Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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IL VERME DELL’ACCADEMISMO? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito diamo spazio a quanti hanno voluto prendere posizione sul mio articolo l’articolo «Il verme dell’accademismo». Abbiamo messo extra come contributo a sé il lungo intervento di Paolo Jugovac, «Il verme dell’accademismo nelle chiese», che estende la problematica dell'accademismo al panorama ecclesiale generale. Alcuni credenti mi hanno scritto su questo tema, ma non hanno voluto essere citati per nome. Altri «addetti ai lavori», pur intervenendo sul tema e assicurando che ultimamente ci sono stati dei cambiamenti positivi nell'opera in cui lavorano, mi hanno chiesto di non mettere il loro contributo. Si vede che gli uni e gli altri temono che quanto affermano sull'argomento potrebbe esporli all'interno dell'opera in cui operano e di un clima generale che essi ritengano (così presumo) possa ritorcersi contro di loro.

    La Parola ci esorta a rispettare i «deboli» che si espongono e i «deboli» che preferiscono schermarsi; quanto ai «forti», essi pensano che non debbano neppure sporcarsi le mani. Altri fratelli hanno promesso di mandarmi un contributo più ampio; temendo che le vicende della vita possano impedire loro tale intento, metto quanto già ricevuto da loro, ma al posto del loro nome comparirà uno pseudonimo fino a maggiori chiarimenti.

    Per il resto invitiamo altri a prendere la parola e a esprimere, dialogando, il loro pensiero.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. E. Fieramosca (ps.)

2. Franco Aurelio (ps.)

3. Pietro Micca (ps.)

4. Nicola Martella

5. Andrea Diprose

6. Francesco Bozzi

7. Nicola Berretta

8. Nicola Martella

9. Maurizio Maniscalco

10. Nicola Martella

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Ettore Fieramosca (ps.)} ▲

 

Caro Nicola, leggo con apprezzato interesse gli articoli che pubblichi su «Fede controcorrente». Ti ringrazio di avermi incluso nella lista degli assaggiatori di questo articolo sull’accademismo. Il suo contenuto mi trova pienamente d’accordo nell’analisi del problema e l’evidenza delle aride finalità. Leggendo la tua personale riflessione, mi ci sono identificato, pur incamminandomi su questo sentiero già da qualche tempo. Questo senza voler intendere che abbia notato queste cose più tardi, anzi hai dimostrato più resistenza di me.

     Ti incoraggio a scuotere il tuo uditorio con queste riflessioni, affinché questo paese, dove Dio ci ha messi a servirlo, possa incanalarsi per una strada utile per un vero risveglio.

 

 

2. {Franco Aurelio (ps.)} 

 

Caro Nicola, ho ricevuto il tuo articolo sull’accademismo. Personalmente condivido pienamente molte delle cose espresse e concordo con te in molti punti. Prima di tutto lasciami dire che ho avuto veramente un bel rapporto con te come insegnante e ti ringrazio tanto per tutto quello che mi hai dato. Su di te potrei dire tante cose, qualcuna anche negativa :-), ma sicuramente non posso dire che tu mi abbia mai obbligato ad accettare le tue idee senza darmi possibilità di replica. Quello che mi piaceva è che sugli argomenti c’era possibilità di dibattere, fuori e durante le lezioni, c’era un rapporto di rispetto ma anche fraterno.

     Relativamente all’accademismo, posso testimoniare che nei miei anni di studio all’Istituto Biblico, ho visto sempre più in maniera crescente questa tendenza a mettere troppa enfasi sugli aspetti accademici a discapito di quelli motivazionali e spirituali. Nei tre anni trascorsi, pur essendo stata per me un’esperienza eccezionale, ho visto una gestione sempre più rivolta verso gli aspetti didattici e sempre meno verso la crescita e la maturazione spirituale e caratteriale degli studenti. In quegli anni furono completamente cancellati i programmi di un anno e di due anni, che consentivano ad un allievo di poter affrontare l’esperienza per gradi. I programmi di studio diventavano sempre più intensivi a discapito della comunione fraterna tra gli studenti. Ho conosciuto studenti di età, carattere, cultura diversa. Tra loro ho visto uomini e donne di Dio, che volevano profondamente servire il Signore, ma anche persone che studiavano tanto ma che non erano in grado di stare in mezzo agli altri, di sottomettersi, di avere una vita comunitaria. Molti erano individualisti e alcuni anche con seri problemi relazionali e/o di adattamento. In quei giorni mi chiedevo: «Ma che serve conoscere le lingue bibliche se poi, quando c’è da fare un semplice servizio, tipo lavare i piatti, non c’è la minima disponibilità!».

     Lo dicevo nei colloqui all’insegnante che fungeva da consigliere dei ragazzi, che la scuola biblica deve essere anche una scuola di vita. Per me è un periodo di cura e crescita personale, non solo un periodo per studiare e conseguire dei titoli. Purtroppo, l’accademismo, non consente agli studenti di essere aiutati, spronati, smussati, ma soltanto di avere una formazione teologica. E le conseguenze sono evidenti. Ci sono diversi studenti che purtroppo, pur essendo buoni allievi, non sono riusciti a inserirsi nelle comunità, portare in esse entusiasmo e mettersi al servizio della chiesa. Alcuni hanno lasciato le loro chiese a causa di sterili polemiche dottrinali o soltanto perché non hanno saputo aspettare il loro momento. Altri addirittura si sono allontanati dal Signore.

     Tuttavia, sono contento di sapere che questa tendenza almeno all’Ibei sta cambiando. Un altro insegnante dell’Ibei mi diceva che le scuole bibliche si sono rese conto che è stata messa troppa enfasi sugli aspetti accademici. Infatti quest’anno i ragazzi fanno molte attività di gruppo che permette loro di stare più insieme e di fare delle attività pratiche oltre allo studio. C’è una ragazza della mia chiesa che è veramente entusiasta di quest’esperienza.

     Volevo anche dirti che nella lista delle scuole bibliche hai dimenticato l’IFED, che secondo me è un’ottima scuola. Ci sarebbe anche la Scuola Biblica Domata di Fregene che è carismatica, l’Istituto Biblico Bereano degli Standridge, l’IBI delle ADI, e forse qualcun'altra piccola che adesso non ricordo.

     Come ti avevo già scritto, mi dispiace molto che tu abbia lasciato l’insegnamento all’Ibei, anche perché secondo me l’Ibei ha bisogno di te e viceversa, però rispetto la tua decisione e mi auguro che tu possa essere ancora una benedizione per le chiese italiane.

 

 

3. {Pietro Micca (ps.)} 

 

Caro Nicola, ti faccio notare che attualmente l’IBEI è ancora un «istituto biblico» e non «facoltà teologica», non rilasciando lauree italiane in teologia. È bene ribadire questo fatto perché a differenza della Facoltà Valdese, l’IBEI continua a puntare in primis su una formazione pratica, per l’opera... vedi il sito aggiornato e i nuovi criteri per conseguire il diploma IBEI di tre anni (sì, si tratta d’una laurea di prima livello, accreditata dall’EEAA, ma il carattere è piuttosto pratico).

    […] Da quando sei andato via, alcuni dei problemi che riscontravi qui, di squilibrio accademico, sono stati affrontati.

    Per il resto fai bene a parlare del problema delle persone che si montano la testa, infatti ci sono credenti che sono diventati effettivamente degli accademici; dopo aver conseguito il dottorato, la loro visione del mondo (a parer mio) si è allontanata dalla Bibbia, mentre bisogna continuare a essere biblici oltre che credibili da un punto di vista accademico.

 

 

4. {Nicola Martella} 

 

Caro Franco (ps.), ti ringrazio del tuo contributo sincero e competente sulla questione dell’accademismo, visto che viene da uno studente che ci è passato. L’ho redatto, togliendo i nomi degli insegnanti a cui ti riferivi, e l’ho messo in rete insieme ad altri. Per non esporti, ho reso il tuo contributo anonimo, dandogli uno pseudonimo. Spero che stimolerà anche altri ex-studenti a prendere la parola. Lo scopo è che l’Ibei e altri istituti biblici si pongano la questione (che a lungo abbiamo cercato di far capire, io e altri insegnanti) e pongano rimedi veri e durevoli.

     Capisco che tu voglia evitare che «queste cose diventano oggetto di critica e di polemica»; questo è anche il mio spirito (e di altri ex insegnanti), ma in qualche modo bisogna avviare in Italia una discussione generale sull’argomento che altrimenti non è possibile, visti i tentativi andati a vuoto negli ultimi due decenni. Tu dici che per questo specifico istituto biblico nutri «un particolare peso di preghiera», ciò è molto buono e lo condivido... anche nella pratica. Anch’io stimo i fratelli di cui tu parli; quando si pone un problema generale è comunque spesso perché per molti anni si ritiene di essere rimasti inascoltati e perché in Italia bisogna pur avviare una discussione che superi la singola situazione.

     Caro Franco, l’opera dell’Ibei mi sta particolarmente a cuore (come pure quella di altri istituti di formazione biblica). Col mio articolo su «Il verme dell’accademismo» volevo iniziare una discussione generale (quindi non limitata all’Ibei) fra varie componenti del vasto panorama dell’istruzione religiosa degli evangelici. Come hai potuto notare, perciò, l’articolo non riguarda l’Ibei in specifico, sebbene sia la realtà di riferimento che meglio conosco, ma intende porre una questione molto più amplia e complessa del panorama italiano. Sull’Ibei puoi trovare sul mio sito un articolo positivo: ► Voglio parlarti dell’I.B.E.I., pubblicato anche su «Oltre»; a ciò si aggiungano altri articoli positivi anche sul mio sito tedesco. Nell’articolo «Il verme dell’accademismo» a me interessa porre un problema generale degli «istituti biblici» e simili in Italia e possibilmente far discutere e confrontare i fratelli di vari ambienti su questo tema. Vorrei quindi che tutti gli addetti ai lavori intervenissero.

     Per i progressi dell’Ibei, che sembra stiano avvenendo, posso solo rallegrarmi, visto che sono stato al riguardo (insieme a pochi altri) per tanti anni una voce controcorrente. L’accademismo è però come il lombrico: quando lo tagli in due, dopo un po’ di tempo si rigenera. Così si fa sempre bene a vegliare e a verificare i veri e sostanziali cambiamenti nel tempo.

     Tu dici: «Se fosse per me, consiglierei a tutti di fare un periodo di formazione biblico-pratica all’Ibei». Non posso che sottoscrivere quanto tu dici. Il mio augurio è che tale «formazione biblico-pratica» sia veramente possibile dovunque essa venga offerta (e qualunque istituto biblico la offra), che ai proclami e ai corriculum scolastici annunciati corrispondano dei veri contenuti (e vere competenze) e che molti possano trarne profitto, secondo il bisogno reale che individualmente hanno.

     Un ex insegnante mi ha espresso al riguardo il suo dubbio, affermando: «Mi domando quanto il tentativo di sondare nuove idee abbia indotto a copiare [da altri istituti di formazione] senza realizzare i veri contenuti. […] Ma se la visione è meramente accademista, il copiare dagli altri produce solo inefficaci surrogati». Certo l'augurio mio (e nostro) è che alle cose annunciate in un curriculum (quale anche sia l’istituto biblico che fa tali promesse) corrispondano fatti concreti e persone veramente competenti che le realizzino.

 

 

5. {Andrea Diprose} 

 

Equilibrio fra studi accademici e pratica

 

In relazione all’articolo Il verme dell’accademismo, possiamo dire che sicuramente, nel passato recente, in parecchie chiese locali e istituzioni teologiche sia italiane sia del mondo anglo sassone (fra la metà degli anni ‘90 e la metà di questo decennio, dopo il 2000 e fino alla prima parte del 2006), sono state riscontrabili tracce di accademismo dannoso, con un distacco evidente dalla realtà pratica del mondo là fuori (fuori della chiesa locale e fuori delle quattro mura della sede di una scuola biblica o di una istituzione teologica).

     Ciò nondimeno, detto questo, bisogna dire che, grazie a Dio, perlomeno in quelle istituzioni formative (scuole bibliche, accademie teologiche e facoltà teologiche) che sono legate all’associazione evangelica per l’accreditamento (EEAA) e che sono da essa accreditate, si nota una inversione di tendenza:

     All’Istituto Biblico Evangelico Italiano ma sicuramente anche in altre istituzioni consorelle all’estero, anch’esse accreditate dall’EEAA, si sta lavorando praticamente su:

     ■ La pratica ministeriale da portare avanti in concomitanza con gli studi teorici — ciò è evidente all’IBEI (anche dal suo sito web) durante questo anno accademico 2006-2007.

     ■ La comunità — la scuola biblica come comunità funzionale e non soltanto come luogo dove vari individui studiano, per conto proprio, materie teologiche e bibliche.

 

Senza aggiungere tanto in questa sede, è possibile dire che questi aspetti saranno molto evidenti durante lo stage missionario degli studenti IBEI assieme a due docenti, durante le prime due settimane di marzo 2007, in Serbia. {22-02-07}

 

 

6. {Francesco Bozzi} 

 

Caro Nicola, un boccone più appetitoso probabilmente non potevi lanciarmelo e non partecipare a questa discussione sarebbe stato da parte mia un gesto veramente superficiale nei tuoi confronti.

     Neanche io vorrei che mettessi il mio nome; ti concedo però di dire che sono tuo genero, ho frequentato per tre anni una scuola biblica e ora lavoro nel campo dell’economia! Sicuramente il mio contributo non sarà esauriente, ma voglio lanciare anch’io degli spunti su questo tema che mi hanno fatto riflettere durante e dopo la mia permanenza in un istituto di questo genere.

     Non posso non essere d’accordo in linea generale con quello che tu dici, ma trovo eccessivamente dura l’analisi che fai nei confronti degli istituti biblici e verso il loro tentativo di darsi «un tono».

     La situazione preoccupante, infatti, non è quella che tu poni, ma piuttosto quella che suggerisce, neanche troppo velatamente, il buon Paolo J., sempre acuto nell’analisi della situazione ecclesiale italiana. Questi «poveri» istituti devono combattere con una cronica povertà di materiale umano a cui rivolgersi ed essendo anche, concedimelo, istituzioni commerciali che alla fine dell’anno devono fare i conti con i bilanci, devono cercare d’attrarre i credenti verso di loro in qualche modo. È la vecchia storia del mercato che cresce rispondendo a una domanda con un’offerta.

     Capisci quindi dove voglio arrivare: il problema non è l’accademismo offerto, ma l’accademismo richiesto.

     Dalle informazioni che danno i vari istituti, che hai preso in considerazione, mi sembra chiaro che tutti s’offrano come supporto alle chiese e quindi, se tali vogliono essere, penso sia naturale, a meno di motivazioni masochistiche, che cerchino di dare quello che a loro viene reclamato.

     Ti posso dare la mia esperienza: ciò che mi ha spinto a iscrivermi all’Ibei (ebbene sì, un altro indizio per identificarmi!) e frequentarlo per tre anni, era il desiderio d’accrescere la mia conoscenza della parola di Dio, per rafforzarmi in maniera importante per un mio forte impegno, coerente alla dottrina, nel mondo del lavoro: ebbene sì, non avevo ambizioni di «missione» o di «ministero» o di «servizio a pieno tempo», ma «semplicemente», fra le varie cose, trovare anche un lavoro che m’appagasse. Ho usato le virgolette, per sottolineare l’accezione più superficiale di tali termini, che vede l’impegno verso il Signore solo come una «cosa di chiesa»: pure queste virgolette sono volute e potrebbero essere spunto di successivi temi da te sollecitabili. Mi sono iscritto a Ibei a 28 anni, con alle spalle un curriculum lavorativo piuttosto lungo e ho visto che, maggiore era il desiderio di far carriera nel mondo del lavoro, in maniera utile per la gloria di Dio, maggiori dovevano essere le basi bibliche, data la generale difficoltà d’associare etica e lavoro ad alti livelli. L’Ibei mi ha dato quello di cui avevo bisogno e, grazie agli strumenti che lì ho ricevuto, ora posso tentare di destreggiarmi nell’ambiente di lavoro in cui ora mi trovo: difficile per responsabilità affidatemi e per ambito non esemplare per quel che riguarda l’etica generale, quello della finanza.

     In sintesi, un motto che usavo spesso con i miei colleghi studenti, era «L’Ibei ti dà quello che vuoi prendere dall’Ibei: sta a te la scelta». Il problema dunque è a monte: problemi di motivazione, consacrazione, ma anche, a volte, d’esperienza col Signore. Non è un caso forse che quest’accademismo, sia apparso in un momento in cui l’età media degli studenti si è abbassata verso un’età in cui i propri obbiettivi non possono essere ancora chiarissimi. Probabilmente verso di loro, sarebbe necessario un lavoro più accurato da parte delle chiese che li mandano presso questi istituti, valutando a fondo le opportunità, ma anche i rischi che una scelta di tal genere possa generare e, di conseguenza, probabilmente l’atteggiamento degli istituti biblici cambierebbe: cosa che mi sembra stia succedendo da quest’anno proprio all’Ibei e mi sembra un buon segnale.

     Grazie ancora per aver sollevato questo problema e il Signore ti benedica in tutto il tuo lavoro.

 

 

7. {Nicola Berretta} 

 

Nota redazionale: Qui dovrebbe stare il contributo di Tonino Mele, a cui dovrebbe seguire la mia risposta. A causa della loro specificità e della lunghezza d'entrambi, abbiamo messo il tutto extra: ► L’accademico e l’accademismo. Osa segue il contributo di Nicola Berretta.

 

Cerco di racchiudere il mio pensiero in un motto semplice e per certi versi ovvio: «È meglio un presuntuoso che sa le cose, rispetto a un presuntuoso ignorante».

     La presunzione è una di quelle qualità negative da cui il credente deve rifuggire, tuttavia, non esiste niente di peggio d’un presuntuoso ignorante (uso il termine «ignorante» nel suo significato originario di «colui che non sa» e non nella sua accezione offensiva). Una persona presuntuosa, ma esperta nella sua materia, è certamente indisponente, ma resta comunque una persona da cui puoi imparare qualcosa, se non altro dal punto di vista nozionistico.

     Il problema allora, a mio giudizio, non è da scaricare sugli istituti biblici, ma sulle persone stesse e sulla formazione che hanno avuto nelle chiese di provenienza. Sono state istruite nel loro «carattere» cristiano? Quale enfasi è stata posta nella loro formazione di credenti sull’esempio d’umiltà e di mansuetudine dato dal nostro Signore e Maestro, Gesù Cristo?

     Purtroppo l’importanza di formare un «carattere» cristiano è spesso ritenuta secondaria nelle nostre chiese, dando invece molta più enfasi ad aspetti dottrinali «alti» o anche legalistici. Non è dunque raro trovare persone presuntuose, piene di sé e magari anche… ignoranti. Ben vengano allora le scuole bibliche, che se non altro rendono la pillola più digeribile.

 

 

8. {Nicola Martella} 

 

Nicola Berretta ha messo certamente il dito su una delle piaghe delle chiese: il deficit nella formazione del carattere cristiano nelle chiese, dove viene spesso privilegiato l’indottrinamento (denominazionale). Questo aspetto si aggiunge al mosaico che stiamo trattando: accademismo negli «istituti biblici» e accademismo nelle chiese (Paolo Jugovac).

     Da chiese partecipate (com’erano le «chiese in casa» del primo secolo) si è passato a chiese visitate. Da «chiese tutti davanti a tutti» (comunione, partecipazione, interazione) si è passato a «chiese uno davanti a tutti» (un micro-gruppo gestisce tutto e gli altri sono perenni spettatori). A ciò si aggiunga il fatto che mentre nelle «chiese in casa» tutti formavano tutti nella vita quotidiana, nelle «chiese da visitare» (alcuni visitano ogni volta un’altra chiesa!) la devozione da sala e quella nella vita possono essere due pianeti differenti.

     Detto questo, mi sembra che «istituti biblici» che dovrebbero essere «istituti di formazione biblica» non possono tirarsi fuori dalla formazione del carattere cristiano, altrimenti diventano repliche colpevoli di tali chiese mal funzionanti. Gli «istituti biblici» non possono diventare dei meri centri d’informazione (istruzione); secondo la mia esperienza più un «istituto biblico» alza il livello accademico e più gli aspetti formativi diventano secondari. I docenti tendono allora a essere «insegnanti» (trasmettitori del sapere) e meno «maestri» (trasmettitori di saggezza di vita; formatori del carattere).

     Il riconoscimento maggiore per ogni docente di un «istituto biblico» arriva quando uno studente gli dice o gli scrive all’incirca: «Ti ringrazio per tutto ciò che ho potuto imparare nei tuoi corsi quanto a conoscenza, ma ti ringrazio ancora di più per quanto mi hai trasmesso con la tua vita».

 

 

9. {Maurizio Maniscalco} 

 

Ciao Nicola, sono un tuo ex studente. Non so se ti ricordi di me, ci siamo visti a Ribera una volta.

     Sono perfettamente d’accordo su quello che dici, da poco ho finito la scuola biblica e grazie a Dio non mi sono fatto prendere dall’accademismo; purtroppo molti ignorano che la teoria e la pratica vanno assieme. È importante studiare ma è altrettanto importante praticare, non come cloni, ma come credenti che sperimentano personalmente le cose di Dio. Lo Spirito Santo dà i doni, lo studio non fa altro che aiutarci a sviluppare questi doni; molti invece credono che con lo studio potranno avere quello che Dio non gli ha dato.

     Comunque bisogna studiare principalmente a casa e non avere come obiettivo solo la scuola biblica, conosco persone […] che, pur non avendo fatto la scuola biblica, hanno una buona conoscenza della Scrittura e la mettono anche in pratica.

 

 

10. {Nicola Martella} 

 

Conosciamo proverbi come i seguenti «la pratica vale più della grammatica» e «tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare». Questi proverbi esprimono certamente solo una parte della verità, sebbene una importante. La teoria e la pratica sono due facce della stessa medaglia. Chi trascura l’una o l’altra sarà limitato nel suo agire, nel suo sviluppo, nella sua libertà d’azione e nel riuscire. Chi ama e teme Dio riesce in ambedue questi aspetti e la teoria rende feconda la pratica e viceversa.

     Come tu giustamente dici, lo studio non può creare talenti, ma può solo far scoprire e far fruttificare solo ciò che già si è ricevuto dal Signore. È chiaro che radici più profonde danno maggiore stabilità alla pianta, maggior nutrimento e, quindi, salute e vigore.

     Studiare è importante ed è un compito vita natural durante; frequentare un istituto biblico è una tappa in questa crescita, sebbene un’importante tappa. Se da una parte bisogna guardarsi dall’accademismo fine a se stesso, dall’altra non posso condividere quei cristiani che affermano nel loro ecclesiocentrismo che è la chiesa che deve formare. Questa capacità non ce l’hanno tutte le chiese né ciò che viene dato basta a tutti, specialmente a coloro che vogliono una conoscenza maggiore.

     Lo studio in un istituto biblico ha molti vantaggi. Ad esempio si hanno persone preparate, si ha un piano di studio completo, si ha un tempo qualitativo e particolare a disposizione. Chi ha studiato come te per corrispondenza (e magari ha frequentato anche qualche corso nelle scuole succursali) ha molteplici vantaggi rispetto a chi è autodidatta.

     Grazie a Dio per fratelli consacrati al Signore che hanno studiato con sacrificio da autodidatti per poter servire meglio al Signore. Ma non è sempre così. Gli autodidatti, se non ancorati saldamente alla sacra Scrittura (e al buon senso) rischiano di squilibrarsi in una direzione o nell’altra e di diventare parziali; non avendo ricevuto un grande orizzonte, rischiano di dare importanza solo ad alcune cose e di radicalizzarsi in alcuni aspetti della dottrina o della realtà. In certi casi, possono diventare molto orgogliosi e arroganti (sebbene la loro conoscenza è solo di parte e limitata) e propagare dottrine ambigue, se non addirittura false.

     Lo studio sistematico, equilibrato e completo (comunque e dovunque avvenga) ha quindi i suoi vantaggi per la persona stessa, per l’opera di Dio e per gli altri. Il vantaggio degli istituti biblici è, come ho già ribadito sopra, di molteplice natura. Per studiare in pochi anni quanto viene offerto in un istituto biblico ci vorrebbe una vita intera nella chiesa locale (premesso che in essa si insegni tutto ciò che corrisponde al curriculum di un scuola biblica). A ciò si aggiunga che lo studente che ha imparato a imparare e a usare gli strumenti appropriati, proseguirà più speditamente nello studio personale — oltre a evitare molti dei pericoli, in cui può incappare un autodidatta poco accorto o che approfondisce solo ciò che gli interessa.

     Quanto ho detto sugli istituti biblici e sullo studio sistematico in essi non vuole essere frainteso. Ciò che ho voluto evidenziare è la tendenza di alcuni di essi verso un accademismo, ossia uno scolasticismo fine a se stesso. Come ho già detto altrove, gli istituti biblici devono essere dei «vivai», dei «campi d’allenamento» e delle «fucine»: in essi si lavora con quello che si ha e si cerca di ottenere il massimo, in corrispondenza alla natura, all’indole, ai punti di forza (e di debolezza) e alle capacità di ognuno. Gli istituti biblici non possono dimenticare d’essere scuole di vita; il loro compito primario è di contribuire formare il «carattere cristiano» nei loro studenti.

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Accademismo_verme_EnB.htm

20-02-2007; Aggiornamento: 06-07-2010

 

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