Qui di seguito
discutiamo l’articolo «Cervelli
in fumo: Sigarette ed
ermeneutica biblica». Come ho già scritto, non fumo e sconsiglierei
a chiunque di farlo, per i danni che provoca. Tuttavia, userei argomenti
medico-scientifici ed eviterei di usare addebiti morali, basati sul
soggettivismo, che rappresentano un abuso della sacra Scrittura, creano
prostrazione in chi è moralmente stigmatizzato e non risolve veramente il
problema reale.
Uno degli interrogativi, che ci poniamo, è come definiamo il concetto di
«peccato»
(trasgressione, violazione, infrazione, fallo, ecc.), per poi poter stabilire se
c’è o meno una colpa morale, che eventualmente porti a una pena o a un
intervento disciplinare. Infatti, se il concetto di peccato è basato sulla
percezione soggettiva e culturale di un individuo o di un certo gruppo, e
non su una legge specifica, allora per gli uni pressoché tutte le cose saranno
chiamate «peccati», mentre per gli altri nulla lo è. Nella Bibbia il «peccato»
(trasgressione, ecc.) è un concetto giuridico ben definito, che non lascia
discrezionalità. Ai dettagli rimando nella discussione.
La questione del fumo (tabacco, sigarette, ecc.) è qui solo un banco di
prova per esercitare un’ermeneutica biblica basata sull’esegesi
contestuale. Tali principi evinti si possono poi applicare a casi simili, in cui
la sacra Scrittura non affronta specificamente questioni del genere; questo è il
campo, ad esempio, di ogni tipo di dipendenza, anche quelle moderne.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1. {Giuseppe
Vitale}
▲
■
Contributo:
Nicola, il tuo scritto è molto chiaro, però, a mio avviso, mancano delle
precisazioni importanti:
■ 1. Il credente di oggi conosce benissimo che il fumo causa del male
contro il nostro corpo (i vecchietti che fanno eccezione non possiamo prenderli
in considerazione) e creano una dipendenza del tutto simile a droghe di
altra origine.
■ 2. Fumare può essere di cattiva testimonianza. Una persona che mi parla di un
Gesù, che libera, mentre divora un pacco di sigarette, non è credibile.
■ 3. I
credenti degli scorsi secoli non avevano una conoscenza totale del male che
una sigaretta poteva causare dei mali immensi come i tumori.
■ 4. È vero che tutti noi credenti dipendiamo da qualcosa, ad esempio io ho una
dipendenza da cibo (come effetto contrapposto ad anni di dieta ferrea da
pugile) e da caffè. So che sono cose sbagliate e che devo evitare, perché
non è giusto danneggiare il mio corpo, e cerco anche di farlo. Non mi sognerei
mai dal dire che il gozzovigliare è cosa giusta e tanto meno che lo sia una
sostanza, se pur non causi grandi problemi, come la caffeina. Anche
avendo questi difetti, nulla m’impedisce di dire a un fratello che un
determinato comportamento lo danneggia ed è una forma di autolesionismo.
Se si dovesse aspettare di essere totalmente santi per ammonire un fratello,
non sarebbero stati istituiti i vescovi.
Sono però d’accordo con te sul fatto di dare un’importanza esclusiva a ciò che
la
Bibbia condanna come peccato. Nell’includere altro come peccato, si corre il
rischio di risultare completamente ridicoli ad altri, che ignorano il
nostro contesto culturale. Ad esempio, mi sono trovato a leggere le confessioni
di Agostino e qui il caro «dottore» diceva che cercava di allontanarsi dai
profumi in una sorta di strano ascetismo. Forse rischieremo di fare
la stessa fine, se ci accaniamo troppo su un sintomo di un peccato che sul
peccato stesso. In questo caso, io penso che il peccato in questione sia il
mancato amore verso se stessi. {20-06-2011}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Gli interrogativi di questo lettore sono importanti e
interessanti, e rispondo con piacere.
■ 1. Ho scritto chiaramente il fatto che non incoraggio il fumo e ho
messo in guardia dai danni, che esso procura. Quanto alle dipendenze,
ogni sostanza (caffè, cibo, alcool, ecc.) e attività umana (gioco, lavoro,
sport, ecc.) la crea mediante un uso compulsivo.
■ 2. Tutto ciò che facciamo può essere una cattiva testimonianza. Quanto
al fumo, sinceramente vedo che si scandalizzano più i credenti che i non
credenti, per i quali è normale fumare o che altri lo facciano.
È credibile
chi dipende da altre droghe, di cui ho parlato, verso cui sviluppa un
atteggiamento compulsivo? Ciò che è credibile, dipende dal punto di vista di chi
osserva gli altri partendo dal proprio humus culturale. I Farisei, guadando
coloro che erano diversi da loro, conclusero, usando le parole di Gesù: «È
venuto Giovanni non mangiando né bevendo, e dicono: «Ha un demonio!».. È
venuto il Figlio dell’uomo mangiando e bevendo, e dicono: «Ecco un
mangiatore e un beone, un amico dei pubblicani e dei peccatori!».» (Mt
11,18s). I cristiani troppo perfetti (almeno nell’apparenza) possono far
credere che essere seguaci di Cristo sia un traguardo irraggiungibile, visto che
è connesso a pensanti rinunce. Si comincia con l’offrire la grazia, ma alla fine
si presenta una religione di opere.
■ 3. Per avvalorare tale tesi sulle conoscenze o sull’ignoranza dei credenti
del passato, bisognerebbe accertarlo con un’analisi scientifica. In ogni
modo, il proibizionismo venne in America per l’alcool, che faceva molte
stragi fra le popolazioni. Il proibizionismo alimenta il contrabbando nella
società e l’ipocrisia nelle chiese (si fa di nascosto, basta che gli altri non
lo sappiano). Ancora oggigiorno ci sono credenti d’oltre oceano che credono che
bere un bicchiere di vino, anche se solo durante il pasto, sia peccato.
■ 4. Una
dipendenza è il desiderio irrefrenabile e irrazionale verso qualcosa, che
porta a comportamenti compulsivi, qualunque sia la fonte (cibo, caffè, alcool,
tabacco, gioco, sport, sesso, ecc.). Nel passato la caffeina è stata
pressoché demonizzata dalla medicina; essa altera, ad esempio, l’azione di
alcuni farmaci.
Quanto all’ammonire un fratello e il riferimento ai conduttori, faccio
presente che la qualità maggiore richiesta, da cui dipendono tutte le altre, è
l’irreprensibilità
(1 Tm 3,2.10; Tt 1,6s). Essere «santi e irreprensibili dinanzi a Lui
nell’amore» (Ef 1,4; cfr. 5,27; Col 1,22; 1 Ts 2,10; 3,13), è richiesto a
tutti i credenti, tanto più se vogliono ammonire altri. Chi è affetto da una
dipendenza (p.es. da cibo), si guardi dall’ammonire chi dipende da un’altra
sostanza (p.es. caffè).
Il lettore stesso ha accennato al fatto che i cristiani possano apparire
bizzarri agli occhi degli altri; e con l’esempio di Agostino da Ippona ha
mostrato che lo spirito manicheo, di cui egli era affetto, fa individuare e
stigmatizzare or quest’or quello come peccaminoso, facendo ritirare certi
credenti in uno «strano ascetismo», che li fa apparire come «esotici» e
poco attraenti.
Quanto all’affermazione psicologizzante, secondo cui «il peccato in questione
sia il mancato amore verso se stessi», ciò ci porterebbe molto fuori
tema; ma così formulata, palesa un altro tipo di dipendenza moderna e si trova
in netto contrasto con la dottrina di Gesù, che invitava a rinunciare a se
stessi (Mt 16,24), non ad amarsi di più.
2. {Luigi
Schirru}
▲
■
Contributo: Se si sa che una cosa fa male al corpo, allora è
meglio evitarla. Il fumo
fa male, ma fanno male anche l’alcol, le carni grasse, il caffè, lo
zucchero raffinato e tante altre cose. Se non si è consapevoli di queste cose,
allora è un conto (ma chi non lo è), ma se si è consapevoli che il fumo
fa male (ma non si può fare a meno), se mangiare tanta carne rossa fa male (ma
piace troppo), se bere un litro di vino al giorno fa male (ma è troppo buono),
ecc., allora si pecca, perché si è consapevoli che una «dieta» del genere
uccide il corpo, che è il tempio dello Spirito Santo; e Dio ci ha dato un corpo
per averne cura, non per trattarlo male. {21-06-2011}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Mi pare di capire che qui il «peccato» (trasgressione,
ecc.) si definisca qui non con ciò che stabilisce chiaramente una legge (quella
del nuovo patto per i cristiani), ma con ciò, che fa male
fisicamente, e con la conseguente consapevolezza di ciò; mi verrebbe da
dire: viva gli ignari, poiché a loro non potrà essere addebitato nulla! È
evidente che qui c’è una concezione utilitaristica del peccato, che
giuridicamente non può essere utilizzata, anche perché ciò che fa bene o male
dipende dalla genetica, dal metabolismo e dallo stile di vita d’ognuno.
Dopo un concetto di «peccato» così elastico, presente nel conduttore
dell’articolo di riferimento, in vari cristiani e in varie chiese, oltre che
nell’ultimo lettore, permettetemi un po’ di parodia, che mi sembra il
genere letterario più consono per rispondere a una
concezione salutista di peccato.
Quindi, siamo irrimediabilmente «peccatori», qualsiasi cosa facciamo, sia
per peccati descritti chiaramente nella Parola di Dio, sia per nuove e moderne
«iniquità»! E siamo sempre più «trasgressori» a mano a mano che escono
additivi sempre più nuovi ai nostri alimenti dal nome misterioso (p.es.
«E100-E199» coloranti), di cui non conosciamo la natura a primo acchito, se non
dopo aver consultato l’opportuno manuale specialistico. E in tale giungla chi si
salverà?
Per non dimenticare altre «trasgressioni», ad esempio: il «peccato«
passeggiare sotto il sole senza l’adeguata protezione solare, «l’iniquità» di
non portare la mascherina camminando per la città, la «trasgressione» di non
usare il dentifricio giusto e di non pulirci i denti dopo ogni pasto, la «colpa»
di non usare la crema antirughe, e così via. Penso che dovremmo fare una
lista di tutti i nuovi «peccati» e appenderla all’entrata della sala della
nostra chiesa e che i conduttori di chiesa dovrebbero predicarci sopra almeno
una volta al mese.
Ecco qui di seguito il mio codice salutista: non fumo, bevo
rarissimamente un bicchierino di liquore, ma solo un bicchiere di vino durante
ogni pasto, bevo caffè solo una volta al giorno con un solo cucchiaino di
zucchero raffinato, optando per il più santificante tè al pomeriggio, mangio
raramente carne, ma mi abbuffo con le più purificanti insalate e verdure… Sono
orgoglioso di essere così un «cristiano» migliore
e, sinceramente, di non essere «peccatore» come tanti altri, che conosco.
Inoltre, con una dieta del genere saprò certamente resistere di più alle
opere della carne e produrre maggiore frutto dello Spirito. Ora, spero che
riuscirò a fare sempre meglio la raccolta differenziata, che già
pratichiamo abbastanza da lungo tempo, e sarò proprio perfetto come
cristiano, vero? Di tutto ciò il Cielo dovrebbe tenerne conto a mio favore, no?
▬
Osservazioni
(Gianfranco Rosa): Caro Nicola, sempre pungente al punto giusto e preciso.
{21-06-2011}
▬
Replica
(Luigi Schirru): Caro Nicola, penso di essere stato travisato... non m’interessa
essere un religioso né tantomeno un «buon» cristiano: se in coscienza so che un
determinato modo di fare non va bene, non lo faccio. Se poi un mio fratello fuma
o altro, posso soltanto
metterlo in guardia dai rischi (che sicuramente conosce, dato che di questi
tempi l’informazione è molto più sviluppata di cento anni fa); ma non è certo
che io sia migliore di lui solo perché fuma. Infatti, io posso avere
altre cose, che magari non sono così visibili, ma sono altrettanto
dannose (e non solo per il corpo); quindi lasciamo perdere il «buon cristiano»,
perché non ne conosco neanche uno.
Se poi vogliamo dare una definizione di peccato, è presto detto: il
peccato è tutto quello, che ci separa da Dio. Lascio alla coscienza di ognuno di
noi il meditare su cosa ci separa da Dio. {21-06-2011}
▬
Osservazioni
(Emanuela Spada): Mi sembra che si sia «leggermente» forzata la mano su una
semplice opinione. {21-06-2011}
▬
Risposta 2
(Nicola Martella): Come ho anticipato sopra, il contributo di Luigi Schirru è
stato solo il detonatore per un po’ di parodia, che prende di mira in
generale un concetto di «peccato» ricorrente in vari cristiani e varie chiese.
Quindi non era inteso in senso personale. Ora passiamo alle cose più esegetiche.
Io stesso sono contro il fumo e alte dipendenze, ma non le chiamerei mai come «peccato»,
ossia come trasgressione di una chiara legge divina. Ho ricordato altrove che i
Farisei giudicavano tutti quelli che erano diversi da loro per difetto o per
eccesso; Gesù disse di loro: «È venuto Giovanni non mangiando né bevendo,
e dicono: “Ha un demonio!”. È venuto il Figlio dell’uomo mangiando e bevendo,
e dicono: “Ecco un mangiatore e un beone, un amico dei pubblicani e dei
peccatori!”» (Mt 11,18s). Riguardo ai precetti alimentari, tanto cari
al giudaismo (anche cristiano) e che però apparivano singolari agli occhi dei
cristiani gentili, Paolo affermò: «Il regno di Dio non consiste in vivanda né
in bevanda, ma è giustizia, pace e allegrezza nello Spirito Santo» (Rm
14,17). I cristiani giudei erano scandalizzati dalle abitudini culinarie così
liberali dei cristiani gentili (vv. 14s). Il principio, che qui Paolo ricordò ad
ambedue i contraenti, era questo: «Ciascun di noi renderà conto di se stesso
a Dio» (v. 12). Paolo non introdusse qui un facile concetto di «peccato» per
stigmatizzare gli uni e lodare gli altri, ma introdusse il principio della
libertà responsabile nel rispetto degli altri.
Penso che tale principio si possa estendere a questioni simili, come a quelle
menzionate sopra. Allora, invece di usare facili concezioni di «peccato» (quello
altrui), se la Bibbia non è chiara e incontrovertibile su una certa questione, è
meglio usare argomenti razionali convincenti; se l’altro non li accetta,
si lascerà a lui la responsabilità.
Quanto alla definizione di peccato come «quello, che ci separa da Dio»,
riguarda l’effetto, ma non la natura dell’atto stesso, né è un concetto utile
nella pratica, visto che lascia il contenuto del peccato a discrezione del
singolo. Preferisco la definizione data dalla Bibbia stessa: «Il peccato è la
violazione della legge» (1 Gv 3,4), ossia si commettete un peccato,
quando convinti dalla legge di essere un trasgressore (Gcm 2,9). Quindi, il
peccato è un concetto giuridico legato a una legislazione, che per i cristiani è
la «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2; cfr. Rm 8,2).
La trasgressione è un concetto giuridico, non soggetto a interpretazioni
soggettive; in caso contrario ci sarebbe il caos. Per ciò, che una legge non
dichiara esplicitamente, non si può condannare nessuno. Per questo Paolo
introdusse la questione dell’opportunità per le cose non chiaramente
esplicitate: ciò che è lecito, non sempre è utile (1 Cor 6,12a; 10,23a)
né edifica ma, al contrario (1 Cor 10,23b), può portare a una
dipendenza (1 Cor 6,12b). Questo però non riguarda la legge e il concetto di
trasgressione, ma della libertà responsabile e matura. In 1 Corinzi 6,12ss ciò
fu riferito alle vivande, mentre sulla fornicazione Paolo fu chiaro, poiché la
legge del nuovo patto la dichiara chiaramente come trasgressione (v. 18). Anche
in 1 Corinzi 10 si trattava di questioni alimentari (vv. 25.27ss), che Paolo
distinse dall’idolatria, che è chiaramente una trasgressione della legge divina
(vv. 20s). Nelle cose lecite non bisogna inoltre cercare solo il proprio
vantaggio, ma anche l’altrui (v. 24; cfr. v. 33). [►
L’etica della libertà e della responsabilità]
3. {Antonio
Capasso}
▲
■
Contributo: Che bello Possiamo farci anche
le canne! Sicuramente i culti saranno migliori. {21-06-2011}
▬
Risposta 1
(Nicola Martella): «Filippo accorse, l’udì che leggeva il profeta Isaia, e
disse: “Intendi tu le cose che leggi?”» (Atti 8,30). Penso che questa
domanda resti attuale anche oggi in tante occasioni, anche per il caro Antonio
Capasso.
Sebbene l’umorismo mi aggradi, possibile che se ne viene fuori con una simile
battuta!? Possibile che non distingua fra gli argomenti
medico-scientifici e i falsi argomenti biblici, di cui si abusa per
stigmatizzare alcune cose come «peccato»? Qui il tema è «Sigarette ed
ermeneutica biblica». Sono convinto che Antonio sia capace di capirlo e di
rispondere nel merito, dopo aver letto veramente tutto l’articolo.
▬
Osservazioni 1 (Salvatore Paone): Condivido
con Nicola, per il semplice fatto che bisogna distinguere ciò che è peccato
secondo la Bibbia e ciò che fa male per la salute. Detto questo le
«droghe» come le cannabis sono droghe leggere, ma hanno dimostrato che sono un
trampolino di lancio per entrare in un tunnel quasi irrimediabile. Conoscendo
attraverso la Bibbia i peccati elencati come la fornicazione,
l’adulterio, bugie, ecc., ecc., credo che siano questi ultimi da evitare per la
santificazione. Se così non fosse, dovremmo controllare la caffeina per
ogni credente italiano, la teina per i fratelli inglesi, e così via. Ognuno
esamini se stesso, dice Paolo ai Corinzi 11,28. Bisogna distinguere le cose che
fanno parte di un etica e quelle spirituali, e sopratutto elencate nella Bibbia.
Comunque, Antonio Capasso,
niente canne, grazie. {21-06-2011}
▬
Risposta 2
(Nicola Martella): Permettetemi una battuta. Per favore, niente «canne
materiali» prima dei culti! Già ci bastano i trasporti estatici dovute a «canne
mistiche», che alcuni si fanno! Che si facciano un paio di cannoli
siciliani, saranno più dolci e appagati!
▬
Osservazioni 2 (Salvatore Paone): Perché
due sfogliatelle partenopee, che fai, non le mangi? {21-06-2011}
▬
Replica (Antonio Capasso): Mamma mia, come
siamo suscettibili! Caro Nicola, si vede proprio che hai avuto a che fare molto
con i tedeschi. Vieni più spesso a Napoli, ti ospito io. Un po’ di «spirito»
partenopeo ti farebbe sicuramente bene. C’è un bellissimo articolo in «Studi di
Teologia» n°5 «Fondamenta per l’etica», dove Jochem Douma, alle pagine 34-35,
afferma: «Gli apostoli fanno ricorso alla Scrittura non solo per l’insegnamento
dogmatico, ma anche per l’istruzione etica. Ciò nondimeno, ci colpisce il fatto
che gli apostoli non si limitassero a una semplice ripetizione della formula “sta
scritto”. In molti casi, non facevano neppure ricorso al decalogo… talvolta
per l’obbedienza alla volontà di Dio, forniscono una ragione totalmente
diversa... l’imitazione di Cristo... Di conseguenza, oltre alla formula
esplicita “sta scritto”, dobbiamo riconoscere che significa l’imitazione di
Cristo». Aggiunge ancora Douma, a pagina 42: «La bibbia non è una guida (dux)
in tutto, ma rimane, tuttavia, giudice (iudex)». A pagina 46
l’autore parla anche dell’importanza della guida dello Spirito Santo
nell’etica. Sempre a pagina 46 afferma: «La questione davanti a noi non ha forse
a che vedere con decisioni concrete da prendere senza il vantaggio di
direttive esplicite tratte dalla Bibbia?... le Scritture acquisiscono in
questo modo il carattere dell’esempio, modello o tipo». In conclusione,
caro Nicola, il fatto che non è esplicitamente scritto nella Bibbia che non si
può fumare, non significa che dobbiamo approvare questa pratica. La Scrittura in
questo caso, pur non essendo guida (dux) è tuttavia giudice (iudex).
La Scrittura parla in Galati 5,19-21 delle opere della carne, e dopo aver fatto
un lungo elenco, che chiaramente non poteva essere esaustivo, Paolo conclude
dicendo «e altre simili cose… chi fa tali cose non erediterà il regno
di Dio». Altre simili cose possono essere la droga, la tortura,
manipolazioni genetiche, fumo, ecc., cose che non sono esplicitamente vietate
nella Scrittura. In 1 Giovanni 3,22, l’apostolo parla di un doppio aspetto
dell’etica: i comandamenti e ciò, che è gradito a Dio. Se mi
chiedi: «Il non fumare è un comandamento?». Ti dico: «No!». Ma se mi chiedi: «È
cosa gradita a Dio il non fumare?». Ti rispondo, nello «spirito delle
Scritture»: «Si!». {21-06-2011}
▬
Osservazioni 3 (Salvatore Paone): Non
condivido per niente, Antonio, perché su quale base la metti spiritualmente:
«Non fumare»? Qual è il senso spirituale della cosa? Se la metti sul piano, che
noi siamo il tempio di Dio, potrei farti un elenco di cose da evitare, lo stesso
stare al PC. E non credo che sia il caso. {21-06-2011}
▬
Risposta 3
(Nicola Martella): Grazie, Antonio, che sei entrato più nel merito. I termini
della questione sono «sta scritto», le direttive esplicite, l’imitazione di
Cristo, l’analogia, la guida dello Spirito. Oltre ai due punti, accertabili con
l’esegesi, anche negli altri c’è qualcosa di vero. Il problema con
l’imitazione di Cristo sta già nel fatto che Egli si muoveva in una cultura
tipicamente giudaica; certamente si possono seguire le sue direttive e imitarlo
negli aspetti morali. La guida dello Spirito non bisogna sottovalutarla,
ma neppure strapazzarla; lo Spirito ci conduce secondo la Scrittura. Inoltre,
coloro, che si sono appellati alla guida dello Spirito, durante la storia della
chiesa, hanno dato indicazioni morali alquanto differenti e spesso
contrastanti fra loro, a seconda del tempo in cui sono vissuti e della cultura
d’appartenenza. Si pensi alla proibizione assoluta di bere vino in certi
ambienti cristiani americani, o alla proibizione di tutto ciò che nel tempo è
stato considerato come «moderno» (p.es. pantaloni, radio, TV, ecc.; cfr. Hamish,
Mennoniti, ecc.). Tutti si appellavano alla guida dello Spirito. Inoltre, il carattere di esempio, modello o tipo
della Scrittura si può solo limitare alle cose effettivamente descritte, non ad
altre. A ciò si aggiunga che la Bibbia è guida e giudice
nelle cose chiaramente dichiarate; se così non fosse, si darebbe un gran potere
alla discrezionalità soggettiva all’arbitrio dei singoli.
La citazione di Galati 5,21 «e altre simili cose» è problematica
per due motivi: ▪ 1. Ognuno è tentato di riempire tale locuzione a suo arbitrio,
come mostra Antonio stesso (droga, tortura, manipolazioni genetiche, fumo). ▪ 2.
La forza di tale espressione sta nel termine «simili [cose]», che intende
le «cose simili alle precedenti», nel senso che sono già note dagli insegnamenti
di Gesù e degli apostoli. Quindi, non possiamo caricare tale locuzione con ciò,
che ci aggrada.
Infine, faccio osservare che in 1 Giovanni 3,22 i «suoi comandamenti»
e le «cose, che gli sono gradite», non sono due cose distinte, ma
l’ultima espressione rafforza solo la prima, come è tipico nel linguaggio degli
Ebrei; il senso è questo: per fare le cose gradite a Dio, dobbiamo osservare i
suoi comandamenti, di cui parlano i vv. 23s.
Riaffermo ancora una volta che sono contrario al fumo (come a ogni vizio
e dipendenza) per motivi razionali e medico-scientifici, ma mi guardo dal dare
motivazioni dottrinali inesistenti per motivare il mio tentativo di
dissuadere a non fumare. Chi non taglia rettamente la Parola della verità, ma
cerca comode scorciatoie, non solo rischia d’essere un «operaio confuso»
(2 Tm 2,15), ma diventa come tale un esempio da imitare. Io ci tengo non solo
alla salvezza (è per grazia), ma anche al premio (è secondo fedeltà).
4. {Pietro
Calenzo}
▲
■
Contributo: Ho letto con molta attenzione,
tutto il contributo del fratello Nicola, e i preziosi commenti dei vari
fratelli, che hanno espresso nei loro interventi, molto diligenti e
interessanti. Voglio raccontarvi una storia vera.
C’era un fratello che, dall’età di diciotto anni in poi, fumava, poi
intorno ai ventidue anni e mezzo fu convertito all’Evangelo di Cristo per
mezzo di alcuni fratelli delle ADI, che tra le altre note, erano suoi parenti.
La vita comunitaria lo condusse a una progressiva santificazione,
eliminando tutto quanto pensava, anche su consiglio dei fratelli maturi, potesse
nuocere alla testimonianza del Signore e alla salute del suo corpo
come tempio dello Spirito Santo. Il Signore gli diede grazia di eliminare dalla
sua vita, tutti quei rimasugli del mondo che, in qualche modo, avevano
condizionato la sua vita pre-cristiana; eliminò tutto tranne il fumo,
anche se in verità i fratelli pentecostali non lo ghettizzarono per questo.
Successivamente trasmigrò per diverse vedute dottrinali in altre assemblee
evangeliche, dove ancora gli fu consigliato saggiamente, se possibile di
ridurre il fumo e inoltre, se possibile, di non fumare appena prima del
culto o degli studi della Parola di Dio, o subito dopo, poiché i culti si
svolgevano in case private. Questo fratello, accettò di buon grado tutti i
consigli degli anziani. E, allorquando con amore parlò del suo limite-peccato
con uno degli anziani, non solamente non accampò alibi, ma dette una ragione in
più all’anziano medesimo per le conseguenze dannose, che detto limite
comportava, e non solamente alla salute, ma anche alla sua economia, dono del
Signore. So che nei vari anni ha fatto di tutto per smettere, arrivando
ad assumere anche aiuti farmacologi, al fine di porre termine a tale travaglio o
laccio, ma purtroppo senza successo.
Questo credente, sono io. Il Signore ci benedica. {22-06-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Ringrazio
Pietro per averci raccontato la storia e il travaglio di questa sua
«controfigura». Mi ha sorpreso positivamente che egli non abbia cercato di
addolcire tale suo «limite», senza cercare facili alibi, ma
conscio delle conseguenze dannose di tale «travaglio o laccio». Dopo aver
ridotto l’attività fumaria, ha cercato di smettere a ogni costo, senza
mai riuscirci. È una testimonianza sincera. Additarlo come «peccatore»
sarebbe oltremodo fuori luogo, come pure il cercare recondite (e deprimenti)
cause spirituali. Non gli difetta certo la grazia di Dio. La mente umana
è troppo complessa per risalire sempre a una ragione chiara. In ogni modo, ciò
che Pietro necessita è comprensione, non facili giudizi.
5. {Maurizio
Marino}
▲
■
Contributo: Anch’io ho fumato fino all’età
di quarant’anni e non desideravo smettere. Non ero ancora credente, ma
credo che il Signore mi abbia miracolato. Dopo un viaggio in Bulgaria, sono
tornato pieno di sigarette, ma con un febbrone da cavallo. Così per
diversi giorni non ho fumato, perché mi faceva star male. Quando mi sono
ripreso, senza pensarci, non mi sentivo più attratto dalle sigarette, che
erano sparse per casa. Così è passato un mese, poi due, poi tre e via
discorrendo. A quel punto mi sono reso conto, che qualcosa era cambiato e ho
preso coscienza della cosa. Il difficile era un pochino dopo pranzo e la
sera, ma è bastato poco sacrificio per riuscire a resistere. Il vero problema
erano gli amici fumatori, che mi «stuzzicavano». Lì è stato più difficile
resistere.
Dopo un po’ di tempo qualcuno mi ha parlato dell’amore di Cristo e sono
diventato credente. Dopo 18 anni, ho buttato quelle sigarette, che erano
rimaste in casa: nessuno mi ha costretto a non fumare più, ma credo che
il Signore ha operato
nella mia vita, mostrandomi la sua potenza. Infatti, sono pienamente convinto
che da solo non avrei mai potuto smettere di fumare in quel modo. Per questo
lodo
Dio e lo ringrazio. Con questo, però, non voglio dire che Dio deve per
forza operare così con tutti. {22-06-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Le varie
testimonianze, anche quella di Maurizio, sono come tessere di un grande
mosaico, il cui disegno completo ci sfugge.
Nel caso specifico mi verrebbe da dire, con una battuta, che bisognerebbe
patentare tale febbrone bulgaro come sicuro metodo anti-fumo! Posso
comprendere dal punto di vista di Maurizio che egli si senta miracolato. Egli
stesso è conscio che Dio non opera sempre così.
Nella battaglia contro la nicotina ci sono varie tipologie: ci sono
persone che smettono da un giorno a un altro; ci sono altre persone, che
combattono per lungo tempo prima di vincere tale battaglia; ci sono altre
persone ancora, che combattono da sempre, senza mai poter veramente smettere.
Eppure la grazia di Dio è uguale per tutti i suoi figli. Bisogna
guardarsi da facili analisi
spiritualeggianti. La realtà è più complessa delle nostre supposizioni.
6. {Nicola
Carlisi}
▲
■
Contributo: Noi sappiamo che il peccato è
la trasgressione della legge (1 Gv 3,4), quindi attribuire la parola
«peccato» a ciò, che esce dal concetto giuridico, potrebbe essere un errore; ma,
potrebbe anche non esserlo. Biblicamente non troviamo nessuna
proibizione, perché al tempo degli apostoli non vi era il tabacco, e non
si fumava. Ma l’apostolo Paolo guidato dallo Spirito Santo scrisse: «Tu hai
fede? abbila in te stesso, davanti a Dio; beato chi non condanna se stesso in
ciò, che egli discerne. Ma colui che sta in dubbio, se mangia, è
condannato; perciocché non mangia con fede; or tutto ciò, che non è di fede,
è peccato» (Rm 14,22-23).
Credo che l’apostolo Paolo ha voluto lasciare una regola spirituale
soggettiva, e non solo per l’abuso dei cibi, ma per ogni cosa, che si possa fare
senza convinzione, incluso il fumo. Peraltro la legge dello Spirito,
al bisogno ci convince di peccato, qualora noi non sappiamo se il fare o il no
fare può essere motivo di peccato.
Personalmente, dopo essere stato salvato, continuai a fumare per circa sette
mesi. In quel tempo ero in Germania, lì sono stato salvato. In un periodo di
vacanze con la famiglia, siamo andati da mia suocera, che abitava a Milano. Una
sera, mentre mia moglie e i bambini assieme ai miei suoceri guardavano la
televisione in salotto, io rimasi nella cucina a leggere un libro cristiano.
Stavo per prendere una sigaretta per accenderla, ma sentii nello spirito:
«Perché non chiedi a Gesù di liberarti da questa schiavitù?». Compresi
che lo Spirito Santo voleva che io smettessi di fumare. Dissi semplicemente:
«Signor Gesù, toglimi questo spirito fumatore!». Buttai le sigarette e
l’accendino; da quel momento non fumai più. E non solo, tante altri piccoli
abitudini scomparvero per opera e l’aiuto dello Spirito Santo. Ancora non
conoscevo nessuna comunità e nessun fratello. Sono passati 37 anni. A Gesù la
gloria per ogni liberazione! Pace a tutti! {22-06-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Una legge non
può reggersi sulla discrezionalità, ma deve chiaramente dichiarare ciò,
che è reato, e quale pena porta con sé, altrimenti c’è il caos giuridico ed è
come se non ci fosse legge. La questione di base, che ci siamo posti è quella
dell’ermeneutica (o interpretazione corretta) dei testi biblici e quella
della definizione di peccato. Il conduttore di tale donna credente ha
usato la Scrittura a suo arbitrio, per dichiararla peccatrice, bisognosa
di ravvedimento e probabilmente anche di liberazione spirituale. A mio parere,
questo è un abuso della Parola e dell’autorità. Di questo si tratta e non
se il tabacco c’era o meno al tempo degli apostoli.
Non ho compreso tutto il ragionamento, poiché non è lineare. Non ho capito
l’evidenza di Romani 14,22s nella traduzione di Diodati. Faccio notare che il
termine greco
pistis non intende solo «fede» in senso religioso (che nel contesto poco
passa), ma anche «fiducia, convinzione, ecc.». Visto l’argomento trattato
dall’apostolo, tali versi sarebbero da tradurre correttamente così: «Tu hai
una convinzione? Abbila per te stesso, davanti a Dio! Felice chi non condanna se
stesso in ciò, che approva! Chi, però, sta in dubbio, se mangia, è condannato,
perché non [lo fa] con convinzione. Ora, tutto ciò, che non è da convinzione,
è peccato». In modo simile traduce, ad esempio la Luzzi (Riveduta).
Visto che sono stati introdotti tali versi, per paradosso, si potrebbe
asserire: chi fuma senza convinzione, pecca; quindi, per assurdo, chi
fuma convinto, non peccherebbe. Come si vede, è meglio non usare tali versi
sull’etica alimentare di Giudei e Gentili, per servirsene per altri scopi; i
risultati potrebbero essere imprevedibili. Io sono contrario al fumo, ma voglio
tagliare rettamente la Parola, non addomesticarla a una mia tesi
preconcetta.
Se ci appelliamo a una «legge dello Spirito», differente dalla «legge di
Cristo» (quella scritturale del nuovo patto), ci troveremo nel campo delle
ipotesi e dell’arbitrio, poiché le convinzioni, che i cristiani
attribuiscono a tale legge non scritta, sono variegate e spesso
contrastanti per tempo e per luogo. Oggettivamente non è praticabile come
norma, poiché tali convinzioni si basano su scelte locali, tramandate e
che si reggono su convenzioni culturali e religiose. Si pensi alla
differenti decisioni locali, ad esempio, sui pantaloni della donna, sul lavoro
della donna, sulla divisione in sala secondo i sessi, all’uso della novità della
tecnica, sul bere il vino; se tutti si appellano alla guida dello Spirito, è
Egli confuso o lo sono coloro che si appellano a Lui?
La
testimonianza di Nicola Carlisi si aggiunge alle altre di altra specie;
ognuna è una via soggettiva, che non può diventare norma generale. Mi meraviglia
che egli parli di uno «spirito fumatore», da cui bisogna essere liberati;
significa che ognuno, che fuma, sarebbe demonizzato? Ciò sarebbe grave sul piano
dottrinale e pastorale. Probabilmente si tratta solo di un modo di dire, spero.
Penso che bisogna rispettare tale personale testimonianza. Tuttavia, quanti
altri credenti hanno pregato con le lacrime agli occhi, il cuore gonfio e grande
attesa, che il Signore li liberasse dal fumo, ma ciò non è avvenuto!? Avevano
essi troppa poca fede? O il Signore non si è mostrato abbastanza potente in
loro? Il mosaico della realtà è troppo complesso, perché noi con poche tessere
in mano troviamo una ragione oggettiva o una formula semplificatrice. Preferisco
attenermi a ciò, che sta scritto, per non essere confuso e confondente.
Gloria a Dio per i tanti credenti, che hanno smesso di fumare; si sono tolti
un giogo di dosso. Solidarietà per quanti stanno tentando di farlo;
possono essere un esempio per le battaglie contro le nostre altre
debolezze, contro cui non bisogna mai arrendersi. Amore misericordioso
per quanti non ce la faranno mai; certamente la grazia di Dio sarà in loro
potente in altre cose (cfr. 2 Cor 12,9). Rispetto per coloro che fumano
con convinzione; essi dovranno rendere conto a Dio, come noi lo faremo per le
nostre altre convinzioni.
7. {Gianni
Siena}
▲
■
Contributo: Il tabacco e la coca
non erano sconosciuti in Egitto e residui di queste sostanze sono state trovate
nelle mummie egiziane: facevano parte della preparazione mummificatrice.
Gli effetti delle sostanze comunque dannose erano noti, anche senza
l’informazione della moderna scienza. Gli americani conoscono da decenni gli
effetti di un consumo esagerato di zucchero bianco, anche se una
«scienza», addomesticata dagli interessi delle industrie dolciarie, nega
l’evidenza.
Il rapporto tra fumo e cancro è noto ancora prima degli studi, che hanno
obbligato le multinazionali del settore a risarcire milioni di dollari alle loro
vittime: i loro manager lo «sapevano» anche da esperimenti segreti!
La nicotina
se fumata fa male, insieme a oltre quattromila sostanze nocive e cancerogene, ma
preserva i fumatori, anche quelli predisposti, dal morbo di Alzheimer. [N.d.R.:
Altri studi dicono il contrario.] In alternativa si possono consumare le gustose
melanzane che, ironia della sorte, contiene molto più nicotina, ma non fanno
danno. Il Creatore ha pensato alla salute degli uomini, combinando la nicotina
con sostanze, che ne neutralizzano gli effetti dannosi, ma non quello
terapeutico. Se la stessa «etica» creazionale fosse osservata dai produttori di
farmaci, chissa?!
Anche la
foglia di coca non sarebbe pericolosa, gli indios del sud America la
masticano per ridurre il senso di fame e il «soroche», il malessere che
l’altezza delle montagne andine induce, man mano che si sale. A causa del
rarefarsi dell’aria, gli indios hanno globuli rossi più grandi e capaci di
catturare e trasportare più ossigeno di europei e africani; ciononostante
alleviano il malessere suddetto con foglie di coca masticate, senza avere il
noto pericoloso effetto.
La «cocaina», vale a dire il principio attivo, è offerta pura (o tagliata
con sostanze, che non ne neutralizzano gli effetti dannosi); un simile effetto
dannoso lo danno anche sostanze «benefiche» come vitamine e proteine, sali
minerali e quanto altro appartiene all’alimentazione.
Un medico affermava che le vitamine, estratte dalla frutta o prodotte
sinteticamente sono da considerare «farmaci». Abbiamo l’evidenza che i dosaggi
naturali di tutte le sostanze sono prioritari.
La conseguente esegesi dei passi, che riguardano il corpo o comunque la
testimonianza, in generale, sono riconducibili al seguente principio:
«Astenetevi da ogni
contaminazione di spirito e di corpo». Sotto questo profilo, anche l’uso
smodato di caffè, cioccolato e quant’altro ricade sotto le proibizioni della
Parola di Dio.
Vado in palestra e vedo giovani che mettono a rischio i loro reni, per avere una
muscolatura «definita», bevendo preparati industriali di proteine. Queste
fanno male ai reni, si dice che i concorrenti al titolo di mister Universo,
talvolta, si riducono alla dialisi (= purificazione del sangue), pur di avere
quell’aspetto così vistoso.
I
naturopati (medici esperti di medicina naturale) affermano chiaramente e con
cognizione che i bisogni fisici dell’uomo possono essere soddisfatti senza gli
eccessi, che una certa «cultura» del mangiare propone.
Un corpo «drogato» da vari nutrienti in eccesso, è ugualmente a rischio
come e più di chi, saltuariamente, fa la fame. «Non di pane soltanto vivrà
l’uomo, ma d’ogni parola che procede dalla bocca di Dio» [Mt 4,4].
{22-06-2011}
Distinti saluti, Gianni Siena.
▬
Risposta (Nicola Martella): Non entro in
merito agli aspetti tecnici di tabacco, coca, vitamine, naturopatia e
nutrizionistica (su queste ultime due ho scritto nel
Dizionario delle medicine alternative,
Malattia e guarigione 2).
Faccio solo presente che, quando citiamo brani biblici, è meglio non
farlo a senso ed è essenziale ricondurli al contesto, per non strumentalizzarli.
Ora, il «principio» enunciato si trova in effetti in 2 Corinzi 7,1, che recita:
«Poiché dunque abbiamo queste promesse, diletti, purifichiamoci d’ogni
contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel
timor di Dio». Se non si contestualizza tale brano, si è tentati di
proiettarvi dentro tutto ciò, che aggrada. In effetti, però, tale brano
concludeva («dunque») un ragionamento, in cui era spiegato chiaramente a quali
contaminazioni fisiche e religiose Paolo pensasse: «Non vi mettete con gli
infedeli sotto un giogo che non è per voi. Infatti, quale comunanza v’è egli
fra la giustizia e
l’iniquità? O quale comunione fra la luce e le tenebre? E quale
armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e
l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gli idoli?» (2
Cor 6,14ss). Era a questo che Paolo si riferiva con «ogni contaminazione di
carne e di spirito». Questo mostra, quindi, che dobbiamo guardarci
dal fare facili e comode alchimie versettologiche o dall’estrarre
da un brano un principio, che non rispecchia e rispetta il contesto.
Per il resto, che il troppo stroppia e vale per ogni cosa che ingeriamo o
inaliamo, mi trova perfettamente d’accordo.
8. {Eliseo
Paterniti}
▲
■
Contributo: Antonio Capasso [►
3.], da quello che ho capito, dopo aver letto il post di Nicola, non mi
sembra che lui abbia espresso il parere favorevole al fumo, anzi, ha precisato
che non incoraggia il fumo, mettendo in guardia le conseguenze che ne
derivano tramite questo vizio. È anche vero che un credente si deve
incoraggiare a smettere di fumare e non obbligare come regola
comunitaria. Ecco dove sta la differenza.
Alcuni giorni fa, ho scritto un articolo sul battesimo, parlando per l’appunto
che molte chiese evangeliche condizionano il novizio a togliere il vizio del
fumo, se no
si rifiutano di battezzarlo. Tutti questi sistemi comunitari sono del
tutto antiscritturali.
Alcuni credenti, da me seguiti spiritualmente, hanno tolto il vizio del fumo,
senza che io abbia imposto nessuna regola; personalmente l’ho solo
consigliato ad alcuni sotto un profilo non religioso, bensì di salute. Se
mai ho citato 1 Corinzi 3,16-17, l’ho fatto con molta delicatezza: «Non
sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno
guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo».
Infatti, ho affermato che Dio vuole che il nostro corpo sia in piena salute e
che non sia guastato da oggetti contaminanti provenienti da vizi.
Io conosco fratelli pure nel ministero, che non possono farne a meno del
caffè. A me piace questa bevanda, ma non a tal punto di esserne
assoggettato, tanto è vero che per intere giornate posso farne a meno; a volte
ne bevo tre in un giorno, oppure la sera prima di andare a dormire.
Il problema è che tanti attacchiamo molto spesso il vizio del fumo e altri
vizi li trascuriamo. Concludo dicendo che, se sensibilizziamo le persone
sotto il profilo di prevenzione per la salute, anziché religioso, le
probabilità di vedere un nostro fratello o una nostra sorella togliersi il vizio
del fumo saranno più probabili. {24-06-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Il contributo
di Eliseo Paterniti è in massima parte condivisibile. Faccio solo una
riflessione, visto che la citazione di 1 Corinzi 3,16s me ne dà
l’occasione. Tali versi non sono adatti a descrivere l’etica personale riguardo
alla gestione del proprio corpo.
Faccio notare che qui il tempio è la chiesa stessa non il corpo del
singolo; il termine «corpo» neppure compare. Noi, occidentali, mettiamo al
centro sempre l’individuo (io sono / il mio corpo è il
tempio dello Spirito), gli orientali, invece, hanno una concezione collettiva
(voi siete / i vostri corpi sono…). Qui Paolo non pensava, quindi,
al corpo del singolo credente, ma alla chiesa; si veda infatti riguardo al
guastare la contrapposizione fra «il tempio di Dio» e «lui»;
se uno si è già rovinato, perché Dio lo dovrebbe ancora rovinare?
A
proposito della fornicazione, Paolo menzionò il corpo, aggiungendo: «Il
fornicatore pecca contro il proprio corpo» (1 Cor 6,18). Subito dopo,
parla del tempio dello Spirito: «E non sapete voi che il vostro corpo
è il tempio dello Spirito Santo, che è in voi, il quale avete da Dio, e che non
appartenete a voi stessi?» (v. 19). Si noti che noi, occidentali, siamo
tentati a proiettare qui subito una dimensione individualista, ma l’orientale
Paolo pensava a una dimensione collettiva, pensando ai credenti come pietre di
una costruzione (cfr. 1 Pt 2,5 «come pietre viventi, siete edificati qual
casa spirituale»). La nostra è una deviazione culturale occidentale. Si
noti, inoltre, che Paolo parlò riguardo al peccato «contro il proprio
corpo» di un peccato vero e definito dalla legge (fornicazione), non uno
supposto dalle moderne casistiche.
Che
l’etica non si possa realizzare senza il nostro corpo, è giusto; per questo
siamo esortati a «presentare i vostri corpi in sacrificio
vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto razionale» (Rm
12,1). Si noti che qui si parla dei corpi nel complesso e non singoli aspetti
dell’etica realmente menzionati dalla Scrittura o quelli supposti dalle
casistiche ecclesiali.
▬
Replica (Eliseo Paterniti): Nicola, il
fatto che io abbia citato 1 Corinzi 3,16-17, non l’ho preso come base
d’ancoraggio del tema ma solamente per specificare che comunque il nostro
corpo è il luogo, dove dimora la nostra anima e il nostro spirito e, quindi,
tutta la santità di Dio. Certo questo versetto può essere visto in tanti modi,
ma sopratutto — concordo con te — è riferito alla chiesa. Del resto mi
trovi d’accordo su quando hai scritto. Shalom! {24-06-2011}
9. {Lucia
Vitangeli Giannicola}
▲
■
Contributo: Ho conosciuto fratelli e
sorelle obesi con ministeri fra la gente importanti e molto fruttiferi, e
non ho mai e poi mai pensato che avrebbero contaminato o guastato il tempio di
Dio. Il tempo di Dio non è forse nella Scrittura riferito a livello
spirituale e, quindi, contaminato con i peccati chiarimenti citati da Dio
stesso?!? {24-06-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Anche qui
dovrei ripetermi: i credenti nel loro complesso sono il tempio dello Spirito
Santo. Con i credenti obesi userei la stessa linea di condotta che con i
fumatori, ossia userei argomenti medico-scientifici e non quelli morali, ossia
non li colpevolizzarli con presunti «peccati» commessi.
Faccio presente che Paolo non parlò di un tempio spirituale, ma dei corpi
collettivi dei credenti come il tempio dello Spirito Santo; è una grande
differenza. È una deviazione del devozionalismo occidentale pensare di poter
servire Dio «in spirito e verità», senza che questo intacchi o comprenda
un’etica del corpo.
Infine è vero che l’intero essere del credente può essere contaminato
solo da ciò, che la sacra Scrittura dichiara vere contaminazioni.
10. {Alfredo
Sillitti}
▲
■
Contributo: Un giorno parlando con un
fratello riguardo il fumo, egli mi citò questo verso: Matteo 15,11: «Non
quello che entra nella bocca contamina l’uomo; ma è quello che esce dalla
bocca, che contamina l’uomo!».
Evidentemente, questo fratello (non sta a me
giudicare se lo sia o no) non ha letto bene quel verso della Bibbia, che
afferma: «Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il
tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi» (1 Corinzi 3,17).
È certamente vero che un giorno lasceremo questo
corpo, ma abbiamo il dovere di mantenerlo al meglio; e il fumo non comporta un
beneficio, dunque, si è nel peccato e, come afferma l’apostolo, Dio
guasterà lui!
Nella Parola di Dio molte cose non sono scritte;
non per questo il credente può camminare secondo i propri principi e desideri!
{25-06-2011}
▬
Osservazioni (Luca Sini): Ciao Alfredo, se
posso, vorrei solo dire che 1 Corinzi 3,17 non parla del nostro corpo fisico
(non evidenzia, quindi, cattive abitudini da non prendere, ecc.), ma parla del
corpo in quanto chiesa. Leggendo tutto il capitolo, nessuna frase è
indirizzata alla salute del nostro corpo, ma Paolo parla delle
divisioni interne, che iniziavano a esserci nella chiesa.» {25-06-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Alfredo
Sillitti, come ho spiegato sopra, rispondendo a Eliseo Paterniti, 1 Corinzi
3,16s non c’entra nulla con questo tema, poiché in tali versi si parla della
chiesa quale «tempio di Dio» e non del corpo personale. Perché Dio
dovrebbe guastare ancora colui, che si è già guastato? È evidente che «tempio di
Dio» e «lui» non sono coincidenti. Ha ragione Luca Sini. Inoltre,
impariamo a chiamare «peccato», ciò che la Scrittura designi
espressamente come tale; ce ne guadagneremmo tutti… anche in salute.
Quanto a
Matteo 15,11, tale brano riguarda la legge alimentare e il normale
mangiare. Perciò, non dev’essere un alibi per nessuno: fumatori,
obesi, alcolisti, ecc. Dovremmo misurare la quantità di catrame presente
nei nostri polmoni e il grado di colesterolo nel nostro sangue... oltre
alla circonferenza delle nostre pance.
☺
11. {Jonathan De
Felice}
▲
■
Contributo: Caro fratello Nicola, pace del
Signore. Ho letto l’articolo e lo trovo interessante. Tuttavia, credo che non
bisogni relativizzare troppo il discorso «fumo». Benché sia una verità
derivata, si può comunque giungere a una conformità etica. Non perché la
Bibbia non ce ne parla, noi possiamo automaticamente relativizzarlo e lasciarlo
alla coscienza di ognuno. Dobbiamo studiarci di presentarci sempre
approvati; man mano che si cresce in consacrazione, deve diventare sempre
più profonda e deve coinvolgere ogni aspetto della nostra vita.
Certo è che non bisogna «imporre» nulla a nessuno, ma anche qui l’eccessiva
tolleranza
può portare fuori strada. La Bibbia ci parla di un fondamento, Gesù, che è stato
posto, poi ognuno ci può costruire sopra come meglio crede (materiali
preziosi, che resisteranno la prova del fuoco, o con materiali infiammabili, che
saranno arsi). Il fumare, conoscendo la verità, quindi posto il fondamento, in
quale categoria di materiali lo collochiamo? In quelli preziosi?)
Purtroppo dire che il secolo scorso anche i pastori fumavano, senza alcun
senso di colpa, non esaurisce il discorso e non definisce ciò sbagliato. Chi ci
dice che quella invece non fosse corruzione morale? Parlo di morale,
perché tutto ciò che è vizio, di cui, anche se qualcuno non lo ammette, non si
può fare a meno è idolatria. Solo di Dio non dovremmo poter fare a meno,
ma delle altre cose? Al di là delle necessità primarie, tutto è vano.
È vero, Paolo dice che tutto è lecito, ma che non si lascerà dominare
da nulla. Come uomini liberi nella carne, la Bibbia ci chiama a essere
schiavi di Cristo, non di altro. Ora, visto che non si può fumare senza
sentire il bisogno di «un’ulteriore sigaretta», visto che il proprio corpo «la
comanda», quando richiede le sostanze assuefanti della sigaretta, io non
posso più dominarlo. Tutto ciò che non posso dominare è peccato, perché
mi sottometto alla mia carne. Tutto ciò che non viene da fede è peccato.
Oltretutto, un tempo non si conoscevano gli effetti del fumo e le sue
conseguenze, oggi vediamo la gente morire.
Per me è peccato persino comprare le sigarette! Se leggo che il fumo
uccide, perché io, da cristiano, dovrei mai comprarle? Con quale coscienza? Le
compro coprendomi gli occhi? Con quale coraggio? La Scrittura mi dice di aver
cura del mio corpo, che è il tempio dello Spirito. Se danneggio il tempio
dello Spirito, Dio danneggerà me. Non penso Paolo si riferisse semplicemente
alla fornicazione. Il danno è danno, in tutti i sensi.
Gesù fumerebbe? Beh, domanda difficile, ma dalla risposta monosillabica. NO!
Lo so, ora dovrei chiedermi: Gesù giocherebbe ai videogiochi, guarderebbe la TV,
film violenti, osceni, che non glorificano Dio? Benché non si possa imporre
niente a nessuno, credo che lo Spirito parli in modo univoco su certe tematiche.
È sbagliato quando si cerca di togliere la pagliuzza dall’occhio del
fratello e non si toglie la trave dal proprio, ma qualcuno deve pur
considerare la propria condotta, conformarla alla Scrittura, affinché sia santa
come Dio è santo (perché Dio ci chiama tutti a santificazione, è un
dovere), allora sì che certe cose possono essere dette. E credo che lo
Spirito accompagni le parole di chi veramente non vuole far altro che la
volontà di Dio.
Quindi il mio consiglio a un cristiano fumatore sarebbe questo: fratello o
sorella, il fumo uccide, rende schiavi — Mi sembra un po’ la descrizione del
peccato (anche se Adamo e Eva non sono morti subito fisicamente, cioè, anche se
geneticamente alcuni fumatori incalliti non muoiono di cancro). — Prega il
Signore che ti dia la forza di smettere. Il tuo corpo è il tempio dello Spirito
Santo. Trattalo con decoro e rispetto, altrimenti, come dice la Scrittura, chi
danneggia il tempio di Dio, Dio stesso danneggerà lui. Non è paura, è il
messaggio della Parola di Dio.
Non voglio giudicare alcuno. I vizi, oltre il fumo, sono tanti. Ma si
parlava di questo e ho incentrato il discorso su questo, ma la tematica sarebbe
dalle dimensioni vastissime. Dio ti benedica. {20-06-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Ringrazio tutti
i lettori e anche quest’ultimo. A tutti gli argomenti di questo lettore ho
risposto già sopra. Devo ammettere che mi meraviglio che si parli di «relativizzare
troppo il discorso “fumo”»; io ho premesso che sono contrario al fumo, ma che
usare falsi argomenti biblici è sbagliato e non aiuta. Preferisco usare
legittimi argomenti medico-scientifici per ogni tipo di dipendenza.
Quando si invoca una «conformità etica» e si afferma che il tema della
dipendenza da fumo non si possa «lasciarlo alla coscienza di ognuno», chi
vorrà salire sullo scranno di un magistero etico evangelico e parlare da
tale direttorio ex-cattedra per tutti, affermando che la propria visione morale
in queste cose sia valida per tutti? Chi fisserà gli «standard spirituali»
per nicotina, colesterolo, caffeina, onde elettromagnetiche di telefonini, raggi
ultravioletti del sole e quant’altro?
Alle asserzioni riguardo a 1 Corinzi 3 ho risposto sopra; togliere i
versi dal contesto, dando loro altri significati, è pericoloso e spesso diventa
un boomerang contro chi usa tali argomenti. Infatti, se facessimo una
radiografia degli intransigenti e dei massimalisti, troveremmo nella loro
vita abbastanza materiale per applicare proprio nella loro vita gli argomenti da
loro adottati per gli altri e per altre cose. Inoltre, ho mostrato sopra che in
tale brano il «tempio dello Spirito» non è il corpo del credente.
Designare il fumo e le altre «sostanze assuefanti» (aggiungo, quindi, l’obesità,
la caffeina, la teina, ecc.) a una «corruzione morale», alla «idolatria»
e quindi al «peccato», è assolutamente da rifiutare, poiché porta alla
dittatura dell’arbitrio soggettivo dei massimalisti. Giusta è l’etica della
libertà responsabile che non fa delle cose lecite un’occasione di
disutilità, di non edificazione e dipendenza (1 Cor 6,12; 10,23). [►
L’etica della libertà e della responsabilità] È quindi giusto che
ognuno si chieda personalmente come essere anche eticamente un «servo
di Cristo» e praticare la santificazione, anche per le cose, di cui
la Bibbia non parla esplicitamente, ma per favore evitiamo dittature morali di
magisteri religiosi, a cui alcuni volentieri farebbero parte.
Quanto a
Gesù, ho mostrato sopra come agli occhi dei massimalisti del suo tempo era
considerato un peccatore, e Giovanni era visto addirittura come indemoniato (Mt
11,18s). Quindi, non lo tirerei in ballo, per essere più suadente, altrimenti si
rischia di strumentalizzarlo per tutto e il contrario di tutto. Ciò mostra,
però, come sia anche facile dare giudizio etici a tutti coloro, che non
coincidono con la nostra sensibilità morale.
Al il resto ho sufficientemente risposto sopra.
12. {}
▲
13. {}
▲
14. {}
▲
15. {Vari e
medi}
▲
■
Daniele Gattullo: Credo che
sopra ogni commento, la parola finale spetta solo al Signore! Così dice la
Bibbia: «Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose
vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove» (2 Corinzi 5,17). «Colui
che
persiste nel commettere il peccato proviene dal diavolo, perché il diavolo
pecca fin da principio. Per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per
distruggere le opere del diavolo» (1 Giovanni 3,8). {21-06-2011}
▬
Risposta (Nicola
Martella): Il
problema è qui il concetto di «peccato». Quello biblico è la
trasgressione della legge chiara e incontrovertibile. Quello
odierno è la percezione morale o culturale del singolo o di un gruppo. È
una differenza enorme, che ha come conseguenza o la certezza giuridica o
l’incertezza delle cose soggettive.
■
Luisa Lauretta: Caro Nicola,
volevo solo aggiungere una cosa: è molto stimolante ed edificante
vedere i contributi dei lettori sulle problematiche da te trattate. Ringrazio
Dio per te e per come ci spingi a confrontarci e a discutere. Mi
rendo conto che, giorno dopo giorno, stiamo crescendo, e questa è una
vera conquista, non solo intellettuale, ma anche spirituale. Dio ti
benedica abbondantemente... e grazie! {25-06-2011}
16. {Vari e
brevi}
▲
■
Liliane Vitanza Hoffer:
Grazie, Nicola, di quest’analisi equilibrata. E vero che la sigaretta è un vizio
molto apparente, ma cosa ne sappiamo dei peccati nascosti di tante
persone? Devo avere compassione per chi si sente schiavo e legato alla sigaretta
e aiutarlo nel cammino di liberazione di tutto quello, che prende il
primo posto prima di Dio. {20-06-2011}
■
Fortuna Fico: Caro fratello,
più ti leggo e più ringrazio il Signore per il tuo dono! Condivido a pieno, pur
essendo contraria alla sigaretta; ci sono tante altre dipendenze meno
visibili. Perché demonizzare l’una e minimizzare le altre? Dio continui a
benedirti! {20-06-2011}
■
Gianni Cascato: Per coloro
che cercano i difetti degli altri, consiglio di comprarsi uno specchio,
così possono vedere anche i loro. {21-06-2011}
■
Salvatore Piscopo: Ringrazio
Dio che mi ha tolto il vizio del fumo. {22-06-2011}
■
Luisa Lauretta: «Uno
diventa schiavo di ciò, che l’ha vinto» (2 Pietro 2,19). In questo verso,
caro Nicola, è racchiuso il mio pensiero! Dio benedica sempre il tuo impegno
così costante nel trattare argomenti così importanti. {23-06-2011}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Cervelli_in-fumo_Sh.htm
21-06-2011; Aggiornamento: 25-06-2011 |