Gianni Siena
proviene dalla Assemblee dei Fratelli. Partito dalle Puglie, molti decenni or
sono, sul suo cammino incontrò le chiede delle ADI, dove divenne membro e dove è
rimasto fino a oggi; è attualmente membro di una chiesa ADI di Genova. Egli
scrive sul tema della decima con una particolare attenzione a tale particolare
ambiente pentecostale. Tuttavia, le sue riflessioni storiche e
dottrinali possono aiutare nella riflessione su questo tema anche credenti di
altri ambienti.
Prima di arrivare a questa versione finale, ho dovuto elaborare,
correggere e adattare più di uno scritto preliminare, facendo osservazioni e
obiezioni. Questo articolo è il risultato di tale confronto redazionale.
Faccio
notare che con Gianni Siena abbiamo avuto un
confronto già nel
2008
nell’articolo «Decime
e approssimazioni storiche e teologiche»; egli prendeva posizione
riguardo all’articolo «Decime
e offerte volontarie» (cfr. anche i temi di discussione risultanti:
1
|
2).
In tale confronto si
possono leggere le sue tesi d’allora e le mie
osservazioni e obiezioni a esse.
Riguardo alle attuali tesi di Gianni Siena, per molti aspetti condivisibili,
rimando a tali mie osservazioni e obiezioni. Un aspetto non trattato da Gianni Siena riguarda la differenza fra «decime»
(l’AT ne parla anche al plurale, riguardando cose differenti, p.es. prodotti dei
campi e armenti) e «offerte volontarie»
(cfr. Lv 27); si veda sopra il mio articolo. Per questo ho aggiunto
«obbligatorie» a offerte, quando egli ne parla nella locuzione «decima e
offerte», pretese da alcuni conduttori. Infatti, a differenza delle decime, le
«offerte volontarie» sono previste anche nel NT (cfr. 1 Cor 16,3; 2 Cor 8,2;
9,5ss.11ss). {Nicola Martella}
|
Nella chiesa di Gerusalemme i credenti misero
insieme ogni avere, per andare incontro all’enorme necessità di nutrire i
convertiti indigenti e per aiutare i forestieri, che volevano fermarsi un certo
tempo lì, per istruirsi nella dottrina degli apostoli.
1.
LE MIE PRIME ESPERIENZE PERSONALI:
Scrivo su un argomento impegnativo, ma reso «spinoso» dalla
tesi dei «decimalisti», come dare
tempo e denaro per l’opera del Signore, ovvero, alla chiesa.
Mi convertii nel 1975 e, senza che fosse una «novità», ascoltai e lessi
la tesi di più di uno, che sosteneva la «norma biblica» di dare la decima e
offerte obbligatorie all’opera di Dio (= alla chiesa).
Ero curioso di sapere, se questa fosse la volontà di Dio per me e per gli
altri credenti. Io non avevo mai considerato tale idea: leggo la Bibbia dall’età
di 7 o 8 anni e non mi sono mai accorto di questa pratica nel NT.
I primi cristiani mettevano tutto in comune per far fronte alla necessità
di sostenere le migliaia di neoconvertiti bisognosi (At 2,44; 4,33). Offrirono
generosamente per soccorrere i credenti giudei durante la carestia al tempo di
Claudio (At 11,27-30). Sostennero generosamente i missionari cristiani con le
loro offerte volontarie, e a fare questo furono le chiese più povere (Fil
4,10-20). Ma la dottrina della decima, come
«minimo» dovuto alla chiesa, la stavo
ascoltando per la prima volta nella mia vita.
Infatti con questa minima disponibilità la comunità locale potrebbe fare
molto; l’economia è un tema molto gettonato anche nella chiesa: il denaro è una
buona risposta per tutte le necessità materiali! (Ec 10,19).
Negli anni ‘70-’80 del secolo scorso, numerosi credenti evangelici,
pentecostali e soprattutto carismatici, scoprirono la gioia di offrire i loro
beni materiali, fra cui il denaro: v’erano delle edificanti testimonianze.
In quegli anni, però, prese piede anche la «dottrina
della prosperità», che prometteva ricchezza da parte di Dio a chiunque
avesse «pagato» decime e offerte obbligatorie al Signore (= alla conduzione
della chiesa).
Chi sosteneva (e sostiene ancora) questa dottrina, sovente, aveva (e ha)
certamente un personale tornaconto
nella raccolta delle decime e delle offerte obbligatorie: in certi luoghi si
trattava di somme ingenti di denaro.
Ho incontrato nella mia vita di credente diverse persone che, liberamente
e con gioia, praticano ancora la decima e tutte sono spiritualmente soddisfatte
di dare così. Tuttavia, in altri ambienti, fra gli «amministratori», sono
avvenuti scandali; in talune chiese, qualcuno s’è impossessato del denaro,
spendendolo futilmente, ed è intervenuta la legge, arrestando e processando chi
aveva sbagliato. Molti anni fa, in una chiesa sparì completamente il denaro
dalla cassa e vi fu una divisione molto dolorosa.
2.
UN PANORAMA VARIEGATO:
Nella palestra, dove mi alleno, ho incontrato
un fratello, che non frequenta più la
mia comunità (= la decima non c’entra, e non è mai stato un membro iscritto).
Nella nuova comunità, dove poi frequentava, gli fu chiesto di pagare la decima e
offerte obbligatorie che, a loro dire, sarebbe una «norma scritturale». Egli
lavora e, con sua moglie, incassa un reddito sufficiente per vivere
dignitosamente; ed ha smesso di frequentare anche lì: la vicenda mi ha spinto a
scrivere queste righe.
Nel 1976, mentre stavo andando a lavorare, mi giunse la notizia del
sisma, che sconvolse il Friuli Venezia Giulia; quando la chiesa
organizzò gli aiuti, inviai la decima parte del salario netto di allora. Ero un
giovane scapolo, abitavo da solo e spendevo quasi tutto il salario per le
necessità e, si badi bene, il cuore mi suggerì il gesto; non avevo mai
affrontato così la «decima».
Offro regolarmente alla chiesa, in ogni occasione, per il suo
mantenimento; e per le altre attività. Ho più di quanto mi occorre, ma la
vicenda del fratello mi spinge ad approfondire l’argomento sul quale spero poter
fare definitiva chiarezza.
Nel 1976 ottenni il trasferimento a Genova, dove vivo; e l’allora pastore
della comunità, parlando al condizionale, mi espose il suo pensiero sulla
decima, e sui vantaggi, se tutti i
credenti l’avessero adottata. Egli, sollecitato dai presenti, ripeté gli stessi
ragionamenti in un campeggio estivo nel 1977.
Alcuni credenti del movimento pentecostale, che hanno ora 80 anni, dicono
che la decima non è mai stata
obbligatoria. Naturalmente v’era anche chi la riteneva
normativa. Alcuni moderni pastori
delle ADI, di mia conoscenza, le sono propensi, la praticano ma, si badi bene,
non è «statutaria»: la consigliano
all’occasione, la insegnano ma affermano, ed è vero, che
non esiste l’obbligo.
Quando qualcuno ne parla o scrive a favore della sua normatività, come
«sospinto» o «ispirato», e cita la Bibbia; dubito che abbia mai approfondito
l’argomento anche da un diverso punto di vista.
Nella denominazione avventista,
invece, la decima è normativa; leggendo un loro articolo ho scoperto che il
«pensiero» del pastore della mia comunità nel 1977 ricalcava la stessa dottrina;
aveva visitato, a Roma, la tipografia avventista, vantandomene la grandezza:
se anche i pentecostali avessero avuto l’entrata della decima...!
Molti anni fa, un mio caro amico, pastore di una chiesa di diversa
denominazione, disse: «Le ADI sono
generosissime». Nella sua denominazione il Sinodo Generale non aveva convinto i
membri iscritti a versare il 2% dei loro introiti, per sostenere la chiesa.
Il problema è dunque duplice:
▪ 1.
Vi sono chiese, che stentano a sostenersi per
l’avarizia dei loro membri, ed è un’ingiustizia.
▪ 2.
Vi sono chiese dove hanno molto, ma biblicamente, secondo alcuni, si
dovrebbe chiedere di più ai credenti.
3.
CHE COSA AFFERMA IL NT?:
È giusto, sotto il profilo biblico del NT, «obbligare» il credente a versare la
decima? No. Secondo le conclusioni del Concilio di Gerusalemme risulta: «Nessun
altro peso» (At 15,28).
Nella chiesa primitiva un alto numero di pagani si convertì al Signore.
Alcuni, che in precedenza avevano aderito al giudaismo attraverso il
proselitismo dei farisei (Mt 23,15), affermarono la necessità di farli
circoncidere ai fini della salvezza. (At 15,1). Paolo e Barnaba non
condividevano questa concezione e s’appellarono alla conduzione di Gerusalemme.
Gli apostoli e gli anziani confermarono quanto sostenevano Paolo e
Barnaba; essi imposero ai nuovi convertiti di osservare solo alcuni
comportamenti, dai quali i credenti ebrei avrebbero tratto un segnale
importante: i gentili s’erano ravveduti realmente dall’idolatria dei loro padri.
I responsabili di Gerusalemme scrissero ai neocredenti concludendo così:
«Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di
non imporvi altro peso» (At 15,28). Che cosa significava? Non fu
imposto loro nessuna norma biblica della Legge di Mosè concernente riti, costumi
e usi prettamente giudaici e «normativi» per Israele.
I sostenitori della «norma», cioè, coloro che vorrebbero vincolare al
pagamento della decima, affermano: Tutti,
Ebrei e pagani, pagavano la decima. In un certo senso hanno ragione, poiché
la decima esisteva come tassa anche nell’ordinamento fiscale dello Stato romano.
Come sappiamo dalla Legge di Mosè, gli
Ebrei residenti in Terrasanta la
pagavano ai leviti.
La decima sui prodotti agricoli e sugli allevamenti era norma fiscale
ampiamente praticata in Grecia, prima
della conquista dei Romani: molto prima della nascita di Cristo.
I Romani l’avevano pure nella
loro legislazione almeno dall’età repubblicana: i possessori di terreni, di
allevamenti, di attività economiche, pagavano questa tassa allo stato, romano o
greco, o al tempio di un dio o di una dèa (Enciclopedia
Treccani). Forse, perché consapevole di questa realtà, Paolo descrisse i
funzionari erariali romani come «ministri di Dio», che attendevano sempre a
questo scopo. (Rom 13,6).
La decima si pagava in natura
(prodotto dei campi e degli allevamenti) come avveniva fra gli Ebrei (Lv
27,30-34). Oppure si pagava in denaro
(Dt 14,22-27). Si pagava su un bottino di guerra (Enciclopedia
Treccani); questa cosa la fece già Abrahamo ai suoi tempi
(Gn 14,20).
Essa, come
«dovuta» agli dèi, era vigente presso Fenici, Cartaginesi e altri popoli
antichi (René Pache, «Decima, Nuovo
Dizionario Biblico, ed. Centro Biblico, p. 212).
«La
storia delle religioni vede nella decima un’istituzione molto antica e molto diffusa sia tra i popoli del Medio
Oriente, sia tra gli egiziani, sia tra gli antichi romani; se ne parla
addirittura nei libri sacri dell’antica Cina» (A. Caracciolo, R. Rizzo e altri,
«Decima e Offerte: La Parte Di Dio»,
Il Messaggero
Avventista).
4. UN OBBLIGO:
Abrahamo non fece un gesto di generosità verso Melchisedech, ma
un atto imposto dalla consuetudine. Nel dare la decima, egli agì anche in nome dei suoi alleati, che avevano
diritto a una parte di bottino (Gn 14,24). Oggigiorno, in campo cristiano
qualcuno afferma, invece, che si sarebbe trattato del gesto di un uomo pio, che
generosamente donò al sacerdote di El Elion la decima parte del bottino; e
invece «no»!
La «decima» sul
bottino di guerra esisteva anche presso Greci e Romani ed è ben attestata, anche
se per periodi più recenti; spettava al condottiero fare questa operazione (Enciclopedia
Treccani).
Riguardo ad
Abrahamo si sostiene pure che, essendo stato egli sotto la «grazia» (Rm 4; Gal
3,17s), il suo gesto fu da Dio trasformato in
norma per Israele e
per la chiesa; anche qua ho dei
dubbi.
Nello stesso
periodo, caratterizzato dalla grazia, i
patriarchi non pagavano alcuna decima; allora, perché i moderni credenti
sotto la stessa grazia, invece sarebbero sottoposti a questo obbligo? Non ci
siamo! Abrahamo era, in quel preciso momento, padrone del bottino e (come capo
della spedizione) responsabile di
versare la decima al sacerdote: cosa che fece prima di restituirlo,
generosamente e con giuramento, al re di Sodoma.
Prima del
patriarca Abrahamo, esisteva probabilmente già una legge non scritta sulla decima in
varie forme. Da qualche parte ho letto che, quando l’ateniese Solone era in
visita i Egitto, un sacerdote egiziano di Sais, parlando sulle vicende di
Poseidone, quando ebbe Atlantide, iniziò il racconto dicendo che, «gli dèi si
divisero le terre e in esse stabilirono
culti e sacrifici in loro onore». (Platone, Dialoghi di Timeo e Crizia)
Culti e sacrifici
in onore delle divinità richiedono
l’istituzione di un sacerdozio e infatti, come se l’uso fosse esistente, un
consapevole Giacobbe si impegnò a dare la decima di ogni bene materiale, che Dio
gli avrebbe provveduto (Gn 28,20-22). Giacobbe andò poi a Bethel (Gn 35), ma
non versò alcuna decima lì; la stessa
cosa fece Isacco: solamente Abrahamo,
fra i patriarchi, diede in quell’occasione la decima.
Questo fatto esige
una spiegazione dunque, siccome alcuni fra i
cristiani la propongono come se fosse
norma: insegnano che si debba pagare il 10% sui redditi percepiti. V’è chi
sostiene persino che la decima vada calcolata sul reddito lordo; ma
lo stato preleva sullo stesso lordo
del singolo mediamente il 25%; e con altre imposte arriva a quasi il 50%.
Se si vuole
calcolare la decima sul salario lordo, va anche osservato che, ripeto, sotto la
grazia Abrahamo non pagò la decima sui suoi averi; lo stesso fecero Isacco
e Giacobbe: questo è evidente nella Scrittura. Abrahamo era
molto ricco, in mandrie e greggi,
argento e oro (Gn 13,2), ma non versò un
centesimo di tutto questo a Melchisedech. Pur ricchi, lo stesso fecero i
suoi discendenti.
L’unico, che
promise a Dio di dare la decima, sui beni ricevuti fu
Giacobbe, di cui però non leggiamo
che lo abbia mai fatto, perché prima
doveva realizzarsi la promessa divina riguardo al possesso della Terra di Canaan
(Gn 28,13-14). Dunque, la decima era legata al possesso della terra di Canaan e
al patto di Dio a favore dei leviti,
che non avevano ricevuto terre. Infatti, la decima era, secondo l’evidenza
biblica, un sostegno ai leviti e ai sacerdoti.
La chiesa è un sacerdozio regale (1
Pt 2,5), ma le manca un territorio teocratico e un «popolo», che le dia decime e
offerte obbligatorie. Infatti, i primi a
sottolineare le decime del Vecchio Testamento furono
Agostino e
Ambrogio, che nel loro secolo si
consideravano «sacerdoti» secondo il modello cattolico romano. Al contrario, i
primi conduttori della chiesa cristiana erano soprattutto laici.
Anche gli
Avventisti considerano i loro pastori
come «ministri» alla stregua dei leviti. Alla luce del NT, è un errore la loro
seguente tesi: «Oggi,
invece dei Leviti, abbiamo ministri di
culto che – come loro – si dedicano all’opera di Dio a tempo pieno» (A.
Caracciolo, R. Rizzo e altri,
«Decima e offerte: La parte di Dio», Il Messaggero Avventista).
Visto tutto questo, mi chiedo, da dove traggono alcuni l’idea, definita
«biblica», di dover «decimare» il personale reddito dei credenti a favore della
conduzione?
Attenzione: la decima non si applicava ai
salari, e la maggior parte dei credenti, allora come oggi, sono dipendenti
salariati.
5.
CONCLUSIONE:
La decima «obbligatoria» è una elaborazione teologica molto
«convincente», ma priva di ogni base
biblica: nel NT non esiste l’obbligo di pagare la decima, ma solo di
sostenere la chiesa, che non è solo la «conduzione».
In
mezzo ai pentecostali delle ADI, tutti coloro che danno la decima, lo fanno su
suggerimento della coscienza; essi hanno avvertito una precisa «indicazione» da
parte di Dio, ma in piena libertà di
coscienza: la Scrittura non obbliga i credenti.
6. BUONO A SAPERSI...:
Le fonti rabbiniche informano che gli Ebrei
residenti fuori della terra di
Israele non versavano la decima. Essendo la decima una sorta di usufrutto della
terra di Canaan, andava versata ai leviti.
Sebbene i «decimalisti» affermano che nelle chiese si sarebbe riscosso la
decima dai convertiti gentili, ciò è
alquanto improbabile, visto che non erano stati obbligati alla circoncisione e
visto che neanche gli Ebrei residenti all’estero la versavano. Inoltre, la
chiesa sarebbe incorsa nell’opposizione del sacerdozio giudaico e dello stato
romano, se avesse fatto una simile richiesta ai suoi aderenti; essendo «soggetto non legittimato» a riscuoterla. Infatti, come abbiamo
visto, la decima andava: ▪ 1. A Dio, ossia, nelle mani dei suoi rappresentanti
levitici; ▪ 2. Allo Stato.
All’inizio, la comunità cristiana era vista dai Romani solo come una
setta del giudaismo; tale «Nuova via» invitava a praticare la volontà di Dio
secondo il nuovo patto, in un contesto giudaico. Nella
chiesa cristiana v’era un sostegno economico per i
ministri della Parola; se uno
spendeva il tempo interamente in questo servizio, riceveva il doppio salario (1
Tm 5,17s)
Paolo fece il paragone con i ministri, che servivano all’altare, e non
pensava alla decima, ma solo al diritto (per analogia di principio) di un
sostegno economico a chi predica l’Evangelo (1 Cor. 9,7-14). La decima dei sacerdoti, detratta da quella
data ai leviti, equivaleva all’1% del
raccolto, ben lontano dal 10% degli introiti lordi dell’individuo. Ora se le
comunità evangeliche prendessero alla «lettera» l’esempio dei sacerdoti, che
servivano all’altare, i pastori a tempo pieno oggi avrebbero serie difficoltà
economiche.
Come sostenere l’Opera
Se un pastore o un anziano, stimato dalla sua chiesa, non avendolo mai fatto
prima, comincia a parlare di decime e offerte obbligatorie, è quasi certo che la
comunità stia venendo meno nel suo sostegno all’opera di Dio.
Questo non dovrebbe mai avvenire.
Occorre dire,
però, che se oggigiorno una chiesa si trova d’accordo di sostenersi mediante la
decima, o se un credente sente in cuore di sostenere così la sua comunità, vi è
libertà di accollarsi tale impegno.
Il punto è questo:
eliminato l’equivoco sull’obbligatorietà
della decima e delle offerte
forzate, la Parola di Dio offre alcuni buoni esempi su come i credenti hanno
contribuito al progresso dell’Evangelo e al sostegno economico reciproco in caso
di necessità. La chiesa di Gerusalemme,
costretta dalla necessità, rispose con una commovente solidarietà economica:
avevano tutto in comune e nessuno si sentiva padrone dei suoi beni. La
chiesa gentile rispose alla necessità dei santi di Gerusalemme,
impoveriti dalla carestia, in modo realmente generoso.
Paolo fu sostenuto dalla chiesa di Filippi, che non disponeva di
grandi risorse economiche. Essa fece molto di più di quello, che poteva,
sacrificandosi economicamente.
Ancora
oggigiorno gli «spiccioli della
vedova» sono il «carburante» dell’opera di Dio. In
Corea, durante il risveglio di
qualche decennio fa, i contadini delle risaie acquistavano il miglio per
nutrirsi; esso costava la metà del riso e l’avanzo era dato alla chiesa per
l’evangelizzazione e per i ministri dell’Evangelo (Kurt Koch,
Quando i Coreani pregano).
Ovviamente anche chi ha
redditi ben superiori, può
contribuire in modo cospicuo, basti ricordare l’imprenditore americano Le
Torneau («Dio dirige i miei affari») e Harold Hill («Figli di re», EUN). Altri
credenti sconosciuti hanno dato e danno liberamente e regolarmente al Signore;
alcuni di loro danno anche decima, ma
lo fanno spontaneamente e senza
costrizione. Al cuore dei rigenerati comanda solo Dio, e se l’uomo si pone
come interprete della Parola, rischia di guastare l’opera della grazia.
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Decime e offerte volontarie {Nicola Martella} (A)
►
È comandata la «decima» nel NT? {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Decima_sostegno_Avv.htm
21-03-2016; Aggiornamento: |