata la Legge come si doveva (cfr. anno sabbatico e giubileo; cfr. in Šabbât).

     Dopo il ritorno in patria (che fu alquanto parziale), ci si dedicò dapprima più che altro ad aspetti amministrativi, essendo la Giudea una provincia persiana. Al tempo del primo mandato di Esdra e Nehemia fu reintrodotta la decima (Ne 10,37; 12,44), ma appena essi s’allontanarono per un periodo, per ottenere un secondo mandato, tutto venne disatteso (Ne 13,5.10.12). Anche dopo di loro, al tempo di Malachia, la legge delle decime venne largamente disattesa (Mal 3,7ss); nota che è scritto al riguardo: «Fin dai giorni dei vostri padri, voi vi siete scostati dalle mie prescrizioni, e non le avete osservate», ossia quelle delle decime.

     Al tempo di Gesù, gli Ebrei della diaspora sostenevano le proprie sinagoghe con offerte; gli Ebrei di Gerusalemme e della Giudea vedevano un debito verso entrambi. Gli Ebrei della diaspora, che venivano a Gerusalemme, portavano in genere offerte al tempio. La distruzione del santuario nel 70 d.C. cambiò le cose.

     Si noti che Gesù, osservando ciò che i Giudei facevano presso la cassa delle offerte, parlò del denaro che la gente gettava nella cassa, ma non di decima. Il contrasto fu tra il superfluo dei ricchi e il necessario della vedova (Mc 12,41-44).

     I Giudei integralisti (Farisei) pagavano la decima addirittura su cose che la legge non prescriveva per nulla (Mt 23,23). Ma ciò non implica che tutto il popolo facesse così, ossia desse una regolare decima parte delle sue entrate (cfr. Lc 18,12s). In effetti non c’è nessun verso del NT che attesta in modo incontrovertibile che tutto il popolo ebraico desse la decima al tempio. Non esiste altresì neppure alcun verso nel NT che attesti che i Giudei cristiani dessero delle decime al tempio. Per avere maggior lumi al riguardo, bisognerebbe consultare la letteratura giudaica e cristiana dei primi due secoli d.C., ad esempio Giuseppe Flavio, Filone d'Alessandria e i teologi cristiani d'allora; escluderei il Talmud, essendo troppo di parte, oltre che tardivo nella sua redazione finale (Medioevo).

 

 

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Decime e approssimazioni storiche e teologiche {Gianni Siena - Nicola Martella} (T/A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Decime_offerte_parla2_R34.htm

13-11-2008; Aggiornamento: 05-12-2008

 

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