1. ENTRIAMO IN TEMA
{Nicola Martella}: Il titolo originario parlava dell’adorazione
cristiana. In fase di revisione abbiamo preferito allargare il campo all’intera
devozione cristiana, essendo che musica e canto servono (nel culto e
fuori di esso) anche per pregare, supplicare, meditare, ringraziare, edificare,
esprimere la comunione fraterna e, non per ultimo, anche per insegnare dottrine
bibliche fondamentali.
I credenti
di tutti i tempi hanno cantato la fede nel loro Dio, per glorificarlo. E
in tutti i tempi c’è stata la tendenza di adeguare i propri
gusti al «mondo»; alcuni, poi, hanno attinto dal «fuoco estraneo». In
ogni tempo gli uomini di Dio hanno cercato di tenere distinto il «sacro»
dal «profano»; altri, ne hanno fatto una commistione, sia nella musica
che nei testi.
Oggigiorno,
all’interno della cosiddetta «musica cristiana» si propone testi scarni
di dottrina biblica, slogan ripetitivi e quasi banali, sentimentalismi
assortiti, eccitazioni psichiche, il tutto accompagnato da volumi alti, ritmi
frenetici e quant’altro, che inducono a moine, a danze tribali, a tremolii e
così via. Dal teocentrismo e cristocentrismo si è passati a un umanesimo
tinteggiato di cristianesimo e all’antropocentrismo. Dal voler sapere e
predicare solo Cristo e Lui crocifisso (1 Cor 1,23; 2,2), si è passati al
sensualismo estatico, che dice: dammi, fammi sentire, toccami, abbracciami,
eccetera. Invece della santificazione, che porta a una vita santa, pura e
irreprensibile, si cercano emozioni psico-religiose, euforia mistica, bei
sentimenti, eccitazioni esaltanti, divertimento collettivo e spettacolare.
A ciò si
aggiungano voglia di intrattenimento, narcisistica esibizione,
recitazione, teatralità e divismo. Mentre i contenuti da cantare diventano
sempre più poveri e il messaggio cristiano è ridotto a slogan, che
accontentano tutti, la tecnica sofisticata, i generi musicali in voga e gli
effetti speciali la fanno da padrone. La comunione fraterna e la predicazione
della Parola vengono sostituite da una terapia di gruppo, chiamata
«concerto cristiano» o simile. Invece di tornare a casa edificati nello
spirito dall’esortazione e dall’istruzione della sacra Scrittura, che compunge e
convince, si esce da una tale manifestazione sonora «sfogati»
nella psiche, dopo tali sensazioni, brividi ed eccitamenti. Le uniche parole
sentite sono quelle, con cui moderni menestrelli — in veste di «profeti
di pace (o dell’armonia psico-mistica)» e di «maestri di misteri» di una fede,
che è ridotta al minimo quanto a contenuti di verità e che, perciò, accontenta
tutti, credano quel che credano — lisciano l’animo sensibile degli spettatori,
accarezzano il loro narcisismo, tranquillizzano gli astanti e dicono loro che
tutto va bene, che possono continuare a fare ciò, che vogliono, visto che Dio
come uno «zio buono»
li ama comunque, a Lui gli vanno bene così come sono e chiede loro solo di
mostrargli buoni sentimenti.
2. ADORAZIONE E MUSICA
{Antonio Capasso}
2.1. ALCUNE PREMESSE: In ogni secolo e cultura, i cristiani
hanno voluto cantare la loro fede, esprimendo la bellezza dell’Evangelo
con melodie sublimi, capaci di toccare il cuore del credente e d’innalzarlo fino
a Dio. In questi ultimi anni, però, si è introdotto nelle chiese un modo
distorto di fare musica e canto ai fini della devozione. Questo modesto studio
vuole cercare di mettere in luce queste distorsioni. Le riflessioni qui esposte
sono frutto di una ricerca sulle Sacre Scritture, messe insieme attraverso un
collage di pensieri di vari studiosi e uomini di Dio sulla devozione attraverso
la musica e il canto. Non sono uno scrittore, né uno specialista musicale (anche
se mi diletto nel suonare), quindi lo scritto non è sicuramente esaustivo
sull’argomento. Spero che queste considerazioni siano uno sprono ad approfondire
un argomento così importante e fondamentale nella vita delle chiese cristiane.
2.2. ADORARE ATTRAVERSO LA MUSICA CRISTIANA: «I veri
adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, poiché il Padre cerca
tali adoratori» (Gv 4,23).
Il primo
articolo del «Catechismo di Westminster» (1648) afferma: «Qual è lo scopo
principale della vita umana? Lo scopo principale della vita umana è
dare gloria a Dio e godere per sempre della sua presenza». Quindi, dare
gloria a Dio è lo scopo primario della vita umana. Se l’uomo è stato creato per
glorificare Dio, quanto più è chiamato l’uomo rinato in Cristo ad adorare Dio.
Tutto del nostro essere deve adorare e glorificare Dio: «Sia dunque che
mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutte le
cose alla gloria di Dio» (1 Cor 10,31). In questa sede però, vorrei
parlare del culto, che offriamo a Dio attraverso la musica cristiana.
Credo che
sia sotto gli occhi di tutti (in particolare di coloro, che sono convertiti da
molti anni), che nelle chiese in questi ultimi tempi si sta affermando sempre di
più un modo nuovo di fare musica cristiana. Sempre di più si assiste
all’introduzione nel culto di generi musicali come rock, metal, metalcore,
hardcore, amocore, punk-rock, crossover, funk, regge, hip-hop, tecno-dance, ecc.
E tutto questo avviene allo scopo di soddisfare i gusti
e le tendenze delle nuove generazioni. Ecco perché nelle chiesa, si
vedono sempre di più impianti sonori all’avanguardia, persone specializzate nel
canto, musicisti professionisti, tecnici del suono e cosi via.
C’è da
riflettere sulla natura dei canti nella chiesa di oggi. Il canto cristiano è
stato dato all’uomo per glorificare Dio. Questo però non avviene sempre nei
nuovi canti, che si ascoltano in questi ultimi anni. Sempre di più si assiste a
un modo di fare canto e musica, che ha come scopo, non il glorificare Dio, ma
emozionare i credenti, per portarli a una euforia, che non ha nulla
di spirituale. I testi musicali sono sempre di più intrisi di
umanesimo e sono sempre più spesso antropocentrici, invece di essere
teocentrici e bibliocentrici.
Così
descrive il teologo valdese Vittorio Subilia i cambiamenti, che si sono avuti
negli ultimi anni nel canto cristiano: «Dalla concentrazione del canto e della
musica sulla confessione di Cristo, della sua signoria e della sua grazia
nel quadro dell’epoca della riforma, si assiste a un lento, sistematico
spostamento che concentra gli interessi sui sentimenti del credente, sui
travagli patetici della sua anima religiosa a contatto con le vicissitudini
della vita, sulle sue emozioni, sulle sue debolezze, sulle sue
esperienze. Non più Dio, la sua Parola, il suo onore e la sua gloria è l’oggetto
della confessione della sua fede espressa nel canto, ma l’uomo con le
oscillazioni sublimanti o morbosamente deprimenti della sua sensibilità.
L’uomo diventa, anche nell’ambito ecclesiastico, la misura di tutte le cose e fa
di se stesso l’oggetto del proprio lamento o della propria lode. Karl Bart, ha
visto chiaro quando ha osservato che questo processo evolutivo segna né più né
meno che la defezione del protestantesimo della riforma: “La storia del canto
ecclesiastico ci mostra la secolarizzazione interna che si è prodotta”.
Tutta la secolarizzazione esterna del protestantesimo non è in definitiva che
“un sintomo di questa secolarizzazione interna visibile nella trasformazione del
canto nella chiesa”. La situazione non cambia affatto se da un pietismo
ripiegato nella dimensione interioristica-individuale si passa a un neopietismo
estrovertito nella prassi sociale: l’antropocentrismo permane sovrano.
Non è spesso così in molti canti e canzonieri nuovi, nelle chiese evangeliche?»
(Protestantesimo, anno XL, n. 3, p. 151).
Anche
Germano Giuliani focalizza la problematica: «Molti canti cristiani fanno
concorrenza al sentimentalismo del canzonette del mondo, dove Gesù è
ridotto a fare da contenitore alla tristezza, alla solitudine, all’angoscia, al
fallimento negli affari di cuore o ai dissensi finanziari. Con questi testi si
chiede di essere risollevati da quella “dolce mano forata”, di essere “cullati
dal suo amore” dopo ogni caduta morale o di scampare in extremis alle tragiche
conseguenze della droga, mentre si continua a ignorare volutamente l’etica
cristiana. Insomma, nel canto cosiddetto cristiano ricorre più un
Evangelo secondo l’uomo che non secondo Cristo» (La musica nelle chiese
cristiane oggi, ed. ADI-Media).
Cosa diversa
erano invece i canti della Riforma. La studiosa Margherita Fürst-Wulle
scrive così: «La Riforma fu una rivoluzione in canto. In Germania con le
prediche bibliche degli inni di Lutero, nei paesi della Riforma di Calvino
con il canto dei salmi ugonotti. Senza i sui inni Lutero sarebbe lo stesso
Lutero della storia, ma la Riforma, probabilmente, non sarebbe divenuto il
movimento popolare elettrizzante nella vastità con cui si è verificato. Disse il
gesuita Concelio (anno 1620): “I canti di Lutero hanno ucciso più anime che non
tutti i suoi scritti e discorsi”» (Il Canto Cristiano nella storia della
musica occidentale, ed. Claudiana).
È
significativo che l’autrice di questo libro definisca i canti scritti da Lutero
«prediche bibliche». Scrive ancora M. Fürst-Wulle: «Il canto della chiesa
è l’espressione poetica-musicale della fede e i suoi inni sono i fiori
sull’albero della teologia. Quando la teologia prende la forma dell’inno, essa
penetra presto nel cuore e nel pensiero di tutti, grandi e piccoli, colti e non
colti».
I nuovi
approcci alla devozione, invece, si propongono di destare
emozioni in modo artificiale ed esteriore. Si fanno, quindi, testi
insulsi, banali, tutt’altro che spirituali. Oggi vanno di moda
principalmente canzonette e brevi cori, che si ripetano in continuazione, senza
un vero contenuto dottrinale.
Ecco cosa
dice Germano Giuliani: «l responsabili di chiesa preoccupati di ritrovarsi con
la chiesa deserta dai giovani mollano il freno dell’etica
e della disciplina cristiana, concedendo che il luogo di culto si trasformi
perfino in un dancing...» (op. cit.).
Ecco qualche
considerazione anche riguardo ai tanti concerti cristiani, che si vedono
sempre di più in giro. Diciamo subito che in campo musicale la natura
pluralistica della chiesa oggi cede il passo all’individualismo e di conseguenza
al divismo. C’è da domandarsi, come fa Pasquale Di Nunzio, cosa ci sia di
spirituale in quei concerti, «dove i musicisti fanno di tutto per creare un’atmosfera
eccitante, muovendosi eccessivamente sul palco e invitando l’uditorio a fare
altrettanto, dove gli andamenti ritmici sono troppo veloci, i volumi alti e le
melodie non adatte al messaggio che si vuole trasmettere, dove le parole son
coperte dai volumi
dei suoni degli strumenti, da un battere eccessivo e pesante delle mani e da
urla d’incitamento dei presenti, dove magari molte canzoni sono presentate
in lingua straniera, e a parte qualche breve presentazione dei canti, non si da
spazio alla predicazione dell’Evangelo? Sono convinto che questi concerti non
servono a nulla, se non a divertire e a intrattenere l’uditorio... non
sono strumenti utili per condurre le persone a Cristo» (La musica nella
chiesa, UCEB).
Giustamente
scrive Germano Giuliani: «Nella musica cristiana è sempre di più in aumento il
numero di cantanti, strumentisti, complessi corali, corpi di ballo e di mimica e
dei più eccentrici giocolieri, che si esibiscono nella chiesa, nei teatri
e negli stadi in nome di Dio, ma con precisi scopi edonistici e venali» (op.
cit.).
Riguardo al
divertire l’uditorio sono significative le parole di A.W. Tozer: «Perciò
oggi restiamo meravigliati davanti allo spettacolo di milioni di dollari che
vengono riversati nel profano lavoro di fornire
divertimento terreno ai cosiddetti figli del cielo. Lo spettacolo religioso
in molti luoghi sta escludendo rapidamente le cose serie di Dio. Molte chiese in
questi giorni sono diventate poco più che poveri teatri, dove
“produttori” di quinto livello vendono la toro merce scadente con piena
approvazione dei leader religiosi, che riescono persino a citare i testi sacri
in difesa della loro scelleratezza. E difficilmente qualcuno osa levare la voce
contro. Il grande dio spettacolo diletta i suoi devoti» (La radice del
giusto, ed. Verso la Meta). Tozer scriveva queste cose negli anni Sessanta
del secolo scorso; mi domando cosa direbbe se vedesse oggi come vanno le cose...
Il grande
predicatore Martyn Lloyd-Jones, sempre a proposito di questo argomento, scrive:
«Purtroppo, la pressione a produrre risultati evidenti ha indotto molte opere a
sacrificare la centralità della predicazione biblica sull’altare di un
pragmatismo centrato sull’uomo. Sta emergendo un nuovo modo di fare...
chiesa. In questo radicale cambiamento di paradigma, l’esposizione della
Scrittura è stata sostituita da intrattenimento, la predicazione dalle
esibizioni, la dottrina dalla recitazione e la teologia dalla teatralità. Il
pulpito, ovvero la predicazione, che, un tempo, era il punto focale della
chiesa, è oscurato oggi da una varietà di tecniche atte a fare crescere
di numero le chiese. Queste tecniche vanno dall’uso di stili di culto alla moda
a rappresentazioni teatrali abbaglianti. Pur di trovare il trucco vincente, una
nuova ondata di pastori sta reinventando la chiesa e confeziona l’Evangelo come
se fosse un prodotto da vendere ai consumatori» (Fame nel paese,
ed. Associazione Verità Evangelica). Molto del canto e della musica cristiana
moderna è parte di questo nuovo modo di fare chiese, di cui parla Lloyd-Jones.
3. MUSICA SACRA O PROFANA?
{Antonio Capasso}: Riguardo a questo tema ho dovuto pensare ai seguenti brani
biblici: «…e offrirono davanti ai Signore del fuoco estraneo» (Levitico
10,1). «Se tu separi ciò che è prezioso da ciò che è vile, tu sarai come la
mia bocca» (Geremia 15,19). «Come potremmo cantare i canti del Signore in
terra straniera?» (Salmo 137,4).
Oggi in
molti sono persuasi che, facendo il connubio tra musica profana e musica
sacra, si arriva più facilmente alle persone non convertite. Con questi nuovi
generi musicali si crede di rendere meno noiosi i culti e di aumentare le file
delle chiese.
Cosa
s’intende con il termine «profano»?». A ciò Peter Masters risponde come
segue: «Essere “profano” significa trattare le verità bibliche e tutto ciò che è
sacro con irriverenza e trascuratezza, così da violarle e corromperle»
(«Adorazione “razionale” o “estatica”? Adorazione “sacra” o “profana”?»;
qui).
Le domande che restano sono le seguenti: Che cosa rende la musica profana o
sacra? Se c’è una netta distinzione tra sacro e profano nella musica, qual
è? Chi ha studiato la musica quale fenomeno, afferma che essa, in realtà, è in
se stessa neutra; sono i
contenuti dei testi e lo scopo, con cui viene utilizzata, a definirla
sacra o profana. Questo significa che è importante guardare al messaggio, che un
genere musicale trasmette, e alla cultura e allo stile di vita, che essa crea.
Se, quindi, un genere musicale è nato per veicolare un messaggio e una cultura
contrari a Dio e alla sua legge morale, è da considerare profana. Ciò significa
che usare per la musica cristiana generi musicali (cfr.
rap, hardcore, punk-rock, metalcore), che
sono sorti con un messaggio contrario a Dio e alla sua legge morale,
significa fare una commistione fra sacro e profano.
Prendiamo ad esempio il genere «rap»
(dall’inglese rap «colpo, rimprovero, colpire, chiacchierare»). Germano
Giuliani afferma in proposito: «Come si può pensare di fare musica cristiana con
un genere caratterizzato da veri e propri boati, da stridori agghiaccianti,
cantilene assillanti e ipnotizzanti, da effetti prodotti da dischi fatti girare
al contrario, sconvolgendo ogni ordine e logica musicale? Tutto ciò non è in
contrasto con l’Iddio che è ordine? (1 Cor 14,33)» (op. cit.). Il «rap» è
una musica «arrabbiata», che ebbe come ideologo Joe Tex, un mussulmano
oltranzista e razzista (cfr.
qui e
qui).
Un altro
esempio lo si può fare con il genere «metal». Ecco ciò che dicono gli
storici del rock a proposito del metal: «La luce è sostituita dall’oscurità,
l’ottimismo dal cinismo e dalla disperazione, in alcuni casi si arriva a
trattare di satanismo (black metal) e, in contrapposizione, di
Cristianesimo (white metal), rendendo il messaggio portato dal brano, ancora più
profondo e penetrante dal punto di vista personale e interiore. Le
caratteristiche apertamente anticristiane e demoniache di alcune band
appartenenti, perlopiù, alla scena black metal e thrash metal (per esempio
Burzum e gli Slayer) hanno portato numerose critiche al metal in generale, più
volte accusato di essere diseducativo, blasfemo, o addirittura semplicemente
“malvagio”» (Wikipedia).
Come si può pensare di fare musica cristiana con questo genere musicale?
Non si creda
che la musica mondana venga cristianizzata per il semplice fatto di
eseguirla in chiesa e per scopi cristiani. Ci fu un periodo nella storia della
chiesa cattolica in cui si volle inserire nel culto la musica di stampo
sfacciatamente mondano, con l’intento di santificarla e di santificare gli
esecutori. Questa operazione, che è ancora vigente in molte chiese anche
evangeliche, era detta «travestitura». Il promotore di questa prassi fu
il vescovo compositore Giovanni Ancina (anno 1500). Alle musiche e ai balletti
delle strade, delle bettole, e delle feste da ballo veniva applicato un testo
sacro. Anche oggi non è nuovo vedere musiche di canzoni mondane, a cui sono
state cambiate le parole con un testo sacro. Di recente si è visto la canzone
«Waka Waka» di Shakira trasformata in un canto cristiano. Come anche la canzone
«Mi batte il corazon» anch’essa travestita con un testo sacro.
Peter
Masters ha scritto: «La necessità di distinguere tra sacro e secolare o
profano, oppure tra spirituale e mondano, è sempre stato un principio guida
fondamentale per i cristiani. L’“atmosfera” della casa di Dio deve certamente
essere gioiosa, ma al contempo deve onorare il criterio biblico della riverenza
(cfr. Eb 12,28). Fino a gli anni sessanta [del secolo scorso, N.d.R.], la
maggior parte degli evangelici riteneva che la chiesa e il mondo
dovessero vivere e vivessero secondo principi, norme e gusti diversi e
contrapposti tra loro. Perciò i divertimenti e gli svaghi comuni tra i
non-convertiti erano guardati con sospetto. L’adorazione spirituale non dovrebbe
mai essere confusa, mescolata o contaminata con ciò che è reputato “mondano”, in
quanto appartiene all’ambito di ciò che è sacro mentre le altre cose all’ambito
del profano. Gli evangelici erano convinti che il Dio Onnipotente ne sarebbe
stato offeso e credevano che il peccatore perduto non poteva essere chiamato
fuori dal mondo mediante la testimonianza di una chiesa che ne avesse adottato
lo stile di vita e i valori. In pratica, si giudicava che integrare il culto
tradizionale con ciò che proveniva da una qualche cultura alternativa e che
promuoveva, ad esempio, il sesso libero, l’uso delle droghe e le orge emotive
non solo sarebbe stato inappropriato, ma anche e soprattutto peccaminoso» (op.
cit.;
qui).
È il caso di
ricordare le parole del profeta: «I suoi sacerdoti violano la mia legge e
profanano le mie cose sante, non distinguono fra santo è profano, non
fanno conoscere la differenza che passa fra ciò che è impuro e ciò che è puro,
chiudono gli occhi... E io sono disonorato in mezzo a loro»
(Ezechiele 22,26).
Germano
Giuliani scrive: «Dobbiamo preoccuparci di cantare col cuore al Signore sotto
l’impulso della grazia (Col 3,16), facendo attenzione che il
contenuto della canzoni esprima delle verità spirituali profonde, che la
musica si adatti bene alle parole e alle circostanze, che i volumi siano
moderati ed equilibrati, in modo che la musica possa essere uno strumento per
condurre i cuori dei credenti a un’adorazione fervida e a una lode profonda e
gioiosa del Signore. Le parole dei canti cristiani devono avere la
preminenza sulla musica e sulla melodia, solo così potranno raggiungere
l’obbiettivo di glorificare Dio e preparare i cuori a ricevere la Parola di Dio»
(op. cit.).
Qualcuno ha
detto: «Se gli inni sono cantati con troppa velocità e oltre i limiti della
vivacità necessaria, si corre il rischio di sorvolare sul contenuto del
testo e, in tal caso, si finisce con il ridurre il canto a una mera
eccitazione dei sensi, impedendo di fatto che Dio ci parli per mezzo di
esso» (Ines Ibero de Buceta). Purtroppo però, come abbiamo già detto in
precedenza, in molta musica moderna spesso i testi sono poveri di contenuto, con
parole e slogan banali, che si ripetono continuamente e che non hanno
nessun valore. Per non parlare poi dei ritmi della musica, i quali non aiutano a
preparare i cuori e la mente all’adorazione e all’ascolto della Parola, ma
favoriscono l’eccitamento dei sensi e i movimenti del corpo con ritmi
troppo aggressivi e martellanti e con volumi molto alti.
Un ultima
considerazione la vorrei fare riguardo alla
spettacolarizzazione della musica cristiana da parte di tanti cantanti
cristiani. Siamo ormai di fronte a un vero divismo di molti cantanti
cristiani. Sono nate da diverso anni ormai addirittura dei festival della
musica cristiana con tanto di giurie e premi. Si fanno anche i promo per
promuovere i CD dei diversi autori cristiani con tanto di video personale, che
vengono pubblicizzati a destra e a manca. Il fini di tutto questo non è la
gloria di Dio, ma l’acclamazione del pubblico e non ultimo un proprio
tornaconto economico. Spesso anche le case discografiche tendono a celebrare
la figura degli artisti cristiani allo stesso modo degli artisti del mondo.
Spesso si legge delle grandi performance ottenute, di avere partecipato a
selezioni, spettacoli, avere vinto premi, e altro ancora. C’è da chiedersi: la
gloria non deve appartenere soltanto a Dio? Ogni cosa buona, che è in noi, non
proviene da Lui?
Che Dio ci
aiuti a vigilare sulla musica e il canto cristiano. Fare musica e canto, senza
tenere conto dei metodi e delle norme scritturali
da adottare, non è biblico. Anche in questo aspetto della vita della chiesa
dobbiamo rimanere saldamente attaccati alla Parola di Dio (2 Tim 3,16-17), per
essere veri adoratori (Gv 4,23).
Per
l’approfondimento rimandiamo ai seguenti articoli
►
Il ministero musicale nella chiesa neotestamentaria
{Leigh Pennington} (A)
►
Inni che evito di cantare {Nicola Martella} (A)
►
Musica equivoca fra sacro e profano
{Nicola Martella} (D)
►
Testo e musica dello Spirito Santo 1
{Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Music_canto_devoz_Esc.htm
04-06-2013; Aggiornamento: |