Qui di seguito
discutiamo l’articolo «Cristiani
strabici». La tesi, da cui siamo partiti nel sottotitolo, è la
seguente: Chi cerca il pelo nell’uovo nella vita dei fratelli in fede, si
svia dagli obiettivi di Dio. Invece di lavorare alla sua vita, per un suo
progresso spirituale e morale, viene distratto dall’interesse morboso per le
imperfezioni altrui e si accanisce sull’esistenza degli altri. Nella sua
mente si fa liste, cataloghi e schedari, in cui annota meticolosamente
carenze, difetti e imperfezioni del prossimo. Allo strabismo morale segue, non
di rado, anche la patologia della maldicenza. Il sospetto è una
delle più grandi menzogne: con esso si può mentire a se stessi, ingannare gli
altri e fare del torno al proprio prossimo. |
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Lo strabismo morale è una patologia molto perniciosa. Trasforma
la mente di chi la pratica e la fa fissare sui difetti altrui. Col tempo porta a
una specie di Alzheimer spirituale!
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1. {Andrea
Angeloni}
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Contributo:
Ci vuole umiltà con profondo senso di autocritica, per rendersi conto dei
propri peccati, invece di ricercarli insistentemente in un fratello. Proiettare
negli altri critiche, (spesso) non supportate da fatti concreti, o presunti
difetti, evidenzia probabilmente malafede, e come risultato determina un
nostro giudizio fazioso sull’altro. Allora è bene guardare a Cristo,
praticare un sincero amore fraterno, stimando gli altri superiori a se stesso
(Fil 2,3). {17-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Hai proprio capito bene. E hai fatto un’ottima sintesi. Come ho già accennato
sopra, il sospetto rappresenta un molteplice inganno: si mente a se
stessi, si ingannano gli altri, a cui lo si riferisce, e si fa torno al
prossimo.
2. {Ivaldo
Indomiti}
▲
Caro Nicola, mi trovi d’accordo ancora una
volta. Ciò che succede o può succedere nelle chiese storiche o più giovani, è
che il maligno trova «argomenti» piccanti da insinuare in qualche
fratello o sorella, per devastare la chiesa di Gesù. Altro particolare non
trascurabile è proprio, come hai affermato: si smette l’armatura
provvista dal Signore, per rivestire quella naturale della carne. Condurre ed
essere condotti sono due aspetti importanti della vita di chiesa, quando sono
portati ai piedi di Gesù. Fuori da questa caratteristica fondamentale la
chiesa si trasforma in una azienda con il dirigente o i dirigenti
inflessibili, oppure in una sorta di club con tanti aderenti, la cui
«tessera» di appartenenza dà loro il diritto di fare i John Wayne nelle chiese,
scalando le autorità preposte e «sparando» fuoco amico contro la
fratellanza. Tanto per gli uni quanto per gli altri dico: andate ai piedi della
croce di Gesù. Verificate se siete veramente sottomessi a Lui. Verificate se non
è stato prestato il fianco al maligno, il diavolo, per essere, ahimè,
diventati suoi strumenti in tal senso. Possa il Signore avere misericordia di
ciascuno di noi, per indurci al ravvedimento dalle opere morte (quelle
della carne) e diventare fonti di benedizioni per la chiesa globalmente e per i
fratelli individualmente. {17-02-2015}
3. {Vincenzo
Russillo}
▲
■
Contributo:
Vi è il cattivo vezzo di «scoprire il corpo» della chiesa, usando
motivazioni personali. Così facendo, si cercando argomenti per denigrare
o per divulgare del gossip. Siamo bravi a esporre i problemi degli altri.
A volte la chiesa sembra essere l’unico
posto, dove vogliamo esporre pubblicamente le parti intime del corpo.
Forse il motivo, per cui piace tale pratica, è perché si ha la giustificazione
per dissociazione: mettendo in mostra gli altri, non ci si occupa di se stessi.
Si crea la distanza tra se stessi e loro. Ci si mette al di sopra
di loro. Si è fuori portata. Si è fuori dal mondo. E, quindi, ci si crede nella
posizione ideale per giudicare, per assassinare ulteriormente il loro
carattere, invece di ripristinarlo, per esaltare il proprio punto di vista o
applicare metodi di superiorità. Non voglio dire che dovremmo coprire i peccati
o le false dottrine, lungi da me. Ma dobbiamo arrivare meglio a coprirci l’un
l’altro, a proteggerci a vicenda, a ripristinarci a vicenda. Infatti, Dio
vuole coprire la nudità (Genesi 3,21); e un giorno si potrebbe aver bisogno di
essere coperti. {18-02-2015}
▬
Nicola Martella:
È molto suggestiva l’immagine di «scoprire il corpo» della chiesa,
ossia mettere a nudo gli altri membri del corpo di Cristo, metterli alla
berlina. Nell’AT si trova spesso il comando di «non scoprire la nudità»
di un parente stretto (Lv 18,7-19; 20,19) né di vederla (Lv 20,17). Lo stesso
valeva per la propria nudità agli occhi degli altri (Es 20,26; cfr. 28,42). Devo
ricordare l’episodio, in cui Cam, alla vista del Noè, che era ubriaco e nudo,
non solo guardò lo stato penoso del padre, ma andò fuori e coinvolse i suoi
fratelli (Gn 9,20ss). Dalla reazione del padre si evince che Cam usò sarcasmo o
dileggio nei suoi confronti (vv. 24s). Degli altri due figli si legge, invece: «Sem
e Jafet presero il suo mantello, se lo misero assieme sulle spalle, e,
camminando all’indietro, coprirono la nudità del loro padre; e siccome avevano
la faccia rivolta alla parte opposta, non videro la nudità del loro padre»
(v. 23). Essi ereditarono la benedizione (vv. 26s).
Giustamente, hai evidenziato
che Dio coprì
il disagio dei primi uomini (Gn 3,21; cfr. Ez 16,8). Espiare significa
«coprire». Dio ci chiede di coprire moltitudine di peccati (Gcm 5,20). Al
contrario leggiamo: «Guai a colui, che dà da bere
al prossimo, a te che gli versi il tuo veleno e l’ubriachi, per
guardare la sua nudità! Tu sarai saziato di infamia anziché
di gloria; bevi anche tu, e scopri la tua
incirconcisione! La coppa della destra dell’Eterno farà il giro fino a te, e
l’ignominia coprirà la tua gloria» (Hb 2,15s). Spargere sospetti
e calunnie è oggigiorno proprio questo; ciò che si semina, si miete.
4.
{Luigi Cesarano}
▲
■
Contributo:
Credo che il problema sia complesso e che non si possa liquidare in poche righe.
Il quadro generale mi sembra chiaro, tanti pastori, tanti leader, tanti
conduttori di studio si lamentano di un’anarchia totale.
In primo luogo, si cerca autorità. Mi sembra che Gesù non cercasse
autorità, ma altri si sottoponevano alla sua autorità, si rendevano disponibili
e pendevano dalle sue labbra. Un padre di famiglia ha autorità; nel momento che
la pretende, vuol dire che non ne ha personalmente. Esistono questi problemi,
perché si è sviluppato un concetto sbagliato di chiesa e di autorità.
Molti pastori non prendono le ferie perché hanno paura di un «colpo di
pulpito». Essi manifestano tutta la loro insicurezza e si attorniano di
collaboratori, che seguono alla lettera le istruzioni, senza un minimo di
autonomia. In questo modo non si cresce spiritualmente; gli apostoli nel libro
di Atti, oberati da una grande mole di lavoro, istituirono i
diaconi per il servizio delle mense per gli indigenti. Loro sapevano
delegare, noi no. Esercitiamo la nostra autorità, non per imporre, per
consigliare in tutti gli aspetti la vita altrui, ma esercitiamo autorità per
far crescere i talenti di tutti in chiesa. Quante volte, giovano brillanti
sono messi da parte, perché si ha paura dei loro talenti. Cristo ci ha
chiamati a cooperare non a dividere. La chiesa non è fatta solo dalla visione
del pastore: «La visione è mia e comando io». La grazia è stata concessa
a tutti, la visione a tutti, i progetti del Signore a tutti, i doni
spirituali a tutti. Qui sta il discernimento e la sapienza. Conduttori, leader e
pastori devono saper amalgamare tutte la potenzialità; in caso contrario
sarai sempre un pastore, un leader, un conduttore frustato dai problemi della
comunità. {19-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Quello, che affermi può essere vero; il rapporto erroneo dei conduttori
verso i membri della loro assemblea è un tema che abbiamo già affrontato
altrove. [►
Comportamenti erronei di conduttori verso i membri;
►
Conduttori di chiesa gretti d’animo? Parliamone]
Tuttavia, faresti bene a leggere l’intero articolo, se già non lo hai fatto, e a
contribuire su questo tema specifico. Una medaglia è fatta di due parti,
e sono ambedue importanti; avendo affrontato la prima in precedenza, qui
affrontiamo questi aspetti. Quanto ho mostrato nell’articolo di riferimento, non
si limita al rapporto fra conduttori e membri, ma anche e specialmente alla
relazione fra credenti a tutti i livelli, indipendentemente dalle loro
cariche ecclesiali. Non mancare questa occasione, per non soffrire di strabismo,
guardando solo a un aspetto!
■
Luigi Cesarano:
Quando si creano attriti, contese nelle chiese, allora la cosa saggia da
fare è riflettere. Si possono superare solo con un profondo amore per il
conservo. «Soprattutto, abbiate amore intenso gli uni per gli altri,
perché l’amore copre una gran quantità di peccati» (1 Pt 4,8). In tutti i
cristiani ci dovrebbe essere un amore più intenso gli uni per gli altri e
soprattutto un amore diverso di quello verso i non-cristiani: L’amore intenso è
quello, che deve restare tra noi credenti: «L’amore fraterno
continui fra voi» (Ebrei 13,1). Come abbiamo visto, infatti, ci vuole un
rapporto tutto speciale tra tutti i cristiani sinceri, e un’amabilità e bontà,
che genera un affetto speciale. Non basta, quindi, che i cristiani non si
facciano dei torti tra loro, né che si rispettino l’un l’altro, ma devono amarsi
intensamente, con fervore, l’un l’altro e cercare il bene.
È in questo contesto che si realizza il tema da noi esaminato: coprire i
peccati. È proprio dell’amore cristiano coprire una moltitudine di peccati,
è parte di quell’amore più profondo che possa esistere. In poche parole potrebbe
essere quell’amore, che porterebbe i cristiani a dimenticare e perdonare le
offese subite, a coprire e nascondere i peccati degli altri,
piuttosto che metterne apertamente in risalto la gravità e farli conoscere a
tutti.
Molte volte siamo capaci di amare quelli, che sono
deboli e che si sono resi colpevoli di molte malefatte prima della loro
conversione, e abbiamo pietà dei criminali; ma diventa più difficile
applicare questo amore tra di noi, perché prevale piuttosto il giudizio.
Il modo per preservare la pace tra parenti e vicini consiste nel trarre il
meglio da ogni cosa, non dire agli altri cosa è stato detto o fatto contro
di loro, quando non è per niente necessario per la loro sicurezza, né fare
caso a cosa è stato detto o fatto contro di noi, ma scusare entrambe le cose
e spiegarle nel modo migliore.
■ Non ci ha pensato, quindi non pensiamoci.
■ È stato fatto per dimenticanza, quindi dimentichiamocene.
■ Forse non ci ha dato peso, non dare peso al fatto.
Non ritornare sugli
stessi errori. Siamo abituati a guardare la macchia del fratello e non la
nostra, anche se è macroscopica. Quando vogliamo giudicare, consiglio di fare
questo esercizio spirituale: alza gli occhi al cielo e vedi Dio,
riconsidera i tuoi peccati in tutta la tua vita (io, a volte, lo faccio; quando
mi trovo in sala, dalla vergogna mi verrebbe di sprofondare sotto il pavimento).
E vedi come ti diventa
facile perdonare il prossimo. {19-02-2015}
5. {Edoardo
Piacentini}
▲
■
Contributo:
La vera chiesa del Signore è dove si radunano quei credenti, che vogliono
solo semplicemente avere comunione con Dio, attraverso la preghiera e la
lettura, lo studio e la meditazione della Parola di Dio; e desiderano far
conoscere l’amore di Dio anche a coloro, che si aggiungono alla comunità. Dio
si manifesta solo lì, dove regna l’amore fraterno, perché l’insegnamento più
importante e basilare di tutta la Parola di Dio è: «amore».
Per amore
Gesù è morto sulla croce, per compiere l’espiazione dei nostri peccati, e ci
ha donato una salvezza gratuita. Ci ha dato, inoltre, un nuovo comandamento,
che ci amiamo gli uni gli altri, come Egli ha amato noi. Desidero citare due
versi del Nuovo Testamento che, in particolare, ci parlano in modo chiaro di
questo «amore». «Noi abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi, e
vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell’amore rimane in Dio e
Dio rimane in lui» (1 Giovanni 4,16). E ancora: «Perché Dio ha tanto
amato il mondo, che ha dato il Suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede
in Lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Giovanni 3,16). In questi due
versi è riassunto proprio tutto l’insegnamento divino; non c’è legge, o dottrina
che possa eguagliare questa grandissima verità! In Romani 13,8-10 leggiamo
questa bella esortazione a praticare l’amore fraterno: «Non abbiate altro
debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il
prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il “non commettere adulterio”,
“non uccidere”, “non rubare”, “non concupire” e qualsiasi altro comandamento, si
riassumono in questa parola: “Ama il tuo prossimo come te stesso”.
L’amore non fa nessun male al prossimo; l’amore quindi è l’adempimento
della legge».
Dove manca l’amore per i fratelli in Cristo, oltre che, naturalmente, per
la verità biblica, non c’è chiesa e non c’è nemmeno crescita spirituale dei
fedeli; perché «il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace,
pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; contro
queste cose non c’è legge» (Galati 5,22-23). Tra le virtù, che compongono il
frutto dello Spirito, notiamo che l’amore è citato per prima, sia perché è la
virtù più importante, sia perché è da esso che derivano tutte le altre virtù
divine elencate. «Se uno dice: “Io amo Dio”, e odia il proprio fratello, è
bugiardo; chi non ama infatti il proprio fratello che vede, come può amare
Dio che non vede?» (1 Giovanni 4,20). {20-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Non posso che sottoscrivere le cose, che hai scritto. L’amore è
chiaramente la quintessenza della natura di Dio e il toccasana per ogni persona
al mondo, che si lascia toccare dalla grazia di Dio. Esso guarisce le ferite
personali più profonde e i rapporti interpersonali lacerati. È la serra
protettiva ed è il concime migliore per la crescita personale e comunitaria.
Ora, mi sarei aspettato la tua analisi e il tuo punto di vista sui variegati
problemi affrontati nell’articolo e magari alcuni suggerimenti pastorali
pratici rivolti a chi è affetto da tale «strabismo» morale e spirituale, avendo
egli perso la giusta prospettiva, la bussola, i giusti obiettivi, le sane
motivazioni e così via, e sia passato alle cause sbagliate, a frenare l’opera, a
creare frizioni e dissensioni e a diventare qualcuno, che «sviluppa negativi
nella sua camera oscura». Non è comunque troppo tardi, se ti viene l’ispirazione
in merito.
6. {Luca Conti}
▲
■
Contributo:
■ 1. Di solito chi punta l’attenzione verso le mancanze e le magagne altrui,
lo fa per fare in modo di evitare di parlare delle proprie. Più si parla
delle cose altrui, e meno si parla delle cose proprie. Quindi, il parlar male
degli altri, può essere una tecnica difensiva, al fine di evitare o
perlomeno di ridurre al minimo le possibilità che si parli di se stessi.
■ 2. Chi ha motivazioni più o meno valide per
vantarsi (giustamente o ingiustamente o esageratamente) di cose proprie, non
perde troppo tempo a parlar male delle cose negative altrui. Anzi, direi
che maggiore è il ricorso di una persona a parlar male degli altri, e maggiore è
l’incapacità di quella persona di potersi vantare di meriti e qualità
propri.
■ 3. E non dimentichiamoci anche un altro aspetto: quante volte si criticano gli
altri per cose, che essi stessi si vorrebbero
fare, ma che per un motivo o per un altro si è impossibilitati a fare? Prendiamo
ad esempio le cose sessuali: quante donne di tutte le età criticano i
comportamenti sessuali di altre donne, quando loro stesse vorrebbero fare o
avrebbero voluto fare in gioventù altrettanto? E quanti uomini criticano
il libertinaggio di altri uomini, quando anche loro vorrebbero fare altrettanto,
ma non hanno la possibilità di farlo? Sembra una specie del discorso
della volpe, che non arriva all’uva e che dice che è acerba.
■ 4. Si tratta anche di un modo per incutere timore
anche nei confronti di coloro che in quel momento stanno ascoltando, in quanto è
come se indirettamente si lanciasse un messaggio in base al quale si avvertono
gli altri che in futuro la stessa cosa potrebbe essere fatta pure con loro.
Praticamente è come se indirettamente si dicesse: «Guarda queste cose, che io
adesso sto dicendo di quello/a, un domani potrei dirle di te. Quindi, stai
bene attento/a a quello che dici e a quello che fai».
■ 5. Per quanto riguarda l’eventuale giudizio divino, io faccio fatica a
credere che tale giudizio terrà conto positivamente delle critiche, che vengono
rivolte agli altri. Delle persone, che applicano questo genere di comportamenti,
io vorrei sapere se e quanto, nei loro più intimi pensieri, siano consapevoli di
questa eventualità. {21-02-2015}
▬
Nicola Martella: Vedo che il tuo tipo di
argomentazione è di carattere psicologico e comportamentale, ossia
di natura umanistica. In linea generale si può concordare sugli asserti, visto
che gli uomini sono prevedibili nei loro comportamenti, ma non si può sempre
condividere le motivazioni. Infatti, non tutte le motivazioni reali sono
(solo) quelle da te elencate.
Ad esempio, alcuni criticano gli altri, per accrescere il proprio amor
proprio e la propria posizione dinanzi agli altri. «Costui è così
miserabile, facendo queste cose», intende velatamente: «Io non faccio cose del
genere e sono, perciò, moralmente superiore».
Non è sempre vero che si criticano gli altri per cose, che essi stessi
vorrebbero fare (punto 3). Si possono biasimare anche le cose, che si
ritiene personalmente o generalmente riprovevoli da fare. Ad esempio, ciò
vale verso chi umilia un handicappato, chi si prende gioco di un
minorato, chi scippa la borsa a una donna anziana o a una donna incinta,
chi abusa di un minore, e così via. Non credo che si possa addebitare
tale desiderio a tutti o a tanti.
Inoltre per i cristiani biblici ci sono cose, che essi
condannano, perché palesemente contrarie all’insegnamento del Signore
Gesù. Lo sbaglio sta nel fatto che la condanna da sola non risolve, ma la Parola
di Dio c’insegna a recuperare il trasgressore e rialzare chi è caduto,
usando misericordia e sapendo che tutti siamo fallaci.
Infine, nell’articolo ho parlato del rapporto fra cristiani, che basilarmente
vorrebbero essere rispettosi della Parola di Dio. Quindi, come affermi nel punto
5, tu hai difficoltà di credere all’incidenza del
giudizio finale sui comportamenti odierni, ma non è così per i cristiani
biblici. Essi, sebbene possano sbagliare per la debolezza della loro
carne, per principio vogliono agire nel timore di Dio, vogliono piacere
al Signore, sono desiderosi di fare la volontà di Cristo e tengono presente il
fatto che un giorno dovranno rendere conto al Signore (non per la
salvezza, che è per grazia, ma per il premio). Chiaramente, se tu sei un
umanista, non puoi capire l’implicazione intima di tutto ciò per un
cristiano biblico.
■
Luca Conti: Dal commento che
hai fatto devo purtroppo determinare che alcune cose, che io ho detto nel mio
commento, non hanno ottenuto l’effetto di essere comprese per ciò, che
effettivamente volevano significare {21-02-2015}
▬
Nicola Martella:
Ti ricordo che ho iniziato con una concessione: «In linea generale si può
concordare sugli asserti, visto che gli uomini sono prevedibili nei loro
comportamenti, ma non si può sempre condividere le motivazioni». Ti consiglio di
leggere prima l’intero articolo «Cristiani
strabici». Così capirai meglio e potrai intervenire più adeguatamente
nel merito.
7. {Francesco
Cicala}
▲
Se c’è qualcosa di
prioritario, che dovrebbe caratterizzare il nostro cammino, è tenere conto del
modello di preghiera, che Gesù ha formulato. L’unico modo per vincere i
difetti del nostro cuore ed evitare di formulare qualsiasi sentimento di
critiche nei confronti della fratellanza, è chiedere al Signore che indichi al
fratello il cammino di santificazione. Chi può essere sufficiente e
perfetto, per non essere criticato per uno dei seguenti motivi: per una
veduta diversa, per non essersi fatto capire bene, per mancanza di adeguata
conoscenza, per non aver esternato per timidezza un pensiero, per non aver
parlato, ecc.? Criticare il fratello per poco e per tanto sì che è tragico
per l’unità, la comunione, il cammino di fede personale. Non può esserci
unità, anche se si è assidui frequentatori alle riunioni. Non è stare seduto uno
accanto all’altro, che si noti l’unità. Ma per mezzo della preghiera di
santificazione è nel cuore, dove nasce l’unità, dove essa si pasce e
cresce. L’unica critica costruttiva è quella che evidenzia la Parola
di Dio e neanche allora bisogna conservare rancore e disaffezione, ma usare
la preghiera misericordiosa verso il fratello, affinché per mezzo della
Parola si ravveda, capisca, e perché il Signore spiani la strada per un incontro
costruttivo, dove ce ne fosse di bisogno.
Scrivo perché la mia esperienza, dopo qualche anno di preghiera, dopo che
ci stiamo rendendo conto della gravità del caso e l’umiltà finalmente di essere
ascoltato, stiamo per raggiungere un traguardo. Mi chiederete cosa ho fatto in
tutto questo tempo? Ho deposto ai piedi del Signore il problema, ho
pregato per le sue benedizioni e per essere preservato dal maligno e l’ho
amato più di altri fratelli, e anche il fratello mi ha amato, anche se gli
accennavo alcune volte il mio disappunto per le sue scelte. Un consiglio, che
posso dare alla fratellanza, è avere un elenco di tutte le famiglie
dell’assemblea con i loro figli, single, giovani per portarli davanti al
Signore, perché appiani la loro strada. Queste preghiere ascoltate dal Signore
saranno come un boomerang: le benedizioni e le gioie del fratello ricadranno
anche su di noi. {26-02-2015}
8. {}
▲
9. {}
▲
10. {}
▲
11.
{Vari e medi}
▲
■
Gianluca Sinarcia: Come
sempre, oltremodo obbiettivo e fedele alle Scritture! Se uno si senta nella
ragione, non è affatto escluso che il
diavolo possa insidiarlo, al pari di chi si sente ferito, abusato o
manipolato; siamo tutti preda del calunniatore. Condivido anche questa volta! E
partecipo associandomi ai tuoi scritti con i miei sforzi, con l’aiuto di Dio e
con la condivisione di questi passi, che possano essere oggetto dei pensieri di
chi è o di chi si possa trovare in una situazione analoga. Dio ci guidi!
{18-02-2015}
■
Giuly Corsi: Che cancro
c’è nella chiesa. Caro fratello, ne conosco di cristiani strabici, al punto che
se vedono
persone cadute, invece di aiutarle a uscire e risollevarsi, le
distruggono. Essi chiedono informazioni come poliziotti, per scoprire la
vita privata e sparlare ai quattro venti. È una cosa vergognosa. Evangelizzo,
porto i nuovi contatti in chiesa; ed essi che fanno? Invece di sostenerli
e fargli sentire l’amore di Dio, li scacciano. {21-02-2015}
■
Giuseppa S. Tempo: In realtà
c’è poco da capire! Chi è nello Spirito, sa di esserlo! Ma è difficile farlo
capire agli stessi fratelli, che si definiscono pecore, quando invece sono
capre. E Dio ci scampi quando si ci mette anche il pastore, che pur
d’incoraggiare chi sta indietro (!), cerca di colpire chi è più avvantaggiato
degli altri. È molto difficile ad accettarlo! Solo con l’aiuto del Signore
si può riuscire a superare gli ostacoli. {21-02-2015}
■
Giovanni Saeli: A volte ci
si dimentica o si omette, che la Parola di Dio è lo specchio, che mette a
nudo i nostri difetti e le nostre imperfezioni. La motivazione perché faccio
qualcosa e come lo faccio, dovrebbe essere il motore che ci spinge a camminare
nell’amore e non rischiare di essere uno squillante cembalo (1 Cor 13,1).
Il cammino cristiano sarà sempre contrassegnato da difficoltà, affinché
possiamo affinare il frutto dello Spirito (Gal 5,22), per essere perfetti come
il Padre celeste. «Chiunque tra di voi vorrà diventare grande, sia vostro
servo» (Mt.20,26). {21-02-2015}
12. {Vari e
brevi}
▲
■
Aldo Benincasa: Un ottimo
scritto chiarificatore, dopo tanta ma tanta confusione... {17-02-2015}
■
Michela De Rose: Grazie,
Nicola, sempre di grande attualità. {17-02-2015}
■
Leonardo Bernardi: Caro
Nicola il pensiero espresso nella vignetta è una sacrosanta verità, ed è
purtroppo lo «sport»
preferito in campo evangelico. {21-02-2015}
▬
Nicola Martella: Se è per questo, è uno
«sport» preferito
in ogni campo umano, quindi in ogni compagine sociale, religiosa,
politica, eccetera, vero?
■
Gianni Cascato: «Non
parlate gli uni contro gli altri, fratelli; chi
parla contro il fratello e giudica il proprio fratello, parla
contro la legge e giudica la legge; ora se giudichi la legge, tu non sei un
esecutore della legge, ma un giudice. C’è un solo Legislatore, che può salvare e
mandare in perdizione, ma tu chi sei, che
giudichi un altro?» (Giacomo 4,11s).
■
Maria Ippolito: Ciao,
Nicola, grazie. È vero, di strabici ne è pieno il mondo. Sono circondata da
queste persone, che ogni giorno
mi fanno soffrire. Sono forte, ma non riesco a difendermi. Aspetto con
grande pazienza che
Dio presto mi liberi, che faccia Lui giustizia. {26-02-2015}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Crist_strabic_Mds.htm
20-02-2015; Aggiornamento: 26-02-2015 |