Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dall’avvento alla parusia

 

Prassi di chiesa

 

 

 

 

La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:

■ Aspetti introduttivi

■ Gesù di Nazaret

■ Gli Evangeli

■ Dall’ascensione alla fine dei tempi

■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LA DECIMA E IL SOSTEGNO ALLA CHIESA

 

di Gianni Siena

 

Gianni Siena proviene dalla Assemblee dei Fratelli. Partito dalle Puglie, molti decenni or sono, sul suo cammino incontrò le chiede delle ADI, dove divenne membro e dove è rimasto fino a oggi; è attualmente membro di una chiesa ADI di Genova. Egli scrive sul tema della decima con una particolare attenzione a tale particolare ambiente pentecostale. Tuttavia, le sue riflessioni storiche e dottrinali possono aiutare nella riflessione su questo tema anche credenti di altri ambienti.

     Prima di arrivare a questa versione finale, ho dovuto elaborare, correggere e adattare più di uno scritto preliminare, facendo osservazioni e obiezioni. Questo articolo è il risultato di tale confronto redazionale.

     Faccio notare che con Gianni Siena abbiamo avuto un confronto già nel 2008 nell’articolo «Decime e approssimazioni storiche e teologiche»; egli prendeva posizione riguardo all’articolo «Decime e offerte volontarie» (cfr. anche i temi di discussione risultanti: 1 | 2). In tale confronto si possono leggere le sue tesi d’allora e le mie osservazioni e obiezioni a esse. Riguardo alle attuali tesi di Gianni Siena, per molti aspetti condivisibili, rimando a tali mie osservazioni e obiezioni. Un aspetto non trattato da Gianni Siena riguarda la differenza fra «decime» (l’AT ne parla anche al plurale, riguardando cose differenti, p.es. prodotti dei campi e armenti) e «offerte volontarie» (cfr. Lv 27); si veda sopra il mio articolo. Per questo ho aggiunto «obbligatorie» a offerte, quando egli ne parla nella locuzione «decima e offerte», pretese da alcuni conduttori. Infatti, a differenza delle decime, le «offerte volontarie» sono previste anche nel NT (cfr. 1 Cor 16,3; 2 Cor 8,2; 9,5ss.11ss). {Nicola Martella}

 

Nella chiesa di Gerusalemme i credenti misero insieme ogni avere, per andare incontro all’enorme necessità di nutrire i convertiti indigenti e per aiutare i forestieri, che volevano fermarsi un certo tempo lì, per istruirsi nella dottrina degli apostoli.

 

1.  LE MIE PRIME ESPERIENZE PERSONALI: Scrivo su un argomento impegnativo, ma reso «spinoso» dalla tesi dei «decimalisti», come dare tempo e denaro per l’opera del Signore, ovvero, alla chiesa.

     Mi convertii nel 1975 e, senza che fosse una «novità», ascoltai e lessi la tesi di più di uno, che sosteneva la «norma biblica» di dare la decima e offerte obbligatorie all’opera di Dio (= alla chiesa).

     Ero curioso di sapere, se questa fosse la volontà di Dio per me e per gli altri credenti. Io non avevo mai considerato tale idea: leggo la Bibbia dall’età di 7 o 8 anni e non mi sono mai accorto di questa pratica nel NT.

     I primi cristiani mettevano tutto in comune per far fronte alla necessità di sostenere le migliaia di neoconvertiti bisognosi (At 2,44; 4,33). Offrirono generosamente per soccorrere i credenti giudei durante la carestia al tempo di Claudio (At 11,27-30). Sostennero generosamente i missionari cristiani con le loro offerte volontarie, e a fare questo furono le chiese più povere (Fil 4,10-20). Ma la dottrina della decima, come «minimo» dovuto alla chiesa, la stavo ascoltando per la prima volta nella mia vita.

     Infatti con questa minima disponibilità la comunità locale potrebbe fare molto; l’economia è un tema molto gettonato anche nella chiesa: il denaro è una buona risposta per tutte le necessità materiali! (Ec 10,19).

     Negli anni ‘70-’80 del secolo scorso, numerosi credenti evangelici, pentecostali e soprattutto carismatici, scoprirono la gioia di offrire i loro beni materiali, fra cui il denaro: v’erano delle edificanti testimonianze.

     In quegli anni, però, prese piede anche la «dottrina della prosperità», che prometteva ricchezza da parte di Dio a chiunque avesse «pagato» decime e offerte obbligatorie al Signore (= alla conduzione della chiesa).

     Chi sosteneva (e sostiene ancora) questa dottrina, sovente, aveva (e ha) certamente un personale tornaconto nella raccolta delle decime e delle offerte obbligatorie: in certi luoghi si trattava di somme ingenti di denaro.

     Ho incontrato nella mia vita di credente diverse persone che, liberamente e con gioia, praticano ancora la decima e tutte sono spiritualmente soddisfatte di dare così. Tuttavia, in altri ambienti, fra gli «amministratori», sono avvenuti scandali; in talune chiese, qualcuno s’è impossessato del denaro, spendendolo futilmente, ed è intervenuta la legge, arrestando e processando chi aveva sbagliato. Molti anni fa, in una chiesa sparì completamente il denaro dalla cassa e vi fu una divisione molto dolorosa.

 

2.  UN PANORAMA VARIEGATO: Nella palestra, dove mi alleno, ho incontrato un fratello, che non frequenta più la mia comunità (= la decima non c’entra, e non è mai stato un membro iscritto). Nella nuova comunità, dove poi frequentava, gli fu chiesto di pagare la decima e offerte obbligatorie che, a loro dire, sarebbe una «norma scritturale». Egli lavora e, con sua moglie, incassa un reddito sufficiente per vivere dignitosamente; ed ha smesso di frequentare anche lì: la vicenda mi ha spinto a scrivere queste righe.

     Nel 1976, mentre stavo andando a lavorare, mi giunse la notizia del sisma, che sconvolse il Friuli Venezia Giulia; quando la chiesa organizzò gli aiuti, inviai la decima parte del salario netto di allora. Ero un giovane scapolo, abitavo da solo e spendevo quasi tutto il salario per le necessità e, si badi bene, il cuore mi suggerì il gesto; non avevo mai affrontato così la «decima».

     Offro regolarmente alla chiesa, in ogni occasione, per il suo mantenimento; e per le altre attività. Ho più di quanto mi occorre, ma la vicenda del fratello mi spinge ad approfondire l’argomento sul quale spero poter fare definitiva chiarezza.

     Nel 1976 ottenni il trasferimento a Genova, dove vivo; e l’allora pastore della comunità, parlando al condizionale, mi espose il suo pensiero sulla decima, e sui vantaggi, se tutti i credenti l’avessero adottata. Egli, sollecitato dai presenti, ripeté gli stessi ragionamenti in un campeggio estivo nel 1977.

     Alcuni credenti del movimento pentecostale, che hanno ora 80 anni, dicono che la decima non è mai stata obbligatoria. Naturalmente v’era anche chi la riteneva normativa. Alcuni moderni pastori delle ADI, di mia conoscenza, le sono propensi, la praticano ma, si badi bene, non è «statutaria»: la consigliano all’occasione, la insegnano ma affermano, ed è vero, che non esiste l’obbligo.

     Quando qualcuno ne parla o scrive a favore della sua normatività, come «sospinto» o «ispirato», e cita la Bibbia; dubito che abbia mai approfondito l’argomento anche da un diverso punto di vista.

     Nella denominazione avventista, invece, la decima è normativa; leggendo un loro articolo ho scoperto che il «pensiero» del pastore della mia comunità nel 1977 ricalcava la stessa dottrina; aveva visitato, a Roma, la tipografia avventista, vantandomene la grandezza: se anche i pentecostali avessero avuto l’entrata della decima...!

     Molti anni fa, un mio caro amico, pastore di una chiesa di diversa denominazione, disse: «Le ADI sono generosissime». Nella sua denominazione il Sinodo Generale non aveva convinto i membri iscritti a versare il 2% dei loro introiti, per sostenere la chiesa.

     Il problema è dunque duplice: ▪ 1. Vi sono chiese, che stentano a sostenersi per l’avarizia dei loro membri, ed è un’ingiustizia. ▪ 2. Vi sono chiese dove hanno molto, ma biblicamente, secondo alcuni, si dovrebbe chiedere di più ai credenti.

 

3.  CHE COSA AFFERMA IL NT?: È giusto, sotto il profilo biblico del NT, «obbligare» il credente a versare la decima? No. Secondo le conclusioni del Concilio di Gerusalemme risulta: «Nessun altro peso» (At 15,28).

     Nella chiesa primitiva un alto numero di pagani si convertì al Signore. Alcuni, che in precedenza avevano aderito al giudaismo attraverso il proselitismo dei farisei (Mt 23,15), affermarono la necessità di farli circoncidere ai fini della salvezza. (At 15,1). Paolo e Barnaba non condividevano questa concezione e s’appellarono alla conduzione di Gerusalemme.

     Gli apostoli e gli anziani confermarono quanto sostenevano Paolo e Barnaba; essi imposero ai nuovi convertiti di osservare solo alcuni comportamenti, dai quali i credenti ebrei avrebbero tratto un segnale importante: i gentili s’erano ravveduti realmente dall’idolatria dei loro padri.

     I responsabili di Gerusalemme scrissero ai neocredenti concludendo così: «Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso» (At 15,28). Che cosa significava? Non fu imposto loro nessuna norma biblica della Legge di Mosè concernente riti, costumi e usi prettamente giudaici e «normativi» per Israele.

     I sostenitori della «norma», cioè, coloro che vorrebbero vincolare al pagamento della decima, affermano: Tutti, Ebrei e pagani, pagavano la decima. In un certo senso hanno ragione, poiché la decima esisteva come tassa anche nell’ordinamento fiscale dello Stato romano.

     Come sappiamo dalla Legge di Mosè, gli Ebrei residenti in Terrasanta la pagavano ai leviti.

     La decima sui prodotti agricoli e sugli allevamenti era norma fiscale ampiamente praticata in Grecia, prima della conquista dei Romani: molto prima della nascita di Cristo.

     I Romani l’avevano pure nella loro legislazione almeno dall’età repubblicana: i possessori di terreni, di allevamenti, di attività economiche, pagavano questa tassa allo stato, romano o greco, o al tempio di un dio o di una dèa (Enciclopedia Treccani). Forse, perché consapevole di questa realtà, Paolo descrisse i funzionari erariali romani come «ministri di Dio», che attendevano sempre a questo scopo. (Rom 13,6).

     La decima si pagava in natura (prodotto dei campi e degli allevamenti) come avveniva fra gli Ebrei (Lv 27,30-34). Oppure si pagava in denaro (Dt 14,22-27). Si pagava su un bottino di guerra (Enciclopedia Treccani); questa cosa la fece già Abrahamo ai suoi tempi (Gn 14,20).

     Essa, come «dovuta» agli dèi, era vigente presso Fenici, Cartaginesi e altri popoli antichi (René Pache, «Decima, Nuovo Dizionario Biblico, ed. Centro Biblico, p. 212).

     «La storia delle religioni vede nella decima un’istituzione molto antica e molto diffusa sia tra i popoli del Medio Oriente, sia tra gli egiziani, sia tra gli antichi romani; se ne parla addirittura nei libri sacri dell’antica Cina» (A. Caracciolo, R. Rizzo e altri, «Decima e Offerte: La Parte Di Dio», Il Messaggero Avventista).

 

4.  UN OBBLIGO: Abrahamo non fece un gesto di generosità verso Melchisedech, ma un atto imposto dalla consuetudine. Nel dare la decima, egli agì anche in nome dei suoi alleati, che avevano diritto a una parte di bottino (Gn 14,24). Oggigiorno, in campo cristiano qualcuno afferma, invece, che si sarebbe trattato del gesto di un uomo pio, che generosamente donò al sacerdote di El Elion la decima parte del bottino; e invece «no»!

     La «decima» sul bottino di guerra esisteva anche presso Greci e Romani ed è ben attestata, anche se per periodi più recenti; spettava al condottiero fare questa operazione (Enciclopedia Treccani).

     Riguardo ad Abrahamo si sostiene pure che, essendo stato egli sotto la «grazia» (Rm 4; Gal 3,17s), il suo gesto fu da Dio trasformato in norma per Israele e per la chiesa; anche qua ho dei dubbi.

     Nello stesso periodo, caratterizzato dalla grazia, i patriarchi non pagavano alcuna decima; allora, perché i moderni credenti sotto la stessa grazia, invece sarebbero sottoposti a questo obbligo? Non ci siamo! Abrahamo era, in quel preciso momento, padrone del bottino e (come capo della spedizione) responsabile di versare la decima al sacerdote: cosa che fece prima di restituirlo, generosamente e con giuramento, al re di Sodoma.

     Prima del patriarca Abrahamo, esisteva probabilmente già una legge non scritta sulla decima in varie forme. Da qualche parte ho letto che, quando l’ateniese Solone era in visita i Egitto, un sacerdote egiziano di Sais, parlando sulle vicende di Poseidone, quando ebbe Atlantide, iniziò il racconto dicendo che, «gli dèi si divisero le terre e in esse stabilirono culti e sacrifici in loro onore». (Platone, Dialoghi di Timeo e Crizia)

     Culti e sacrifici in onore delle divinità richiedono l’istituzione di un sacerdozio e infatti, come se l’uso fosse esistente, un consapevole Giacobbe si impegnò a dare la decima di ogni bene materiale, che Dio gli avrebbe provveduto (Gn 28,20-22). Giacobbe andò poi a Bethel (Gn 35), ma non versò alcuna decima lì; la stessa cosa fece Isacco: solamente Abrahamo, fra i patriarchi, diede in quell’occasione la decima.

     Questo fatto esige una spiegazione dunque, siccome alcuni fra i cristiani la propongono come se fosse norma: insegnano che si debba pagare il 10% sui redditi percepiti. V’è chi sostiene persino che la decima vada calcolata sul reddito lordo; ma lo stato preleva sullo stesso lordo del singolo mediamente il 25%; e con altre imposte arriva a quasi il 50%.

     Se si vuole calcolare la decima sul salario lordo, va anche osservato che, ripeto, sotto la grazia Abrahamo non pagò la decima sui suoi averi; lo stesso fecero Isacco e Giacobbe: questo è evidente nella Scrittura. Abrahamo era molto ricco, in mandrie e greggi, argento e oro (Gn 13,2), ma non versò un centesimo di tutto questo a Melchisedech. Pur ricchi, lo stesso fecero i suoi discendenti.

     L’unico, che promise a Dio di dare la decima, sui beni ricevuti fu Giacobbe, di cui però non leggiamo che lo abbia mai fatto, perché prima doveva realizzarsi la promessa divina riguardo al possesso della Terra di Canaan (Gn 28,13-14). Dunque, la decima era legata al possesso della terra di Canaan e al patto di Dio a favore dei leviti, che non avevano ricevuto terre. Infatti, la decima era, secondo l’evidenza biblica, un sostegno ai leviti e ai sacerdoti.

     La chiesa è un sacerdozio regale (1 Pt 2,5), ma le manca un territorio teocratico e un «popolo», che le dia decime e offerte obbligatorie. Infatti, i primi a sottolineare le decime del Vecchio Testamento furono Agostino e Ambrogio, che nel loro secolo si consideravano «sacerdoti» secondo il modello cattolico romano. Al contrario, i primi conduttori della chiesa cristiana erano soprattutto laici.

     Anche gli Avventisti considerano i loro pastori come «ministri» alla stregua dei leviti. Alla luce del NT, è un errore la loro seguente tesi: «Oggi, invece dei Leviti, abbiamo ministri di culto che – come loro – si dedicano all’opera di Dio a tempo pieno» (A. Caracciolo, R. Rizzo e altri, «Decima e offerte: La parte di Dio», Il Messaggero Avventista).

     Visto tutto questo, mi chiedo, da dove traggono alcuni l’idea, definita «biblica», di dover «decimare» il personale reddito dei credenti a favore della conduzione? Attenzione: la decima non si applicava ai salari, e la maggior parte dei credenti, allora come oggi, sono dipendenti salariati.

 

5.  CONCLUSIONE: La decima «obbligatoria» è una elaborazione teologica molto «convincente», ma priva di ogni base biblica: nel NT non esiste l’obbligo di pagare la decima, ma solo di sostenere la chiesa, che non è solo la «conduzione».

     In mezzo ai pentecostali delle ADI, tutti coloro che danno la decima, lo fanno su suggerimento della coscienza; essi hanno avvertito una precisa «indicazione» da parte di Dio, ma in piena libertà di coscienza: la Scrittura non obbliga i credenti.

 

6.  BUONO A SAPERSI...: Le fonti rabbiniche informano che gli Ebrei residenti fuori della terra di Israele non versavano la decima. Essendo la decima una sorta di usufrutto della terra di Canaan, andava versata ai leviti.

     Sebbene i «decimalisti» affermano che nelle chiese si sarebbe riscosso la decima dai convertiti gentili, ciò è alquanto improbabile, visto che non erano stati obbligati alla circoncisione e visto che neanche gli Ebrei residenti all’estero la versavano. Inoltre, la chiesa sarebbe incorsa nell’opposizione del sacerdozio giudaico e dello stato romano, se avesse fatto una simile richiesta ai suoi aderenti; essendo «soggetto non legittimato» a riscuoterla. Infatti, come abbiamo visto, la decima andava: ▪ 1. A Dio, ossia, nelle mani dei suoi rappresentanti levitici; ▪ 2. Allo Stato.

     All’inizio, la comunità cristiana era vista dai Romani solo come una setta del giudaismo; tale «Nuova via» invitava a praticare la volontà di Dio secondo il nuovo patto, in un contesto giudaico. Nella chiesa cristiana v’era un sostegno economico per i ministri della Parola; se uno spendeva il tempo interamente in questo servizio, riceveva il doppio salario (1 Tm 5,17s)

     Paolo fece il paragone con i ministri, che servivano all’altare, e non pensava alla decima, ma solo al diritto (per analogia di principio) di un sostegno economico a chi predica l’Evangelo (1 Cor. 9,7-14). La decima dei sacerdoti, detratta da quella data ai leviti, equivaleva all’1% del raccolto, ben lontano dal 10% degli introiti lordi dell’individuo. Ora se le comunità evangeliche prendessero alla «lettera» l’esempio dei sacerdoti, che servivano all’altare, i pastori a tempo pieno oggi avrebbero serie difficoltà economiche.

 

Come sostenere l’Opera

 

Se un pastore o un anziano, stimato dalla sua chiesa, non avendolo mai fatto prima, comincia a parlare di decime e offerte obbligatorie, è quasi certo che la comunità stia venendo meno nel suo sostegno all’opera di Dio. Questo non dovrebbe mai avvenire.

     Occorre dire, però, che se oggigiorno una chiesa si trova d’accordo di sostenersi mediante la decima, o se un credente sente in cuore di sostenere così la sua comunità, vi è libertà di accollarsi tale impegno.

     Il punto è questo: eliminato l’equivoco sull’obbligatorietà della decima e delle offerte forzate, la Parola di Dio offre alcuni buoni esempi su come i credenti hanno contribuito al progresso dell’Evangelo e al sostegno economico reciproco in caso di necessità. La chiesa di Gerusalemme, costretta dalla necessità, rispose con una commovente solidarietà economica: avevano tutto in comune e nessuno si sentiva padrone dei suoi beni. La chiesa gentile rispose alla necessità dei santi di Gerusalemme, impoveriti dalla carestia, in modo realmente generoso. Paolo fu sostenuto dalla chiesa di Filippi, che non disponeva di grandi risorse economiche. Essa fece molto di più di quello, che poteva, sacrificandosi economicamente.

     Ancora oggigiorno gli «spiccioli della vedova» sono il «carburante» dell’opera di Dio. In Corea, durante il risveglio di qualche decennio fa, i contadini delle risaie acquistavano il miglio per nutrirsi; esso costava la metà del riso e l’avanzo era dato alla chiesa per l’evangelizzazione e per i ministri dell’Evangelo (Kurt Koch, Quando i Coreani pregano).

     Ovviamente anche chi ha redditi ben superiori, può contribuire in modo cospicuo, basti ricordare l’imprenditore americano Le Torneau («Dio dirige i miei affari») e Harold Hill («Figli di re», EUN). Altri credenti sconosciuti hanno dato e danno liberamente e regolarmente al Signore; alcuni di loro danno anche decima, ma lo fanno spontaneamente e senza costrizione. Al cuore dei rigenerati comanda solo Dio, e se l’uomo si pone come interprete della Parola, rischia di guastare l’opera della grazia.

 

Decime e offerte volontarie {Nicola Martella} (A)

È comandata la «decima» nel NT? {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Decima_sostegno_Avv.htm

21-03-2016; Aggiornamento:

 

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