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1.
{Nicola Berretta} ▲
Premetto subito che condivido con te l’osservazione che la Scrittura dia enfasi
alle qualità dei conduttori, piuttosto che al loro numero. Sono dunque
pienamente d’accordo con te quando affermi che il venire incontro a quella che
si ritiene un’esigenza di pluralità non deve mai far perdere di vista quella che
è l’esigenza prioritaria, cioè l’avere anziani che rispondano ai requisiti
richiesti dalla Scrittura.
Però, con tutto il rispetto e la stima che, come sai
bene, nutro nei tuoi confronti, mi permetto di rilevare una certa debolezza
nella tua argomentazione a riguardo della conduzione monocratica. Mi sembra
infatti che tu giustifichi biblicamente la possibilità di una conduzione
non-collegiale esclusivamente sulla base delle lettere alle chiese dell’Asia
riportate in Apocalisse. Fai dei riferimenti storici riguardo all’ellenizzazione
della chiese, che ha portato ad una progressiva perdita del concetto giudaico
del «sinedrio» o «collegio di anziani», ma queste non sono argomentazioni
esegetiche, per quanto storicamente ineccepibili. Ritengo che, affermare che la
Bibbia supporti la conduzione monocratica, basandosi solamente
sull’interpretazione di anghelos in Ap 2ss sia un’argomentazione un po’
debole. Per quanto non discuta la possibilità che tu abbia ragione, converrai
con me che l’interpretazione del termine «anghelos» in quel brano come
conduttore delle relative chiese non è assolutamente univoca.
Insomma, ciò che voglio dire è che, se la Scrittura
desse altrove delle
chiare indicazioni di conduzione monocratica della chiesa, allora
l’interpretazione che tu proponi dei brani in Apocalisse potrebbe trovare una
maggiore solidità. Presi da soli, non credo che siano sufficienti a dimostrare
che la Bibbia preveda una conduzione non-collegiale della chiesa.
2.
{Nicola Martella} ▲
Conduzione monocratica
Se ho dato l’impressione di favorire una conduzione
monocratica, sono spiacente. Non era certamente questo il mio intento. Intendevo
mostrare invece che nel primo secolo c’erano ambedue queste possibilità, dovute
a sensibilità culturali diverse. Non giustifico la conduzione monocratica, ma la
presento come qualcosa che esisteva. Chi invece sostiene che il modello
biblico preveda solo un «collegio di conduttori» — partendo per altro dallo
status quo
ecclesiologico — nega che ci fosse questa possibilità. È evidente che qualcosa
non si poteva sviluppare, se non ce ne fossero state le premesse: se dal 2°
secolo in poi la conduzione monocratica era molto diffusa — come si evince dalle
lettere e dagli scritti dei cosiddetti padri della chiesa — ciò si realizzò
perché questo modello era possibile e già praticato. A ciò contribuirono
specialmente gli alti prerequisiti richiesti all’episcopo, interpretati come
stringenti; a ciò si aggiungeva anche la grande responsabilità di guida in una
situazione di persecuzione della chiesa, in cui chi guidava una chiesa locale si
esponeva in prima persona con gravi conseguenze.
Gli angheloi umani
Quanto al termine anghelos in Ap 2s, non
trascurerei questo fatto. Infatti una cosa era che il Signore scrivesse a un
conduttore e altra cosa se lo facesse a una chiesa locale. Questa premessa
modifica l’esegesi e quindi il significato delle cose in tali brani. Il fatto
che Gesù si rivolse a un «tu» personale, facendone l’analisi, e gli indicasse i
doveri verso gli altri localmente, mi convince che si trattasse di un
conduttore. Un’analisi delle ricorrenze di anghelos nel NT, applicato a
uomini, e magari anche nella Settanta, spiegherebbe molte cose. Io l’ho fatta
anni fa ed è stata per me molto istruttiva; certamente non è qui il luogo per
discuterla. Riporto a mente solo alcuni casi.
È interessante ad esempio quel brano in cui Giovanni
Battista chiamò a sé due dei suoi discepoli (mathetai) e li mandò al
Signore (Lc 7,19). Poi è scritto che i «messi di Giovanni» se ne andarono (v.
24); qui Luca parlò degli «angheloi
di Giovanni». Come si vede, il termine riguardava uomini e questi
rappresentavano qui chi li aveva mandati.
Come i termini anghelos e apostolos
potessero corrispondersi, è mostrato da 2 Cor 8,23, in cui Paolo presentò i
fratelli, che accompagnavano Tito, come «inviati delle chiese», letteralmente
apóstoloi ekklēsiōn
«apostoli delle chiese». Qui poteva starci anche angheloi
ekklēsiōn.
È evidente che l’anghelos
tēs ekklēsías di*** (p.es. di Efeso) fosse il conduttore di tale
chiesa. La differenza fra l’anghelos
e l’ekklēsía è evidente laddove il Signore lo mette fra gli altri
(Ap 2,13 tu / voi; v. 20 tu / miei servitori; 3,4 tu / pochi) e gli ricorda i
suoi doveri verso i molti della sua comunità (Ap 3,1 tu / resto).
Punti di debolezza e di forza di ogni modello di conduzione
Io penso personalmente che il modello collegiale
sia vincente, laddove i conduttori rispecchino le qualità richieste. In tali
casi i pesi si distribuiscono su vari responsabili. È un modello vincente sia
laddove i conduttori lavorano secolarmente, sia nelle situazioni di grandi
ostilità dall’esterno; in tali casi le chiese a conduttore unico possono avere
serie difficoltà, quando egli è molto impegnato nel lavoro secolare o, sotto le
dittature, quando è messo in carcere.
È chiaro che il modello collegiale è perdente laddove
alcuni dei conduttori non rispecchiano i prerequisiti ed, essendo «anziani di
paglia», mettono continuamente in croce con la loro «carnalità biblicizzata» e
la loro falsa autorità sia gli altri conduttori sia la chiesa. È evidente che i
«conduttori di paglia» si «riconoscono» (si eleggono o si fanno strada) in
quelle chiese in cui si pensa che la «pluralità di conduzione» sia l’unica
biblica; e questa è pure l’argomentazione con cui forzano la mano della chiesa.
La conduzione monocratica della chiesa, laddove
altri non rispecchiano i prerequisiti necessari, può essere vincente o perdente
a seconda che l’episcopo sia un «domatore» (dittatore) o un «allenatore»
(pastore). In ogni caso, consiglio a un tale conduttore di creare intorno a sé
un «consiglio di chiesa», formato da diaconi e / o collaboratori, con cui
condividere e portare insieme pesi e responsabilità.
In ogni modo, bisogna distingue una pluralità di
conduzione (che può esserci o meno) da una pluralità di ministeri (assolutamente
necessaria). Un conduttore che accentra su di sé tutti i ministeri di primo
piano e tutte le decisioni, porterà la chiesa a deresponsabilizzarsi e a creare
una figura clericale. Dove la conduzione di chiesa è monocratica per necessità,
può esserci lo stesso una pluralità di ministeri.
Connubio impari
Può anche succedere che duo o tre persone rispecchino
veramente i prerequisiti biblici, ma le loro convinzioni e i loro obiettivi
possono essere così differenti e inconciliabili che portano la chiesa allo
stallo (nel caso minore) o addirittura alla spaccatura (nel caso peggiore). E
questo in Italia non è solo un caso teorico. Abbiamo assistito a chiese che si
sono «divise in casa» (nello stesso locale) e poi che hanno anche «divorziato».
Alcuni «detonatori» dottrinali al riguardo sono stati, ad esempio: il velo e la
preghiera della donna; la predestinazione e l’elezione.
3. {Emilio Romano} ▲
Fratello Martella, premetto che ti stimo
veramente nel Signore per le cose che ho appreso attraverso i tuoi scritti, sia
nei tuoi libri che sul sito internet. Perdonami ma ho avuto una specie di
«mancamento» quando ho letto sul sito, la tua posizione riguardante la
conduzione della chiesa. Perché ha differenza di tanti altri argomenti da te
trattati, questo mi è apparso poco chiaro ma soprattutto, e mi dispiace dirlo,
io ultimo tra gli ultimi, poco attento all’esempio che viene chiaramente
espresso nella Bibbia: cioè quello di una conduzione di chiesa fatta da più
«anziani».
A tal proposito volevo
sapere se hai mai letto il libro di Watchman Nee «Una normale vita di chiesa»,
perché io leggendolo ho finalmente trovato un aiuto solido per il mio pensiero e
la mia esegesi biblica. Dubito che tu non l’abbia letto; ma se non lo avessi
ancora fatto, ti invito caldamente a leggerlo e specialmente il capitolo «X»
(l’ultimo capitolo), ti sarei veramente grato se potessi fare una piccola
recensione di questo libro sul tuo sito per sapere che cosa ne pensi, visto che
ormai sono abituato a tenere in considerazione quello che scrivi.
Ti saluto nell’amore
del Signore ringraziandolo per averci donato un fratello come te.
4. {Nicola Martella} ▲
Pensavo di essermi espresso con chiarezza. Ma
se Romano ha recepito così le cose, è bene che le spieghi meglio. Alla domanda
se la conduzione della chiesa locale debba essere monocratica o collegiale,
bisogna rispondere che il NT non riporta nessun brano che contenga
un’ingiunzione chiara e incontrovertibile in merito al fatto che ogni chiesa
locale debba avere per forza più di un anziano per essere veramente
«biblica». Ciò non toglie che io preferisca una comunità condotta da più
di un conduttore che rispecchiano però assolutamente tutte le qualità richieste.
Per evitare fraintendimenti, esprimo ciò col seguente confronto.
Motto sul meglio |
|
Motto e augurio sull’ottimo |
È meglio avere una chiesa condotta da un solo conduttore, che
possiede chiaramente tutte le qualità bibliche richieste e guida la chiesa con
coerenza verso un progresso spirituale, morale e di servizio, circondandosi di
validi collaboratori — che avere invece un «collegio di anziani» rissoso, in cui
sono presenti «anziani di paglia», riconosciuti solo per fare numero.
|
|
Beata quella comunità che possiede un «collegio di conduttori», i
quali rispecchiano tutti i prerequisiti biblici e che la guidano col pari
consentimento, dando se stessi come modello di una coerente vita spirituale,
morale e di servizio.
|
Prima di motivare tutto ciò, dobbiamo tener
presente il seguente aspetto.
Non proiettiamo la nostra ecclesiologia
nella Bibbia
Bisogna chiarire
dapprima che cosa fosse una «chiesa locale» ai tempi del NT: era tale ogni
«chiesa in casa» o lo era la somma d’esse in un certo luogo; Rm 16 sembra
privilegiare la seconda possibilità. Abbiamo già parlato altrove della
situazione di Colosse e di come essa fosse composta di diverse «chiese in casa».
È probabile che oggigiorno i vari raggruppamenti cristiani in un luogo (comprese
le «chiese domestiche») si sentano delle «chiese locali» a tutti gli effetti e
autonome. Ciò è dovuto anche alle diverse appartenenze denominazionali. Non dico
che oggigiorno debba essere diversamente, affermo solo che l’ecclesiologia del
primo secolo e quella odierna non sono semplicemente coincidenti. Diversamente
hanno pensato e propugnato invece proprio i seguaci di Watchman Nee; essi
appellandosi, a ragione o a torto agli scritti del loro maestro, insegnano da
decenni il loro proprio modello di «chiesa locale»: in ogni luogo ci dev’essere
una sola chiesa locale (ossia la loro).
Le mie preferenze
Prima di proseguire
affermo nuovamente che una chiesa condotta da un «collegio di conduttori» è un
modello più vincente nel tempo e nelle diverse situazioni contingenti… a patto
che tutti i conduttori rispecchiano chiaramente i prerequisiti di 1 Tm 3 e Tt 1.
Come già detto, gli «anziani di paglia» (eletti per fare numero) causeranno solo
grandi «incendi». Se non c’è nella chiesa altra persona che corrisponda alle
qualità richieste, è bene che sia solo uno il conduttore e che questi si
circondi di diaconi e collaboratori che lo aiutino, creando con alcuni di loro
un «consiglio di chiesa», con cui discutere alcune cose e ottenere dei consigli.
Poi, quando altri saranno maturi, rispecchiando in modo ottimale i prerequisiti
biblici…
Detto questo, bisogna
cercare di essere onesti verso i vari testi biblici, non proiettandoci dentro le
proprie preferenze (o quelle di Watchman Nee) o l’ecclesiologia della propria
chiesa locale o della propria denominazione. Ci sono nel mondo centinaia di
migliaia di chiese locali che funzionano sia con una guida collegiale oppure con
una monocratica (anche le conduzioni monocratiche sono in effetti accompagnate
da un «consiglio di chiesa»); tantissime altre chiese locali falliscono
nonostante la guida collegiale oppure quella monocratica. Quindi, non è il
sistema in sé che garantisce di riuscire meglio, ma la qualità delle persone.
Brani ingiuntivi e brani descrittivi
Nei «brani ingiuntivi»
viene comandato di fare qualcosa che è significativo per il tema discusso. Nei
«brani descrittivi» viene narrato semplicemente che cosa hanno fatto i credenti
d’allora (cristiani giudei o gentili) nella situazione storico-culturale, in cui
si trovavano. Da ciò si può trarre, se è possibile, dei «principi» generali, ma
non per forza delle linee dottrinali chiare e incontrovertibili. Le loro scelte
erano legate al contesto culturale (giudaico, ellenista), in cui vivevano.
Ci sono dei brani
descrittivi che parlano di «anziani» al plurale (p.es. At 11,30; 14,23;
15,2.4.6.22s; 16,4; 20,17; 21,18).
Ci sono anche dei
brani ingiuntivi. 1 Tm 4,14 l’ho trattato già altrove: non ricorre in greco
la chiara espressione «collegio degli anziani», ma «anzianità, privilegio
dell’anziano»; si trattava di Paolo che ebbe il privilegio di imporre le mani a
Timoteo (2 Tm 1,6), facendone così il suo «figlio spirituale» (1 Tm 1,2; cfr. Tt
1,4). ● 1 Tm 5,17 è un brano ingiuntivo, ma non riguarda il numero degli anziani
in una chiesa locale, parlando invece di anziani in genere e di come sostenerli
economicamente. ● In Tt 1,5 Paolo ingiunse a Tito effettivamente di costituire «degli
anziani in ogni città»; qui il problema sta nel tener presente l’allora
realtà delle «chiese in casa», guidata ognuna da un leader; a ciò si aggiunga
che questa formulazione non chiarisce quanti anziani per città bisognasse avere,
se essi fossero ognuno la guida di una «chiesa in casa» e se tutti insieme
formassero una specie di «consiglio degli anziani» nel luogo. Paolo si concentrò
più sulle qualità dei candidati. ● In Gcm 5,15 l’autore ingiunse a chi era
«debole» (fisicamente, psicologicamente o moralmente) di chiamare «gli anziani
della chiesa» perché pregassero su di lui; anche qui non bisogna partire
dall’ecclesiologia della propria chiesa locale e bisogna tener presente la
realtà giudaica di questa lettera; ciò che valeva per i Giudei cristiani, non
valeva necessariamente per quelli gentili (cfr. Rm 14). ● In 1 Pt 5,1ss.5
l’ingiunzione non riguardava il numero, ma il compito degli anziani; anche qui
bisogna tener presente che questa lettera fu scritta a cristiani giudei (solo
loro potevano chiamarsi «forestieri nella diaspora», ossia fuori dei
confini della Giudea) e Pietro scrisse non a una chiesa locale, ma agli «eletti»
di intere regioni dell’Asia Minore (1 Pt 1,1).
Privilegiare il numero o la qualità?
Sebbene le mie
preferenze siano per un «collegio di conduttori», non bisogna costituirlo
arbitrariamente. Il NT privilegia, più che il numero in sé, la qualità dei
conduttori. Per essere un conduttore, bisogna desiderarlo (1 Tm 3,1); ma questo
da solo non basta, poiché bisogna corrispondere chiaramente ai prerequisiti
richiesti (vv. 2-7), i quali soli permetteranno alla comunità di riconoscerli.
Quanti conduttori
bisogna avere per ogni chiesa? Tanti quanti corrispondono effettivamente
a tali qualità insindacabili e imprescindibili. In tal modo, il numero diventa
relativo… anche se è uno solo. Si fa perciò bene a vincere il pregiudizio verso
un solo conduttore! Nel caso di una chiesa locale che abbia attualmente un solo
conduttore, ci si augura che altri fratelli possano crescere in tali qualità,
mostrandosi fedeli come collaboratori; quando saranno arrivati a un «livello
ottimale» dei prerequisiti, ossia quando saranno uomini provati e approvati,
potranno accedere senz’altro anch’essi alla conduzione. Il principio enunciato
per i «servitori», vale anche per i «conduttori»: «E anche questi siano
prima provati; poi assumano
l’ufficio di servitori se sono irreprensibili» (1 Tm 3,10). Dio vuole che a
guidare le chiese e l’opera di Dio siano gli uomini migliori, non quelli
peggiori (2 Tm 2,15; At 6,3; 20,28).
È perciò sbagliato
eleggere o riconoscere «anziani di paglia» solo per fare numero ed avere così un
«collegio di anziani», nella pretesa di adempiere così a un comandamento
biblico. In tal modo si impedirà a siffatte persone di raggiungere tale «livello
ottimale» di qualità richieste (perché farlo, essendo già arrivati?), li si
illuderà di avere autorità spirituale e morale, il diavolo li userà per bloccare
l’opera di Dio in quel luogo o per rovinarla, eccetera. Gli «anziani di paglia»
creano sempre grandi incendi, a danno della testimonianza, della comunione
fraterna e dell’opera di Dio.
Watchman Nee
Non entro in merito sui libri di questo fratello, di cui Dio si è usato in Asia tanti anni fa. Avrà
certamente detto cose che si possono condividere e altre meno. Ci sono articoli
cartacei e in rete che lo esaltano e altri che lo criticano alquanto. Egli non
era un «biblista» (ossia un esegeta), ma il suo metodo era quello della teologia
dogmatica. Di là da tutti i suoi meriti, non mi sento di appoggiare un metodo
basato sulla «teologia dogmatica» (metodo dottrinale), essendo le mie preferenze
d’interpretazione della Bibbia quelle della teologia esegetica (teologia
biblica). [►
L’interpretazione biblica {Nicola Martella}]
Come già detto sopra,
i discepoli dei Watchman Nee hanno sviluppato, proprio seguendo i suoi scritti,
la concezione dell’unica «chiesa locale», ossia di una sola chiesa locale per
ogni luogo. Siffatti discepoli di Watchman Nee, basandosi su tale dottrina, si
sono introdotti in tantissime comunità, hanno portano in esse tante sofferenze
e, basandosi sul principio «una sola chiesa in ogni singolo luogo», si sono resi
responsabili in tutto il mondo di attriti e spaccature all’interno di chiese
locali già esistenti.
Ho letto qualcosa di
Watchman Nee nella mia infanzia, dopo che mi convertii. Penso che tali scritti
mi abbiano allora aiutato a comprendere, ad esempio, la nuova nascita. Sono
tanti decenni che non leggo più nulla di lui. Preferisco accedere direttamente
al testo biblico, possibilmente nelle lingue originali. Poi, come detto, i libri
che hanno un approccio dottrinale non mi entusiasmano, preferendo opere
esegetiche. Nonostante ciò, i libri di Watchman Nee hanno aiutato tante persone,
ad esempio Romano. Non escludo che in futuro non possa leggere «Una normale vita
di chiesa», che non posseggo, e farne una recensione critica. Se, per il
momento, qualche lettore vuol farla, è certamente il benvenuto.
5. {Emilio Romano} ▲
Caro fratello Martella, stimatissimo nel Signore, riferendomi alla tua risposta,
volevo farti presente che il cattivo utilizzo degli scritti di Watchman Nee da
parte di alcuni suoi «seguaci», come tu li definisci, non è da attribuirsi agli
scritti stessi ma bensì al loro cattivo utilizzo. Infatti Nee nei suoi scritti
non ha mai detto che bisogna invogliare i fratelli ad abbandonare le
«denominazioni», ma nel libro «Una normale vita di chiesa» afferma testualmente
a pag. 126: «Non è il nostro compito invitare la gente ad abbandonare le
denominazioni. Il nostro compito è quello dei primi apostoli, cioè stabilire
delle chiese locali». E alcune frasi dopo, afferma: «Se si lavora in questo modo
vedremo che non dobbiamo neanche nominare le denominazioni, poiché lo Spirito di
Dio li istruirà riguardo a queste domande. Finché uno non ha imparato a
camminare nello Spirito, né a ubbidire a Dio, cosa si guadagna se egli esce
dalla denominazione?».
Come vedi mi sembra un po’ affrettato per un fratello
della tua maturità spirituale e culturale affermare che i danni compiuti da
codesti «discepoli» di Nee, siano avvenuti per gli scritti stessi; in quanto
tali «discepoli» hanno agito su una errata interpretazione di ciò che Watchman
Nee ha realmente scritto sulla «concezione della chiesa locale».
Ti saluto con la pace del Signore, ricordandoti che
anche Gesù fu tradito da uno dei suoi più stretti collaboratori.
6. {Nicola Martella} ▲
Caro Romano, devo darti ragione riguardo al fatto che spesso i discepoli sono
meno equilibrati dei loro maestri e anzi più radicali. Questo non si vede solo
nei discepoli di Nee, ma anche nei luterani, nei calvinisti, nei darbisti,
eccetera. Bisognerebbe fare un’indagine accurata e profonda riguardo al fatto se
Watchman Nee abbia posto, coscientemente o meno, nei suoi seguaci dei semi
d’interpretazione che poi sono germogliati in modo conforme alle sue intenzioni
o contrariamente a esse. Ciò premetterebbe di avere tempo e fonti a
disposizione. Come detto, forse il tutto risiede nella radicalizzazione dei
discepoli rispetto al maestro. Ed è probabile che tutto ciò è avvenuto
particolarmente dopo la sua morte.
Io non ho affermato che Nee con i suoi scritti abbia
direttamente istigato i suoi discepoli a sfasciare l’esistente; ma essi hanno
interpretato così le sue parole, ossia nel senso del superamento delle
denominazioni esistenti, paragonando se stessi ai missionari (= apostoli) del
primo secolo (p.es. Paolo, Barnaba, Timoteo, Tito). Quindi, fino a che
un’analisi corretta, profonda ed esaustiva su tutte le opere di Nee dimostrerà
il contrario o, se esiste, verrà a nostra conoscenza — concordiamo
nell’attribuire allo stesso Nee buone intenzioni e una buona coscienza.
Sì, hai ragione, anche tra la gente che mangiò dallo
stesso piatto di Gesù, ci fu poi chi lo tradì.
Sarebbe comunque interessante conoscere qualche scritto
critico su Watchman Nee, alfine di poterne verificare le tesi e poter discutere
insieme meglio i suoi scritti. Fino a che non si dimostra una colpa, bisogna
accordare a ognuno, che sia indagato, la presunzione d’innocenza. Intanto si può
applicare il consiglio apostolico anche agli scritti di Nee: «Esaminate ogni
cosa e ritenete il bene» (1 Ts 5,21).
7. {Sandro Bertone} ▲
Presidente - vicepresidente
■ 1 Sam 19,20: «E Saul inviò dei messi per
pigliar Davide; ma quando questi videro l’adunanza dei profeti che profetavano,
con Samuele che
teneva la presidenza, lo spirito di
Dio investì i messi di Saul che si misero anch’essi a profetare».
■ 1 Tm 5,17: «Gli anziani che
tengono bene la presidenza, siano
reputati degni di doppio onore, specialmente quelli che faticano nella
predicazione e nell’insegnamento».
Il titolo di «presidente» deriva dal latino prae sedere «sedersi prima».
Esso è attribuito a quanto segue.
■ Si tratta dell’organo monocratico posto al vertice
d’uno stato, un ente, un’associazione, una società o, in generale,
un’organizzazione pubblica o privata, con funzioni di rappresentanza e altre,
variabili da organizzazione ad organizzazione, che possono andare da un ruolo
quasi esclusivamente simbolico, a funzioni di garanzia, fino alla direzione al
massimo livello dell’organizzazione;
■ Si tratta della persona che ha il compito convocare
le sedute d’un collegio, dirigerne lo svolgimento e proclamare il risultato
delle votazioni. Normalmente il presidente d’un collegio è anche membro dello
stesso.
Bisogna tener conto che in altre lingue, a differenza dell’italiano, hanno
termini diversi per indicare i due ruoli sopra illustrati: ad esempio, l’inglese
usa president nel primo significato e chairman nel secondo.
Il presidente è di solito elettivo e la sua carica
quasi sempre di durata limitata.
Può essere affiancato da uno o più vice presidenti, che
lo sostituiscono in caso d’assenza o impedimento e, in certi casi, lo coadiuvano
nelle esercizio delle sue funzioni. In certe organizzazioni c’è anche la figura
del presidente onorario, che riveste la carica a titolo puramente onorifico e
non ne esercita effettivamente le funzioni. {16-09-07}
8. {Nicola Martella} ▲
Faccio notare che Samuele presedeva alla riunione dei profeti; si trattava della
cosiddetta «scuola dei profeti» che iniziò appunto con Samuele. La presidenza
dell’anziano non si limita al solo «collegio degli anziani», espressione che nel
NT greco non compare mai! Rm 16 ci mostra che l’anziano ospitava la chiesa in
casa sua; quindi spesso le varie «chiese in casa» avevano spesso una guida
unica. L’eventuale «collegio degli anziani» era costituito allora dalla somma di
tutti i conduttori delle «chiese in casa».
Nella conformazione attuale delle chiese, la presidenza
degli anziani in 1 Tm 5,17 non può essere limitata alla guida all’interno di un
«collegio degli anziani», ma si tratta della guida stessa della chiesa locale.
Tale presidenza è associata anche alla predicazione (annunzio dell’Evangelo
verso fuori) e all’insegnamento (istruzione interna alla chiesa).
Faccio anche notare che i «vicepresidenti», se si vuole
usare questo termine, nell’ecclesiologia del NT non di chiamano «(altri)
anziani» (in confronto a un «anziano - presidente», ma «servitori» (gr.
diakonoi).
Sebbene sia utile a cercare analogie col mondo civile,
politico e lavorativo (a volte anche la Scrittura lo fa), bisogna stare a tenti
a non voler sagomare i dati biblici sui modelli esterni.
9. {Sandro Bertone} ▲
«Gli anziani che tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio
onore, specialmente quelli che faticano nella predicazione e nell’insegnamento»
(1 Tm 5,17).
Una domanda: vi risulta che questo versetto autorizzi
un Anziano ad avere una Presidenza ovvero una preminenza su un collegio
d’anziani? Il cosiddetto
primus inter pares? {16-09-07}
10. {Nicola Martella} ▲
Si
noti che «anziani» è al plurale. Poi si tratta di conduttori di chiesa.
«Onore» è qui «onorario», ossia sostegno economico. A «onora tuo padre e tua
madre…» (Mc 7,10) segue l’osservazione di Gesù sul sostegno economico dei
figli verso i genitori, cosa che i Farisei avevano raggirato in modo
spiritualistico (vv. 11s).
Torniamo al sostegno economico dei conduttori. Se penso
ai molti anziani che non lasciano il lavoro perché temono che col sostegno non
riusciranno a sopravvivere....! Se penso a coloro che sono a pieno tempo in
Italia che stanno sul filo della sopravvivenza...! Se penso a coloro che per
poter servire in Italia devono prendere il sostegno dall’estero…! Sono convinto
che la mancanza di «conduttori qualificati» a pieno tempo sia una delle cause
maggiori perché l’evangelismo italiano sia ancora sotto l’1%.
Si noti lo «specialmente
quelli che faticano nella predicazione e nell’insegnamento». Se si fa un
censimento delle persone a pieno tempo in Italia, si scoprirà che molta parte
d’essi sono evangelisti e non veri «insegnanti della Parola».
In ogni modo alcune chiese hanno un «anziano a pieno
tempo»; egli può certo fungere da primus inter pares, quindi senza
primeggiare sugli altri.
11. {} ▲
12. {} ▲