Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL RAPPORTO DEI CONDUTTORI CON I SOLDI?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Qui di seguito discutiamo l’articolo «Il rapporto dei conduttori con i soldi». È necessario specificare alcuni ambiti importanti, risultanti dalla situazione descritta nell’articolo.

     Poiché tutto ciò, che scriviamo, può essere strumentalizzato da alcuni, confidiamo nella maturità e nella lealtà dei lettori in genere e di quanti hanno partecipato a questa discussione. Affermo qui che non prendo le parti per nessuno, ma affronto qui soltanto una questione, volutamente stereotipata, dal punto di vista biblico. La cosa singolare è che persone, che neppure conosco, mi hanno chiesto perché io avessi scritto di un certo pastore di loro conoscenza, che vive in tutta un’altra zona rispetto agli eventi originari, attribuendo a lui di aver giocato d’azzardo. Come si vede un tema stereotipato diventa uno specchio, in cui si specchiano e vengono specchiate (a ragione o a torto) molte facce; ciò significa pure che tale questione può ricorrere in vari contesti ecclesiali.

 

2.  IL RAPPORTO FRA CONDUZIONE E ASSEMBLEA: Al tempo del NT le chiese locali partecipavano attivamente alle decisioni delle loro conduzioni. Ad esempio, in Gerusalemme furono i credenti a scegliere i collaboratori degli apostoli (i futuri anziani), «sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza» (At 6,3), e a presentarli agli apostoli (v. 6), perché ottenessero il ministero e li affiancassero. Lo stesso accadde addirittura nel Concilio di Gerusalemme, dove furono la chiesa, gli apostoli e gli anziani ad accogliere i convenuti (At 15,4). La decisione presa «parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa» (v. 22). Lo stesso Pietro, che era una delle guide della chiesa di Gerusalemme, dopo essere stato a casa di Cornelio, tornato alla base, dovette giustificarsi dinanzi ai credenti (At 11,1ss). Egli non fece valere una sua presunta autorità, ma spiegò per filo e per segno che cosa era realmente avvenuto, affidandosi al giudizio degli astanti (vv. 4ss). Tale narrazione sincera e verace portò i credenti ad acquetarsi e a glorificare Dio, avendo capito che aveva dato il ravvedimento a salvezza anche ai Gentili (v. 18).

     Anche a Corinto la questione riguardo all’uomo, che si teneva la moglie del padre, non fu decisa soltanto fra i dirigenti della chiesa, ma parlò di un «voi», intendendo i credenti della chiesa (cfr. 1 Cor 5,1s). Erano i credenti riassunti in tale «voi» a doversi adunare per giudicare il caso (v. 4). Egli ricordò loro l’epistola, che aveva scritto (vv. 9.11), e ingiunse loro ad agire secondo le istruzioni, che essi tutti avevano ricevute (vv. 11ss). Similmente accadde anche per i fatti descritti in 1 Corinzi 6, secondo cui i credenti si facevano causa dinanzi alle autorità civili, invece di cercare un arbitro all’interno della loro chiesa locale; qui Paolo non parlò affatto di conduzione. Da tutto ciò si evince che la massima autorità locale non era il «consiglio di chiesa», ossia i conduttori, ma l’assemblea dei membri stessa. Perciò, Paolo ingiunse al missionario Timoteo riguardo ai conduttori, che peccano: «Riprendili in presenza di tutti, affinché anche gli altri abbiano timore» (1 Tm 5,20). Per altri aspetti rimando all’articolo «L’ultima istanza nell’assemblea locale».

 

3.  QUANDO UN CONDUTTORE SI SQUALIFICA: Alcune altre trappole morali, in cui i conduttori possono cadere, sono costituite dall’abuso sessuale o dalla fornicazione ( «Quando i conduttori corteggiano le credenti della loro chiesa»), dalla sete di prestigio e di potere (cfr. 3 Gv 1,9s Diotrefe) e dall’amore per il denaro e dal desiderio di arricchirsi (1 Tm 6,9s). A ciò si aggiungano varie dipendenze, magari esercitate in segreto (cfr. 1 Cor 6,12ss). Abbiamo già parlato e discusso altrove della ricerca di una presunta «vincita che ti cambia la vita» e della «dipendenza da gioco» quale male trascurato. Da non tralasciare è altresì il denaro mal gestito, specialmente se appartiene alla chiesa locale, che si guida.

     Inoltre, se non si sta attenti, un conduttore, che dovrebbe curare il gregge senza essere avido di denaro (1 Pt 5,2s) e d’illeciti guadagni (1 Tm 3,8), può trasformarsi in un padre-padrone, che considera la comunità e le proprietà d’essa come la sua «azienda» personale, di cui dispone a suo piacimento. Alla fine, non si sa più ciò che è suo e ciò che appartiene all’assemblea; un tale conduttore considera allora le finanze della chiesa locale come una specie di «bancomat» personale.

     Un conduttore, che mostra una dipendenza da gioco (o un’altra) e che ha abusato delle finanze dell’assemblea, può essere certo perdonato e riaccettato in comunione, dopo che si è sinceramente pentito, ha confessato il suo reato alla chiesa e ha restituito le somme sottratte. Tuttavia, bisogna reintegrarlo nella conduzione della chiesa locale, visto che il prerequisito per svolgere tale ministero, è che il candidato sia irreprensibile? (1 Tm 3,2; Tt 1,6s; cfr. 1 Tm 6,14). Non dovrebbe egli essere dapprima provato, per poi assumere il ministero, se si è mostrato essere irreprensibile? (cfr. 1 Tm 3,10). Tutto questo dipende sempre dall’entità della cosa accaduta, dalla reiterazione o meno del capo d’imputazione e dai delicati equilibri esistenti nella compagine ecclesiale. In ogni cosa ci vuole saggezza, discernimento ed equilibrio, poiché un’opera ecclesiale preziosa può essere distrutta sia per estrema rigidità sia per lassismo e falsa tolleranza.

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI: Qui di seguito limitiamo la discussione specialmente a quanto descritto nell’articolo di riferimento. Chi ha una dipendenza qualsiasi, non è in grado di esplicare un ministero, in cui è richiesta l’irreprensibilità, e di pasturare il gregge come il Signore richiede; a ciò si aggiunga che dovrebbe trovare lui stesso chi possa aiutarlo a uscire dal suo labirinto mediante una cura d’anime specifica.

     Essendo l’assemblea dei membri battezzati l’ultima istanza nella stessa chiesa locale, come abbiamo visto, in situazioni del genere in cui uno dei conduttori si è macchiato di una pecca morale rilevante e il «consiglio di chiesa» lo ha coperto, l’intero gruppo che dirige la comunità fa bene a rendere conto del loro comportamento dinanzi all’assemblea dei membri. Infine, dovrebbero rimettersi al giudizio e alle decisioni della comunità. In tale occasione, possono spiegare i veri fatti e il loro punto di vista e scusarsi per un’eventuale male gestione della situazione.

     Per tali occasioni, il Signore Gesù ha promesso la sua presenza nella chiesa e fra chi deciderà e l’aiuto per sciogliere e legare secondo il suo consiglio (Mt 18,17-20), premesso che si voglia cercare la volontà di Dio e farla. In momenti del genere, bisogna evitare ogni «clima da resa dei conti», ma bisogna agire come dinanzi al Signore in fede e timor di Dio, in amore e verità, in misericordia e giustizia. Infatti, bisogna rialzare chi è caduto con uno spirito di mansuetudine, sapendo che nessuno è assicurato contro le tentazioni (Gal 6,1) e che chiunque oggi sta in piedi, fa bene a guardare di non cadere egli stesso (1 Cor 10,12).

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Adolfo Monnanni

2. Sara Cotroneo

3. Giacomo Moretti

4. Edoardo Piacentini

5. Raffaele Guitto

6. Donatella N. Festa

7. Vania Curato

8. Davide Secchi

9. Guerino De Masi

10. Tina Schirru

11.

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Adolfo Monnanni}

 

È senz’altro un tema spinoso. Senza dubbio la trasparenza e il rispetto per i fratelli e sorelle richiede una posizione ferma: essendo il peccato e il danno verso la chiesa tutta, i credenti andavano avvisati. Sicuramente fa differenza che è la prima volta; non è una dipendenza? Senz’altro il perdono, dopo la confessione alla chiesa, è giusto. Un buon principio sarebbe che i conduttori non fossero coinvolti nella gestione del danaro; potrebbe essere una tentazione, che è meglio evitare.

     Questi argomenti vanno visti all’interno di tutta vicenda. Che il Signore abbia cura di questo pastore, visto che non è un fatto favorevole a lui e alla chiesa. {18-11-2014}

 

 

2. {Sara Cotroneo}

 

Condivido appieno le risposte. Ho studiato a lungo il tema della ludopadia: non si gioca mai una volta sola. Se il pastore in questione ha questo vizio, non lo risolverà con una semplice confessione e tornerà sicuramente a giocare. La negazione di avere un vizio spesso è la prima testimonianza del fatto che il vizio c’è davvero. Condivido anche che la confessione sia stata fatta per la disperazione di aver perso soldi (e se possibile di chiederne altri) e non da un pentimento reale e sofferto, che comporterebbe alla restituzione alla chiesa dei soldi persi. Il pastore in questione dovrebbe essere aiutato attraverso una rieducazione, che miri al proprio autocontrollo e disciplina nella gestione dei soldi e del tempo. {18-11-2014}

 

 

3. {Giacomo Moretti}

 

Contributo 1: Lettere anonime, registrazioni fatte di nascosto, spero fatte da persone presenti, altrimenti sarebbe un comportamento anche penalmente rilevante; anziani che usano i soldi della chiesa, per giocarli, per coprire debiti fatti per chissà cosa. Una sola cosa da chiedere: «Signore torna presto». {18-11-2014}

 

Contributo 2: A me fa riflettere il fatto che venga sostenuto che almeno due fattispecie penalmente rilevanti quali sono l’appropriazione indebita ex art. 646 c.p., e l’aver captato comunicazioni o conversazioni oltre ad aver divulgato le stesse, magari utilizzando apparecchiature atte a intercettare tali conversazioni, ex artt. 617 e 617bis c.p, siano affari di esclusiva competenza della chiesa. Ho citato i riferimenti normativi in quanto chi ne avesse voglia può guardare e rendersi edotto dei comportamenti posti in essere. O meglio, ciò che a mio modo rileva nei fatti esposti, ammesso che corrispondano a quanto realmente accaduto. Rimango basito dal fatto che all’interno di chiese, ovviamente prendendo per buono quanto riferito, anche se io resto sempre molto favorevole al beneficio del dubbio, si verifichino fatti che meritano oltre a un approfondito esame sotto il profilo dottrinale, anche una disamina sotto quello penale con le ovvie responsabilità anche sotto il profilo civile. In ultimo un consiglio, anche se non richiesto, ritengo non idoneo lo strumento pubblico d’internet per esaminare certe questioni. Peraltro sottoponendo persone, che possono liberamente scrivere e in alcuni casi fare anche nomi (sic.) a eventuali querele per diffamazione. Mi spiace dire questo, ma prendetelo come un modesto parere personale volto a tutelare la dignità delle persone, ricordando che dai fatti esposti si evincono fattispecie per le quali è prevista anche la procedibilità di ufficio da parte delle competenti autorità. Vi saluto, confidando che le chiese diventino luogo di crescita per tutti e non luogo di amarezze e scontri, meritevoli anche delle tutele previste dal nostro ordinamento giuridico. {20-11-2014}

 

Nicola Martella: Giacomo Moretti, rileggendo i tuoi post, mi è venuto un pensiero, di cui voglio farti parte. Mi meraviglio che tu ti sia concentrato solo su un aspetto secondario (da cui io stesso ho preso le distanze nell’articolo), evidenziando solo i rischi giuridici. Ti ricordo che io non ho fatto nessun nome (e ho cancellato su Facebook i post di chi falsamente ne ha fatto uno di qualcuno, che non c’entra nulla); inoltre ho descritto una situazione in modo stereotipato a caso teorico e da studio. Stando così le cose mi meraviglio che tu non sappia proprio dire nulla sull’intera questione, in modo distaccato e saggio.

     Perciò, invito anche te a leggere l’intero articolo e a intervenire nel merito, senza fissarti su un dettaglio. {21-11-2014}

 

Giacomo Moretti: Caro Nicola Martella, nel tuo articolo non hai fatto riferimento ad alcuna persona e a nessun luogo, il tuo è stato un «caso» astratto, rispetto al quale mi sono voluto confrontare. Come potrai notare è stata proprio l’astrazione del tuo post, che mi ha portato a fare le mie considerazioni. Non ho minacciato nessuno, ho solo voluto far rilevare che i comportamenti astrattamente da te riportati configurano dei reati. Come ho già detto peraltro, il reato più grave lo avrebbe commesso chi ha registrato e dato a terzi le registrazioni. Non ho attribuito a nessuno nel concreto tali reati, in quanto è sempre rispetto al caso astratto da te posto che ho basato le mie analisi. Come già detto ho dato un mio parere partendo da un presupposto, ovvero quando ci sono dei comportamenti che configurano reati, non può occuparsene solo la chiesa. Dico questo perché in molti casi anziani di chiesa trattano reati, con speciale riguardo ai maltrattamenti in famiglia, dei quali vengono posti a conoscenza per il loro miniserio, come se fossero una questione di competenza esclusiva della chiesa e non anche degli organi preposti. Chiaramente non ho minacciato nessuno, ho solo detto che dai fatti da te esposti, oltre a questioni di carattere dottrinale, sorgono responsabilità anche penalmente rilevanti. Tutto qui, mi sembrava di aver scritto in italiano. In ultimo non ho fatto alcun nome, in quanto tu non ne hai fatti; e qualora la vicenda da te esposta corrisponda a fatti reali, o presunti tali, io non ne so nulla e quindi non saprei cosa dire. Se poi qualcuno ha fatto nomi, cosa che non ho visto, ne assumerà le conseguenze nelle opportune sedi, qualora chi si ritenga ingiustamente chiamato in causa, intenda adire tali sedi. In ultimo sono un credente, ma sono anche un cittadino di uno Stato, dove vi sono delle norme; e francamente ribadisco il mio sconcerto che certe cose accadano nelle chiese, che ribadisco devono essere luogo di crescita spirituale e non fucina di scontri e amarezze, che vanno ben oltre il convivere civilmente tra persone. {21-11-2014}

 

Nicola Martella: Gli aspetti giuridici li hai sufficientemente evidenziati. Prendiamo atto che non viviamo in chiese ideali, ma in quelle concrete, spesso affette da molte imperfezioni (cfr. quelle del NT e di Ap 2-3). Stando così le cose, in una situazione ricorrente qui e là nel mondo e con i fatti da me abbozzati (prendendoli come così accaduti), come dovrebbero comportarsi tale conduttore, il consiglio di una tale chiesa e i membri di una tale assemblea, per mostrare sottomissione al Signore, conformità alla Scrittura, amore nella verità e giustizia nella misericordia, così da risanare biblicamente tale comunione, ora visibilmente malata e distorta?

 

Giacomo Moretti: Non credo ci sua una risposta unica per tutti i «casi», che possono concretizzarsi in una chiesa. Credo che preghiera e ricerca della saggezza divina siano però le basi e gli strumenti per affrontare ogni situazione. {22-11-2014}

 

Franco Altieri: Stando a quando hai così bene illustrato biblicamente, caro Nicola, credo che il pastore dovrebbe scusarsi pubblicamente di fronte alla chiesa per il suo comportamento; il consiglio di chiesa dovrebbe farlo altresì per aver coperto tale situazione incresciosa, senza farne partecipe l’intera comunità. Sia il pastore, sia il consiglio, dovrebbero rimettersi al giudizio dell’assemblea, per quanto concerne il futuro; cioè se il pastore possa continuare a esercitare il suo ministero e se il consiglio stesso possa continuare a essere tale, o entrambi essere squalificati, come tu hai ben spiegato. Il tutto deve avvenire sotto la guida e il consiglio del Signore, con preghiera e sottomissione alla sua Parola. Solo così ci può essere guarigione nell’intera comunità ed essa può rinascere. Umiltà, onestà, sincerità e lealtà al Signore e ai fratelli sono la ricetta. Non vedo altre strade. {22-11-2014}

 

 

4. {Edoardo Piacentini}

 

Chi ha questi problemi, non ha i requisiti per svolgere un ministero pastorale, perché l’apostolo Pietro esorta gli anziani a pascere «il gregge di Dio che è fra voi, sorvegliandolo non per forza, ma volentieri, non per avidità di guadagno ma di buona volontà e non come signoreggiando su coloro che vi sono affidati, ma essendo i modelli del gregge» (1 Pietro 5,2-3). È evidente che chi ha il vizio del gioco, non può essere un modello per la fratellanza, anzi ha bisogno egli stesso di essere liberato da questa dipendenza, che è come quella dell’alcool, della droga o del fumo. {19-11-2014}

 

 

5. {Raffaele Guitto}

 

Penso e mi rammarico che sia così, sperando piuttosto di sbagliarmi, ma credo che il problema sia oggi nello stesso Consiglio di molte chiese, dove gli incontri pare siano diventati dei «meeting segreti», in cui l’unica preoccupazione è come manipolare, nascondere problemi e peccati, fare in modo che le brutture non si sappiano, trovare modi per tenere tutti felici e contenti con programmi ricreativi, e simili. Salvare le apparenze è la vera preoccupazione, e punire gli eventuali contraddittori (anche con la violenza e metodi impropri) l’unico rimedio. Che Dio ci aiuti, ma anche noi Evangelici siamo incappati nel ciclo della corruzione storica, sospinto dalla malvagità del cuore umano, secondo l’insegnamento della storia (corsi e ricorsi). Tenere gli occhi chiusi non serve a molto. Tenere la bocca chiusa, non so... per amore della testimonianza, per amore della verità, per amore della Chiesa; è difficile sapere quando parlare, quando tacere, quando denunciare, quando aspettare l’intervento di Dio. Io personalmente sono perplesso e disilluso! {19-11-2014}

 

 

6. {Donatella Nancy Festa}

 

Che argomento scottante! A caldo mi viene da pensare: «Ma che rapporto di fiducia c’era fra il pastore e la sua chiesa?». Ogni fratello in difficoltà economica può dirlo alla Chiesa e chiedere aiuto senza temer giudizio (quando i credenti sono spiritualmente maturi); questa soluzione avrebbe evitato il ricorso al gioco d’azzardo, che può diventare un vero laccio. In questo caso, è vero che la persona non è caduta in dipendenza, ma si è esposta a un pericolo scioccamente, mettendosi, poi, in posizione di essere giudicata in modo pesante dalla collettività. Mi viene in mente il discorso della libertà del cristiano di mangiare cibi sacrificati agli idoli, che non è immediatamente pertinente, ma illustra il senso delle cose di Dio. Se anche lui, in sua coscienza, si fosse sentito libero di partecipare a una cosa appartenente a una realtà dubbia, come pastore doveva riflettere meglio e pensare: «Il mio agire potrebbe essere d’inciampo ad altri fratelli? Nelle difficoltà, i più deboli andranno a giocare al video poker, alle corse dei cavalli, o altro, invece di mettere la fiducia nel Signore?». A motivo di coscienza, non è bene fare cose, che possano scandalizzare i più deboli, a volte perfino se avessimo la convinzione che sono per noi lecite. La vera libertà sta nel non usare il proprio diritto come un mantello per coprire la malizia. {19-11-2014}

 

 

7. {Vania Curato}

 

Contributo: Che argomento triste! Ancor di più perché mancano risposte a molte domande: è davvero così che sono andate le cose? La lettera di uno può davvero rappresentare il malcontento di una chiesa intera o rappresenta solo il singolo e altri pochi? L’uso di metodi perseguibili penalmente è davvero giustificato da un ipotetico clima di sfiducia? Cadere versus commettere reato, confessare versus minacce anonime, perdono versus accusa e giudizio; il giusto atteggiamento cristiano qual è? Pregare e avere piena fiducia in Dio non è più una risorsa per i cristiani? La «giustizia» fai da te è parte della dottrina? La chiamata all’integrità è solo per i pastori e gli anziani?

     Troppe chiese stanno affrontando lotte interne in nome di qualcosa, che di cristiano non ha nulla; così come non hanno nulla di cristiano quelli che si servono delle cadute altrui, per prendere il controllo. Che Dio ci aiuti! {19-11-2014}

 

Franco Altieri: Io penso che la questione, posta al fratello Martella, parli di un argomento specifico, di cui se ne è appurata la veridicità. Infatti, colui che pone la domanda, dice di aver parlato col diretto interessato e col consiglio di chiesa, che ha appoggiato e coperto tale peccato (il fratello Nicola ha spiegato biblicamente che trattasi di peccato, che andava confessato alla chiesa). Penso che solo su questo, e non su altro, almeno in questo contesto, si debba discutere. Il pastore in questione ha peccato, giocandosi varie migliaia di euro? Il consiglio di chiesa ha sbagliato o no a coprire e non dire nulla alla chiesa, visto che il pastore è da essa sostenuto? Penso che solo su questo e non su altro, mi ripeto, si debba disquisire, e solo se si ha da aggiungere o contestare quanto ben argomentato dal fratello Nicola. Poi, chi ha orecchie per udire, oda. {19-11-2014}

 

Gianluca Sinarcia: Ho analizzato le cose dette da Vania Curato, confrontandolo con l’articolo in questione. Cadere versus commettere reato. Cadere è umano e comprensibile; commettere reato è perseguibile dalla legge. Confessare versus minacce anonime. Confessare non è per molti, non è una pratica amata; ma il non confessare? (1 Gv 1,8-10). Minacce anonime? Esse non vengono menzionate, ma se esistono rimarrebbero tali, ininfluenti senza reali azioni successive. Perdono versus accusa e giudizio. Perdono è atto d’amore, di comprensione e di compassione, esso caratterizza la vita dei credenti ed è da applicare (in ogni caso), ma con relative conseguenze in base al caso; ma la disciplina? (cfr. Eb 12,4-8). Aggiungo io, lassismo è una coscienza rilassata, in nome della quale si sminuisce ciò, che è grave, giudicandolo di poco conto o veniale, fino a considerare permesso ciò che è proibito. Accusa e giudizio sono atto lecito anche nelle Scritture, nei casi che lo richiedono (cfr 1 Cor 6,1-11).

     Il testo stereotipato dice tutt’altro; un testo senza un contesto non è un pretesto? O lo è solo in alcuni casi? Hai approfondito il contesto? Hai ricercato fermamente la verità (nel testo)? O hai già le risposte senza conoscere ciò, che è vero? Credo che la mancanza di obbiettività e una analisi distorta dei fatti descritti renda imprecisa la tua constatazione. Le domande da fare potrebbero essere altre: Perché un peccato non viene definito tale? Le Scritture cosa dicono in merito? Che tipo di conduzione vige in tale comunità? Quali cose o passi si potrebbero fare attraverso il discernimento scritturale e attraverso una corretta esegesi delle Scritture? Come ristabilire la pace tra le parti? Poi ognuno sceglie ciò, che crede giusto. {21-11-2014}

 

Nicola Martella: Non conosco personalmente Vania Curato, né Franco Altieri, né Gianluca Sinarcia. Ho l’impressione come se stessero tirando le somme nella stessa situazione ecclesiale, prendendo partito chi per gli uni, chi per gli altri. Non ho alcuna intenzione di farmi strumentalizzare per un fatto concreto. Quello da me riportato, sebbene prenda spunto da fatti concreti, è solo un caso stereotipato, che serve da studio per ogni situazione simile, ma per nessuna nello specifico.

     Vania Curato, non è il primo caso specifico, che mi arriva nel tempo. Io le risposte le ho date. Leggendo le tue osservazioni, oltre che bastonate a destra e a manca, di risposte non ne ho trovate. Vuoi ritentare, dopo aver letto l’intero articolo di riferimento?

 

Franco Altieri: Caro Nicola, ora la domanda nasce spontanea: come deve comportarsi la chiesa, sempre in maniera biblica, verso questo pastore, che non ha confessato «pubblicamente» il suo peccato, e verso il consiglio di chiesa, che ha coperto tale cosa? {20-11-2014}

 

Nicola Martella: Premetto nuovamente che non intendo essere strumentalizzato all’interno di situazioni ecclesiali concrete, per una fazione o per l’altra. Le mie sono riflessioni bibliche di natura generale. Altrove abbiamo disquisito su quale sia «l’ultima istanza nell’assemblea locale», mostrando che essa è localmente l’intera chiesa locale, ossia i membri effettivi che la costituiscono.

     Tenendo presente l’analisi fatta, bisogna ribadire che nella situazione, descritta nell’articolo in modo stereotipato, suggerirei che a tutto il «consiglio di chiesa» di comparire dinanzi all’assemblea dei membri, di spiegare i veri fatti, di scusarsi per l’eventuale male gestione della situazione e di rimettersi alle decisioni della comunità. Ciò darebbe ai membri del consiglio di chiesa rinnovata credibilità. Tuttavia, ciò dipende anche dalla buona volontà di tutte le persone in causa e dal fatto che esse tutte vogliano onorare il Signore in verità e amore, in misericordia e giustizia.

 

 

8. {Davide Secchi}

 

Contributo: Dopo aver letto, se pur velocemente i commenti sopracitati, rimango sconcertato dalle cose lette. Tutti pronti nel giudicare, pensate che noi siamo indenni dalle tentazioni del mondo? Quando un fratello cade in trappola, dovrebbe essere aiutato con amore e umiltà, che sia l’ultimo della chiesa o a maggior ragione chi la conduce, sicuramente più esposto alle insidie del male. Che il nostro Signore illumini le nostre menti e infonda dentro di noi uno spirito nuovo, di misericordia, tolleranza, compressione, ma soprattutto di amore per tutti coloro che hanno bisogno dell’intervento del Padre piuttosto che dei nostri tribunali {20-11-2014}

 

Franco Altieri: Sono d’accordo con te. Ma qui si parla di un peccato non confessato e di un consiglio di chiesa, che ha coperto questo peccato. Tutto qua. È chiaro che tutti possiamo sbagliare, ci mancherebbe, e per tutti ci vuole amore, pazienza, comprensione, solidarietà. Basta solo confessare il peccato, magari chiedere scusa a chi si è ferito (in questo caso l’intera comunità), rimediare e magari, se la chiesa lo ritiene opportuno, sedersi per un po’ per riflettere su ciò che si è fatto. Non credi? Se un membro commette un peccato, spesso accade che viene messo sotto disciplina, deve lasciare il ministero, perché ha dato una brutta testimonianza. Perché il pastore no? {20-11-2014}

 

Nicola Martella: Davide Secchi, non basta leggere alcuni commenti altrui, ma bisogna leggere prima soprattutto l’intero articolo di riferimento. Fallo e poi, intervieni nel merito.

 

 

9. {Guerino De Masi}

 

Contributo: Non è un argomento facile, ma non è inutile affrontarlo, e neanche fuori luogo farlo qui.

     Sarebbe, penso, necessario riflettere sul riconoscimento dei conduttori o nomina degli anziani nella chiesa. Sì, perché è la prima cosa che mi è venuta in mente alcuni giorni fa, quando ho letto l’argomento messo in rete.

     Un figlio di Dio, che ha problemi di dipendenza da giuoco, sia egli conduttore o semplice membro di chiesa, è un credente che necessita di cura pastorale vera e competente. Noi ci stiamo qui esprimendo con le nostre varie opinioni, valide o discutibili, ma, quale prassi è stata adottata nel dare tale incarico e ministero a un fratello con queste problematiche?

     Non dice la Scrittura di provare prima il fratello aspirante a tale compito e poi, dopo, di assumerlo? (1 Tim 3,10).

     I soldi persi al gioco (migliaia!), sono soldi che la chiesa dava. Non meno grave sarebbe se lui fosse dipendente di un’azienda, e i soldi fossero del suo stipendio o tredicesima o liquidazione. (Conosco una persona che ha perso al gioco la liquidazione di una vita di lavoro al tempo dell’andare in pensione.) È una grave mancanza nella gestione del danaro, che in primo luogo fa danno ai membri della famiglia, verso chi ha doveri primari. Ciò vale che si sia scapolo o sposato.

     La tua trattazione, caro Nicola, mi sembra alquanto esauriente e vorrei tanto che situazioni simili non succedessero nelle chiese.

     Credo sia opportuno ricordarci l’ammonimento biblico: «Chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere» (1 Cor 10,12). {21-11-2014}

 

Sara Cotroneo: Io credo che sia molto importante parlare di questi temi, soprattutto in discussioni pubbliche come queste. Non ho visto nessun giudizio espresso da nessuno, solo la voglia di capire come comportarsi nei confronti di un male, che sta affliggendo la nostra società e purtroppo anche molti credenti. Chi soffre di questo vizio rovina se stesso e tutti coloro, che gli sono vicini, questo è indiscutibile. Nascondere un problema, non è mai la cura giusta per debellarlo. {21-11-2014}

 

 

10. {Tina Schirru}

 

Dio non nasconde il male, perché vuole mostrarcene l’orrore, ma è sempre pronto a ricondurre e ad accogliere quelli, che per un motivo o per altro cadono in tentazione. «Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene; poiché ben trovasi in me il volere, ma il modo di compiere il bene, no. Perché il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se ciò che non voglio è quello che faccio, non son più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me» (Rom 7,18-20). In presenza di una condizione di peccato, non bisogna trovare scusanti, ma semplicemente riconoscere di aver fallito davanti a Dio, chiedere alla chiesa di pregare per la propria condizione. Or noi sappiamo bene che il nostro comune nemico, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Noi come figli dell’Iddio vivente possiamo sconfiggerlo, restando fermi nella fede. Gloria Dio! «Io non vi mostrerò un viso accigliato, poiché io sono misericordioso, dice il Signore... Soltanto riconosci la tua iniquità» (Geremia 3,12-13). {23-11-2014}

 

 

11. {}

 

 

12. {Autori vari}

 

Maurizio Todaro: Caro Nicola, dopo aver letto tutto, condivido pienamente con te. {18-11-2014}

 

Franco Altieri: Il tutto non fa una grinza. L’argomento è trattato in maniera esaustiva e, innanzitutto, biblica. Grazie, fratello Nicola. {18-11-2014}

 

Mario Bras: Qualsiasi giudizio o commento risulterà inutile, perché l’unica fraternità che vedo è quella del consiglio di chiesa a scapito di chi soffre e ha problemi a tirare avanti. E questo è quello che oggi trasmettono queste chiese purtroppo. {19-11-2014}

 

Luisa Piana: Ma che vada a lavorare.... {19-11-2014}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Condutt_soldi_Avv.htm

22-11-2014; Aggiornamento: 23-11-2014

 

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