Qui di seguito
discutiamo l’articolo «Allergia
alimentare e Cena del Signore».
Un credente ha portato il caso concreto di una donna, che ha accettato Cristo e
presto vorrà farsi battezzare. Egli chiedeva come comportarsi riguardo alla Cena
del Signore, visto che ella è affetta da allergia verso tutta la frutta,
che ha seme, e suoi derivati. Abbiamo esteso la trattazione a tutte le
allergie alimentari, che riguardano il pane e il vino. Abbiamo preso atto
che Dio stesso già nell'AT, oltre a dare norme per ambiti specifici, previde
anche alcune eccezioni.
Altri elementi sono aggiunti qui di seguito dai lettori, che hanno
partecipato alla discussione, che si è fatta abbastanza interessante.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
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I contributi sul tema
▲
(I
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1. {Gianni
Siena}
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Inviterei
senz’altro la chiesa a pregare per la guarigione della sorella da questa
patologia: Dio remunera coloro che Lo cercano con fede (Eb 11, 6).
Inoltre, segnalo che: un ciclo di digiuno-terapia sotto controllo medico
spesso risolve casi di allergie alimentari. Esistono buoni centri terapeutici
che aiutano a praticare questa cura. La comunità potrebbe sostenere la sorella,
se non può permetterselo, nel pagare le spese.
Avvenuta la
guarigione (= con accertamento medico) il problema si risolve
conseguentemente. In caso contrario, con delicatezza, visto l’uso dei
bicchierini, si provvede alla sorella una bevanda, che può tollerare.
Qualche anno fa, discutendo con un testimone di Geova la loro «proibizione»
ritenuta biblica riguardo al sangue, gli feci osservare quanto segue: Se
«ubbidire» alla Parola comporta la disubbidienza a un comandamento più grande,
dov’è s’implica la vita di un innocente… Dio si aspetta (!) una migliore lettura
del passo da praticare. Cosa me ne faccio del divieto rituale e igienico del
sangue, se poi provoco la morte di un innocente!? Infatti, c’è scritto: «Non
assassinare…» (Es 20, 13).
Mi capitò anche di essere presente in una riunione «interconfessionale» di
evangelici e, davanti alla proposta di commemorare insieme la Cena del
Signore, qualcuno fece obiezione. Uno disse che si sentiva «giudicato» dai
fondamentalisti presenti, un altro chiese se era il «caso» di usare il vino
nella Cena. Premetto che ero presente come «osservatore» e non come
rappresentante d’una chiesa coinvolta nell’incontro. Dopo aver ascoltato tutti,
chiesi di poter parlare. issi che nel celebrare la Cena del Signore con «altri»
credenti ogni giudizio si sospende: ognuno è sotto esame di Dio.
Aggiunsi: «Il fratello della chiesa “X” non me ne voglia, nessuno è più santo di
Gesù che pure bevve il vino in diverse occasioni e lo benedisse nel “seder” di
Pasqua; e, all’esortazione del loro Maestro, i suoi discepoli ne bevvero, senza
nessun senso di contrarietà!».
La Bibbia ha sempre una risposta ai nostri quesiti, con queste parole non
credo d’aver esaurito l’argomento, ma so d’aver dato un sereno contributo a un
problema sempre più frequente nella chiesa. Saluti e benedizioni… {14-02-2011}
2. {Annamaria
Balzano}
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■ Contributo:
Caro fratello, io penso che la Cena del Signore ha solo carattere simbolico;
quindi non trovo nessun motivo per cercare per forza una soluzione per questa
sorella. Per me potrebbe bere un comune succo di frutta, perché non è ciò
che beve che fa la differenza, ma è lo spirito, con cui ci si avvicina
alla Cena del Signore; questa è, per me, la cosa più importante, su cui
discutere. Un abbraccio nel Signore e che Dio ti benedica. {14-02-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Le risposte
facili per noi non sono sempre quelle convincenti per tutti. Chi vuol
convincere, deve ben argomentare senza facili soluzioni, poiché le
convinzioni sono tante e non sempre coincidono con le nostre. Inoltre, se
qualcuno chiede qualcosa, significa che il problema c’è.
Il dilemma
in cose del genere è tra voler piacere a Dio (osservare le sue norme) e voler
aiutare chi ha il problema; in ambedue i casi si può fallire per leggerezza e
faciloneria. Per questo una riflessione accurata e un confronto serio,
basati sull’esegesi contestuale della Parola di Dio, sono imprescindibili. Ad
esempio, Romani 14 mostra che in tali ambiti non tutto è proprio così
facile, visto che ci sono convinzioni differenti.
3. {Freddie e
Laura Maré}
▲
■
Contributo: Luca 7,33.
▬
Risposta (Nicola Martella): Luca 7, 33
recita: «Difatti è venuto Giovanni Battista non mangiando pane ne bevendo
vino, e voi dite: Ha un demonio», è interessante, ma che cosa c’entra
qui? Giovanni Battista era un nazireo e a ciò si aggiunga che egli
apparteneva all’antico patto. Certo ci si può chiedere: «Che faceva durante la
Pasqua ebraica, visto che li si mangiava pane azzimo e beveva vino? Che
avrebbe fatto in quanto nazireo all’ultima cena pasquale di Gesù, quando
Egli istituì la cena del nuovo patto?». Questo è comunque un’altra questione.
▬
Replica (Freddie e Laura Maré): Saluti ai
nostri fratelli e sorelle credenti. Scusateci che non parliamo italiano tanto
bene. Ci prende tanto tempo a scrivere un paio di righe. Ci sono situazioni,
dove uno si trova di non poter fare «come era fatto nella Bibbia».
Un simile problema si è verificato nel Kalahari
con persone, che dovevano essere
battezzate per immersione, ma non c’era acqua, proprio per niente. Il
pastore indigeno pregò. Quella notte raccolsero rugiada, mettendo dei
sacchi di plastica fuori su una certa area; ma alla fine non c’era nemmeno un
bicchiere pieno d’acqua. Pregarono Dio: «Fa che sia tanta per te…»; e
quindi battezzarono per aspersione tutti con quella poca acqua, sebbene
per loro non era come si «sarebbe dovuto» fare.
In Africa la gente non ha né uva né vino.
Certi popoli non hanno mai visto uva. Usano acqua o, se se lo possono
permettere, qualcosa che si chiama Coolaid, ossia una polvere, che ha il colore
e il sapore di succo di uva. È una bevanda, che danno normalmente a i bambini
(cool drink). Per loro è il simbolo che conta — sempre pregando che Dio
capisca
le loro circostanze.
La stessa cosa è con traduzione delle Bibbia.
In certi paesi non sanno cosa sia un agnello. Non sanno cosa sia
l’immagine di «bianco some la neve», non avendo mai visto la neve. [►
How to Translate]
Io credo che Dio capisca tutto questo. La
storia dell’Evangelo va ben di là dalle nostre culture e abitudini. So che tante
chiese e confessioni si sono divise su questi argomenti.
Anche i credenti di
Gerusalemme
avevano un grande problema con Pietro, quando era entrato nella casa di un
non-ebreo e aveva mangiato cose, che a loro non era permesso. Però, Dio
aveva «cambiato idea», se mi posso permettere di dire così…
Parlando di Giovanni
Battista, non so se lui avrebbe mangiato o bevuto qualcosa che conteneva
lievito (naturale a quei tempi) cosi facilmente. Perche per lui era un simbolo
di peccato.
Non so se mi sono spiegato bene, e scusate il mio
italiano.
▬
Risposta (Nicola Martella): Sono molto
belli i pensieri espressi sopra; li ho corretti e adattati con piacere.
Chiaramente per tante cose non possiamo sempre fare «come era fatto nella
Bibbia», poiché non siamo nell’antico patto né noi cristiani gentili viviamo
nella chiesa di Gerusalemme.
Quando agiamo in situazioni di forza maggiore, non mettiamo fuori uso il
principio comandato, né dall’eccezione vogliamo trarre una norma per il caso
normale. Ciò vale sia per il battesimo con poca acqua, dove non ce né, sia per
la Cena del Signore con tutto ciò che non sia pane e vino, quando non c’è modo
di procurarseli o perché non conosciuti. Sì, Dio capisce. In fondo, Gesù
prese gli alimenti più comuni nella cultura mediorientale.
Non penso che
Dio aveva «cambiato idea»,
al tempo degli apostoli, ma aveva cambiato il patto. I cristiani ebrei
volevano però continuare a mettere il vino nuovo nei vecchi otri. Dio dovette
costringere Pietro a mutare opinione, così i credenti di Gerusalemme. Si dovette
però arrivare al concilio di Gerusalemme (At 15) per maturare teologicamente la
novità.
Quanto a Giovanni
Battista, egli non mangiava pane lievitato in quanto nazireo, non perché il
lievito fosse di per sé un simbolo di peccato. Infatti, i Giudei mangiavano
il pane senza lievito (mazzot) solo nel periodo di Pasqua, ma come
rammemorazione all’esodo.
Il lievito è solo un simbolo e come tale può essere usato anche positivamente,
ad esempio per la crescita del regno di Dio (Mt 13,33).
4. {Vincenzo
Russillo}
▲
All’ottima
trattazione del tema proposto, mi si permetta d’aggiungere quanto segue.
■ Il pane: Quando Gesù disse ai suoi discepoli che avrebbero dovuto
preparare la Pasqua, sembra ragionevole pensare che abbiano usato del
pane azzimo. Inoltre è molto probabile desumere dalle contingenze che il pane,
che avevano consumato durante l’ultima cena, fosse stato realizzato con il grano
raccolto l’anno prima, come richiesto dal patto dell’alleanza (si veda
Levitico 23,10-14). Bisogna inoltre convenire che la Bibbia non specifica, ad
esempio, se il pane fosse fatto con orzo o con il grano o meglio non attribuisce
a ciò alcun valore significativo. Gesù usò, come specificato, un elemento
comune, che apparteneva agli usi del luogo. Egli disse: «Io sono il pane
vivente» (Gv 6,51). Di certo non si attribuisce importanza a che tipo di
pane si tratta, bensì qui è importante sottolineare il significato, che si vuole
intendere, ovvero come il pane è alla base della nostra vita per nutrirci, il
Cristo diviene la base o meglio l’elemento essenziale della «dieta» di un
credente per aver accesso alla vita eterna. Qui non si attribuisce importanza
alla forma del pane o alla sua consistenza; si può ben pensare che, se avesse
predicato in Asia, avrebbe fatto riferimento al riso. Quindi, non bisogna
alzare le barricate e diventare dogmatici sul tipo di grano utilizzato, bensì è
importante sottolineare che Gesù deve essere alla base del nostro nutrimento
spirituale.
■ Il vino: Quanto al vino, che Gesù usò, si può ben ipotizzare che fosse
un tipo di vino fermentato; e inoltre sappiamo che spesso il vino era mescolato
con acqua. Durante l’ultima cena comunque non ci viene dato alcun
elemento specifico, proprio a sottolineare l’attribuzione della scarsa
importanza di quest’elemento. Quindi, facendo riferimento ad allergie o la
mancanza delle materie prime in luoghi più disagiati, alla luce della Parola non
si può assumere un
atteggiamento legato alla chimica degli elementi, bensì è importante fare
riferimento al proprio rapporto con Dio. Proprio facendo riferimento all’atteggiamento
con il quale ci s’avvicina a ricordare il sacrificio di Cristo per noi, Paolo
disse: «Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore
indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ora
ciascuno esamini se stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; poiché chi
mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il
corpo del Signore» (1 Corinzi 11,27-29). {14-02-2011}
5. {Salvatore
Paone}
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■
Contributo: Ho letto l'intero articolo e
l’ho trovo molto interessante (ci sono molti di questi casi). Tale problema fa
riflettere perché ogni volta che pensiamo a tali simboli (il pane e il vino) o
ci accostiamo ad essi, questi ci rammentano che il Signore Gesù, nella
notte in cui fu tradito, istituì tali simboli, affinché ci ricordiamo e
annunziamo la sua morte, la sua resurrezione e il suo ritorno.
Certamente è un problema
per chi soffre di
allergia, e sopratutto quella alimentare, perché si è soggetti a choc
anafilattico, a cui può seguire molto probabilmente la morte per soffocamento!
Che dire? In questi casi si può essere partecipi
alla «mensa del Signore» anche senza magiare il pane e bere il vino.
{15-02-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Giustamente è
stato evidenziato che l’aspetto principale della Cena del Signore sta nel
ricordo e nell’annuncio dei fatti cristologici. Certo, in casi
estremi, in cui chi è affetto da allergia alimentare può subire uno choc
anafilattico, egli si può astenere dai simboli e può partecipare solo con
adesione mentale alla «mensa del Signore» (1 Cor
10,21). Cercare alternative all’astensione è un migliore segno d’amore,
poiché anche l’adesione simbolica mediante la gestualità conta nella
fede! Visto che pane e vino sono fatti di sostanze chimiche, non dev’essere la
chimica a porre freni al pari consentimento! Come si sa, la chimica degli
alimenti finisce nella latrina! (Mt 15,17).
6. {Luisa
Lauretta}
▲
■
Contributo:
Caro Nicola, ho letto con curiosità l’articolo. Secondo il mio modesto parere,
hai risposto in modo pertinente al quesito del fratello. La cosa che a mio
avviso dobbiamo veramente osservare, è il mangiare e il bere in modo degno,
ovvero, accostarsi con una coscienza pulita alla Santa Cena. Qualche volta,
parla di questo argomento; è talmente interessante che anch’io ne vorrei sapere
di più.
{14-02-2011}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Non è qui il luogo di parlare in modo approfondito di
1 Corinzi 11,27ss, poiché ci porterebbe fuori tema. Faccio solo notare
che le risposte sono da cercare non in un atteggiamento auto-analitico di
tipo
intimistico, mistico e quasi psicoanalitico, tipico di una certa devozione
occidentale. Le risposte alla dignità o all'indegnità,
a cui Paolo fece riferimento, bisogna cercarle nel contesto immediato del testo
e in quello sociale e culturale della chiesa di Corinto.
Per prima cosa, bisogna notare che si trattava della rammemorazione all'interno
di un pasto comune, come già lo era stata l'ultima cena di Gesù.
I cristiani liberi e ricchi arrivavano a tale Cena del Signore già sazi e
ubriachi; al contrario, i cristiani poveri arrivavano a tale agape
digiuni e spesso dopo una pesante giornata di lavoro, e quelli schiavi
arrivavano spesso in ritardo, ossia quando i loro padroni lo permettevano loro.
Era tale
insensibilità dei cristiani liberi e ricchi verso quelli poveri e schiavi
che costituiva tale indegnità, che cozzava proprio contro l'atto di comunione
col «corpo» (la chiesa) e il suo Capo (il Signore). È in tal senso che chi «non
discerne il corpo del Signore»,
«mangia e beve un giudizio contro se
stesso», rendendosi indegno e colpevole. Le
gestualità devozionali all'interno della comunità non possono prescindere
dalla sensibilità verso tutta la «corporazione» dell'assemblea locale, ossia
dall'interesse verso coloro, che sono più svantaggiati, ma sono membra dello
stesso corpo. Altrimenti tutto diventa un rito sterile, che palesa una
colpevole grettezza d'animo e una fede malata. Chi si disinteressa dei
propri fratelli (specialmente se svantaggiati) nella vita quotidiana, come potrà
partecipare a una gestualità devozionale, che esprime unità e pari
consentimento?
7. {Alida
Sarappa}
▲
Molto interessante
davvero. Mettendo in preghiera questa situazione più unica che rara
sicuramente, si riceverà risposta. In verità approfitto del clima di libertà che
si respira con molti di voi fratelli in Cristo e certa di dire cosa gradita
a Dio, vorrei dire quello che ho nel cuore in questo momento. Alle nozze di
Cana il Signore Gesù ha tramutato l’acqua in vino. Alla sorella allergica si
potrebbe perciò dare tranquillamente dell’acqua.
Poi ci sarebbe molto da
dire sull’utilizzo del vino nella Santa Cena. Sto facendo degli studi dai
quali si evince chiaramente che il vino utilizzato nella Bibbia era molto ma
molto annacquato. L’unico vino, che assomigliava a quello che normalmente
utilizziamo noi, era il vino bevuto dai barbari. Shalom… {14-02-2011}
8. {Nunzio
Nicastro}
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■ Contributo 1:
L’eccezione non deve mai fare la regola. In tutta la
Scrittura troviamo delle eccezioni e, se andate a esaminarle, non fanno mai la
regola da seguire. Ad esempio, in 2 Re 5,18 si legge: «“Tuttavia il
Signore voglia perdonare una cosa al tuo servo: quando
il re , mio signore entra nella casa di
Rimmon per adorare, e si appoggia al mio braccio, anch’io mi prostro nel tempio
di Rimon. Voglia il Signore perdonare me, tuo servo, quando io mi prostrerò cosi
nel tempio di Rimmon”. Eliseo disse: “Va’ in pace”».
Con questa eccezione non possiamo fare la
regola di prostrarsi nel tempio degli idoli.
Oggi si è cambiato il comandamento del Signore
riguardante la Cena del Signore. Il Signore ha ordinato come rammemorarlo
con i simboli, che Lui ha lasciato (1 Cor 11,23-27 pane, e bere dal calice).
Oggi col conformismo, che c’è, alcuni hanno
assimilato, per paura di pandemia e infezione, esempi sbagliati con
regole fatte da uomini.
In questo caso di
eccezione di allergia, il Signore verrà glorificato e adorato anche
astenendosi dai simboli, che il Signore ha lasciato.
Con questo concludo che non bisogna cambiare ciò, che è scritto, con
l’eccezione, che non fa la regola (pane e bere dal calice).
{14-02-2011}
▬
Risposta 1
(Nicola Martella): Non so se il lettore abbia letto l'intero articolo. Quando si
affronta una questione, bisogna cercare casi qualitativamente simili,
ossia che sono paragonabili nella stessa categoria. Nell’articolo e nei
contributi precedenti ci sono tali casi analoghi. Nel caso sopra presentato,
Eliseo disse tali parole a Naaman non come alibi, ma sapendo da parte del
Signore che Ben-Hadad presto sarebbe morto e che così il problema si sarebbe
risolto da solo (2 Re 8,7-10.15).
Non entro qui nella discussione riguardo a calici e bicchierini, a cui il
lettore allude, rimandando ad articoli ad hoc [►
Cena del Signore], specialmente al seguente:
«Calice
o bicchierini?» di
Tonino Mele. Per il resto rimando ai contributi sopra riportati e al
fatto che in molte parti del mondo non c’è la vite né il grano; alcune
popolazioni non sanno neppure che cosa sia un «calice»; se si rimane radicati
alle forme (p.es. occidentali), dimenticando la sostanza, tra altre cose si
commette una grave ingiustizia verso molti credenti nel mondo.
Sulle «regole fatte da uomini» ci sarebbe
tanto da dire, ma rimando agli articoli sopra citati. L’illusione è
credere che le convenzioni rituali attuali (p.es. «rompere il pane» come Cena
del Signore, questa celebrata ogni domenica, ritualismo attuale che
l’accompagna) corrispondano agli usi delle chiese primordiali; quanta proiezione
c’è al riguardo! Ad esempio, proprio 1 Corinzi 11,23-27, citato dal
lettore, mostra che si trattava di un pasto comunitario comune. Questi aspetti
li terminiamo qui, per non andare fuori tema.
■ Contributo 2
(Nunzio Nicastro):
Attenzione alle eccezioni di non farne delle regole. Già si sta
mettendo in discussione anche il battesimo per immersione per farlo per
aspersione.
Qualora uno
si allontana dalla parola profetica più salda, può dire e insegnare tutto secondo
le proprie voglie.
1 Corinzi 4,6 «...affinché impariate a
praticare il non oltre quel che è scritto». 1 Pietro 1,19 «…la parola
profetica più salda farete bene ad ascoltarla» (cfr.
Ap 22,18-19).
Caro Nicola Martella, hai scritto molti libri e
sai i pericoli che ci sono quando uno aggiunge o toglie da ciò che è prescritto,
sia a livello carismatico in generale, sia a livello di religioni cosiddette
«cristiane», sia a livello delle religioni in generale.
Personalmente mi baso su ciò che è scritto nella
Bibbia senza essere né legalista, tradizionalista, ecc., ma essendo equilibrato
e non andando fuori dei parametri della parola profetica. {17-02-2011}
Chi vuol leggere i miei commenti riguardando la
cena del Signore va a leggere sulla mia bacheca i vari commenti sia a livello
calice e bicchierini e sia allergia alimentare.
▬ Risposta 2
(Nicola Martella): Nessuno «sta mettendo
in discussione anche il battessimo per immersione per farlo per aspersione».
Questa è una tua deduzione. Un lettore (non io) parlava di una specifica
situazione nel deserto, senza trarne una regola. Sii più equilibrato,
dando ai segni il loro valore proprio; altrimenti i segni si trasformano in
fretta in talismani e feticci (vedi al riguardo il serpente di Mosè). Sii più
realista, accettando che in tante parti del mondo le cose non sono così
«scontate» come da noi, non esistendo lì, ad esempio, il pane di frumento e il
vino di uva e mancando lì anche calici e fronzoli devozionali vari. Di questo si
tratta e non di fare dell’eccezione una regola.
9. {Fraser
Vinci}
▲
■
Contributo: Caro fratello, ancora una volta
davanti un problema concreto e che richiede una presa di posizione e di
responsabilità, ho trovato in alcuni commenti una risposta piuttosto standard
del tipo: «Preghiamo». Davanti a qualunque problema ovviamente la preghiera
è il normale atteggiamento di chi crede, anzi, è il normale «respiro
spirituale», ma noto troppo spesso che diventa non un modo di cercare la
risposta, ma la risposta stessa. Prego, e mi sento autorizzato a
non fare altro. Non mi sembra questo il normale atteggiamento proposto dalla
Scrittura. Se per esempio, Nehemia si fosse limitato a pregare per gli esuli a
Gerusalemme, che ne sarebbe stato delle mura? Fraterni saluti. {16-02-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Questo lettore
ha perfettamente ragione. Per questo ho affrontato il tema in tutti gli
aspetti possibili, dando concrete soluzioni. Anche i suggerimenti dei
lettori sono preziosi al riguardo. Giustamente, pregare è indispensabile
come il carburante nella macchina, ma poi bisogna innestare le marce e partire,
cercando vie praticabili all’occorrenza e dirigendosi verso la meta.
10. {Pietro
Calenzo}
▲
■
Contributo: Se c’è una dichiarata
allergia alimentare o ad alcune bevande, trovo che sia cristiano non far
pesare il fardello di tale situazione al fratello, che ne è colpito. Dando
per scontato che chi patisce di tali deficienze, farà di tutto per superarle,
anche con l’aiuto della medicina. Nel caso che tale ipotesi non potesse essere
confortata da successo, penso che il fratello, non debba essere in alcun modo
penalizzato, se non potesse accedere ai simboli scritturali, che ricordano
il corpo e il sangue del nostro Signore Gesù. In tali casi si può magari
sostituire pane o vino con alimenti affini per colore e per sostanza.
Benedizioni nel Signore Gesù Cristo.
{16-02-2011}
▬
Osservazioni (Stefano Frascaro): Pietro, mi
chiarisci il concetto di «alimenti affini per colore e sostanza»?
{16-02-2011}
11. {Stefano
Frascaro}
▲
La Parola di Dio è
molto chiara e penso che il contributo del fratello Nicola sia stato chiaro ed
esaustivo. Ma non dimentichiamoci che a volte si cade nel «formalismo» e
legalismo proprio dei conduttori delle chiese.
Porto un
esempio vissuto personalmente. Un fratello ha
avuto il privilegio dal Signore di poter coltivare, con un suo parente, un pezzo
di vigna. Detto ciò agli anziani della chiesa, disse che era suo piacere
dedicare la prima «spillatura» del vino per la Cena del Signore di tutto
l’anno. Diedero il loro assenso, ma nel momento in cui questo fratello portò il
vino, ci fu la sorpresa... poiché tale vino era bianco!
Sì, non fu accettato il vino per la Cena
del Signore, poiché di qualità di uva bianca. Questo fratello chiese se il vino
rosso era accettato, poiché più somigliante al sangue di Cristo. Sono queste le
forme di legalismo pseudo cattoliche, che bisogna evidenziare e
condannare!
Sono convinto che a
questa sorella la preghiera l’aiuterà e il Signore saprà come risolvere
il problema, se tale lo si rende. Il Signore ci ha insegnato a «ricordare»
attraverso i simboli. Quello che prendiamo, quel pane e quel vino, dopo un
pochino di tempo vanno a finire nelle latrine, ma il ricordo del
sacrificio di Cristo rimane fermo nei nostri cuori. {16-02-2011}
12. {Vari
e brevi}
▲
■
Pietrina Montaldo: Dio è
Amore; il suo Spirito Santo supplisce alle nostre debolezze e intercede per noi.
Saluti fraterni in Cristo Gesù… {14-02-2011}
■
Maria Amenta:
Pace, fratello, ho letto il tutto. Grazie. È molto interessante. Era tempo che
cercavo questo argomento! {15-02-2011}
■
Mario Carlone:
Penso a Romani 14,4-5. I problemi di salute, che impedirono fra le altre cose a
Paolo di scrivere alcune epistole di proprio pugno, hanno forse limitato
l’azione potente che, ancor oggi, lo Spirito Santo esercita sui cuori attraverso
di esse? Non mi pare proprio!
(1 Gv 3,21). Dio ci benedica...
{16-02-2011}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Ammetto di non capire interamente il discorso. Intuisco
questo: i nostri handicap non sono un limite al servizio per il Signore. Che
cosa ciò abbia a che fare col tema in corso, non l’intendo.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Allergia_aliment_Cena_Avv.htm
14-02-2010; Aggiornamento: 18-02-2010 |