Altrove ho parlato degli «aggregati»: di persone che «non sono né carne né pesce», ma frequentano le chiese e spesso
creano problemi. Un altro aspetto, connesso a questo, è la distinzione fra
«credenti emozionali» e «credenti rigenerati». I primi affollano le chiese,
magari fanno mirabili preghiere e partecipano con slancio ai culti. Poi, però,
nella loro vita quotidiana, mostrano un’altra faccia: hanno un’etica
fallimentare, mostrano un cuore duro e gretto, si comportano in modo «carnale»,
se non addirittura segretamente in modo dissoluto, sono spietati in famiglia e
così via. |
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La partecipazione sentimentale ai culti agisce per loro
come una specie di catarsi (purificazione) e di ricaricamento (quasi che la
chiesa fosse una pompa di benzina o un caricabatterie). Poiché si «convertono» sempre di nuovo
(ossia vanno avanti, quando c’è un appello pubblico); perciò, credono che la salvezza si
perda (e si riacquisti) periodicamente. Per essere sicuri di essere (nuovamente)
salvati, necessitano di sentire «qualcosa» (brividi, toccamenti,
svenimenti, «unzioni», fenomeni mistici, ecc.). Non è ora di fare una distinzione fra soli «credenti»
(o credenti emozionali) e «credenti rigenerati»? I primi «aderiscono», ma
qualcosa nella loro vita (impedimento, legame, falso atteggiamento di fede)
ostacola lo Spirito Santo a rigenerarli. Essi fanno passi avanti e altrettanti
indietro, mentre il seme dell’Evangelo mai riesce a mettere in loro vere radici. Come Simon il Mago, si gloriano della loro potenza
spirituale (At 8,10s), «credono» al messaggio dell’Evangelo (v. 13a), si fanno
battezzare (v. 13b), magari si fanno imporre le mani per eliminare eventuali
impedimenti allo Spirito Santo (v. 17), sono interessati ad avere maggiore
«potenza spirituale» a qualunque costo (vv. 18s)… ma nonostante ciò, si trovano
«in fiele amaro e in legami d’iniquità» (v. 23), non avendo un cuore retto
dinanzi a Dio (v. 21) e senza aver sperimentato un sincero ravvedimento dalla
propria iniquità (v. 22). Tali «credenti emozionali» hanno continuamente bisogno
di «latte spirituale», ma non arrivano mai al cibo sodo. Come detto, non si sa
mai se sono carne o pesce. Sono sballottati qui e là da ogni vento di dottrina
(Ef 4,14). Spesso cercano di riempire il loro «vuoto morale» e di supplire
all’impossibilità di realizzare il «frutto dello Spirito» (Gal 5,22) con
esperienze mistiche sempre più mirabili, con riti sacramentali e
ripetitivi, con spettacoli religiosi di massa o seguendo un «santone» cristiano
particolare (Col 2,18.23).
Le varie problematiche, qui accennate, sono affrontate e approfondite dall’autore
in: Nicola Martella,
Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996).
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Roberta Sbodio}
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Dopo qualche giorno ho trovato il tempo di leggere le «evoluzioni» sul tema delle «Donne deluse»
[► Riuscire nella vita] e concordo con chi ha detto che sembra di aver tolto il coperchio a una pentola a pressione…
Francamente alcune affermazioni sono scioccanti, se non le leggessi su questo
sito, penserei vengano da estremisti islamici e non dal mondo evangelico,
fortunatamente (anzi per benedizione di Dio) non faccio parte del «club delle
deluse», ho un marito eccezionale, lo risposerei domattina e siamo ancora in
luna di miele dopo 12 anni di matrimonio, non ho mai dovuto prendere
psicofarmaci, né sono stata mai perseguitata o umiliata… Ora, però, al di là di
questa introduzione simpaticamente provocatoria, leggendo i vari articoli mi
sono venuti in mente alcuni pensieri, che condivido con voi…
In un mio
intervento precedente riflettevo sull’opportunità di «cambiare chiesa» in
casi dove si fatica a vivere, a gustare la bellezza di ciò che Dio fa. Non
limitavo questa opportunità alla problematica del discorso «donna», pur non
sottovalutandolo; certo il maschilismo come il femminismo sono frutto del
peccato: derivano dall’egoismo, dalla paura, dall’egocentrismo e in quanto tali
errati, è sbagliato dare spazio all’uno o all’altro, anche se sono ben celati
dietro «barricate dottrinali». Ora, però, il grosso problema, che affligge il
mondo evangelico (ho la fortuna di viaggiare molto e di conoscere tante realtà),
sono «le forme»; e c’è grande necessità di chiese, dove le persone realizzano la
sostanza, dove ci si converte per davvero e non ci si limita ad aderire e
seguire uno stile di vita (se pur biblico e lodevole).
Alcuni parlano di persone (mariti, ma ci sono anche
tante mogli...) che vivono due personalità: quella «religiosa» — ma
permettetemi, non credente! — che va in chiesa, parla l’evangelichese, si
impegna in qualche servizio per Dio; e poi l’altra, la loro vera natura: la natura egoista, dura di cuore, che tende a sopraffare, a mancare di rispetto, a non
amare ecc. Tale natura si manifesta sempre in casa, perché lì cadono i filtri
e anche perché sarebbe impossibile recitare una tale parte 24 ore su 24. E
allora, dopo le meravigliose riunioni di lode, le ore di preghiera, le
«profezie» date e ricevute ecc., ci si chiede: Che cosa succede? Dov’è andata la
presenza di Dio? Dov’è la pace?
La realtà è che troppo spesso in chiesa si vivono solo
delle emozioni, che a seconda dei contesti (denominazioni) possono essere più o
meno esasperate, ma sono sempre e solo emozioni e non sono il frutto dello
Spirito Santo. E allora certo le emozioni, per toccare un attimo la
problematica dei matrimoni cristiani falliti (ce ne sono a centinaia), non
possono certo trasformare e risolvere i grossi problemi, che le persone hanno con
se stesse e di conseguenza con il partner. Ma poi, tante coppie cristiane, sono
cristiane per davvero, lo sono di nome o di fatto?
Solo Gesù può trasformare il cuore, perche Lui solo ha
pagato il prezzo del peccato e ci dà la possibilità di esserne liberati. Gesù è
venuto per redimere: ovvero rendere positivo tutto ciò che era negativo in noi.
Questo avviene solo se nasciamo di nuovo, se non c’è nuova nascita, non si può
camminare con Dio. Come fa un morto a camminare? Come fa un cuore di pietra a
battere? Ecco perché nel mondo religioso ci sono tante parole dure: sono parole
che vengono da cuori, che non sono mai stati toccati dalla grazia, non conoscono
la potenza del sangue di Gesù e, per questo, si basano solo su se stessi. E certo,
quando ci si basa sulle proprie forze per seguire Dio, la vita diventa dura. E
poi la facciamo diventare dura anche per gli altri, nel caso in cui abbiamo
qualche responsabilità nella chiesa. I versetti biblici vengono usati come
randelli per cercare di far cambiare le vite... Infatti, a volte a furia di
«violentare» se stessi, per essere coerenti, per essere fedeli, per santificarci
ecc., finiamo col «violentare» anche altri: questo sembra sia l’unico modo per
cambiare le cose. Ora, però, Dio parla di «verità nel cuore», se la verità, la
Parola di Dio non tocca il cuore, è inutile praticarla, diventa religione; e la
religione rende duri, cattivi, quasi cinici (permettetemi di dirlo: alcuni degli
interventi, che ho letto, sono davvero tali). Non c’è nulla del «cuore di Dio» in
certe parole, in certe affermazioni. Il cuore di Dio non è certo un cuore di
«mollaccione» che vuole bene a tutti, che dice che va bene tutto, tanto c’è la
grazia! Dio è grande, potente, forte, chiaro nelle sue parole, ma i suoi
insegnamenti non sono «gravosi», il suo peso è dolce, il suo carico è leggero.
Gesù ha pagato sulla croce, ha vinto il peccato, ha vinto contro tutti i
pensieri negativi, contro tutto ciò che distrugge l’uomo, che lo fa soffrire,
che lo rende schiavo di se stesso e degli altri. Permettetemi una domanda, che vuole essere una sana e
rispettosa «sfida», sottolineo rispettosa: Dio è verità, e c’è anche scritto di
provare noi stessi. È tempo che ogni persona che predica, pastore, anziano ecc.
si chieda: Sono davvero chiamato da Dio?
La vera autorità, che viene da Dio, non ha necessità di
imporsi, perché la Parola di Dio è come una spada, giudica i sentimenti, i
pensieri; davanti alla Parola di Dio vivente ed efficace niente e nessuno può
resistere, nessuno spirito malvagio (neanche quello tanto temuto di Jezebel),
nessun pensiero, perché Dio è Dio, Lui regna e opera! La chiesa è sua,
Lui la protegge, la cura, la nutre. L’ultima parola è la sua, e per un
cuore redento sarà sempre così perché: «Colui che è in voi è più forte di
colui che è nel mondo [= Satana]».
La chiesa è il luogo dove i «morti nel peccato»
ricevono la vita. A volte, spendiamo tempo a discutere di questioni
dottrinali, mentre non ci rendiamo conto che tante persone, che stanno sedute in
chiesa domenica dopo domenica, non conoscono Dio e un giorno andranno
all’inferno. Un pastore inglese, un uomo che conosco ha detto: «Il vero
problema della chiesa è il “pulpito”».
Per esperienza devo dire che pochi sono i veri pastori,
troppe persone sono improvvisate, sebbene certo zelanti, piene di buone intenzioni; ma
senza una chiamata dall’Alto e poi una solida preparazione dottrinale, non si
può andare molto lontano. La chiamata non è senza la preparazione, e la
preparazione non è senza la chiamata. Se Dio non ti ha chiamato, non produrrai
mai nulla di concreto, perché Gesù ha detto: «Senza di ME non potete fare
nulla». Poi, quando c’è una chiamata, bisogna essere preparati
dottrinalmente, questo per non cadere nella «versettologia» e nelle altre
considerazioni, di cui Nicola ha parlato, visto che lui dottore della Scrittura
lo è...
Auguro a me stessa e a tutti voi di vivere sempre più
la Parola di Dio, per portare molto frutto prima che il Signore torni! {2007}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Credenti_emozionali_UnV.htm
25-04-2007; Aggiornamento: 25-04-2016
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