Questo articolo nasce dalla constatazione che in
alcune chiese le donne siedono da una parte e gli uomini dall’altra, mentre in
altre chiese non esiste questa divisione. Coloro che siedono separati,
sostengono che è un ritorno alle origini. Chi ha ragione? Chi ha torto? Qual
era il posto delle donne nelle sinagoghe del primo secolo? Qual era la loro
situazione religiosa?
Oggi e allora
Oggi, il culto pubblico in
una sinagoga può avere luogo solo se ci sono almeno dieci maschi adulti. Le
donne non contano per il raggiungimento di questo quorum. Inoltre, all’interno
della sinagoga, le donne sono separate dagli uomini: le donne partecipano al
culto in un
ezrat našim, un palco o una sezione del locale con un divisorio, che si
trova accanto o dietro la sezione degli uomini. Le cose erano notevolmente
diverse ai tempi di Gesù.
Ai tempi di Gesù non c’era alcuna separazione dei sessi
nella sinagoga; l’usanza moderna di separare gli
uomini dalle donne nella sinagoga è forse dovuta all’influenza dell’Islam, a
partire dal settimo secolo. Per quanto ne sappiamo le donne potrebbero
essere state contate come parte dei dieci individui necessari per il quorum
religioso. Questo permetteva alle donne ebraiche di essere attive nella vita
religiosa della comunità più di quanto lo siano oggi.
I «dieci»
Secondo la tradizione, per avere una congregazione o
una
edah, devono essere presenti almeno dieci persone. Boaz ha raccolto dieci
anziani di Betlemme per presenziare la transazione legale che gli ha dato
possesso della terra che è appartenuta a Naomi e a Ruth la Moabita, sua moglie
(Ruth 4,2). Dal primo secolo d.C. è stato stabilito che ogni incontro religioso
pubblico o ufficiale doveva avere almeno dieci persone. Quindi, la preghiera
pubblica dell’assemblea non poteva essere condotta senza questa presenza minima.
La decisione che riguarda questo numero minimo richiesto è contenuta nella
Mišnah.
I Giudei moderni chiamano il quorum dell’assemblea un
minjan (numerazione, conteggio). Ai tempi di Gesù, tuttavia, quando i
Giudei volevano riferirsi al quorum richiesto, essi utilizzavano il termine
asarah
(dieci). Utilizzata con questo significato, la parola
minjan non compare nella letteratura Giudaica prima del quindicesimo o
sedicesimo secolo. Quando essa ricorre nelle fonti del periodo biblico, si
riferisce a una votazione fatta dai membri del Sinedrio.
È importante che l’idea, secondo cui dieci maschi sono
richiesti per questo quorum, non si trova nelle fonti antiche, almeno prima
dell’anno ‘500. Prima, quindi, le donne avrebbero potuto essere contate come
parte dei «dieci». Anche in seguito, come lo studioso giudaico Rabbi Tam ha
riconosciuto, le donne potevano essere contate come parte del quorum
dell’assemblea. Nel primo secolo, le donne frequentavano la sinagoga,
anche se meno degli uomini. Questo può essere documentato facilmente dalle fonti
letterarie. I seguenti sono solo alcuni esempi.
■ Gdc 5,24 registra la benedizione di Debora su Jael: «Sia
benedetta fra le donne che abitano nelle tende». La traduzione del Targum è:
«Come una delle donne che prestano attenzione alle case di studio, lei sarà
benedetta», traducendo «tende» con «case di studio». «La casa di studio» (in
ebraico bet midraš) è un’espressione equivalente a «sinagoga», poiché gli
studi avevano luogo nella sala di riunione della sinagoga o in una stanza
contigua a essa.
■ Nel Talmud di Gerusalemme viene posta la seguente
domanda: «In una città in cui tutti i residenti sono sacerdoti, quando essi
alzano le loro mani [nella sinagoga] e danno la benedizione sacerdotale, chi
risponde “Amen”?» (ai sacerdoti non è consentito di dare la risposta alla
propria benedizione). La risposta è: «Le donne e i bambini» [Talmud di
Gerusalemme, Berachot 9d]. Sebbene non sia il
punto centrale della discussione, questa decisione rabbinica indica che le donne
partecipavano al servizio della sinagoga.
Di esempi del genere ce ne sono molti altri.
Obbligo religioso?
I moderni studiosi Giudaici spiegano spesso la non
inclusione delle donne nel minjan come la conseguenza dell’esenzione
delle donne dai comandamenti positivi che devono essere osservati insieme.
Poiché il culto pubblico è un comandamento che è fatto insieme, questi studiosi
dicono che le donne sono esenti dalla partecipazione al culto pubblico. Per
esempio, non ci si può aspettare che una donna che allatta un bambino assista a
un servizio nella sinagoga.
La sezione delle donne
Nel primo secolo non c’era alcuna speciale sezione
delle donne nella sinagoga. Non c’era nemmeno alcun divisorio, come c’è oggi,
che separa le donne dagli uomini.
È vero che nelle sinagoghe in terra d’Israele risalenti
al quarto secolo, sono state trovate delle gallerie. La prova architettonica di
queste gallerie sono i resti di scale che sono state trovati nelle rovine di
alcune sinagoghe. Tuttavia, le gallerie non erano necessariamente per le donne.
Questo viene confermato dal fatto che il fondo delle scale era spesso situato
dentro la sala di riunione, come per esempio nella sinagoga a Khirbet Shema
(quarto secolo d.C.) e in varie altre. Quindi, qualsiasi donna che voleva
raggiungere una tale galleria doveva mescolarsi con gli uomini; una
contraddizione all’ipotesi che nella sinagoga ci fosse separazione tra gli
uomini e le donne.
Fuori dalla terra d’Israele, gli archeologi hanno
scoperto una sinagoga, preservata incredibilmente bene, a Dura-Europos. Questa
sinagoga della metà del terzo secolo d.C. dà una prova che non c’era alcuna
separazione tra uomini e donne nell’antichità. Nella sinagoga di Dura-Europos,
l’assemblea stava seduta su due file di panche che riempivano la sala di
riunione di forma rettangolare su tutti i quattro lati. Non c’era alcun
divisorio né lungo le panche né all’interno della sala (e non c’era alcuna
galleria). Questa mancanza di divisorio indica che le donne non erano separate
all’interno della sinagoga. Le panche, disposte in fila e prive di divisorio,
facevano parte dell’architettura della sinagoga del primo secolo a Masada.
Inoltre, la sinagoga di Masada, aveva una sola entrata. Una singola entrata
significa che le donne si mescolavano agli uomini quando entravano e quando
uscivano dalla sinagoga.
Nessuna separazione
Neanche nel tempio c’era una separazione rigida tra gli
uomini e le donne. Alle donne era permesso d’entrare in ogni area del recinto
del tempio, alla stessa maniera degli uomini. Il Cortile delle Donne, il cortile
esterno del tempio, non era riservato solo alle donne; in questo cortile, uomini
e donne erano uniti. Gli uomini dovevano attraversare il Cortile delle donne per
raggiungere il Cortile degli Israeliti (il Cortile degli Uomini). Nel Cortile
delle donne c’erano diverse stanze, come la Camera dei Nazirei, alla quale
avevano accesso sia gli uomini che le donne. Le riunioni pubbliche avevano luogo
nel Cortile delle donne: era là che, nel Giorno dell’Espiazione, il sommo
sacerdote leggeva la Torah davanti al popolo; e in questo cortile si teneva la
qahal, ossia l’assemblea pubblica degli «uomini, donne, bambini e stranieri»
per la lettura pubblica della Torah, che si teneva ogni sette anni durante la
Festa dei Tabernacoli (Dt 31,10-13). (N.d.R.: Nell’Antico Testamento non ricorre mai un
«cortile delle donne» riferito al tempio, ma si parla solo di un «cortile
interno» e di un «cortile esterno».)
Il cortile esterno del tempio era chiamato Cortile
delle Donne perché le donne non andavano oltre esso. Similmente, il Cortile
degli Israeliti era così chiamato perché gli uomini non andavano oltre esso.
Tuttavia, come gli uomini, le donne che offrivano i loro sacrifici sull’altare
del Cortile dei Sacerdoti, per poterlo fare attraversavano il Cortile degli
Israeliti. Se, per esempio, una donna offriva un’offerta di primi frutti, si
avvicinava all’altare, agitava l’offerta e l’ha metteva accanto all’altare.
Una disuguaglianza
Ai tempi di Gesù, le donne partecipavano alla vita
religiosa della comunità. Questo includeva la partecipazione ai servizi nella
sinagoga e alle sessioni di studio che venivano condotte nella bet midraš
(casa di studio) della sinagoga. Non c’era separazione dei sessi nelle sinagoghe
e le donne potevano (ma non ne abbiamo la certezza) essere state contate come
parte del quorum dell’assemblea, che richiedeva dieci adulti. C’era, tuttavia,
una disuguaglianza. Alle donne non era permesso di leggere pubblicamente le
Scritture.
Nel Talmud Babilonese e nel Tosefta, troviamo una
decisione rabbinica: «Tutti sono qualificati a essere tra i sette [che leggevano
pubblicamente dalla Torah nella sinagoga in giorno di Sabato], anche un
minorenne o una donna; tuttavia, i saggi hanno decretato che una donna non deve
leggere dalla Torah per rispetto all’assemblea» (Talmud Babilonese, Megillah
23a; Tosefta, Megillah 3,11). Questo è evidentemente un riferimento allo stesso
costume o decoro citato da Paolo nella prima lettera ai Corinzi: «Tacciano le
vostre donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono
essere sottomesse, come dice anche la legge. E se vogliono imparare qualche cosa
interroghino i propri mariti a casa, perché è vergognoso per le donne parlare in
chiesa» (1 Cor 14,34s).
Paolo ha capito la necessità della correzione, perché
nelle prime assemblee cristiane, che seguivano la pratica giudaica, era cosa
normale e abituale interrompere colui che parlava per porre delle domande. Nelle
sinagoghe del primo secolo, dopo la lettura delle Scritture, seguiva una
predicazione e una discussione. Questa esposizione delle Scritture era qualcosa
di più che un semplice sermone, e i partecipanti erano incoraggiati a fare delle
domande. Infatti, il domandare era talmente il cuore del metodo d’insegnamento
rabbinico che il predicatore-insegnante, spesso iniziava il suo sermone dopo che
si era messo seduto e aver aspettato fino a quando qualcuno degli ascoltatori
non poneva delle domande. È simile a quello che noi chiamiamo «domande e
risposte». Da noi si usa spesso, come mezzo di chiarimento, alla fine di una
conferenza. Nella società giudaica del primo secolo questo era il metodo
principale di istruzione. (N.d.R.: Tale prassi, che noi chiamiamo «studio
partecipato», viene usato in alcune chiese, ad esempio in quelle in cui Nicola
Martella è stato coinvolto nella fondazione. Ciò avviene sia nelle «cellule
bibliche» nelle case, sia negli incontri plenari nella sala di culto)
Dall’ingiunzione di Paolo sappiamo che negli incontri
religiosi pubblici dei primi cristiani, le donne sedevano nella stessa sala con
gli uomini, probabilmente vicine ai loro mariti o ai loro padri. Il comandamento
che Paolo dà, implica un uditorio misto: non ci sarebbe stato niente di
indecoroso se una donna avesse fatto una domanda in un gruppo composto
interamente di donne.
Se ci fosse stata una separazione tra gli uomini e le
donne nelle sinagoghe del primo secolo, è probabile che la chiesa iniziale ne
avrebbe continuato l’usanza. Tuttavia, il Nuovo Testamento non dà alcuna
indicazione che la chiesa iniziale avesse avuto una tale usanza. (N.d.R.:
Bisogna considerare che normalmente gli incontri avvenivano nelle «chiese in
casa» [cfr. Rm 16]. Sarebbe stato veramente difficile essere separati in casa,
anche visto che erano in genere abbastanza piccole.)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Donne_in_chiesa_UnV.htm
2007; Aggiornamento: 03-02-2008 |