Qui di seguito diamo occasione di discutere la questione del rapporto del credente verso i beni
di questo mondo e particolarmente verso le ricchezza. Suggeriamo di partire con la lettura
dell’articolo «Dov’è
il tuo tesoro, lì sarà il tuo cuore» di Paolo Brancè.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1.
{Vincenzo Russillo}
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Concordo con quanto detto da Paolo Brancè. Molte persone inseguono, secondo il
principio epicureo carpe diem, la bramosia di ricchezza come fine ultimo
della propria esistenza.
Facendo un breve excursus a partire dal Vecchio Testamento, sappiamo che
Dio non proibisce la ricchezza personale. Infatti Salomone era molto ricco: «Il
re Salomone superò, per ricchezza e sapienza, tutti i re della terra» (2
Cronache 9,22). Anche Giuseppe e Davide furono benedetti da Dio con la
ricchezza.
Anche nel Nuovo Testamento viene trattato il tema della denaro. Gesù usò
un linguaggio molto duro nei confronti di chi dedicava la propria vita ad
accumulare tesori: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze
entreranno nel regno di Dio!» (Marco 10,23). Infatti aveva evidenziato che
mammona
(la ricchezza) può portare ad avere un’influenza negativa sulla nostra
spiritualità e nel nostro rapporto con Dio. Provocatoriamente disse al giovane
di vendere i propri beni (Marco 10,21-22). Lo stesso concetto lo ha ribadito
nuovamente in Luca: «Vendete i vostri beni, e dateli in elemosina; fatevi
delle borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nel cielo, dove ladro
non s’avvicina e tignola non rode». Cristo non ci voleva portare ad avere
una vita d’ostentazioni, ma vuole insegnarci a non essere attaccati morbosamente
ai soldi. I tesori in terra sono una cosa passeggera; infatti c’è scritto: «E
che giova all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde l’anima sua?». Gesù
stesso volle dimostrare con la sua vita che non è l’agiatezza che porta a Dio: «
Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio
dell’uomo non ha dove posare il capo» (Luca 9,58).
Ogni cristiano deve intendere che nostro Signore provvederà a ogni nostro
bisogno (Filippesi 4,19). Infatti perseverando in una vita troppo materialista
s’indurisce il proprio cuore: «Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere
d’animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle
ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente d’ogni cosa perché ne
godiamo» (1 Timoteo 6,17).
Nella quotidianità molte persone vanno alla ricerca del proprio tesoro,
perseverando anche nel male e dimenticandosi del prossimo. Giacomo pensò appunto
agli ultimi: «A voi ora, o ricchi! Piangete e urlate per le calamità
che stanno per venirvi addosso! Le vostre ricchezze sono marcite e le vostre
vesti sono tarlate. Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la
loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni
come un fuoco. Avete accumulato tesori negli ultimi giorni» (Giacomo 5,1-3).
In questi vari esempi, abbiamo potuto evidenziare che colui che segue rettamente
la via di Cristo, non deve pensare primariamente ai propri bisogni né vivere
nella povertà, ma principalmente la ricchezza da ottenere è questa: «Egli
illumini gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi ha
chiamati, qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi
riserva tra i santi» (Efesini 1,18). {11 ottobre 2009}
2.
{Nicola Martella}
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Per non ripetere
quanto è stato già detto, faccio un breve excursus sul tema nella sapienza
d'Israele. Essa si è occupata molto con questo tema. Le ricchezze possono
essere viste come un cuscino che fa dormire sonni tranquilli, sebbene non sempre
(Ec 5,12). È scritto: «I beni del ricco sono la sua città forte; sono come
un’alta muraglia...
nella sua immaginazione» (Pr
18,11; cfr. 10,15). Esse possono essere altresì una trappola, se da mezzo
diventano un fine. Magari ci si sente saggi o furbi (Pr 28,11), inattaccabili e
invincibili, avendo di che spendere e spandere, pensando di potersi comprare
tutto e che ogni cosa sia solo una questione di prezzo. Tale onnipotentismo
nasconde già in sé il verme: si può guadagnare tutto, ma perdere la propria
anima.
Oltre a quanto già detto, il libro dei Proverbi affermava giustamente che
la ricchezza fa indurire (Pr 18,23), fa trattare il prossimo come merce (Pr
22,7) e genera doppiezza d'animo e perversione (Pr 28,6). «Le ricchezze non
servono a nulla nel
giorno dell’ira, ma la giustizia
salva da morte... Chi confida nelle sue ricchezze cadrà, ma i giusti
rinverdiranno come le fronde» (11,4.28). Inoltre i sapienti evidenziavano
che le ricchezze sono effimere: «La ricchezza si fa delle ali, come l’aquila
che vola verso il cielo» (Pr 23,5). «Le ricchezze
non durano sempre» (Pr 27,25).
Oltre al libro dei Proverbi, specialmente il libro dell'Ecclesiaste
affrontò il paradosso delle ricchezze, che si accumulano senza mai saziarsi
(4,8) e senza trarne un vero profitto per la vita (Ec 5,10). Esse possono essere
addirittura motivo di sventura (5,13s). Poi c'è chi ha tutto, ma non sa goderne,
anzi ne gode un estraneo (Ec 6,2).
Perciò i sapienti d'Israele suggerivano il valore del timore di Dio quale
assicurazione a vita: «Ciò che fa ricchi è la
benedizione dell’Eterno e il
tormento che uno si dà non le aggiunge nulla» (Pr 10,22). E a ciò si
aggiunga che è un dono dell'Eterno poter godere di ciò che Egli stesso elargisce
(Ec 5,19).
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Cristiano_ricchezza_Sh.htm
17-10-2009; Aggiornamento: |