Il tema in discussione è molto delicato e può certamente provocare varie
reazioni, alcune delle quali imprevedibili. Premettiamo che non vogliamo ferire nessuno. Ma crediamo che gli evangelici italiani
debbano imparare a confrontarsi con passione, pacatezza e sangue freddo su tutto
ciò, che riguarda il loro pensiero dottrinale e la loro prassi ecclesiale. Al
riguardo si parta dalla discussione sulle tradizioni e convenzioni. Bisogna ammettere che molte cose le facciamo per tradizione e convenzione.
Facciamo quindi bene a riflettere sull’argomento.
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Il potere di tradizioni e convenzioni nelle chiese; ►
Sana dottrina o convenzioni omogeneizzanti?] |
Molti anni fa, mi rimase
impressa la scena di un film. Un uomo si trovava per la prima volta in
una chiesa protestante americana durante il culto. Quando stava per passare la
borsa per la colletta, sentì un grande imbarazzo: non avendo soldi, per non fare
brutta figura coi vicini e coi sorveglianti dei sacchetti, si strappò un bottone
e, facendo finta fosse una moneta, lo mise nel sacchetto che passava.
All’inizio della nostra opera di edificazione di chiesa qui a Roma e dintorni,
un uomo mi disse che non andava nella chiesa cattolica proprio perché passava il
canestro per le offerte e perché non poteva soffrire questo miscuglio,
perpetuato da secoli, tra religione e denaro.
A
me, che viaggio per le chiese, quando sono invitato, devo ammettere che mi dà
sempre fastidio che nel bel mezzo del culto al Signore, passi un sacchetto per
le offerte, quasi per
pagare Dio o per accattivarsi le sue simpatie. Penso all’imbarazzo degli
ospiti, specialmente non credenti, o dei simpatizzanti.
Nella Bibbia non si parla mai di una tali prassi. Essa è nata quando, formatosi
il clero nelle chiese, bisognava che i laici li sostenessero. Venne
introdotto l’altare e su di esso furono portate le offerte. In seguito,
nacque anche la prassi della compera delle indulgenze. La gente pensò
che, per accostarsi a Dio, per chiedergli qualche grazia, per propiziarsi Dio,
potesse e dovesse pagare, per sé o peri propri cari. Tutto secondo il motto:
«In fondo, ci si può comprare tutti: è solo una questione di prezzo». La pratica
di passare col canestro, sebbene nata nel cattolicesimo, passò acriticamente
anche nel
protestantesimo e da qui nelle chiese evangeliche. Chi si è mai chiesto
di verificare, se ciò fosse mai successo nel NT? La tradizione e la
convenzione hanno illuso anche qui che ciò fosse una pratica biblica. Devo
aggiungere però, per onestà, che molte chiese protestanti ed evangeliche
all’estero non conoscono la prassi del sacchetto che passa, ma hanno la
cassetta delle offerte.
Certamente l’opera del Signore ha da sempre avuto bisogno di risorse, per
esistere e funzionare. Nell’antico patto i sacerdoti vivevano delle
offerte date al Signore. È scritto: «Nessuno comparirà dinanzi a me a mani
vuote» (Es 23,15; 34,20; Dt 16,16). Nel tempio di Gerusalemme non si
passavano canestri e sacchetti per le offerte, ma vi era una
cassa, dove ognuno poteva mettere le sue offerte per l’opera di Dio (Mc
12,41s; Lc 21,1s).
Anche nel
nuovo patto
è scritto: «Colui che viene ammaestrato nella Parola faccia parte di tutti i
suoi beni a chi l’ammaestra» (Gal 6,6). Paolo stesso, sebbene un tempo si
fosse anche auto-sostenuto, specialmente quando non arrivavano le offerte (At
18,3ss), per portare avanti la sua opera missionaria, aveva in genere il
supporto dalle chiese, specialmente da quella di Filippi (Fil 4,14s).
L’unica volta che nel NT si parla di offerte e di collette nelle chiese, ciò non
riguardava la normale prassi della chiesa locale, ma una colletta
straordinaria a pro dei credenti della Giudea che soffrivano le conseguenze
di una pesante carestia. Infatti, egli affermò, tra altre cose, di raccogliere i
soldi a tempo, «affinché, quando verrò, non ci siano più collette da fare»
(1 Cor 16,2). Essendo le chiese in genere «chiese in casa», normalmente non si
facevano collette, ma i credenti facevano direttamente beneficenza ai
poveri (Eb 13,16), «specialmente a quelli della famiglia dei credenti»
(Gal 6,10). Essi ospitavano e sostenevano i predicatori itineranti, che
di città in città predicavano l’Evangelo, istruivano ed edificavano i discepoli
(3 Gv 1,6s; 1 Cor 16,6; Rm 15,24; Tt 3,13). Nel NT non viene mai comandata la
pratica della «decima» per le chiese, che era la tassa teocratica dell’AT
e del giudaismo (Mt 23,23; Lc 18,12), non ingiuntiva per il nuovo patto. Tutto
era rimesso alla responsabilità personale del credente dinanzi a Dio;
Egli avrebbe fatto mietere a ognuno in conformità con quanto egli avrebbe
seminato per il regno di Dio. [→
sotto]
Per tutti questi e altri motivi, quando cominciammo l’opera di edificazione di
chiesa qui a Roma e dintorni, chiesi al mio collega missionario, che era mio
desiderio di non introdurre nella nostra futura comunità questa usanza, ma che
avremmo potuto fare una cassetta da attaccare presso all’entrata. In tal
modo, gli ospiti non si sarebbero sentiti a disagio né in alcun modo obbligati.
Detto, fatto. Mettemmo sulla cassetta di legno il verso: «Dio ama un donatore
allegro» (2 Cor 9,7). Così abbiamo insegnato ai nuovi membri che l’opera del
Signore e la chiesa locale dipendeva dalla loro responsabilità. Abbiamo
ricordato ai credenti che avrebbero raccolto in proporzione a quanto avrebbero
seminato per l’opera di Dio (2 Cor 9,6; Gal 6,6ss), ma ognuno avrebbe dovuto
decidere di propria volontà quanto e come dare (2 Cor 9,7). Ogni tanto, abbiamo
indicato ai credenti il senso della cassetta delle offerte, aggiungendo che gli
ospiti non erano obbligati a fare alcunché. In seguito, abbiamo aggiunto anche
delle bustine: i soldi messi senza bustina sarebbero andati per l’opera
della chiesa locale, quelli nelle bustine per la missione. Questo metodo si è
mostrato utile negli anni.
Abbiamo
educato i credenti a dare per l’opera del Signore. Abbiamo messo degli
obiettivi specifici. Così abbiamo comprato la prima sala. Poi diventata troppo
piccola, l’abbiamo venduta e ne abbiamo comprata una più grande. Le offerte, che
vengono messe nelle bustine, vanno proporzionalmente a coloro, che la chiesa
sostiene nella missione estera e interna all’Italia. Tutto ciò accade senza mai
passare un sacchetto per le offerte.
Penso che le chiese evangeliche debbano smettere con una pratica, che
ritengo insana. L’opera del Signore ha bisogno certamente di sostegno
finanziario. Si possono raccogliere le offerte
volontarie con una semplice cassetta, ponendo la
responsabilità sui credenti. Ciò toglierà l’imbarazzo agli ospiti. Non
si darà l’impressione che i soldi muovano tutto anche nella religione
biblica, e che Dio debba essere pagato per le grazie ricevute o per renderselo
propizio. Gli evangelici non hanno indulgenze da vendere. L’opera locale
appartiene ai credenti stessi. Se deve andare avanti, sta nella loro
responsabilità. Questo modo di pensare sarebbe anche una buona distinzione dalle
altre denominazioni.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
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I contributi sul tema
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1. {Argentino
Quintavalle}
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Ho letto il tuo articolo sul sacchetto delle offerte, che viene passato nelle
assemblee durante il culto. Sono
molto d’accordo con quanto scrivi, anche se non sarà facile che il
messaggio venga recepito.
Non solo è una cattiva abitudine, ma temo che riguardo
le offerte si sia persa anche la vera motivazione (aiuto ai fratelli che
ne hanno bisogno) e la vera maniera (decidere a casa quanto dare, e non
mettersi le mani in tasca alla domenica per vedere quanto c’è), così come dice
Paolo nella prima lettera ai Corinzi.
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L’obbligo gentile verso i cristiani giudaici {Argentino Quintavalle - Nicola Martella}
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11. {Vari
e medi}
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12. {Vari
e brevi}
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Decime e offerte volontarie {Nicola Martella} (A)
►
È comandata la «decima» nel NT? {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Colletta_Car.htm
25-04-2007; Aggiornamento: 04-11-2013 |